In particolare, l’art. 2051 c.c., pur postulando una presunzione di responsabilità in capo al custode, presunzione, comunque, da intendere sussistente, senza ulteriori accertamenti di fatto sulla effettiva possibilità di vigilanza quando la estensione delle strade affidate alla responsabilità della società siano tali da far ritenere possibile un efficace e costante servizio di vigilanza tale da poter impedire l’insorgere la causa di pericolo per gli utenti, impone, comunque all’attore di provare il fatto ed il nesso di causalità tra le lesioni ed il fatto. Pertanto, l’attore in relazione alla domanda formulata ai sensi dell’articolo 2051 c.c. deve provare sia la circostanza della presenza della alterazione dell’asfalto, sia il nesso di causalità sotto un duplice aspetto: a) l’incidente sia avvenuto per effetto della presenza di tale alterazione; b) i danni di cui viene chiesto il risarcimento si siano verificati per effetto di tale alterazione.
Per approfondire il tema oggetto della seguente pronuncia si consiglia la lettura del seguente articolo: La responsabilità della p.a. quale proprietaria delle strade
Tribunale Roma, Sezione 13 civile Sentenza 18 febbraio 2019, n. 3747
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI ROMA
SEZIONE TREDICESIMA CIVILE
in persona della dott.ssa Wanda Verusio ha emesso la seguente
SENTENZA
nel procedimento civile di primo grado iscritto al n. 13077 del Ruolo Generale degli Affari Civili dell’anno 2015, trattenuta in decisione all’udienza del 18 ottobre 2018 e vertente
TRA
(…), (…) (c.f. (…)), in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliate in Roma, via (…) presso lo studio dell’Avv. Pa.Gi., che le rappresenta e difende, giusta procura in calce all’atto di appello;
APPELLANTI
E
(…), elettivamente domiciliata in Roma, viale (…), presso lo studio degli Avv. Ma.Bo., che la rappresenta e difende;
APPELLATA
E
(…) S.R.L. (P.IVA (…)), in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, Via (…), presso lo studio dell’Avv. Ma.Ma., che la rappresenta e difende, in virtù di mandato posto a margine della comparsa di costituzione con appello incidentale;
APPELLATA- APPELLANTE INCIDENTALE
E
ROMA CAPITALE
APPELLATA CONTUMACE
OGGETTO: risarcimento danni ex art. 2051 c.c. e 2043 c.c.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con atto di citazione ritualmente notificato, (…) – (…) hanno proposto appello avverso la sentenza del Giudice di pace di Roma n. 16568 in data 16 giugno 2014- 2 luglio 2014, con la quale era stata accolta la domanda proposta da (…) nei confronti di Roma Capitale, con condanna della società (…) a r.l., impresa appaltatrice della manutenzione della strada in cui si sarebbe verificato l’evento, in solido con l’appellante.
In particolare, (…) aveva convenuto Roma Capitale dinanzi all’Ufficio del Giudice di pace al fine di veder accertare la responsabilità della stessa per i danni subiti a seguito della caduta avvenuta il giorno 17 dicembre 2010, verso le ore 8,45 circa, nel percorrere, a bordo del proprio motociclo, via L. all’altezza di via (…), per la presenza di una lastra di ghiaccio presente sul manto stradale, priva di segnalazione.
Si era costituita Roma Capitale la quale, oltre a contestare nel merito la ricorrenza dei presupposti delle domande spiegate nei propri confronti, aveva dedotto la propria carenza di legittimazione passiva in quanto il tratto di strada era stato dato in appalto per la manutenzione alla società (…) s.r.l., di cui chiedeva l’autorizzazione a chiamare in causa per essere manlevata.
Si era costituita, a seguito di intervento volontario, (…) – (…), avendo un proprio interesse in qualità di Compagnia assicuratrice di Roma Capitale, sostenendo l’infondatezza nel merito della domanda attrice e in subordine, chiedendo l’accertamento della responsabilità in capo alla ditta appaltatrice ovvero, nella ipotesi di accoglimento della domanda attrice nei confronti di Roma Capitale, la condanna della (…) s.r.l. a manlevare la prima, con riconoscimento all’interveniente del diritto ad ottenere il rimborso di quanto dalla stessa costretta a corrispondere, in luogo dell’assicurato, in conformità alla emananda sentenza per l’eventualità in cui l’Impresa fosse inadempiente all’obbligo di manleva, con conseguente condanna condizionale della stessa al relativo pagamento.
Si era costituita (…) s.r.l., sostenendo la carenza della propria legittimazione passiva nonché, nel merito, l’infondatezza delle domande spiegate.
Con sentenza n. 16568/2014, il Giudice di Pace ha accolto la domanda di parte attrice condannando l’impresa (…) s.r.l. in solido con (…) s.p.a. al pagamento della somma di Euro 1.260,00, oltre le spese di lite.
Con atto di citazione ritualmente notificato, (…), (…) hanno proposto appello affidato a due motivi: a) erroneo accoglimento della domanda attorea sia sull'”an debeatur” che sul “quantum debeatur”. Travisamento e del pari erronea valutazione delle risultanze istruttorie; b) erronea imputazione di una responsabilità solidale tra l’impresa appaltatrice e (…)-(…).
Si è costituita la (…) s.r.l. proponendo appello incidentale in ordine: a) all’erroneo accoglimento della domanda attorea, anche alla luce dell’istruttoria svolta; b) all’erronea valutazione circa l’eccezione relativa alla propria carenza di legittimazione passiva; c) all’erronea imputazione della responsabilità dell’evento dannoso verso l’impresa appaltatrice e, infine, d) alla mancata motivazione circa la ritenuta insussistenza del caso fortuito, atteso che, al contrario, verosimilmente la lastra di ghiaccio si sarebbe formata poco prima del fatto, rendendo impossibile un tempestivo intervento per l’eliminazione del pericolo.
Alla prima udienza veniva dichiarata la contumacia di Roma Capitale e alla successiva udienza del 18 ottobre 2018 la causa veniva trattenuta in decisione, con concessione dei termini come previsti per legge.
2. Preliminarmente, va dato atto che nel fascicolo d’ufficio non è stato riversato il fascicolo della parte (…) (del grado di appello), regolarmente ritirato all’udienza del 18 ottobre 2018 ex art. 169 c.p.c. (cfr. verbale di udienza, in atti); risultano agli atti le sole comparse conclusionali e di replica, depositate in via telematica. Pertanto, mancano l’annotazione di cancelleria circa la restituzione dello stesso (ex art. 77 disp. att. c.p.c.) e in difetto di ulteriori allegazioni indiziarie attinenti a fatti che rendano doverosi gli accertamenti presso la cancelleria, questo Giudice provvede a decidere la causa allo stato degli atti (cfr. Cassazione civile, sez. I, 25 maggio 2015, n. 10741), avendo la parte omesso di ridepositare il proprio fascicolo lo entro il termine concesso per il deposito delle memorie conclusionali, non risultando alcuna attestazione che il deposito del fascicolo sia avvenuto nei termini perentori di cui all’art. 169 c.p.c..
3. Nel merito dell’appello.
Esaminando preliminarmente e congiuntamente il motivo di appello sub a) proposto dall’appellante principale e i motivi sub a) e d) dell’appellante incidentale, si osserva.
Con i motivi in parola gli appellanti hanno richiesto la riforma della pronuncia di primo grado per asserito travisamento, dal parte del giudice di prime cure, delle risultanze istruttorie ed erroneo addebito di ogni responsabilità in capo alla (…), condannata in solido con (…), (…).
In particolare, il giudice di pace ha ritenuto fondata la domanda dell’attrice, spiegata a seguito della caduta dal proprio motociclo, causata dalla perdita di controllo dello stesso per l’attraversamento di una lastra di ghiaccio formatasi sulla strada. A causa della caduta aveva riportato lesioni per le quali aveva chiesto la condanna di Roma Capitale al risarcimento dei danni subiti, fondando la domanda sulla responsabilità da custodia ex articolo 2051 c.c. e su quella da insidia ai sensi dell’articolo 2043 c.c.
Si deve, quindi, procedere, in primo luogo, a verificare se nei fatti come rappresentati in sede istruttoria possa ritenersi integrata la fattispecie prevista dall’art. 2051 c.c. e se parte convenuta abbia fornito la prova liberatoria consistente nella verificazione di un fatto eccezionale o in alternativa il fatto dell’attore. Deve, altresì, essere verificato se sussistano i requisiti richiesti per la configurabilità della responsabilità da insidia.
Invero, è principio ormai consolidato quello secondo cui l’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si presume responsabile, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo strettamente connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, indipendentemente dalla sua estensione.
Tale responsabilità, di natura oggettiva, è esclusa solo dal caso fortuito, che può consistere sia in una alterazione dello stato dei luoghi imprevista, imprevedibile e non tempestivamente eliminabile o segnalabile nemmeno con l’uso dell’ordinaria diligenza, sia nella condotta della stessa vittima, ricollegabile all’omissione delle normali cautele esigibili in situazioni analoghe (così, tra le tante, Cass. civ., sez. III, 18 aprile 2012, n. 6062 nonché, più di recente, Cass. civ., sez. III, 01 febbraio 2018, n. 2481).
In particolare, l’art. 2051 c.c., pur postulando una presunzione di responsabilità in capo al custode, presunzione, comunque, da intendere sussistente, senza ulteriori accertamenti di fatto sulla effettiva possibilità di vigilanza quando la estensione delle strade affidate alla responsabilità della società siano tali da far ritenere possibile un efficace e costante servizio di vigilanza tale da poter impedire l’insorgere la causa di pericolo per gli utenti (cfr. ad es. Cass. civ., sez. III, 26 settembre 2006, n. 20827), impone, comunque all’attore di provare il fatto ed il nesso di causalità tra le lesioni ed il fatto.
Pertanto, l’attore in relazione alla domanda formulata ai sensi dell’articolo 2051 c.c. deve provare sia la circostanza della presenza della alterazione dell’asfalto, sia il nesso di causalità sotto un duplice aspetto: a) l’incidente sia avvenuto per effetto della presenza di tale alterazione; b) i danni di cui viene chiesto il risarcimento si siano verificati per effetto di tale alterazione.
Per altro verso, il convenuto andrà esente da responsabilità ove dimostri l’esistenza di un fattore estraneo che, per il carattere dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso di causalità – cioè il caso fortuito- in presenza del quale è esclusa la responsabilità del custode.
Tale caso fortuito, peraltro, ben può essere integrato dalla condotta dello stesso danneggiato – idoneo ad interrompere il nesso eziologico con l’evento dannoso- laddove il suo comportamento non sia improntato a quei canoni di diligenza imposti dal criterio di autoresponsabilità necessario per l’utilizzo di beni ad estensione collettiva (Cass. civ., sez. III, 19 maggio 2011, n. 11016; Cass. civ., sez. III, 05 febbraio 2013, n. 2660).
Sotto tale aspetto, infatti, se il danno sia determinato non da cause intrinseche al bene demaniale (quale il vizio costruttivo o manutentivo) bensì da cause estrinseche ed estemporanee, è configurabile il caso fortuito quando si sia in presenza di alterazioni repentine e non specificamente prevedibili dello stato della cosa che, nonostante l’attività di controllo e la diligenza impiegata per garantire un intervento tempestivo, non possono essere rimosse e segnalate per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere (cfr Cass. civ., sez. III, 21 settembre 2012, n. 16057).
Per quanto riguarda l’insidia ex articolo 2043, l’attore deve invece provare tutti gli elementi della domanda (cfr. ad es. Cass. civ., sez. III, 30 settembre 2009, n. 20943), vale a dire la condotta dolosa o colposa del convenuto, il danno, il nesso di causalità oltre agli ulteriori due requisiti richiesti per la configurabilità dell’insidia: la non visibilità dell’ostacolo e la non prevedibilità della sua presenza (cfr. Cass. civ., sez. III, 13 maggio 2010, n. 11593).
Infatti, in tema di danno da insidia stradale, il solo fatto che sia dimostrata l’esistenza di una anomalia sulla sede stradale è di per sé sufficiente a far presumere sussistente la colpa dell’ente proprietario, il quale potrà superare tale presunzione solo dimostrando che il danno è avvenuto per negligenza, distrazione od uso anomalo della cosa da parte della stessa vittima.
A tal fine, il giudice di merito dovrà considerare che quanto più la situazione di pericolo era prevedibile e superabile con le normali cautele da parte del danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi sul piano causale il comportamento di quest’ultimo (Cass. civ., sez. III, 13 luglio 2011, n. 15375).
4. Alla luce di tali coordinate e venendo al caso per cui è causa, occorre osservare che dal verbale redatto dagli agenti della Polizia Municipale, giunti sul luogo dell’infortunio alle ore 11,00 circa, è emerso che sulla strada vi fosse dell’acqua e del ghiaccio, “in particolare sul lato sinistro della strada, la cui origine non è stato possibile appurare” (cfr. all. 2 fasc. attrice primo grado). Agli stessi agenti la D. rilasciava dichiarazioni spontanee, riferendo in particolare di essere scivolata, a bordo del proprio motoveicolo, su una lastra di ghiaccio verso le ore 8,45 mentre percorreva via L., in prossimità di Via degli A.; alla richiesta di indicare eventuali testimoni che avessero assistito all’accaduto, la D. dichiarava che “alcuni colleghi affacciati al mio posto di lavoro (che) mi dicono di aver visto la caduta mia ma anche precedentemente di alcuni pedoni causa ghiaccio”.
In sede istruttoria è stata prodotta ed acquisita agli atti la cartella clinica di pronto soccorso, attestante, nel giorno del riferito infortunio, la seguente diagnosi: “contusioni escoriate gomito destro e mano destra, contusione emitorace destro, e fianco destro, distrazione muscoli cervico nucali, contusione ginocchio destro” (cfr. cartella clinica, all.4 produzione attrice primo grado); si è proceduto poi ad interrogatorio formale dell’attrice e sono state ascoltate due testimoni, entrambe colleghe di lavoro dell’attrice.
Orbene, dall’intero compendio istruttorio risulta provato che sul manto stradale tra via L., intersezione Via (…), vi fosse una lastra di ghiaccio, la cui estensione non risulta esattamente definita, pur essendo emerso con certezza che non occupasse l’intera carreggiata ma fosse circoscritta al lato sinistro della strada; così come risulta provato che la (…) quel giorno sia caduta a bordo del proprio motoveicolo (cfr. il certificato di pronto soccorso e le concordi dichiarazioni testimoniali). Non risulta tuttavia provata la relazione causale tra la caduta dal motociclo e la presenza del ghiaccio, non essendo all’uopo dimostrative di ciò le testimonianze assunte.
Ed invero, la teste (…) riferisce che dal suo luogo di lavoro, al sesto piano dell’edificio che dà sulla strada per cui è causa, avrebbe assistito all’intera dinamica dell’incidente. Nello specifico, avrebbe visto un motociclista arrivare da Via (…) e perdere il controllo del proprio mezzo, riversandosi sul lato destro della strada, a causa di una lastra di ghiaccio (“era grande, ma non sono scesa per constatarne la vastità. Si sviluppava in lunghezza, forse un paio di metri ed in prossimità di un tombino c’era del ghiaccio”). Riferisce di aver constatato che si trattasse della (…) una volta sfilatasi il casco e soccorsa da una ragazza presente sul posto.
Il racconto reso dalla (…), unica testimone segnalata dall’attrice agli agenti di polizia municipale accorsi sul posto poco dopo l’incidente, appare scarsamente credibile.
In particolare, è poco credibile che la (…), dal sesto piano di un edificio, abbia potuto osservare che la perdita di equilibrio del motociclo sia avvenuta proprio in corrispondenza di (e a causa di) una lastra di ghiaccio che, per comune constatazione, non appare visibile se non da distanza ravvicinata.
Del resto, che la lastra non fosse visibile è stato affermato dalla stessa attrice, la quale ha riferito che, pur essendoci visibilità e procedendo a velocità moderata, non si era accorta della lastra in quanto “non visibile”. Anche la seconda teste, S.C., ha confermato tale circostanza. Quest’ultima, in particolare, la quale ha riferito che il giorno dell’incidente si trovava proprio lungo la stessa strada percorsa dall’attrice e a breve distanza da costei (5/6 metri circa), ha dichiarato che “mi sono resa conto che c’era una lastra di ghiaccio per terra quando mi sono avvicina alla ragazza. Da lontano non era visibile”.
Inoltre, proprio da tale affermazione è possibile desumere che anche questa seconda testimonianza non valga a provare il nesso di causalità tra lo slittamento del motoveicolo e successiva caduta e il fondo ghiacciato.
Infatti, la teste (…), di cui peraltro l’attrice non fa menzione agli agenti, pur essendo l’unica che ad essa si sia avvicinata in quanto direttamente presente, a suo dire, sul luogo dei fatti, dichiara solo in via di mera deduzione che la (…) sia scivolata sulla lastra, avendo la stessa potuto constatare la sola caduta ma non la causa.
Per tutte queste ragioni, l’attrice non ha assolto all’onere di dimostrare il nesso di causalità tra la propria caduta e l’insidia, e tale situazione, da sola, comporta l’infondatezza della domanda spiegata in primo grado.
Deve essere pertanto accolto l’appello proposto dalle (…) – (…) nonché l’appello incidentale spiegato dalla (…) s.r.l. relativamente ai motivi connessi alla affermazione della responsabilità con condanna in solido delle stesse parti e, per l’effetto, deve essere respinta la domanda proposta da (…).
L’accoglimento dell’appello principale e di incidentale nei limiti di cui sopra comporta l’assorbimento degli altri motivi di appello, principale ed incidentale, proposti dalle appellanti e dall’appellata (…), appellante in via incidentale.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Nulla per le spese del presente giudizio per Roma Capitale, appellata contumace.
P.Q.M.
Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando, sull’appello proposto dalle (…) – (…) e sull’appello incidentale proposto da (…) s.r.l. avverso la sentenza del Giudice di pace di Roma n. 16568/2014 in data 16 giugno 2014 – 2 luglio 2014 così decide:
– Accoglie l’appello e per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, rigetta la domanda proposta da (…);
– Condanna (…) al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano, per ciascuna delle appellanti A) in Euro 220,19 di spese, Euro 1.205,00 per compensi, oltre accessori come per legge per il primo grado di giudizio in favore (…) s.r.l. e (…) – (…); B) in Euro 321,00 di spese, Euro 1.620,00 per compensi, oltre accessori come per legge, per il presente grado di giudizio in favore di (…) s.r.l. e (…) – (…).
Così deciso in Roma il 15 febbraio 2019.
Depositata in Cancelleria il 18 febbraio 2019.