L’obbligazione di restituzione dell’immobile locato, prevista dall’art. 1590 c.c., resta inadempiuta qualora il locatore non ne riacquisti la completa disponibilità, così da poterne fare uso secondo la sua destinazione, sicchè la mora e gli effetti dell’art. 1591 c.c. si producono anche ove egli torni formalmente in possesso del bene, ma questo sia inutilizzabile perché ancora occupato da beni mobili del conduttore che non debbano consegnarsi al locatore, a nulla rilevando che il rilascio sia avvenuto coattivamente ex art. 608 c.p.c., atteso che la formale chiusura del processo esecutivo non determina l’automatica cessazione degli effetti sostanziali collegati al rapporto di locazione.
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Indennità per la perdita dell’avviamento commerciale ex art. 34 L 392/1978
Tribunale Roma, Sezione 6 civile Sentenza 3 gennaio 2019, n. 79
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
SESTA CIVILE
Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Daniele D’Angelo
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 14379/2016 promossa da:
(…) (C. F. (…)), con il patrocinio dell’Avv. Lu.Ca. e dell’Avv. Gi.Or. ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via (…), giusta delega in calce al ricorso
RICORRENTE
contro
(…) s.r.l. (C.F. (…)), con il patrocinio dell’Avv. Gi.Ba. e dell’Avv. Gi.Ba. ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, via (…), giusta delega in calce alla comparsa di costituzione
RESISTENTE
OGGETTO: azione di risarcimento danni da inadempimento contrattuale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Conclusioni delle parti ed esposizione dei fatti
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. iscritto a ruolo il 23.01.2016 (…) ha chiesto di vocare in giudizio la (…) s.r.l. rassegnando le seguenti conclusioni:
“- condannare la (…) S.R.L. con sede in R. alla via (…) n. 1/3, codice fiscale (…), partita iva (…), in persona del suo legale rappresentante pro – tempore e amministratore unico sig. (…) nato (…) il (…) codice fiscale (…), al pagamento in favore della Sig.ra (…), in qualità di proprietaria dell’immobile di via (…), della somma complessiva di Euro 318.500,00 (trentodiciottomilacinquecento/00) a titolo di rinascimento danni nonché per ritardo nella consegna dell’immobile così come meglio indicato ed evidenziato innanzi;
– condannare la (…) s.r.l. a rifondere tutte le spese relative alla fase dell’accertamento tecnico preventivo ex art.696 bis svolto presso codesto Tribunale di Roma (R.G. n. 25279/2014) ed in particolare la relazione tecnica d’ufficio effettuata dall’Arch. (…);
– infine condannare la (…) s.r.l. al pagamento di tutte le spese e competenze professionali del presente giudizio e di quello ex art. 696bis c.p.c.”.
Si è costituita la (…) s.r.l. con comparsa depositata il 29.09.2016 nella quale ha rassegnato le seguenti conclusioni:
“Piaccia all’Ill.mo Tribunale, contrariis rejectis:
A) rigettare le domande proposte dalla ricorrente (…), perché infondate in fatto ed in diritto e, comunque, non provate;
B) in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta con il presente atto, condannare la stessa (…) al pagamento della somma di Euro 8.500,00, oltre interessi legali a far data dal gennaio 2014, quale restituzione del deposito cauzionale versato all’atto della sottoscrizione del contratto;
C) in ogni caso, condannare la ricorrente al pagamento delle spese e dei compensi di causa”.
Espone la ricorrente di aver concesso in locazione alla (…) s.r.l. il locale commerciale sito in R., via (…) numeri 21, 23, 25 e di aver concesso alla medesima società, con scrittura privata del 27.06.2012, di continuare a detenere l’immobile sino al 31.12.2016 salva la facoltà di recesso con preavviso di almeno sei mesi. (…) deduce che la resistente ha comunicato, con lettera del 20.06.2013, la propria volontà di recedere dal contratto e di riconsegnare l’immobile in data 31.12.2013.
Ciò nonostante la ricorrente sostiene di non aver potuto ottenere la riconsegna dell’immobile negli incontri tenutisi il 18.01.2014 e il 05.02.2014 perché nel locale erano presenti rifiuti speciali e, comunque, vi erano notevoli danneggiamenti. Solo il 20.03.2014, a seguito di offerta per intimazione, l’Ufficiale Giudiziario ebbe a procedere alla consegna delle chiavi e alla presa di possesso dell’immobile in favore della locatrice. (…) deduce che l’immobile, al momento della riconsegna, presentava gravi danneggiamenti tanto che la stessa si è indotta ad instaurare procedimento di A.T.P. iscritto al numero di ruolo 25279/2014 presso il Tribunale di Roma.
Tale procedimento di istruzione preventiva si è concluso con il deposito dell’elaborato peritale in data 17.02.2015.
L’elaborato presentava gravi lacune poiché mancava completamente la quantificazione dei danni pur constatati dal C.T.U. Da qui l’odierna azione di (…) volta ad ottenere il risarcimento per la restituzione in pristino dell’immobile nonché il pagamento dell’indennità di occupazione pari al canone mensile dal 31.12.2013 fino alla data di presentazione del ricorso introduttivo del presente giudizio per un totale di Euro 318.500,00.
Si è costituita la (…) s.r.l. con comparsa depositata il 29.09.2016 eccependo di aver offerto informalmente l’immobile alla locatrice agli incontri menzionati dalla stessa (…) del 18.01.2014 e del 05.02.2014 e di aver proceduto alla riconsegna formale dell’immobile mediante Ufficiale Giudiziario in data 20.03.2014. Pertanto l’indennità di occupazione non sarebbe dovuta.
In ordine alla restituzione in pristino la (…) S.r.l. eccepisce l’inesistenza di un danno per la locatrice poiché l’art. 4 dell’accordo vigente tra le parti dava la facoltà alla società conduttrice di asportare tutti i materiali finalizzati all’esercizio dell’attività di post – produzione e post – sincronizzazione audio e video.
Pertanto i danni lamentati sarebbero il frutto del normale deterioramento derivante dall’uso della cosa conforme a quanto pattuito dalle parti e dalla facoltà di asportazione prevista nel contratto.
Inoltre la resistente sostiene che non si sarebbe verificata alcuna perdita patrimoniale in capo alla locatrice poiché la classificazione catastale dell’immobile in D/8 le avrebbe impedito di locarlo nuovamente. Infine viene spiegata domanda riconvenzionale per la restituzione del deposito cauzionale.
Alla prima udienza del 21.10.2016 il precedente giudicante, nonostante l’oggetto della controversia sia un contratto di locazione, riteneva opportuno disporre il mutamento del rito in ordinario concedendo i termini di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c.
Successivamente era disposta C.T.U. il cui elaborato peritale è stato depositato il 13.07.2018. La causa è stata poi trattenuta in decisione con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
2. In rito
La difesa della (…) S.r.l., nelle proprie memorie di replica, chiede la cancellazione delle frasi presuntivamente offensive utilizzate dalla difesa di (…) nella comparsa conclusionale. Si tratta delle espressioni “scempio operato” sull’immobile e “becero ed inqualificabile comportamento”.
In primo luogo deve rilevarsi come dette locuzioni siano direttamente attinenti all’oggetto del presente giudizio in quanto afferenti alla presunta condotta pregiudizievole della (…) S.r.l. nella riconsegna dell’immobile.
In seconda battuta deve prendersi atto che tali espressioni, per quanto graffianti e forse inopportune, rientrano nell’ordinario esercizio del diritto di difesa e non risultano dettate da un passionale e incomposto intento dispregiativo quanto dalla volontà di avvalorare la propria tesi difensiva. Sul punto la Suprema Corte chiarisce che
“In tema di espressioni offensive o sconvenienti contenute negli scritti difensivi, non può essere disposta, ai sensi dell’art. 89 c.p.c., la cancellazione delle parole che non risultino dettate da un passionale e incomposto intento dispregiativo, essendo ben possibile che nell’esercizio del diritto di difesa il giudizio sulla reciproca condotta possa investire anche il profilo della moralità, senza tuttavia eccedere le esigenze difensive o colpire la scarsa attendibilità delle affermazioni della controparte.
Ne consegue che non possono essere qualificate offensive dell’altrui reputazione le parole (come, nella specie, la parola “contrabbandare”, che, significando “far passare qualcosa per ciò che non è”, si iscrive nella normale dialettica difensiva e, riferita ad una tesi della controparte, serve semplicemente a rafforzare l’assunto della scarsa attendibilità di tale tesi), che, rientrando seppure in modo piuttosto graffiante nell’esercizio del diritto di difesa, non si rivelino comunque lesive della dignità umana e professionale dell’avversario” (Corte di Cassazione, Sez. L, sen. n. 21031 del 18.10.2016).
3. Nel merito
3.1 Sulla prima domanda di parte ricorrente relativa al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1590 c.c.
Con la prima domanda la ricorrente chiede il risarcimento del danno cagionato dalla conduttrice in conseguenza dell’inadempimento dell’obbligo di cui all’art. 1590 c.c. di riconsegna dell’immobile nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta salvo il deterioramento derivante dal normale uso.
La medesima disposizione, al comma secondo, prevede che “in mancanza di descrizione, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato locativo”.
In primo luogo deve rilevarsi come la ricorrente abbia dimostrato in giudizio il titolo fondante la pretesa creditoria fatta valere. In particolare (…) ha allegato (cfr. allegato 1 al ricorso) il contratto di transazione del 27.06.2012 registrato il 13.07.2012 il quale prevede il diritto della (…) S.r.l. di permanere nell’immobile fino al 31.12.2016. Come noto, in materia di responsabilità contrattuale, il paciscente che agisce lamentando l’inadempimento ha solo l’onere di provare il fondamento del suo diritto mentre può semplicemente allegare l’altrui condotta inadempitiva.
In questo caso sarà onere della controparte dimostrare in giudizio l’esattezza e completezza dell’adempimento posto in essere.
A tal riguardo la giurisprudenza della Suprema Corte è unanime nell’affermare che
“In tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno o per l’adempimento deve provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi poi ad allegare la circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre al debitore convenuto spetta la prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova è applicabile quando è sollevata eccezione di inadempimento ai sensi dell’art. 1460 cod. civ. (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento, ed il creditore dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione).
Anche quando sia dedotto l’inesatto adempimento dell’obbligazione al creditore istante spetta la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento, gravando ancora una volta sul debitore la prova dell’esatto adempimento, quale fatto estintivo della propria obbligazione” (Corte di Cassazione, Sez. III, sen. n.826 del 20.01.2015).
Nello specifico caso dell’art. 1590 c.c. la Suprema Corte afferma che
“Il conduttore, ai sensi degli artt. 1588 e 1590 cod. civ., al termine della locazione ed all’atto della riconsegna dell’immobile, ha l’onere di dare piena prova liberatoria della non imputabilità nei suoi confronti di ogni singolo danno riscontrato al bene locato, che deve presumersi in buono stato all’inizio del rapporto, esclusi solo i danni da normale deterioramento o consumo in rapporto all’uso dedotto in contratto” (Corte di Cassazione, Sez. III, sen. n. 2619 del 05.02.2014).
Sul punto la (…) S.r.l. nulla deduce né dimostra ma si limita semplicemente a sostenere che le condizioni dell’immobile sono di normale degrado anche alla luce della facoltà di asportazione prevista dall’art. 4 dell’accordo transattivo fatto valere in giudizio dalla controparte.
Deve, però, rilevarsi come tale contestazione sia completamente destituita di fondamento anche in virtù di quanto accertato in sede di C.T.U. Inoltre, l’eccezione secondo cui l’impianto elettrico sarebbe stato funzionante al momento della riconsegna appare del tutto infondata.
Tale affermazione si basa su un presunto accertamento operato dall’Ufficiale Giudiziario in sede di riconsegna. In primo luogo occorre evidenziare che l’Ufficiale Giudiziario non è un tecnico né è in possesso di specifiche competenze tecniche per accertare il corretto e regolare funzionamento dell’impiantistica di un immobile.
In secondo luogo deve rilevarsi come nel verbale di riconsegna del 20.03.0214 (cfr. allegato 5 al ricorso e allegato 2 alla comparsa di risposta) si legge: “l’Avv. Ba. rinuncia all’inventario delle cose mobili e precisa che l’impianto elettrico è funzionante” la frase continua, poi, con delle parole incomprensibili.
Ad ogni modo deve evidenziarsi come l’atto pubblico fornisca piena prova della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che l’ha redatto e delle dichiarazioni delle parti ma non della veridicità di dette dichiarazioni.
Sul punto la Suprema Corte chiarisce che
“In tema di prove, l’atto pubblico fa fede fino a querela di falso solo relativamente alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che l’ha formato, alle dichiarazioni al medesimo rese e agli altri fatti dal medesimo compiuti o che questi attesti essere avvenuti in sua presenza, come – ad esempio – nel caso in cui dal notaio sia attestata la materiale dazione del prezzo in quanto avvenuta in sua presenza. Pertanto, l’efficacia privilegiata che l’articolo 2700 cod. civ. assegna all’atto pubblico non si estende alla intrinseca veridicità delle dichiarazioni rese al pubblico ufficiale dalle parti o alla loro rispondenza alla effettiva intenzione delle parti” (Corte di Cassazione, Sez. II, sen. n. 12386 del 25.05.2006).
Peraltro l’efficacia probatoria dell’atto pubblico non si estende comunque a eventuali valutazioni tecniche che esulano dalla funzione dell’Ufficiale Giudiziario.
Sul punto la Suprema Corte opina che “I verbali della Commissione medico – ospedaliera di cui all’art. 4 della L. 25 febbraio 1992, n. 210 – istituita ai fini dell’indennizzo in favore di soggetti danneggiati da complicanze irreversibili a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni di sangue e somministrazione di emoderivati – fanno piena prova, ai sensi dell’art. 2700 cod. civ., dei fatti che la Commissione attesta essere avvenuti in sua presenza o essere stati dalla stessa compiuti, mentre le valutazioni, le diagnosi o, comunque, le manifestazioni di scienza o di opinione in essi contenuti costituiscono materiale indiziario soggetto al libero apprezzamento del giudice, il quale può valutarne l’importanza ai fini della prova ma non può mai attribuire loro il valore di vero e proprio accertamento” (Corte di Cassazione, SS. UU., sen. n. 577 del 11.01.2008).
Proprio al fine di verificare l’esistenza dei danni lamentati dalla ricorrente – e comunque già accertati nell’A.T.P. avente r.g. 25279/2014 (cfr. allegati 8 e 9 al ricorso) – è stata disposta C.T.U. nella quale è stato espressamente richiesto all’Ausiliario del Giudice di tenere conto della facoltà di asportazione prevista dall’art. 4 dell’accordo. Il C.T.U. ha depositato la relazione peritale in data 13.07.2018.
Tale elaborato, privo di vizi di logicità e coerente è fatto proprio dall’organo giudicante.
Il C.T.U. ha concluso accertando una condizioni di degrado palesemente eccedente il normale uso della cosa anche tenendo in considerazione la facoltà di cui all’art. 4 del contratto.
Si legge, infatti :
“In considerazione della richiesta formulata dal Giudice Dottor Da.D’A., tenuto conto delle modifiche strutturali che l’unità immobiliare dedotta in giudizio ha evidenziato rispetto alla suddivisione degli spazi interni rappresentata nella planimetria catastale, vista la natura, la consistenza e l’estensione dei deterioramenti che hanno interessato alcuni elementi di finitura del cespite e che non possono certo ricondursi a condizioni di normale utilizzo (nello specifico i danni ai controsoffitti e ai rivestimenti per l’isolamento acustico), avendo peraltro definito quali asportazioni di beni o impianti risultano essere del tutto incompatibili con le previsioni di cui all’art. 4 della scrittura privata in data 27 giugno 2012, il C.T.U. indicherà di seguito gli interventi strettamente necessari per la restituzione in pristino, formulando una stima analitica dei relativi importi alla data odierna sulla base delle misurazioni eseguite in sede di sopralluogo, tenuto conto delle conoscenze acquisite circa i costi della manovalanza e dei materiali da impiegare ed assumendo anche a riferimento la più recente “tariffa dei prezzi” per le opere edili, stradali, impiantistiche e idrauliche approvata dalla Regione Lazio, nonché l’ultimo tariffario pubblicato dalla DEI – Tipografia del Genio Civile (Prezzi informativi dell’edilizia – Recupero, ristrutturazione e manutenzione)”.
L’Ausiliario del Giudice ha, poi, proceduto alla quantificazione dei costi per la restituzione in pristino nella somma di Euro 43.421,00 Iva esclusa.
Per mero spirito di completezza si evidenzia che – contrariamente a quanto sostenuto dalla resistente – il pregiudizio patrimoniale subito da (…) consiste proprio nel costo dei lavori necessari alla restituzione in pristino dell’immobile locato.
In conclusione la (…) S.r.l. deve essere condannata al pagamento, in favore di (…), della somma di Euro 43.421,00 oltre Iva nella misura ordinaria e interessi nella misura legale dalla data della presentazione della domanda del 23.01.2016 fino a quella di effettivo pagamento.
3.2 Sulla seconda domanda di parte ricorrente relativa al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1591 c.c.
Oltre a tale danno la locatrice agisce ai sensi dell’art. 1591 c.c. chiedendo il pagamento di tutti i canoni di locazione dal 01.01.2014 fino a quello di introduzione del presente giudizio sostenendo che i suoi rifiuti alla riconsegna dell’immobile sono legittimati dai gravi pregiudizi dello stesso.
In ordine a tale seconda domanda deve, in via preliminare, dichiararsi inammissibile, perché tardiva, la richiesta di pagamento dei canoni di locazione per il periodo di tempo necessario alla restituzione in pristino dell’immobile.
Tale domanda, mai posta precedentemente, è stata formulata tardivamente solo nelle memorie di replica di (…) e, pertanto, non può essere presa in considerazione nel presente giudizio.
Nel merito deve evidenziarsi come la Suprema Corte abbia chiarito che
“In tema di locazione, allorché il conduttore abbia arrecato gravi danni all’immobile locato, o compiuto sullo stesso innovazioni non consentite, tali da rendere necessario per l’esecuzione delle opere di ripristino l’esborso di somme di notevole entità, in base all’economia del contratto e tenuto comunque conto delle condizioni delle parti, il locatore può legittimamente rifiutare di ricevere la restituzione del bene finché tali somme non siano state corrisposte dal conduttore, il quale, versando in mora, agli effetti dell’art. 1220 cod. civ., rimane tenuto altresì al pagamento del canone ex art. 1591 cod. civ., quand’anche abbia smesso di servirsi dell’immobile per l’uso convenuto” (Corte di Cassazione, Sez. III, sen. n. 12977/2013).
Nel caso di specie, però, la locatrice, anche se ha legittimamente rifiutato la riconsegna negli incontri informali tenutisi il 18.01.2014 e il 05.02.2014, ha poi accettato l’immobile in sede di sopralluogo dell’Ufficiale Giudiziario il 20.03.2014. Invero, nel verbale di riconsegna, si legge: “il Dr. (…) consegna le chiavi dell’immobile e l’Avv.to (…) le riceve con riserva di valutazione dei danni esistenti in separata sede e a giudizio danni”.
Dunque l’avvenuta presa in consegna dell’immobile da parte del rappresentante della locatrice è inconfutabilmente attestato nel verbale, per questa parte destinato a fare fede fino a querela di falso poiché relativo ad attestazione di fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale redigente. Ciò, quindi, impedisce l’accoglimento della domanda di pagamento del canone di locazione ai sensi dell’art. 1591 c.c. se non fino alla data della riconsegna del 20.03.2014.
Invero la giurisprudenza citata da (…) nella propria comparsa conclusionale appare riferita a circostanza del tutto estranea al presente giudizio.
Infatti la sentenza 8675 del 2017 della Suprema Corte si limita ad affermare che
“L’obbligazione di restituzione dell’immobile locato, prevista dall’art. 1590 c.c., resta inadempiuta qualora il locatore non ne riacquisti la completa disponibilità, così da poterne fare uso secondo la sua destinazione, sicchè la mora e gli effetti dell’art. 1591 c.c. si producono anche ove egli torni formalmente in possesso del bene, ma questo sia inutilizzabile perché ancora occupato da beni mobili del conduttore che non debbano consegnarsi al locatore, a nulla rilevando che il rilascio sia avvenuto coattivamente ex art. 608 c.p.c., atteso che la formale chiusura del processo esecutivo non determina l’automatica cessazione degli effetti sostanziali collegati al rapporto di locazione”.
Circostanza di fatto non ricorrente nel caso di specie poiché la presenza di beni mobili non è stata rilevata neanche dall’Ufficiale Giudiziario in sede di riconsegna.
Dunque se è vero che l’art. 1591 c.c. obbliga il conduttore in ritardo con la consegna al pagamento di un risarcimento danni almeno pari al canone di locazione previsto in contratto e se è altrettanto vero che la Suprema Corte consente al locatore di rifiutare la riconsegna di un bene danneggiato deve, però, prendersi atto che l’accettazione della riconsegna da parte del locatore estingue l’obbligazione risarcitoria.
Tale obbligazione, contrariamente a quanto sostenuto dalla resistente, prescinde dall’assolvimento di uno specifico onere probatorio del locatore, in quanto detto onere deve essere assolto solo in caso di richiesta del maggior danno.
Infatti “In tema di responsabilità del conduttore per il ritardato rilascio di immobile locato, il maggior danno, di cui all’art. 1591 cod. civ., deve essere provato in concreto dal locatore secondo le regole ordinarie, e, quindi, anche mediante presunzioni, tenendo presente che la carenza di specifiche proposte di locazione relative all’immobile è obiettivamente giustificabile proprio alla luce della persistente occupazione del bene da parte del conduttore successivamente alla scadenza del rapporto” (Corte di Cassazione, Sez. III, sen. n. 1372/2012).
All’art. 1 punto i) del contratto è previsto il pagamento di una indennità mensile di Euro 8.500,00 e (…) deduce il mancato pagamento dal 31.12.2013. Come rilevato tale indennità può essere riconosciuta solo per il periodo dal 01.01.2014 al 20.03.2014. Pertanto la (…) s.r.l. deve essere condannata al pagamento della somma di Euro 8.500,00 per ciascuna mensilità di gennaio e di febbraio 2014 e di Euro 5.483,87 per il mese di marzo (8.500,00 : 31) X 20, oltre interessi nella misura legale dalla data di scadenza contrattuale del 05.01.2014 per la somma di Euro 17.000,00 relativa al primo bimestre 2014 e dal 05.03.2014 per la somma di Euro 5.483,87 fino a quella di effettivo pagamento.
3.3 Sulla domanda riconvenzionale
In ordine alla domanda riconvenzionale di restituzione del deposito cauzionale deve rilavarsi quanto segue. La (…) S.r.l., nello spiegare domanda riconvenzionale, non ha sollevato alcuna eccezione di compensazione della somma consegnata a titolo di deposito cauzionale né tale eccezione è rilevabile d’ufficio secondo quanto disposto dall’art. 1242 c.c.
La Suprema Corte opina che “In materia di locazione, l’obbligazione del locatore di restituire al conduttore il deposito cauzionale dal medesimo versato in relazione gli obblighi contrattuali – tramite la consegna di denaro o di altre cose mobili fungibili con funzione di garanzia dell’eventuale obbligo di risarcimento del danno del cauzionante – sorge al termine della locazione non appena avvenuto il rilascio dell’immobile locato, con la conseguenza che, ove il locatore trattenga la somma anche dopo il rilascio dell’immobile da parte del conduttore, senza proporre domanda giudiziale per l’attribuzione, in tutto o in parte, della stessa a copertura di specifici danni subiti, il conduttore può esigerne la restituzione” (Corte di Cassazione, Sez. III, sen. n. 9442/2010).
Nel caso di specie (…) ha agito per ottenere il risarcimento dei danni subiti dall’immobile locato ma non ha proposto alcuna domanda giudiziale per l’attribuzione, in tutto o in parte, della stessa a copertura di specifici danni subiti. Solo nelle memorie di replica, quindi tardivamente, viene fatto cenno ad una facoltà di ritenzione della caparra. Pertanto, poiché nel contratto, all’art. 4, viene attestato dalla parti il versamento della somma complessiva di Euro 8.500,00 a titolo di deposito cauzionale, deve essere dato corso alla domanda riconvenzionale della resistente.
Pertanto (…) deve essere condannata al pagamento, in favore della (…) S.r.l., della somma di Euro 8.500,00 oltre interessi nella misura legale dalla data del 27.06.2012 fino a quella di effettivo pagamento.
Infatti la pattuizione della improduttività della somma versata a titolo di deposito contenuta nel contratto di locazione deve ritenersi nulla poiché
“L’obbligo del locatore di un immobile urbano, di corrispondere al conduttore gli interessi legali sul deposito cauzionale, previsto dalla L. n. 392 del 1978, art. 11, ha natura imperativa, in quanto persegue finalità di ordine generale, consistenti nella tutela del contraente più debole (individuato dal legislatore nel conduttore) e nell’impedire che i frutti della relativa somma, percepibili dal locatore, possano tradursi in un surrettizio incremento del corrispettivo della locazione. Perciò, tale norma imperativa determina la nullità, per contrasto con la stessa, di qualsiasi clausola contrattuale difforme. (Cass. civ., Sez. 3, 19/08/2003, n. 12117, Cass. civ., Sez. 3, 03/05/2004, n. 8330)” (Corte di Cassazione, Sez. III, sen. n. 75/2010, parte motiva).
4. Sulle spese
Nel caso di specie, essendo state accolte tutte le domande di parte ricorrente e la domanda riconvenzionale di parte resistente, le spese debbono essere poste a carico della seconda ma operando la massima riduzione. Pertanto, utilizzando i criteri di cui al D.M. n. 55 del 2014 con riguardo alle cause di cognizione innanzi al Tribunale di valore ricompreso tra Euro 52.000,00 ed Euro 260.000,00 ed operando la massima riduzione la (…) S.r.l. deve essere condannata alla rifusione delle spese di lite in favore di (…) che si liquidano in Euro 7.795,00 per compensi ed Euro 1.169,25 per spese generali oltre Iva e CPA e tutti gli ulteriori oneri di legge.
Le spese di C.T.U. sono poste interamente a carico della (…) S.r.l.
In ordine alla richiesta di liquidazione delle spese legali relative all’Accertamento Tecnico Preventivo avanzata da (…) la Suprema Corte ha chiarito che
“Le spese dell’accertamento tecnico preventivo “ante causam” vanno poste, a conclusione della procedura, a carico della parte richiedente e vanno prese in considerazione nel successivo giudizio di merito (ove l’accertamento stesso venga acquisito) come spese giudiziali, da porre, salva l’ipotesi di possibile compensazione totale o parziale, a carico del soccombente e da liquidare in un unico contesto” (Corte di Cassazione, Sez. II, sen. n. 14268 del 08.06.2017).
Anche in questo caso dovrà procedersi alla massima riduzione dei compensi.
Pertanto, utilizzando i criteri di cui al D.M. n. 55 del 2014 con riguardo alle cause di istruzione preventiva innanzi al Tribunale di valore ricompreso tra Euro 52.000,00 ed Euro 260.000,00 ed operando la massima riduzione la (…) s.r.l. deve essere condannata alla rifusione delle spese di lite in favore di (…) che si liquidano in Euro 2.147,00 per compensi ed Euro 322,05 per spese generali oltre Iva e CPA e tutti gli ulteriori oneri di legge. Nessun’altra spesa è stata documentata o dimostrata dalla ricorrente.
P.Q.M.
Il Giudice definitivamente pronunciando sulla causa specificata in epigrafe, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede:
condanna la (…) S.r.l. al pagamento, in favore di (…), della somma di Euro 43.421,00 oltre Iva nella misura ordinaria e interessi nella misura legale dalla data della presentazione della domanda del 23.01.2016 fino a quella di effettivo pagamento;
condanna la (…) S.r.l. al pagamento, in favore di (…), della somma di Euro 8.500,00 per ciascuna mensilità di gennaio e di febbraio 2014 e di Euro 5.483,87 per il mese di marzo, oltre interessi nella misura legale dalla data di scadenza contrattuale del 05.01.2014 per la somma di Euro 17.000,00 relativa al primo bimestre 2014 e dal 05.03.2014 per la somma di Euro 5.483,87 fino a quella di effettivo pagamento;
condanna (…) al pagamento, in favore della (…) S.r.l., della somma di Euro 8.500,00 oltre interessi nella misura legale dalla data del 27.06.2012 fino a quella di effettivo pagamento;
condanna la (…) S.r.l. alla rifusione delle spese di lite del giudizio di merito in favore di (…) che si liquidano in Euro 7.795,00 per compensi ed Euro 1.169,25 per spese generali oltre Iva e CPA e tutti gli ulteriori oneri di legge;
condanna la (…) s.r.l. alla rifusione delle spese di lite del procedimento di A.T.P. in favore di (…) che si liquidano Euro 2.147,00 per compensi ed Euro 322,05 per spese generali oltre Iva e CPA e tutti gli ulteriori oneri di legge;
pone le spese di C.T.U. del presente giudizio di merito interamente a carico della (…) s.r.l.
Così deciso in Roma il 3 gennaio 2019.
Depositata in Cancelleria il 3 gennaio 2019.