la negoziazione in contropartita diretta costituisce uno dei servizi di investimento al cui esercizio l’intermediario e’ autorizzato, al pari della negoziazione per conto terzi, come si evince dalle definizioni contenute nel Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 1 essendo essa una delle modalita’ con le quali l’intermediario puo’ dare corso ad un ordine di acquisto o di vendita di strumenti finanziari impartito dal cliente, di modo che l’esecuzione dell’ ordine in conto proprio non comporta, di per se’ sola, l’annullabilita’ dell’ atto ai sensi degli articoli 1394 o 1395 c.c.
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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Sentenza 18 gennaio 2019, n. 1459
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 13217/2016 proposto da:
(OMISSIS), in qualita’ di erede di (OMISSIS), (OMISSIS), in proprio ed in qualita’ di erede di (OMISSIS), (OMISSIS), in proprio e in qualita’ di erede di (OMISSIS), (OMISSIS), in qualita’ di erede di (OMISSIS), tutti elettivamente domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) Soc. Coop., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 316/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 22/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/10/2018 dal cons. Dott. IOFRIDA GIULIA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO ALBERTO, che ha concluso per il rigetto;
udito, per il ricorrente, l’avvocato (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento;
udito, per il controricorrente, l’avvocato (OMISSIS), con delega, che ha chiesto il rigetto.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Bologna, con sentenza n. 316/2016, pronunciata in un giudizio promosso, dinanzi al Tribunale di Modena, da (OMISSIS) e (OMISSIS) (anche quali coeredi di (OMISSIS), succeduta al coniuge (OMISSIS), originario investitore), (OMISSIS) ed (OMISSIS), nei confronti della (OMISSIS) soc.coop. per sentire dichiarare la nullita’ o l’annullamento o la risoluzione di alcune operazioni di investimento in obbligazioni (OMISSIS), poste in essere dagli attori (o dal loro dante causa) tra il gennaio 2002 e l’agosto 2003, e per sentirla condannare ai risarcimento del danno o alla restituzione degli importi investiti, ha confermato la decisione di primo grado, che aveva respinto tutte le domande attoree.
La Corte distrettuale riteneva di condividere le argomentazioni svolte dal giudice di primo grado, in particolare, in ordine alla non ricorrenza dei presupposti per la nullita’ o l’annullamento degli ordini, per vizi dei consenso o per conflitto d’interesse, o la loro risoluzione, risultando gli acquisti dei titoli, in un giudizio ex ante, adeguati (malgrado la contraria indicazione presente negli ordini, frutto soltanto di un atteggiamento prudenziale di (OMISSIS)) al profilo di rischio di ciascuno degli investitori (in rapporto al rispettivo portafoglio titoli al momento dell’investimento ed alle disponibilita’ economiche).
Avverso la suddetta sentenza, (OMISSIS), quale erede di (OMISSIS), (OMISSIS), in proprio e quale erede di (OMISSIS), (OMISSIS), in proprio e quale erede di (OMISSIS), e (OMISSIS), quale erede di (OMISSIS), propongono ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, nei confronti della (OMISSIS) soc.coop (che resiste con controricorso). Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I ricorrenti lamentano, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 1427, 1428, 1429 e 1439 c.c. e articolo 23 T.U.F., in relazione al rigetto del motivo di appello concernente l’annullamento delle operazioni di investimento per errore essenziale e riconoscibile, avendo la Corte territoriale ritenuto che l’asserita parzialita’ delle informazioni ricevute dalla banca, circa la natura e la qualita’ dei bond e circa l’identita’ del soggetto emittente le obbligazioni, non rilevava, essendo le obbligazioni estere comunque garantite da (OMISSIS) spa e da (OMISSIS) finanziaria ed avendo H default coinvolto tutte le consociate del gruppo, cosicche’ la Corte avrebbe proceduto ad un giudizio ex post e non ex ante, addossando l’onere della prova sui soli investitori.
2. E’ opportuno precisare, in via preliminare, che i rapporti dedotti in causa si sono svolti in epoca antecedente al recepimento delle direttive comunitarie n. 39 del 2004 e n. 73 del 2006 (c.d. direttiva MiFid), poi integrate dal regolamento n. 1283 del 2006. Si fara’ percio’ riferimento alla disciplina dettata dal t.u.f. del 1998 e dal regolamento Consob vigente prima delle modifiche apportate per adattarlo alle suddette nuove direttive.
3. Il motivo e’ infondato. Questa Corte ha gia’ affermato che le informazioni che debbono essere preventivamente fornite dall’intermediario (a norma della previgente L. n. 1 del 1991, articolo 6, in materia di intermediazione mobiliare) “non riguardano direttamente la natura e l’oggetto del contratto, ma (soltanto) elementi utili per valutare la convenienza dell’operazione e non sono quindi idonee ad integrare l’ipotesi della mancanza di consenso” (Cass. n. 19024 del 2005).
Cio’ fa escludere (Cass. 18039/2012) “non solo la nullita’ del contratto per mancanza di uno dei requisiti fondamentali previsti dall’articolo 1325 c.c., qual e’ il consenso-accordo (come nell’ipotesi considerata nel precedente richiamato), ma anche, almeno in via di principio, la sua annullabilita’ per errore”, laddove h ricorrente si duole “non di avere acquistato un titolo diverso (o con caratteristiche diverse) da un altro, ma di avere acquistato un titolo che non ha avuto il positivo andamento sperato”.
L’eventuale inadempimento agli obblighi informativi puo’ essere alla base di una valutazione errata da parte dell’investitore, e cui intenzioni o previsioni ed aspettative in ordine al risultato economico del contratto restano tuttavia confinate, di regola, nel campo dei motivi o delle soggettive valutazioni circa la convenienza economica dell’affare.
Ne’ la Corte distrettuale ha violato i principi in tema di riparto dell’onere della prova, avendo rilevato che la (OMISSIS) aveva offerto la prova positiva, in conformita’ dell’articolo 23 T.U.F., dell’adempimento degli obblighi informativi, dal punto di vista soggettivo e da quello oggettivo, ivi compreso il rating (BBB) assegnato ai titoli e la natura dell’emittente costituito da una societa’ avente sede all’estero (la (OMISSIS) BV), ma facente parte del Gruppo (OMISSIS).
4. Con il secondo motivo, si denuncia sia la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, dell’articolo 21 T.U.F. e articolo 26 de Regolamento Consob, sia il difetto di motivazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, avendo la Corte d’appello, dopo avere rilevato che non si verteva in ipotesi di sollecitazione all’investimento standardizzata, con conseguente insussistenza dell’obbligo di consegnare agli investitori i prospetti informativi, omesso di valutare se vi fosse stato adempimento degli obblighi informativi prescritti nelle negoziazioni su base individuale.
5. Il motivo e’ infondato, quanto al vizio di carenza motivazionale, avendo la Corte d’appello ben chiarito che gli obblighi informativi, specifici ed individuali, di cui all’articolo 21 del T.U.F. erano stati compiutamente assolti dalla (OMISSIS), non incorrendo nel vizio denunciato di omessa motivazione.
Quanto dedotto dai ricorrenti sotto il profilo della violazione di legge e’ invece inammissibile, poiche’ non configura violazioni di diritto sostanziale presenti nella decisione impugnata, cosicche’ il riferimento alle norme civili (disposizioni del TUF e del Regolamento Consob) risulta palesemente inconferente, giacche’ quei che viene in discussione e’ unicamente il modo in cui la Corte di merito, cui competeva farlo, ha valutato le risuitanze documentali acquisite agli atti. Si e’ trattato, dunque, di una valutazione di merito, come tale di stretta competenza della corte territoriale, che il riferimento alla documentazione prodotta rende adeguatamente motivata.
6. Con il terzo motivo, si lamenta sia la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, dell’articolo 27 del Regol. Consob, in tema di conflitto di interessi, avendo la Corte d’appello escluso l’annullabilita’ degli acquisti per conflitto di interessi, malgrado la dicitura “operazione compiuta in contropartita diretta, fuori dai mercato regolamentati”, assumendo, senza alcuna prova al riguardo, che i bond erano presenti nel portafoglio della Banca ma sarebbero stati acquistati anteriormente, su richiesta degli stessi risparmiatori, sia, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di fatto decisivo, rappresentato da un documento di settore interno, anteriore al default del dicembre 2003, che avrebbe informato la (OMISSIS) dell’elevata rischiosita’ delle obbligazioni (OMISSIS) sin dal gennaio-febbraio 2003, o il difetto di motivazione, in riferimento all’articolo 8 del Regol. Consob 1178/1998 ed all’obbligo per l’intermediario di ottenere una specifica autorizzazione dal cliente per operare nei mercati non regolamentari, obbligo non assolto con la mera dicitura prestampata sul modulo dell’ordine.
7. La Corte d’appello ha ritenuto che si vertesse in ipotesi di negoziazione per conto proprio, nell’ambito della quale l’intermediario si limita a recepire le decisioni della clientela dei risparmiatori, il che non implica un’operazione di investimento compiuta in situazione di conflitto di interessi, occorrendo l’intenzione di traslare sul cliente il rischio dell’investimento.
Tale affermazione risulta del tutto coerente con la costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la negoziazione in contropartita diretta costituisce uno dei servizi di investimento al cui esercizio l’intermediario e’ autorizzato, al pari della negoziazione per conto terzi, come si evince dalle definizioni contenute nel Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 1 essendo essa una delle modalita’ con le quali l’intermediario puo’ dare corso ad un ordine di acquisto o di vendita di strumenti finanziari impartito dal cliente, di modo che l’esecuzione dell’ ordine in conto proprio non comporta, di per se’ sola, l’annullabilita’ dell’ atto ai sensi degli articoli 1394 o 1395 c.c. (Cass. n. 28432/2011; Cass. n. 11876/2016; Cass. 15161/2018).
La censura concernente, poi, l’asserito omesso esame del documento di settore interno del novembre 2003, a fronte di ordini di investimento intervenuti tra il gennaio 2002 e l’agosto 2003, e’ inammissibile, in quanto, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass.S.U. 8053/2014).
Nella specie, il fatto storico della conoscenza da parte di (OMISSIS) dello stato di crisi in cui versava (OMISSIS) e’ stato preso in esame dalla Corte d’appello, ma la stessa ha concluso nel senso della non conoscenza da parte della banca, al momento dell’esecuzione degli ordini, della criticita’ del Gruppo (OMISSIS), sulla base di altri elementi probatori, atteso che bond fino alle ultime settimane del 2003 non avevano avuto un rating inferiore a “BBB” e non erano emersi “i drammatici problemi della holding di (OMISSIS)”.
Quanto al vizio motivazionale, in riferimento alle prescrizioni di cui all’articolo 8 del Regolamento Consob, lo stesso e’ inammissibile, atteso che la questione non e’ specificamente affrontata dalla sentenza impugnata ed i ricorrenti non indicano in quale sede essi l’avrebbero prospettata.
La Corte distrettuale si e’ limitata a rilevare che la questione circa il fatto che le operazioni di investimento erano state effettuate “fuori dai mercati regolamentati” poteva ritenersi superata, atteso che gli investitori avevano comunque autorizzato la banca a fornire loro anche prodotti finanziari non provenienti dai mercati regolamentari; non puo’ dunque parlarsi di “carenza totale di motivazione”.
8. Con il quarto motivo, si denuncia il “difetto di motivazione e omessa applicazione, ex articolo 350 c.p.c., comma 1, n. 5, in riferimento all’articolo 29 reg. Consob”, in punto di statuizione di novita’ della censura circa la nullita’ degli ordini, non adeguati perche’ altamente rischiosi, per difetto di autorizzazione degli investitori, in forma scritta ed a seguito di specifica informativa.
9. La censura, formulata come vizio di motivazione, e’ inammissibile, in quanto investe una questione di diritto e non l’omesso esame di un fatto storico.
In realta’, con il vizio si intende censurare un error in procedendo che avrebbe compiuto la Corte territoriale nel ritenere inammissibile, perche’ nuova e sollevata solo in appello, la questione relativa alla necessita’ di autorizzazione scritta degli investitori per operazioni non adeguate e rischiose, ai sensi dell’articolo 29 del Regol. Consob, mai ricorrenti, ai fini della specificita’ del motivo, non spiegano perche’ la censura non era nuova ed era quindi ammissibile.
10. Con il quinto motivo, si lamenta l’omessa motivazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, in ordine all’assolvimento da parte della banca degli obblighi informativi circa la propensione al rischio degli investitori, in applicazione dell’articolo 29 del Regol. Consob, essendosi la Corte d’appello limitata a fare proprio le difese della banca (in ordine al rifiuto dei risparmiatori, inizialmente, di fornire informazioni sulla loro esperienza in materia finanziaria, alla successiva dichiarazione da parte degli stessi circa una propensione al rischio media e circa la loro conoscenza dei mercati regolamentari), sostanzialmente non motivando, avendo valorizzato circostanze non rilevanti, quali le elevate disponibilita’ economiche degli investitori.
11. Anche tale censura e’ inammissibile, risultando volta ad introdurre in questa fase di legittimita’ una diversa valutazione delle prove emerse nel giudizio.
La Corte d’appello, confermando la valutazione gia’ espressa dal giudice di primo grado, ha ritenuto che l’intermediario aveva adempiuto agli obblighi informativi richiesti per le singole operazioni di investimento, in quanto, al di la’ del fatto che i singoli ordini contenevano l’avvertenza circa la “non adeguatezza” dell’operazione (il che avrebbe potuto comportare che l’intermediario poteva darvi corso solo a seguito di un ordine impartito per iscritto dagli investitori, in cui fosse fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute, Cass. 5089/2016; Cass.8314/2017), gli ordini di acquisto dovevano ritenersi adeguati in relazione alle caratteristiche personali ed alla situazione finanziaria dei clienti. Occorre poi rilevare che la Corte (pag. 34) ha confermato (facendo proprie le deduzioni difensive della (OMISSIS)) che per tutte le obbligazioni (OMISSIS) il rating era stato riferito al cliente prima dell’acquisto ed era “BBB”; risulta poi indicato il soggetto emittente ed autorizzate le operazioni fuori dai mercati regolamentari (cfr. Cass. 1376/2016).
La doglianza si risolve quindi nella prospettazione, inammissibile, di una diversa valutazione delle risultanze probatorie.
12. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido, al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 7.000,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, nonche’ rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.