le pattuizioni contenute nell’atto di acquisto di un’unita’ immobiliare compresa in un edificio condominiale, che comportino restrizioni delle facolta’ inerenti alla proprieta’ esclusiva dei singoli condomini, ovvero relative alle parti condominiali dell’edificio, devono essere espressamente e chiaramente enunciate, atteso che il diritto del condomino di usare, di godere e di disporre di tali beni puo’ essere convenzionalmente limitato soltanto in virtu’ di negozi che pongano in essere servitu’ reciproche: ne consegue l’invalidita’ delle clausole che, con formulazione del tutto generica, limitano il diritto dei condomini di usare, godere o disporre dei beni condominiali, come delle unita’ immobiliari di proprieta’ esclusiva. Gli impegni contrattuali di non apportare modifiche di alcun tipo o consistenza nelle unita’ immobiliari comprese in un piu’ ampio complesso edilizio si spiegano, invero, come costitutivi di servitu’ reciproche, giacche’, appunto, consistenti nell’assoggettare al peso della immodificabilita’ ciascuna porzione di proprieta’ esclusiva a vantaggio di tutte le altre o delle cose comuni, comportando limitazioni alle facolta’ ed ai poteri dominicali, il che rende altrimenti superfluo l’esame circa il pregiudizio che le modifiche eseguite esse arrechino all’edificio o a parti di esso.
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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 9 gennaio 2019, n. 322
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22094/2014 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato STUDIO (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza n. 793/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 15/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/10/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
(OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in otto motivi avverso la sentenza n. 793/2013 della Corte d’Appello di Genova, depositata il 15 giugno 2013.
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), eredi di (OMISSIS), resistono con controricorso ed hanno proposto ricorso incidentale articolato in unico motivo.
Il pubblico ministero non ha depositato le sue conclusioni scritte, mentre le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c..
La Corte d’Appello di Genova ha accertato che il lucernario sovrastante il vano scale dell’edificio sito in (OMISSIS), Genova, non dovesse intendersi compreso tra le parti comuni in base all’atto di vendita del 3 febbraio 1976, costitutivo del condominio, con cui (OMISSIS), originario unico proprietario del fabbricato, aveva alienato ad Andrea Corrado Oliva il secondo piano.
Tale lucernario, secondo la Corte di Genova, venne infatti inserito nella planimetria “B” allegata all’atto di vendita, e percio’ escluso dalle parti di comproprieta’ condominiale inserite, invece, nelle planimetrie “C” e “D”. Nondimeno, nel rogito del 3 febbraio 1976 venne aggiunta dalle parti la pattuizione “ne varietur”, riferita altresi’ alla planimetria “B”, e quindi sia alle parti comuni che al rapporto tra parti comune ed esclusive.
Cio’, a dire dei giudici di appello, comportava la ineliminabilita’, come anche la irriducibilita’ delle dimensioni di quel lucernario, per quanto rientrante nella proprieta’ esclusiva di (OMISSIS), garantendo esso l’illuminazione naturale delle sottostanti scale comuni.
La sentenza impugnata ha cosi’ confermato l’illegittimita’ delle opere eseguite da (OMISSIS), consistenti nella sostituzione della linea spiovente del lucernario con una verticale ed una perpendicolare, con conseguente riduzione della superficie preesistente ed altresi’ lesione del decoro architettonico.
1. E’ preliminare l’esame dell’unico motivo del ricorso incidentale di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (violazione o falsa applicazione degli articoli 1362 e 1363 c.c.), il quale, benche’ dichiaratamente condizionato, attiene a questione da risolvere, secondo l’ordine logico e giuridico, prima del merito del ricorso principale.
I ricorrenti incidentali sostengono che oggetto dell’alienazione in base all’atto di vendita del 3 febbraio 1976, costitutivo del condominio, intervenuto tra Cesare Oliva ed Andrea Corrado Oliva, fosse soltanto “l’intero secondo ed ultimo piano.. con soprastante terrazza”, e non anche il lucernario.
Il ricorso incidentale deve essere rigettato.
Secondo consolidato orientamento di questa Corte, il sottotetto di un edificio, bene non espressamente nominato nell’elenco esemplificativo contenuto nell’articolo 1117 c.c. (formulazione applica bile ratione temporis, antecedente alle modifiche introdotte dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220) costituisce una pertinenza dell’appartamento sito all’ultimo piano quando assolva alla funzione esclusiva di isolarlo e proteggerlo dal caldo, dal freddo e dall’umidita’, formando una camera d’aria a sua difesa.
Esso, tuttavia, realizza una funzione diversa dalla mera camera d’aria quando sia destinato all’uso collettivo di tutti i condomini, come nel caso in cui sia dotato di una comunicazione diretta con il vano scale comune e di un lucernario per l’illuminazione della stesse (cfr. ad esempio, (Cass. Sez. 6-2, 14/02/2018, n. 3627; Cass. Sez. 6-2, 10/03/2017, n. 6314; Cass. Sez. 2, 23/11/2016, n. 23902; Cass. Sez. 2, 30/03/2016, n. 6143; Cass. Sez. 2, 20/06/2002, n. 8968; Cass. Sez. 2, 20/07/1999, n. 7764; Cass. Sez. 2, 15/05/1996, n. 4509).
La presunzione di condominialita’ ex articolo 1117 c.c., di un lucernario necessario all’uso delle scale comuni, come dedotto nella specie, puo’ comunque essere vinta dal titolo contrario, ove, cioe’, l’atto costitutivo del condominio e, quindi, il primo atto di trasferimento di un’unita’ immobiliare dell’originario unico proprietario ad altro soggetto, riservi quel bene alla proprieta’ di uno dei contraenti.
Ad avviso della Corte d’Appello di Genova, il lucernario sovrastante il vano scale dell’edificio di (OMISSIS), Genova, nell’atto di vendita del 3 febbraio 1976 venne inserito nella planimetria “B” allegata, e percio’ escluso dalle parti di comproprieta’ condominiale ed inserito nella proprieta’ individuale acquistata da (OMISSIS).
Per la sentenza impugnata, il titolo conteneva, dunque, in modo chiaro e inequivoco, elementi tali da smentire la comproprieta’ del lucernario, e tale accertamento di fatto del contenuto negoziale costituisce incensurabile apprezzamento demandato al giudice di merito (cfr. Cass. Sez. 2, 23/04/1979, n. 2279; Cass. Sez. 2, 03/09/1976, n. 3084).
D’altro canto, la sentenza impugnata, ricostruendo l’oggetto della vendita del 3 febbraio 1976 in base a quanto descritto nella planimetria “B” allegata all’atto, che includeva il lucernario sovrastante il vano scale, ha fatto corretta applicazione del principio per cui, al fine di determinare l’estensione di un immobile separato in sede di alienazione da un edificio in origine appartenente ad uno stesso proprietario, il giudice non puo’ prescindere dall’esame del titolo d’acquisto, ne’, appunto, dalle misure risultanti dalle planimetrie accluse al contratto, ove tali misure siano gli unici elementi idonei ad individuare la linea di demarcazione tra le due proprieta’ frazionate (arg. da Cass. Sez. 2, 12/03/1997, n. 2204; Cass. Sez. 2, 28/06/2000, n. 8793).
2. Deve ora passarsi all’esame del ricorso principale.
Il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 832, 1362, 1064, 1065 c.c., criticando la parte della sentenza che, in forza della pattuizione “ne varietur” convenuta nell’atto del 3 febbraio 1976, ha concluso che il lucernario, benche’ compreso nella proprieta’ esclusiva acquistata dal ricorrente principale, fosse immodificabile, non riducibile nemmeno minimamente nella sua apertura ed in sostanza asservito alla funzione di dare luce alla scale.
Il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS) allega l’omesso esame di un fatto decisivo ex articolo 360 c.p.c., n. 5 (la dimensione attuale del lucernaio) e in subordine l’omessa pronuncia sulla relativa eccezione.
Il terzo motivo del ricorso di (OMISSIS) censura la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., sempre quanto al rapporto tra le dimensioni attuali del lucernario e quelle riportate nella piantina allegata all’atto di acquisto.
Il quarto motivo del ricorso principale denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 810, 1102 e 1362 c.c., ancora quanto all’immodificabilita’ delle dimensioni e della struttura del lucernario.
Il quinto motivo del ricorso di (OMISSIS) censura la violazione degli articoli 183, 359 e 112 c.p.c., circa la ritenuta lesione del diritto di comproprieta’ dei condomini sulla colonna d’aria sottostante il lucernario.
Il sesto motivo del ricorso di (OMISSIS) denuncia la violazione dell’articolo 112 c.p.c., per la extrapetizione in relazione al profilo del decoro architettonico.
Il settimo motivo del ricorso principale denuncia la violazione dell’articolo 112 c.p.c., per l’omessa pronuncia sulla condanna generica disposta in primo grado pur in assenza di prova dell’esistenza di un danno.
L’ottavo motivo del ricorso di (OMISSIS) censura la violazione degli articoli 112, 115, 116, 184 c.p.c., articolo 132 c.p.c., n. 4, nonche’ dell’articolo 87 disp. att. c.p.c., quanto alla prova della modifica del lucernario ed alla riferibilita’ della stessa al ricorrente principale.
2.1. E’ fondato il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) e l’accoglimento dello stesso comporta l’assorbimento dei restanti motivi del ricorso principale, i quali perdono per conseguenza immediata rilevanza decisoria.
La domanda di (OMISSIS) contenuta nella citazione del 3 novembre 1995 aveva dedotto l’illegittimita’ delle opere eseguite da (OMISSIS) sul presupposto che si trattasse di una parte condominiale e che le stesse modifiche dello stato dei luoghi avessero ridotto la superficie di illuminazione del vano scale.
La Corte d’Appello di Genova, pur considerando il lucernario di proprieta’ esclusiva di (OMISSIS), ha non di meno ritenuto illegittima la modifica dello spiovente alla stregua della clausola “ne varietur” stipulata dai contraenti nel rogito del 3 febbraio 1976, intesa come un limite di immodificabilita’ sia delle parti comuni che del rapporto tra parti comune ed esclusive.
Non e’ oggetto di causa, in quanto estranea ai fatti ed agli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda di (OMISSIS), il tema delle opere realizzate da un condomino nella rispettiva proprieta’ esclusiva, ai sensi dell’articolo 1122 c.c. (formulazione antecedente alla modifica introdotta dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220), opere che comunque si considerano vietate se comportino una lesione del decoro architettonico dell’edificio (cfr. Cass. Sez. 2, 11/02/2005, n. 2743).
La legittimita’ delle opere eseguite da (OMISSIS) sul lucernario deve quindi essere valutata, per il definito thema decidendum, avendo riguardo alla portata della pattuizione convenzionale “ne varietur” inserita nell’atto di vendita.
La decisione della Corte d’Appello non si e’ allora uniformata all’interpretazione giurisprudenziale, che viene qui riaffermata, secondo cui le pattuizioni contenute nell’atto di acquisto di un’unita’ immobiliare compresa in un edificio condominiale, che comportino restrizioni delle facolta’ inerenti alla proprieta’ esclusiva dei singoli condomini, ovvero relative alle parti condominiali dell’edificio, devono essere espressamente e chiaramente enunciate, atteso che il diritto del condomino di usare, di godere e di disporre di tali beni puo’ essere convenzionalmente limitato soltanto in virtu’ di negozi che pongano in essere servitu’ reciproche: ne consegue l’invalidita’ delle clausole che, con formulazione del tutto generica, limitano il diritto dei condomini di usare, godere o disporre dei beni condominiali, come delle unita’ immobiliari di proprieta’ esclusiva.
Gli impegni contrattuali di non apportare modifiche di alcun tipo o consistenza nelle unita’ immobiliari comprese in un piu’ ampio complesso edilizio si spiegano, invero, come costitutivi di servitu’ reciproche, giacche’, appunto, consistenti nell’assoggettare al peso della immodificabilita’ ciascuna porzione di proprieta’ esclusiva a vantaggio di tutte le altre o delle cose comuni, comportando limitazioni alle facolta’ ed ai poteri dominicali, il che rende altrimenti superfluo l’esame circa il pregiudizio che le modifiche eseguite esse arrechino all’edificio o a parti di esso (si vedano Cass. Sez. 2, 02/03/2017, n. 5336; Cass. Sez. 2, 13/06/2013, n. 14898; Cass. Sez. 2, 26/05/1990, n. 4905; Cass. Sez. 2, 16/07/1971, n. 2330).
Trattandosi di servitu’ di fonte convenzionale, la sua estensione e le modalita’ del suo esercizio vanno desunte necessariamente dal titolo, il quale deve contenere tutti gli elementi atti ad individuare il contenuto oggettivo del peso imposto sopra un fondo per l’utilita’ di altro fondo appartenente a diverso proprietario, restando inefficaci, per detti fini, le clausole cosiddette di stile.
Peraltro, ai sensi del combinato disposto degli articoli 1063, 1064 e 1065 c.c., ove la convenzione manchi di sufficienti indicazioni, divengono operanti i criteri di legge, in forza dei quali il diritto di servitu’ comprende quanto necessario per farne uso e deve essere esercitato in modo da consentire di soddisfare il bisogno del fondo dominante, senza peraltro impedire al proprietario del fondo servente la realizzazione di opere che non incidano sulla utilitas essenziale determinata dal titolo (cfr. Cass. Sez. 2, 23/03/2017, n. 7564; Cass. Sez. 2, 25/10/2012, n. 18349).
La Corte d’Appello di Genova, in sede di rinvio, dovra’ quindi sottoporre la causa a nuovo esame, onde accertare se l’atto del 3 febbraio 1976 dovesse intendersi costitutivo di uno specifico divieto convenzionale di modificare il lucernario di proprieta’ esclusiva di (OMISSIS), divieto volto a restringere permanentemente i poteri di destinazione e di uso normalmente connessi alla titolarita’ di quel bene, con portata analoga alla imposizione di una servitu’ ne luminibus officiatur (a servizio, cioe’, della funzione di illuminazione della scale, di cui si discute nella sentenza impugnata), a tanto non bastando la formulazione del tutto generica “ne varietur” adoperata dai contraenti.
3. Conseguono: 1) l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale di (OMISSIS) e l’assorbimento dei restanti motivi del ricorso principale; 2) il rigetto del ricorso incidentale di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); 3) la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Genova, che decidera’ uniformandosi all’enunciato principio e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, il comma 1-quater – dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti incidentali (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione rigettata.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale di (OMISSIS), dichiara assorbiti i restanti motivi del ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Genova, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.