Il semplice, ancorche’ prolungato, silenzio del mandante non comporta l’estinzione del mandato, ne’ la revoca tacita dello stesso a norma dell’articolo 1724 cod. civ., comportando bensi’, per l’incertezza circa la prosecuzione o non del mandato, il dovere del mandatario (articolo 1710 cod. civ.) di interpellare formalmente il proprio mandante al fine di conoscere se questo intenda o non continuare a servirsi della sua opera e nel contempo, fino a quando l’incarico non gli sia revocato, il compimento di tutti gli adempimenti occorrenti per evitare che siano compromessi i suoi diritti.
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Sentenza 31 ottobre 2018, n. 27936
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11724/2015 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.r.l., gia’ (OMISSIS) s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
(OMISSIS) s.n.c. in liquidazione, (OMISSIS) s.n.c., (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 804/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, pubblicata il 16/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/07/2018 dal cons. NAZZICONE LOREDANA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale CARDINO ALBERTO che per quanto riguarda l’istanza di rinvio si rimette al Collegio e conclude per l’accoglimento del quindicesimo motivo del ricorso;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rinvio o, in subordine, l’accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS), con delega orale avv. G. (OMISSIS), che ha chiesto il rinvio per trattative in corso o per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Napoli con sentenza del 16 febbraio 2015, in riforma della decisione del Tribunale di Torre Annunziata del 24 marzo 2005 e decidendo su rinvio, ha respinto le domande proposte da (OMISSIS), volte all’accertamento dell’inesistenza o della nullita’ delle deliberazioni assunte dall’assemblea della (OMISSIS) s.n.c. in data 29 luglio, 2 settembre e 15 settembre 2003, contenenti rispettivamente modifiche all’atto costitutivo, revoca dello stato di liquidazione e conferma delle precedenti decisioni.
La ragione del vizio consisteva, secondo l’attore, nell’assunzione delle deliberazioni con il voto invalido della socia (OMISSIS) s.n.c., in quanto rappresentata in assemblea da soggetto privo di poteri rappresentativi, il sig. (OMISSIS).
La compagine sociale era composta, al momento dell’assunzione delle deliberazioni, da (OMISSIS) (0,08%), (OMISSIS) s.a.s. (0,08%) e (OMISSIS) s.n.c. (99,84%), quest’ultima a propria volta partecipata in parti uguali dalla (OMISSIS) s.a.s. e dallo stesso (OMISSIS).
Nella vicenda processuale, il Tribunale con la menzionata sentenza del 24 marzo 2005 dichiaro’ l’inesistenza delle deliberazioni; quindi, l’appello fu respinto, ma la sentenza fu cassata da questa Corte con pronuncia del 14 aprile 2010, n. 8966, cui segui’ il rinvio alla Corte d’appello di Napoli.
Ha ritenuto la corte territoriale, per quanto in questa sede rileva, che:
a) la circostanza dell’esistenza di un mandato institorio, conferito ad (OMISSIS) dall’amministratore a firma disgiunta di (OMISSIS) s.n.c. nel (OMISSIS), e’ non piu’ discutibile, in quanto premessa in fatto della pronuncia di cassazione con rinvio;
b) e’ ammessa la nomina di un institore nelle societa’ personali, anche da parte di un amministratore a firma disgiunta, potendo egli delegare ad altro socio o a terzi il compimento di qualsiasi atto utile allo svolgimento dell’attivita’ sociale, ne’ a cio’ osta il regime di responsabilita’ illimitata e solidale dei soci;
c) nella specie, vi fu il consenso unanime di tutti i soci alla nomina dell’institore, i quali autorizzarono l’amministratrice ad affidare al terzo la rappresentanza processuale e sostanziale della societa’ in data 16 giugno (OMISSIS); il mandato institorio aveva carattere generale, atteso il suo contenuto vertente sull’attribuzione di ogni potere connesso all’esercizio dell’impresa;
d) in data (OMISSIS) il nuovo socio (OMISSIS) fu informato dell’esistenza del mandato institorio e diede al medesimo il proprio consenso;
e) la sentenza rescindente ha sancito che ne’ il mutamento della denominazione sociale della (OMISSIS) in (OMISSIS) s.n.c. ed il conferimento dell’azienda alberghiera nella partecipata (OMISSIS) s.n.c., ne’ il mutamento dell’amministratore societario, ne’ l’inattivita’ dell’institore estinsero il mandato;
f) a seguito di detto conferimento, l’attivita’ di impresa e’ stata svolta dalla (OMISSIS) s.n.c. in via indiretta mediante la sua partecipazione totalitaria, onde il mandato institorio non si e’ estinto, non essendo cessata l’impresa;
g) il conferimento dell’azienda non ha comportato la revoca del mandato per compimento dell’affare, ai sensi dell’articolo 1722 c.c., n. 1, non trattandosi di mandato speciale o di mandato generale per il compimento di un unico affare, ma di ampio mandato, senza limitazione agli atti di amministrazione ordinaria e conferito per conto della societa’;
h) l’articolo 10 dell’atto costitutivo, secondo cui in assemblea un socio puo’ essere rappresentato soltanto da altro socio, non e’ ostativo alla manifestazione del voto da parte dell’institore in nome e per conto della societa’ titolare della partecipazione.
Il soccombente ha proposto ricorso, sulla base di sedici motivi. Resiste con controricorso la (OMISSIS) s.r.l., gia’ (OMISSIS) s.a.s. Le parti hanno depositato le memorie. Dopo due rinvii di udienza, concessi su richiesta delle parti, la causa e’ pervenuta alla pubblica udienza del 10 luglio 2018.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – I motivi di ricorso possono essere cosi’ riassunti:
1) violazione e falsa applicazione di una serie di disposizioni in tema di societa’ personali, oltre che degli articoli 2203 e 2204 cod. civ. sulla procura institoria, in quanto in questo tipo sociale non e’ ammessa la nomina di un institore non socio con poteri generali di amministrazione e rappresentanza, atteso anche il principio della inderogabile responsabilita’ solidale ed illimitata per le obbligazioni sociali in capo ai soci che amministrano la societa’;
2) violazione dell’articolo 1421 cod. civ. e articolo 112 cod. proc. civ., per non avere la corte territoriale rilevato d’ufficio la nullita’ delle deliberazioni, oggetto di causa, con le quali e’ stato nominato un amministratore nella persona di (OMISSIS), che non e’ mai stata socia, non essendo ammesso nelle societa’ di persone un amministratore estraneo; onde ne chiede il rilievo d’ufficio in questa sede di legittimita’;
3) violazione dell’articolo 2252 cod. civ., in quanto la corte territoriale ha ritenuto prestato anche il consenso del nuovo socio (OMISSIS) al conferimento del mandato institorio, sulla base del documento in data (OMISSIS) e degli altri argomenti esposti dalla sentenza impugnata, quando invece il consenso avrebbe dovuto essere necessariamente manifestato mediante una deliberazione assembleare, trattandosi di modifica del contratto sociale;
4) violazione dell’articolo 2702 cod. civ. e articoli 214 e 216 cod. proc. civ., perche’ quel documento fu disconosciuto, sia nella sottoscrizione sia nella conformita’ all’originale;
5) violazione dell’articolo 2719 cod. civ. e articolo 115 cod. proc. civ., perche’ la corte del merito ha rilevato come la societa’ avesse smarrito l’originale del documento, dando per cio’ solo ad esso efficacia probatoria, senza che da cio’ potesse desumersi la conformita’ a l’originale;
6) violazione dell’articolo 111 Cost., comma 6, ed omesso esame di fatto decisivo, perche’ l’accettazione del (OMISSIS) non puo’ desumersi dalle dichiarazioni rese dal medesimo in sede di procedimento penale, con cio’ la sentenza impugnata difettando in modo assoluto di motivazione;
7) violazione degli articoli 112 e 394 cod. proc. civ., per avere la corte territoriale omesso di affrontare la questione dell’avvenuta revoca tacita del mandato institorio, conferito nel (OMISSIS), derivante dalla circostanza che dal (OMISSIS) per circa vent’anni l’institore non aveva svolto attivita’: laddove la sentenza rescindente di questa Corte aveva ritenuto erronea la prima sentenza d’appello, che aveva reputato irrilevante l’istituto in questione;
8) violazione e falsa applicazione dell’articolo 1722 c.c., comma 1, n. 4 e articoli 2082 e 2361 cod. civ., per avere la corte del merito ritenuto proseguita l’attivita’ di impresa in capo alla (OMISSIS) s.n.c. dopo il conferimento dell’azienda alberghiera, atteso che la nozione di imprenditore richiede la professionalita’, la stabile organizzazione, la finalita’ economica, elementi non ravvisabili nella specie, in quanto la societa’ stessa rimase solo titolare di una partecipazione in societa’ operativa; onde il giudice del merito avrebbe dovuto accertare l’avvenuta estinzione del mandato institorio a far data da detto conferimento, ai sensi dell’articolo 1722 cit.;
9) violazione dell’articolo 111 Cost. e articolo 132 cod. proc. civ., per avere la corte del merito omesso di motivare circa la continuazione dell’attivita’ d’impresa;
10) omesso esame di fatto decisivo, consistente nell’indagine sulla effettiva continuazione dell’attivita’ d’impresa;
11) violazione dell’articolo 1722 c.c., nn. 2 e 4 e articolo 1724 cod. civ., in quanto il mandato si e’ estinto per avere il mandante compiuto atti incompatibili con esso, qual e’ la cessazione dell’impresa con il conferimento dell’azienda in altra societa’; inoltre, il mandato generale va inteso come relativo ad unico affare, appunto l’esercizio dell’impresa, onde esso si e’ estinto ai sensi del n. 1 della prima disposizione;
12) violazione degli articoli 112 e 394 cod. proc. civ., in quanto la sentenza rescindente ha demandato alla corte del merito di accertare se il mandatario avesse interpellato il mandante, rimasto silente, per conoscere se intendesse continuare o no il rapporto;
13) violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ., per avere la corte territoriale omesso di affrontare la questione della spendibilita’ del mandato institorio per votare nell’assemblea della societa’ partecipata;
14) violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ., per avere la corte territoriale omesso di affrontare la questione del necessario voto congiunto degli amministratori, a norma dell’articolo 10 dell’atto costitutivo della (OMISSIS) s.n.c.;
15) violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ., per avere la corte territoriale omesso di affrontare la questione della nullita’ della deliberazione di revoca dello stato di scioglimento della societa’ in mancanza del consenso unanime dei soci: il tribunale, invero, aveva con sentenza n. 257/2003 dichiarato la societa’ sciolta per dissidio insanabile dei soci, onde la revoca doveva essere deliberata all’unanimita’, ove superata la causa di scioglimento;
16) violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ., per avere la corte territoriale omesso di affrontare la questione dell’inesistenza o annullabilita’ delle deliberazioni, per “macroscopici vizi del procedimento”, non essendo stata l’assemblea convocata dal liquidatore.
2. – Il primo motivo e’ inammissibile.
La corte del merito si e’ posta, invero, il problema della legittimita’ di una procura institoria nella societa’ personale, che non era oggetto di quel giudizio di rinvio, per essersi ivi formato il giudicato interno alla luce del dictum della sentenza rescindente.
La Cass. 14 aprile 2010, n. 8966, infatti, ha affermato che:
– ha errato la prima sentenza di appello nel ritenere che il mandato institorio del 16 giugno (OMISSIS) dovesse essere reiterato dopo il c.d. “riassetto societario”, non risultando esercitato nessun atto di gestione nel nuovo assetto, e che fosse irrilevante il richiamo all’istituto della revoca tacita;
– l’operazione non ha comportato nessun mutamento dell’identita’ soggettiva della societa’, onde “deve ritenersi che tutti gli atti da essa compiuti siano rimasti in vita ed efficaci ed tra questi anche il mandato conferito nel (OMISSIS) al (OMISSIS) senza che lo stesso necessitasse di apposita rinnovazione e senza che per lo stesso potesse ritenersi avvenuta una ipotesi di decadenza”;
– il cambiamento degli amministratori non esercita influenza sul mandato institorio;
– l’inattivita’ del mandatario non estingue il mandato institorio;
– la corte d’appello avrebbe dovuto, in sede di rinvio, tenere conto del documento in data (OMISSIS), con cui la nuova amministratrice (OMISSIS) informava il coamministratore (OMISSIS) dell’esistenza del mandato institorio ad (OMISSIS).
Tale essendo il contenuto della sentenza rescindente, occorre rilevare come la questione riproposta dal motivo in esame non formava piu’ oggetto del giudizio di rinvio, rientrando essa tra i presupposti della decisione di questa Corte, che non erano suscettibili di essere rimessi in discussione.
E’ noto invero, al riguardo, come il principio di graduale consumazione dell’oggetto del processo presieda al giudizio civile.
In particolare, questa Corte ha gia’ chiarito (Cass. 17 novembre 2016, n. 23418) che il giudizio di rinvio costituisce la cd. fase rescissoria del giudizio di cassazione, non una rinnovazione del giudizio di appello, secondo il principio della graduale “consumazione processuale” della controversia, il quale mira al progressivo ridursi delle questioni poste, risponde a finalita’ di natura pubblica: la sentenza di cassazione con rinvio si pone dunque come “norma del caso controverso” (Cass. 19 marzo 2014, n. 6298). Stanti la natura e la funzione del giudizio di rinvio, delineato dal codice di procedura civile (articolo 384, comma 2 e articoli 393 e 394), il giudice di merito trae la misura dei propri poteri dalla sentenza della Corte di cassazione: la quale statuisce sulle questioni ad essa sottoposte e delega il compimento delle attivita’ consequenziali.
Per l’articolo 384 c.p.c., comma 2, il giudice di rinvio deve uniformarsi al principio di diritto “e comunque a quanto statuito dalla Corte”: espressione che attiene alle affermazioni necessariamente presupposte o implicate dalla decisione di legittimita’.
Il giudicato interno e’ rilevabile in ogni stato e grado del processo. In particolare, e’ rilevabile d’ufficio l’accertata esistenza della preclusione per il giudice del rinvio, a seguito di un primo giudizio di cassazione, ad esaminare quei profili che abbiano costituito i presupposti della pronuncia di legittimita’, non piu’ sindacabili: cio’, in quanto la delimitazione della res litigiosa appartiene alla sfera dell’interesse pubblico e, quindi, non e’ nella disponibilita’ delle parti (cfr. Cass. 18 marzo 2003, n. 3970; v. pure Cass. 27 marzo 2007, n. 7500).
Si noti, altresi’, che nel giudizio di rinvio resta precluso l’esame di ogni questione logicamente pregiudiziale ed incompatibile non rilevata dalla suprema corte, o perche’ non investita della sua decisione da un motivo di ricorso o anche perche’ la questione, pur se in astratta ipotesi rilevabile d’ufficio, non lo e’ stata (Cass. 24 ottobre 2017, n. 25153).
Nella specie, la sentenza di questa Corte n. 8966 del 2010, nell’affermare che il mandato conferito nel (OMISSIS) all’institore rimase efficace – nonostante il conferimento di azienda, il mutamento dell’amministratore e l’inattivita’ del mandatario – e nel demandare specificamente alla corte d’appello di esaminare il documento in data (OMISSIS), al fine specifico di decidere se in esso fosse ravvisabile il consenso del coamministratore (OMISSIS) al mandato institorio in favore del (OMISSIS), ha implicitamente asserito la legittimita’ di quella preposizione, chiudendo per sempre la questione nell’ambito del presente giudizio.
3. – Il secondo motivo e’ inammissibile, perche’ verte su questione nuova, in quanto non risulta che sia stata sottoposta ai giudici di merito, sin dall’inizio del giudizio, la circostanza della avvenuta nomina – nel corso di una delle assemblee che hanno assunto le deliberazioni impugnate – di un soggetto che fosse estraneo alla societa’.
4. – Il terzo motivo e’ infondato.
Il conferimento di una procura institoria non costituisce modificazione del contratto sociale, onde e’ esclusa in radice l’esigenza del consenso degli altri soci; senza che neppure rilevi, dunque, la questione se le decisioni di tal fatta in una societa’ personale debbano scaturire da un indefettibile procedimento assembleare, o consentano invece la modalita’ alternativa di formazione della volonta’ sociale mediante c.d. referendum o, ancora, mediante comportamento concludente.
5. – Il quarto, quinto e sesto motivo, che possono essere trattati congiuntamente in quanto intimamente connessi, non colgono nel segno.
Invero, la corte del merito ha fondato il proprio convincimento in fatto circa il conferimento del mandato institorio anche col consenso del nuovo socio non solo sulla lettera datata (OMISSIS), che si vuole disconosciuta, ma anche sulle dichiarazioni rese in sede penale dallo stesso nuovo socio (OMISSIS) (il quale ha ivi affermato, come risulta dal verbale di interrogatorio esaminato dalla corte del merito, di avere dovuto accettare le deleghe ad amministrare del dr. (OMISSIS)), con conseguente non concludenza del quarto e quinto motivo.
Quanto alla censura, secondo cui il consenso del (OMISSIS) non potrebbe desumersi dalle dichiarazioni rese dal medesimo in sede di procedimento penale, si tratta di un accertamento di merito, che espone una motivazione, come imposto dalla legge, onde il motivo e’ manifestamente infondato.
6. – Il settimo motivo e’ inammissibile.
La corte territoriale ha affermato che non e’ piu’ in discussione l’avvenuta preposizione institoria nell’anno (OMISSIS) (ed ha accertato la sussistenza del consenso di tutti i soci al riguardo, confermato in data (OMISSIS) dal nuovo socio (OMISSIS)); ha aggiunto come resti parimenti ferma, in base alla sentenza rescindente, la circostanza che non abbia avuto in se’ efficacia estintiva (accanto al mutamento della denominazione sociale, al conferimento dell’azienda, al mutamento dell’amministratore societario, e per quanto ora interessa) l’inattivita’ dell’institore.
In tal modo, la sentenza impugnata e’ stata fedele ai principi sulla natura ed i limiti del giudizio di rinvio, avendo esattamente interpretato il decisum della sentenza rescindente; mentre il motivo, al pari del primo, intende confutare un presupposto di fatto tenuto presente quale premessa dalla sentenza rescindente e non piu’ oggetto di questo giudizio.
7. – L’ottavo motivo e’ infondato, ed e’ in grado di comportare l’assorbimento del nono e del decimo, da trattare insieme per l’intima connessione.
Dopo che la sentenza rescindente di questa Corte affermo’ l’infondatezza della tesi dell’estinzione del rapporto institorio a seguito del mero conferimento di azienda, non costituendo questo estinzione del soggetto, la corte d’appello ha accertato, altresi’, che, a seguito di detto conferimento, l’attivita’ di impresa ha continuato ad essere svolta dalla (OMISSIS) s.n.c. in via indiretta, mediante la sua partecipazione totalitaria nella societa’ conferitaria, onde il mandato institorio non si e’ estinto non essendo cessata l’impresa, ai sensi dell’articolo 1722 c.c., comma 1, n. 4.
Occorre osservare che l’ambito di applicazione della disposizione riguarda il caso in cui – sul presupposto del venir meno del mandante o dell’incapacita’ di agire di una delle parti del rapporto – il mandato estingue, a meno che fosse stato conferito per atti d’impresa e che questa sia continuata.
Ma il detto presupposto non sussiste, in mancanza di qualsiasi estinzione della societa’ conferente: ed il punto era stato da questa Corte di legittimita’ gia’ disatteso con la sentenza rescindente, il cui principale portato fu proprio quello di escludere l’estinzione del mandato per conferimento di azienda (oltre che per mutamento della denominazione sociale o dell’amministratore societario, e per inattivita’ dell’institore).
Onde, in definitiva, la questione della continuazione dell’impresa, che nell’ambito della fattispecie dell’articolo 1722 c.c., comma 1, n. 4, costituisce elemento normativo specializzante ed impediente una generale causa estintiva, rimane nel caso di specie del tutto priva di rilevanza.
Restano, di conseguenza, assorbiti i motivi relativi al lamentato vizio di radicale assenza di motivazione o di omesso esame sulla continuazione dell’impresa.
8. – L’undicesimo motivo e’ inammissibile.
Esso, da un lato, intende confutare l’accertamento in fatto sulla prosecuzione dell’impresa e, dall’altro lato, insiste su detta circostanza (gia’ sopra reputata) irrilevante.
9. – Il dodicesimo motivo non ha fondamento.
Il passaggio della sentenza rescindente, che il ricorrente invoca, si limita a richiamare un precedente di legittimita’ – peraltro non in termini, posto che la stessa Corte avvertiva come “non si rinveng(o)no precedenti specifici di questa Corte su tale questione” al fine di suffragare il principio secondo cui “nessuna rilevanza ai fini della estinzione del mandato puo’ rivestire la ritenuta inattivita’ del mandatario, posto che tale circostanza non e’ prevista dalla legge come causa di estinzione del mandato”.
Dunque, per confortare tale principio di diritto, la sentenza rescindente – premettendo ancora che “il principio dianzi affermato e’ implicitamente contenuto nella pronuncia che si riferisce al caso inverso del silenzio del mandante” – aveva semplicemente riportato la massima di Cass. 28 aprile 1994, n. 4044, sebbene senza virgolettato (“Il semplice, ancorche’ prolungato, silenzio del mandante non comporta l’estinzione del mandato, ne’ la revoca tacita dello stesso a norma dell’articolo 1724 cod. civ., comportando bensi’, per l’incertezza circa la prosecuzione o non del mandato, il dovere del mandatario (articolo 1710 cod. civ.) di interpellare formalmente il proprio mandante al fine di conoscere se questo intenda o non continuare a servirsi della sua opera e nel contempo, fino a quando l’incarico non gli sia revocato, il compimento di tutti gli adempimenti occorrenti per evitare che siano compromessi i suoi diritti”), come si puo’ constatare dal semplice raffronto.
Dunque, quella massima era servita per sostenere un diverso principio, qual e’ quello della inefficacia estintiva del mandato per la mera inerzia del mandatario, non rientrante tra le cause contemplate nell’articolo 1722 cod. civ.; al contrario, la sentenza rescindente non aveva affatto demandato al giudice del rinvio – come sostiene, errando, il ricorrente – di accertare se il mandatario avesse interpellato il mandante circa la sua intenzione di proseguire il rapporto, nonostante il silenzio serbato dal primo.
10. – Il tredicesimo motivo e’ infondato.
La sentenza impugnata ha ritenuto che il mandato conferito all’institore fu generale: in ben due passaggi, essa afferma il carattere generale del medesimo, attesa l’attribuzione di ogni potere connesso all’esercizio dell’impresa e l’assenza di qualsiasi limitazione agli atti d’ordinaria amministrazione. In tal modo, essa ha chiaramente inteso confutare anche l’argomento della non spendibilita’ del medesimo al fine del voto assembleare.
Costituisce principio costantemente affermato che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non e’ sufficiente la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma e’ necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, situazione che non si verifica allorche’ la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, sia pure per implicito (cfr. Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; 6 dicembre 2017, n. 29191; 8 marzo 2007, n. 5351).
11. – Il quattordicesimo motivo non e’ fondato.
Il vizio di omessa pronuncia non sussiste neppure sotto tale profilo: a tacer d’altro perche’, dal contenuto della deduzione, come nel rispetto del principio di autosufficienza risulta dal ricorso, emerge che il richiamo dell’articolo 10 dell’atto costitutivo fu operato ad altro fine.
Come, invero, emerge dal contenuto del motivo, che riporta brani della memoria conclusionale (mentre omette di menzionare il relativo passaggio dell’atto di citazione), la clausola in questione era stata richiamata unicamente per suffragare l’argomento della necessaria rappresentanza in assemblea conferita ad altro socio, dunque ai fini di negare la legittima partecipazione alla riunione.
La corte del merito, al riguardo, la affermato che la clausola di cui all’articolo 10 dell’atto costitutivo, secondo cui in assemblea un socio puo’ essere rappresentato soltanto da altro socio, non e’ ostativa alla manifestazione del voto da parte dell’institore in nome e per conto della societa’ titolare della partecipazione. In tal modo, essa non e’ dunque incorsa nel vizio di omessa pronuncia, non essendo mai stata posta la questione necessario voto congiunto degli amministratori.
12. – Il quindicesimo ed il sedicesimo motivi sono fondati.
Effettivamente, la sentenza impugnata non ha esaminato le due questioni poste dall’originario attore, il quale aveva sin dall’atto introduttivo richiesto di accertare la nullita’ della deliberazione di revoca dello stato di liquidazione, sia perche’ deliberata senza il suo consenso, laddove tale delibera esigerebbe il consenso unanime dei soci, sia per la mancata convocazione.
Al riguardo, occorre dunque cassare la sentenza impugnata, perche’ esamini le due domande, previo accertamento dei fatti rilevanti.
Il necessario accertamento in fatto esclude possa farsi applicazione del principio, secondo cui nel giudizio di legittimita’, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’articolo 111 cost., una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la corte di cassazione puo’ evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito, sempre che si tratti di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Cass. 28 giugno 2017, n. 16171, fra le altre).
Ne’ ha pregio l’eccezione di abbandono delle domande, sollevata dalla controricorrente, per non essere state tali azioni richiamate nella comparsa conclusionale in appello, non essendo tale condotta di per se’ univoca al fine di postularne l’abbandono.
13. – In conclusione, in accoglimento dei predetti due motivi, la sentenza va cassata, con rinvio innanzi alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle di legittimita’, perche’ provveda alla decisione delle dette due domande.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quindicesimo ed il sedicesimo motivo, disattesi gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese di legittimita’, innanzi alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione.