il danneggiato il quale promuova richiesta di risarcimento nei confronti del fondo di garanzia per le vittime della strada, sul presupposto che il sinistro sia stato cagionato da veicolo o natante non identificato, ha l’onere di provare sia che il sinistro si è verificato per condotta dolosa o colposa del conducente di un altro veicolo o natante, sia che questo è rimasto sconosciuto. A tal fine è sufficiente dimostrare che, dopo la denuncia dell’incidente alle competenti autorità di polizia, le indagini compiute o quelle disposte dall’autorità giudiziaria, per l’identificazione del veicolo o natante investitore, abbiano avuto esito negativo, senza che possa addebitarsi al danneggiato l’onere di ulteriori indagini articolate o complesse, purché egli abbia tenuto una condotta diligente mediante formale denuncia dei fatti ed esaustiva esposizione degli stessi.
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Tribunale Marsala, civile Sentenza 9 gennaio 2019, n. 11
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI MARSALA
SEZIONE CIVILE
nella persona del Giudice designato dott.ssa Mary Carmisciano, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 1169 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2017 e vertente
TRA
(…), elettivamente domiciliato in Mazara del Vallo, p.zza (…), presso lo studio dell’avv. Lu.As., che lo rappresenta e difende per delega a margine dell’atto di citazione del primo grado di giudizio.
APPELLANTE (ammesso al PSS)
e
(…) s.p.a. n.q. di società gerente il F.G.V.S., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Marsala, presso lo studio dell’avv. Se.Sp. che la rappresenta e difende giusta procura in calce alla comparsa di costituzione in appello.
APPELLATA
OGGETTO: appello avverso sentenza del Giudice di Pace di Marsala n. 302/2016 depositata in data 18.10.2016.
IN FATTO ED IN DIRITTO
Con atto di citazione in appello (…) conveniva in giudizio la (…) spa n.q. di società gerente il F.G.V.S., chiedendo la riforma della sentenza n. 302/16, emessa dal Giudice di Pace di Marsala e depositata il 18/10/2016, la quale, ritenuto non assolto l’onere probatorio gravante su parte attrice, rigettava la domanda, condannando l’attore al pagamento delle spese di lite.
Deduceva l’erronea interpretazione delle risultanze probatorie, la violazione ed erronea applicazione dell’art. 283 co. 1, lett. a) del D.Lgs. n. 209 del 2005 in relazione all’art. 2697 c.c., nonché l’omessa, insufficiente ed illogica motivazione. Riteneva, in particolare, che il Giudice di primo grado avrebbe errato nel non ammettere la prova testimoniale articolata con il teste (…), nonché omesso di valutare le risultanze della A.T.P. espletata sulla persona dell’attore in data antecedente l’instaurazione del giudizio, così inibendo la stessa possibilità dell’attore di provare i fatti di causa. Deduceva, a tal proposito, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e l’illegittimità del rigetto delle istanze istruttorie formulate dall’appellante in primo grado, chiedendo, pertanto, al Tribunale l’assunzione della prova testimoniale ivi rigettata. Concludeva per l’accoglimento della domanda e la conseguente condanna dell’appellata al pagamento di Euro 5.603,59 a titolo di danno biologico, morale, spese mediche e di ctu, connesse al sinistro occorso in data 06.06.2013.
La (…) S.p.A. si costituiva in giudizio contestando tutto quanto dedotto dall’appellante e concludendo per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado, con vittoria delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ciò posto, l’appello è infondato.
Com’è noto, il danneggiato il quale promuova richiesta di risarcimento nei confronti del fondo di garanzia per le vittime della strada, sul presupposto che il sinistro sia stato cagionato da veicolo o natante non identificato, ha l’onere di provare sia che il sinistro si è verificato per condotta dolosa o colposa del conducente di un altro veicolo o natante, sia che questo è rimasto sconosciuto (cfr. da ultimo, Tribunale Roma sez. XII, 03/08/2018, n.16191, nonché Cass., 13/7/2011, n. 15367; Cass., 25/7/1995, n. 8086; Cass., 8/3/1990, n. 1860).
A tal fine è sufficiente dimostrare che, dopo la denuncia dell’incidente alle competenti autorità di polizia, le indagini compiute o quelle disposte dall’autorità giudiziaria, per l’identificazione del veicolo o natante investitore, abbiano avuto esito negativo, senza che possa addebitarsi al danneggiato l’onere di ulteriori indagini articolate o complesse, purché egli abbia tenuto una condotta diligente mediante formale denuncia dei fatti ed esaustiva esposizione degli stessi (v. Cass., 13/7/2011, n. 15367; Cass., 8/3/1990, n. 1860).
La prova che il danno sia stato effettivamente causato da veicolo non identificato può essere fornita dal danneggiato anche in base a mere “tracce ambientali” o “dichiarazioni orali”, non essendo richiesto alla vittima di mantenere un comportamento di non comune diligenza ovvero di complessa ed onerosa attuazione, avuto riguardo alle sue condizioni psicofisiche e alle circostanze del caso concreto (v. Cass., 18/11/2005, n. 24449).
Occorre altresì considerare che pur in presenza di una denuncia o querela, il giudice di merito potrà escludere la riconducibilità della fattispecie concreta a quella del danno cagionato da veicolo non identificato, come anche affermarla, in mancanza di denuncia o querela.
Si è inoltre considerata ragione giustificativa della non identificazione del veicolo il fatto che il responsabile si sia dato alla fuga nell’immediatezza del fatto (circostanza che non deve peraltro necessariamente ricorrere al fine di ottenere il risarcimento del danno: cfr. Cass., 13/7/2011, n. 15367), unico presupposto indefettibile essendo che la relativa identificazione sia risultata impossibile per circostanze obiettive da valutare caso per caso e non imputabili a negligenza della vittima (v. Cass., 13/1/2015, n. 274). Il danneggiato è infatti tenuto a mantenere una condotta improntata alla normale diligenza del buon padre di famiglia (cfr. Cass., 18/11/2005, n. 24449; Cass., 13/7/2011, n. 15367, e, da ultimo, Cass., 13/1/2015, n. 274), sicché si è esclusa la possibilità di configurare a suo carico un obbligo di collaborazione “eccessivo” rispetto alle sue “risorse” che finisca con il trasformarlo “in un investigatore privato o necessariamente in un querelante” (in tali termini v. Cass., 18/6/2012, n. 9939; Cass., 18/11/2005, n. 24449), nonché alla buona fede oggettiva o correttezza, quale generale principio di solidarietà sociale che trova applicazione, oltre che nell’adempimento delle obbligazioni, anche in tema di responsabilità extracontrattuale (in questi termini, cfr. Cass. n. 18308/2015).
Ebbene, nel caso che ci occupa, il giudice di prime cure ha correttamente ritenuto che l’attore non avesse soddisfatto l’onere di provare che il sinistro stesso fosse stato effettivamente provocato da un veicolo non identificato.
Ed infatti, deve rilevarsi in primo luogo la carente descrizione della dinamica del sinistro di cui all’atto di citazione, ove l’attore si è limitato a rappresentare che in data 06.06.2013, verso le ore 20.30 circa, nella c.da Mi., percorreva a piedi la strada che dalla via (…) porta verso la predetta contrada, in compagnia del padre, (…), quando “venivano investiti da un veicolo rimasto sconosciuto che si dava repentinamente alla fuga senza prestare alcun soccorso”.
Tale descrizione del sinistro appare alquanto lacunosa, non avendo l’attore precisato il tipo di autovettura investitrice (se di piccola o grande cilindrata), il colore chiaro o scuro della stessa, il tipo di sinistro subito. Non è chiaro, infatti, cosa l’attore abbia inteso con il termine “investimento”, anche tenuto conto della tipologia di danno subito, né quali conseguenze lesive siano derivate al padre che pure sarebbe stato coinvolto nel sinistro.
In altre parole, in mancanza di una descrizione più dettagliata del fatto storico, viene precluso al giudicante di valutare la compatibilità tra il fatto narrato e gli eventuali elementi di prova o i meri indizi emersi nel corso dell’istruttoria, al fine di fondare la propria decisione su presunzioni ex art. 2729 c.c.
La diagnosi effettuata dagli operatori del pronto soccorso si riferisce, infatti, ad una frattura composta dell’epifisi prossimale del 5 metacarpo dx, con una prognosi di giorni 25 ed un danno biologico, quantificato in sede di a.t.p., pari al 3%. Si tratta, in altre parole, di un danno astrattamente compatibile con qualsiasi tipo di sinistro, anche con una caduta accidentale dell’attore.
Peraltro, deve ribadirsi l’inammissibilità della prova testimoniale articolata dall’attore.
E’, evidente, infatti che il teste (…) indicato dall’appellante non ha assistito personalmente al sinistro, ma è intervenuto in un secondo momento al fine di accompagnare l’appellante ed il padre (rispettivamente nipote e fratello del teste stesso) al pronto soccorso. A tanto deve concludersi dalla lettura dell’articolato identificato dalla lettera E), laddove si intendeva chiedere al teste “vero è che subito dopo il sinistro il sig. (…) è stato accompagnato al pronto soccorso dell’ospedale di Marsala dal sig. (…) chiamato telefonicamente?”.
Trattasi, in particolare, di articolato che priva di pregio tutti i precedenti articolati formulati dall’appellante, rispetto ai quali si rende chiaro che il teste sarebbe stato chiamato a testimoniare su circostanze riferite dallo stesso attore ed aventi ad oggetto l’an della pretesa attorea. Sul punto deve, pertanto, essere confermata l’ordinanza istruttoria adottata in data 18.10.2017, di rigetto delle istanze istruttorie reiterate dall’appellante.
A questo proposito, secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità,
“in tema di deposizione “de relato” è preferibile la tesi secondo cui la valenza della deposizione de relato actoris è sostanzialmente nulla. In caso contrario (ove, cioè si affermi che una siffatta deposizione possa assurgere a valido elemento di prova, quando sia suffragata da ulteriori risultanze probatorie) si finirebbe con l’attribuire una veste qualificata – quella di elemento di prova – a una mera allegazione della parte circa un fatto costitutivo della domanda, per il solo fatto di essere stata confermata nella fase istruttoria mediante la deposizione di un teste che quella allegazione si è, invece, limitato in ipotesi a riportare in quanto tale (ossia per avere appreso il fatto dalla parte stessa e non per cognizione diretta, o, al limite, per averlo appreso da terzi estranei al giudizio)”. (Cassazione civile sez. III, 23/03/2017, n. 7414).
Ritenuto, in ogni caso che, anche ove assunta la predetta prova testimoniale, in assenza di ulteriori ed idonei elementi di prova, la stessa non potesse assurgere al rango di indizio grave, preciso e concordante, tale da far presumere l’effettiva riferibilità del sinistro per cui è causa ad un veicolo rimasto ignoto e ciò in ragione della già lacunosa descrizione dei fatti di causa contenuta nell’atto di citazione e dell’inutilizzabilità a tali fini dell’a.t.p. espletata prima dell’introduzione del giudizio. Quest’ultima, infatti, sebbene quantifichi il danno biologico subito dall’attore sulla base della documentazione sanitaria fornita dallo stesso, nulla prova in ordine all’an della domanda, potendo al più essere di ausilio per la quantificazione del danno subito. Infine, anche la querela depositata quale documento n. 2 allegato all’atto di citazione di primo grado, nulla aggiunge a quanto già rappresentato.
Ed infatti, anche in detta sede la descrizione del sinistro si palesa alquanto generica e, peraltro, nella stessa il querelante si limita a riferire di essere stato investito da un’auto rimasta ignota. Dalle dichiarazioni del querelante (…), padre dell’odierno appellante, infatti, pare evincersi che l’unica vittima del sinistro fosse stato lo stesso querelante, mentre nulla si dice dell’investimento del figlio. (cfr. querela del 07.06.2013 “l’automobile mi scaraventava per terra ed andava via senza prestarmi alcun soccorso. Mio figlio ha telefonato a mio fratello che è venuto a prendermi e mi ha portato con la sua autovettura al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Marsala”).
In definitiva, deve ritenersi che la motivazione del giudice di prime cure sia immune dalle censure rivolte dall’appellante e debba, pertanto, essere confermata. Visto l’art. 91 c.p.c., ferma la liquidazione delle spese di lite del primo grado di giudizio (la cui statuizione non è stata oggetto di impugnazione ed è, pertanto, passata in giudicato), le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo in applicazione dei parametri medi di cui alle tabelle del D.M. n. 37 del 2018.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione, deduzione disattesa, così provvede:
– Rigetta l’appello;
– Condanna, (…), al pagamento delle spese di lite in favore della (…) s.p.a. n.q. di F.G.V.S. liquidate in complessivi Euro 1.500,00, oltre spese generali al 15% IVA e CA come per legge.
Così deciso in Marsala l’8 gennaio 2018.
Depositata in Cancelleria il 9 gennaio 2019.