In tema di locazioni di immobili urbani, la condanna del conduttore al pagamento dei canoni da scadere sino alla riconsegna dell’immobile locato, dal medesimo, comunque, dovuti a seguito della risoluzione della locazione a titolo di danni per la protratta occupazione dell’immobile (ai sensi dell’art. 1591 c.c.), costituisce ampliamento della domanda di risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore, che trova fondamento nella particolare nella disposizione dell’art. 644 c.p.c., 1 comma, secondo cui, in caso di convalida definitiva dello sfratto intimato per la morosità del conduttore è ammissibile l’emissione dell’ingiunzione al pagamento non solo dei canoni scaduti alla data di notificazione dell’intimazione, ma, ove l’intimante ne abbia fatto richiesta contestuale, anche di quelli “da scadere fino all’esecuzione dello sfratto”, quale ipotesi specifica di condanna cosiddetta in futuro, di carattere tipico e di natura eccezionale, con la quale l’ordinamento tutela l’interesse del creditore all’ottenimento di un provvedimento nei confronti del debitore prima ancora che si verifichi l’inadempimento.

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Tribunale Roma, Sezione 6 civile Sentenza 24 ottobre 2018, n. 20536

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

SEZIONE SESTA CIVILE

Il Tribunale di Roma, in persona del giudice dott.ssa Manuela Caiffa all’udienza del 24.10.2018, all’esito della discussione orale ha pronunciato la seguente

SENTENZA

(ex art. 429 comma 1 c.p.c.)

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 29138 del Registro Generale Affari Contenziosi dell’anno 2018, avente ad oggetto “intimazione di sfratto per morosità – uso diverso”, pendente

TRA

la (…) S.p.A. (cod. fisc. (…)), in nome e per conto dell’INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE subentrata alla (…) S.p.A. quale nuovo Gestore del patrimonio immobiliare dell’I.N.P.S., rappresentata e difesa dall’Avv. Gi.Ob. ed elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo in Roma, in Via (…), giusta delega in atti,

ricorrente

CONTRO

la (…) S.r.l. (C.F. (…)) con sede in R. Via (…)

resistente

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con atto di intimazione di sfratto e contestuale citazione per la convalida, la (…) S.p.A. intimava alla (…) S.r.l. lo sfratto per la morosità dei canoni e degli oneri accessori per complessivi Euro 92.917,30 maturati al gennaio 2018 così come da allegato estratto conto, relativamente all’immobile sito in R. in Via (…), piani terra e primo, di proprietà dell’INPS e concesso in locazione in nome e per conto dell’Istituto proprietario con contratto del 26/6/2013, debitamente registrato e decorrente dall’1/9/2013.

La Società intimante chiedeva la convalida dello sfratto, con emissione di decreto ingiuntivo per i canoni intimati e di quelli in scadenza; emettersi ordinanza di rilascio, in caso di opposizione; nel merito, dichiararsi la risoluzione del contratto di locazione in oggetto per inadempimento della (…) S.r.l. ed, in ogni caso, giusta la clausola risolutiva espressa di cui agli artt. 5 e 21 del contratto di locazione, con la condanna della stessa conduttrice al rilascio dell’immobile, al risarcimento dei danni anche ex art. 1591 c.c. e al pagamento di tutte le somme dovute sino alla riconsegna con i relativi interessi legali, oltre alla refusione delle spese.

All’udienza di convalida compariva il legale rappresentante della predetta (…) S.r.l., Sig. (…), che si opponeva alla convalida dello sfratto sostenendo l’inesigibilità dei canoni intimati a causa di taluni asseriti problemi di staticità dell’immobile locato denunziati alla (…) S.p.A. con comunicazioni contestualmente prodotte e rilevando, in ogni caso, l’erroneità dell’addebito nell’estratto conto prodotto di due canoni per i mesi di febbraio e marzo 2015, epoca in cui il relativo pagamento era pacificamente sospeso.

Con ordinanza del 30.04.2018, veniva ordinato alla (…) S.r.l. il rilascio dell’immobile e disposto il mutamento del rito, per cui parte ricorrente provvedeva a notificare la relativa ordinanza alla resistente non costituita.

Parte ricorrente dava prova di aver espletato il procedimento di mediazione, producendo il relativo verbale del 05.09.2018.

Con memorie integrative, si costituiva la (…) S.p.A., in luogo della (…) S.p.A., per affidamento della unità immobiliare a decorrere dall’01.04.2018, riproponendo le conclusioni di cui all’atto di intimazione.

Parte resistente non si costituiva nel termine per il deposito di memorie integrative, rimanendo contumace.

La causa veniva decisa all’udienza del 24.10.2018 e il Giudice dava lettura in udienza del dispositivo e della contestuale motivazione.

Preliminarmente, si rileva che, in difetto di costituzione per la fase di merito, nel termine assegnato ex art. 426 c.p.c., risultano maturate le preclusioni assertive in capo alla Società conduttrice che, nella fase sommaria, compariva in persona del legale rappresentante assistito da difensore non munito di procura speciale, con la conseguenza che quanto dedotto a sostegno dell’opposizione non risulta idoneo a controvertere sulla domanda di risoluzione contrattuale proposta dalla (…) S.p.A., ora (…) S.p.A.

Riguardo al subentro della (…) S.p.A. nel contratto di locazione de quo, si rileva che in mancanza di una contraria volontà dei contraenti, con l’affidamento della gestione del patrimonio immobiliare da parte dell’I.N.P.S., si è avuta surrogazione, nel rapporto di locazione, della stessa che, dunque, subentra nei diritti e nelle obbligazioni della (…) S.p.A., senza necessità del consenso del conduttore.

Va considerato, in ogni caso, che entrambe le Società agivano nella qualità di Gestore del patrimonio immobiliare dell’I.N.P.S. e, dunque, in nome e per conto dell’Istituto proprietario, giusta procura speciale, in atti.

Da qui, il subentro della (…) S.p.A. nella stessa posizione processuale della (…) S.p.A.

Passando al merito, parte ricorrente ha proposto un’azione di risoluzione (costitutiva) ai sensi degli artt. 1455 e 1453 c.c. ed anche un’azione dichiarativa ex art. 1456 c.c., invocando la clausola risolutiva espressa di cui agli artt. 5 e 21 del contratto di locazione.

Nel procedimento per convalida di sfratto, infatti, sono ammissibili non soltanto le pronunce costitutive di risoluzione, ma altresì le azioni di mero accertamento, quali quelle relative all’avvenuta risoluzione della locazione per effetto della clausola risolutiva espressa, di cui il locatore dichiari di avvalersi.

E’ da stabilire, quindi, se la clausola risolutiva espressa richiamata sia valida ed idonea a far dichiarare la risoluzione del contratto per l’inadempimento convenzionalmente sanzionato, ovvero, se, in difetto, si dovrà accertare la gravità dell’inadempimento stesso.

Nel caso di specie, le clausole 5) e 21), invocate dalla difesa ricorrente, non hanno i requisiti, di contenuto e forma, necessari a poter essere qualificata in termini di clausole risolutive (art. 1456 c.c.).

Infatti, nell’art. 5) del documento contrattuale, le parti convenivano esclusivamente che “Il mancato pagamento anche solo di una rata del canone entro i predetti venti giorni del mese (…) comporta, senza che occorra ulteriore messa in mora, il diritto della (…) alla risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1455 c.c. (…)”, mentre con l’art. 21) prevedevano che “Tutte le clausole del presente contratto hanno carattere essenziale e formano unico e inscindibile contesto; conseguentemente la violazione anche solo di una sola di esse abilita le parti a chiedere le sanzioni previste dall’art. 1453 c.c.”.

Il riferimento alle norme della risoluzione per inadempimento (artt. 1453 e 1455 c.c.) già, di per sé, esclude che la risoluzione sia convenuta tra le parti (art. 1456 c.c.).

In ogni caso, l’art. 21) trattasi di patto notoriamente inidoneo, per quanto generico ed indistintamente riferito a tutte le obbligazioni assunte dal conduttore con la stipulazione del contratto de quo agitur, a configurare quella clausola risolutiva espressa descritta dall’art. 1456 c.c.: “per la configurabilità della clausola risolutiva espressa, le parti devono aver previsto la risoluzione di diritto del contratto per effetto dell’inadempimento di una o più obbligazioni specificamente determinate, restando estranea alla norma di cui all’art. 1456 cod. civ. la clausola redatta con generico riferimento alla violazione di tutte le obbligazioni contenute nel contratto, con la conseguenza che, in tale ultimo caso, l’inadempimento non risolve di diritto il contratto, sicché di esso deve essere valutata l’importanza in relazione alla economia del contratto stesso, non essendo sufficiente l’accertamento della sola colpa, come previsto, invece, in presenza di una valida clausola risolutiva espressa” (v. Cass. n. 1950.2009); “la clausola risolutiva espressa presuppone che le parti abbiano previsto la risoluzione di diritto del contratto per effetto dell’inadempimento di una o più obbligazioni specificamente determinate, sicché la clausola che attribuisca ad uno dei contraenti la facoltà di dichiarare risolto il contratto per “gravi e reiterate violazioni” dell’altro contraente “a tutti gli obblighi” da esso discendenti va ritenuta nulla per indeterminatezza dell’oggetto, in quanto detta locuzione nulla aggiunge in termini di determinazione delle obbligazioni il cui inadempimento può dar luogo alla risoluzione del contratto e rimette in via esclusiva ad una delle parti la valutazione dell’importanza dell’inadempimento dell’altra” (v. Cass. n. 4796.2016).

In conseguenza, il Giudice dovrà pronunciarsi sulla risoluzione del contratto per inadempimento della Società conduttrice.

La domanda va accolta atteso che parte ricorrente ha assolto agli oneri di prova che gl’incombevano ex art. 2697 c.c., producendo in giudizio il contratto stipulato.

Infatti, incombe al creditore esclusivamente di dimostrare il titolo e la scadenza delle obbligazioni che assume inadempiute e di allegare il fatto d’inadempimento, incombendo poi al debitore convenuto di allegare e dimostrare dei fatti impeditivi, modificativi od estintivi idonei a paralizzare la domanda di controparte (v. Cass. n. 15659.2011: “in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento”; nonché Cass. n.3373.2010; Cass. n.9351.2007; Cass. n.1743.2007; Cass. n.20073.2004).

Quanto dedotto da parte ricorrente in fase sommaria, in difetto di costituzione, non può ritenersi difesa tecnica opponibile alla pretesa del locatore.

In ogni caso, si richiamano integralmente le motivazioni di cui al provvedimento di rilascio.

Riguardo la gravità e l’importanza dell’inadempimento, per quel che concerne le locazioni ad uso diverso, la valutazione resta affidata ai comuni criteri di cui all’art. 1455 c.c. “Salva la facoltà del Giudice di utilizzare come parametro orientativo il principio di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 5, alla stregua delle particolarità del caso concreto” (v. Cass., Sez. VI, 23 giugno 2011,n. 13887).

La valutazione della gravità dell’inadempimento, ancora, “Va verificata anche d’ufficio dal giudice trattandosi di elemento che attiene al fondamento stesso della domanda e non solo in relazione all’entità oggettiva dell’inadempimento, ma anche con riguardo all’interesse che l’altra parte intende realizzare e sulla base, dunque, di un criterio che consenta di coordinare il giudizio sull’elemento oggettivo della mancata prestazione, nel quadro dell’economia generale del contratto, con gli elementi soggettivi” (v. Cass., 6 marzo 2012, n.3477).

L’inadempimento deve essere dunque idoneo a turbare l’equilibrio contrattuale, quale risulta “Dalle clausole cui i contraenti hanno attribuito valore maggiore ed essenziale” (v. Cass., 17 gennaio 2007, n. 987).

La valutazione in questione va, poi, adeguata anche a un criterio di proporzione fondato sulla buona fede contrattuale (v. Cass., 1 luglio 2005 , n. 14034).

Ne deriva, che “La risoluzione del contratto di locazione a uso commerciale per mancato pagamento di canoni e/ o oneri accessori, può aversi solo con riferimento inadempimenti tali da rompere l’equilibrio contrattuale, tenuto conto del complessivo comportamento osservato dal conduttore” (v. Cass. n. 8076 del 04.06.2002).

Va, dunque, anche valutata la sussistenza della imputabilità della mora debendi con dolo o colpa del debitore.

Nel caso di specie, la morosità intimata – canoni di locazione di febbraio e marzo 2015 e canoni ed oneri accessori da giugno 2017 a gennaio 2018 per complessivi Euro 92.917,30, sussisteva al momento della notifica dell’atto di intimazione introduttivo.

La Società conduttrice era tenuta ai sensi dell’art. 3) del contratto di locazione a corrispondere il canone mensile anticipatamente e, comunque, non oltre il ventesimo giorno successivo ad ogni scadenza, per cui appare indiscutibile la sussistenza e l’assoluta importanza dell’inadempimento.

Si dovrà tenere in considerazione anche il mancato versamento dei canoni di locazione successivi all’intimazione di sfratto, talché “… la circostanza che l’inadempimento del conduttore, non grave al momento della domanda di risoluzione proposta dal locatore, si aggravi in corso di causa, è rilevante ai fini dell’accoglimento della stessa” (Cass. civ. Sez. III, 20/04/2015, n. 8002 e Cass. civ. Sez. III, 26/10/2012, n. 18500).

Infatti, il non aver pagato il canone di locazione per lungo tempo, fino a giungere al mancato pagamento dell’importo di Euro 146.156,85, fino al giugno 2018, è prova del mancato adempimento per lungo tempo dell’obbligazione primaria della conduttrice, che è quella di pagare regolarmente il canone nella misura pattuita.

Alla risoluzione del contratto stipulato il 26.06.2013, per inadempimento, segue la condanna al pagamento dei canoni di locazione intimati pari a Euro 91.305,63, oltre a quelli successivi fino al rilascio ed interessi legali dalle scadenze al saldo, costituendo estensione della domanda attorea già contenuta nella richiesta di emissione di decreto ingiuntivo per canoni scaduti ed a scadere.

In tema di locazioni di immobili urbani, la condanna del conduttore al pagamento dei canoni da scadere sino alla riconsegna dell’immobile locato, dal medesimo, comunque, dovuti a seguito della risoluzione della locazione a titolo di danni per la protratta occupazione dell’immobile (ai sensi dell’art. 1591 c.c.), costituisce ampliamento della domanda di risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore (v. Cass. n. 25599/2016), che trova fondamento nella particolare nella disposizione dell’art. 644 c.p.c., 1 comma, secondo cui, in caso di convalida definitiva dello sfratto intimato per la morosità del conduttore è ammissibile l’emissione dell’ingiunzione al pagamento non solo dei canoni scaduti alla data di notificazione dell’intimazione, ma, ove l’intimante ne abbia fatto richiesta contestuale, anche di quelli “da scadere fino all’esecuzione dello sfratto”, quale ipotesi specifica di condanna cosiddetta in futuro, di carattere tipico e di natura eccezionale, con la quale l’ordinamento tutela l’interesse del creditore all’ottenimento di un provvedimento nei confronti del debitore prima ancora che si verifichi l’inadempimento (v. Cass. n. 11603/2005; n. 6245/1992).

Non va riconosciuto, per contro, alla parte ricorrente il maggior danno, di cui all’art. 1591 c.c., in difetto di rigorosa dimostrazione che la ritardata restituzione dell’immobile abbia concretamente pregiudicato la possibilità di locare il bene a terzi per un canone superiore all’ultimo corrispettivo convenuto con il conduttore inadempiente (v. Cass. sez. III 11 luglio 2014 n. 15899).

La Società conduttrice va condannata, altresì, al pagamento degli oneri accessori per ulteriori Euro 1.611,67, così come risultanti dall’analitico estratto conto prodotto dalla ricorrente, oltre interessi legali dall’intimazione al saldo.

Va confermata, infine, l’ordinanza di rilascio del 30.04.2018.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate ai sensi del Dm Giustizia n. 55/2014, nonché Dm Giustizia n. 37/2018 per la mediazione, a seconda del valore di riferimento (da Euro 52.000,01 a Euro 260.000)

La Società convenuta va, poi, condannata al versamento, all’entrata del bilancio dello Stato, della somma di Euro 145,50, pari al contributo unificato della presente procedura, dal momento “ai sensi dell’art. 8, comma 5, del D.Lgs. n. 28 del 2010, nel testo modificato dall’articolo 2, comma 35-sexies del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, va pronunciata condanna al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio nei confronti della parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5 del medesimo decreto legislativo, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo” (Trib. Termini Imprese, 09.05.12; Trib. Roma Sez. XIII 10.07.2014).

P.Q.M.

Il Tribunale , definitivamente pronunciando sulla domanda proposta dalla parte attrice, così provvede:

accoglie la domanda e dichiara il contratto di locazione stipulato in data 23.06.2013, relativo all’immobile sito in R. Via (…), piani terra e primo, comprensivo della porzione di mq. 130 di cui all’atto integrativo del 02.02.2015, con ogni pertinenza relativa (foglio (…), part. (…) – (…), sub. (…), cat (…)) risolto per inadempimento della (…) S.r.l., conduttrice;

conferma l’ordinanza di rilascio del 30.04.2018, ivi compreso il termine di esecuzione già trascorso;

condanna la convenuto al pagamento dei canoni di locazione intimati e pari a Euro 91.305,63, oltre ai canoni successivamente maturati fino al rilascio ed interessi dalle scadenze al saldo, nonché dell’ulteriore somma di Euro 1.611,67, oltre interessi dall’intimazione al saldo;

condanna la convenuta al rimborso in favore dell’attrice delle spese di lite che liquida in Euro 4.717,00, di cui Euro 522,00 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso forfetario;

condanna, infine, la convenuta al versamento della somma di Euro 379,50 all’entrata del bilancio dello Stato.

Così deciso in Roma il 24 ottobre 2018.

Depositata in Cancelleria il 24 ottobre 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.