In tema di appalto, ai sensi dell’art. 1665, comma 4, c.c., è necessario distinguere tra atto di “consegna” e atto di “accettazione” dell’opera: la consegna costituisce un atto puramente materiale che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente, mentre l’accettazione esige, al contrario, che il committente esprima (anche “per facta concludentia”) il gradimento dell’opera stessa, con conseguente manifestazione negoziale la quale comporta effetti ben determinati, quali l’esonero dell’appaltatore da ogni responsabilità per i vizi e le difformità ed il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo.
Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.
Tribunale Milano, Sezione 7 civile Sentenza 18 marzo 2019, n. 2573
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
Sezione Settima Civile
In funzione di giudice unico nella persona del dott. STEFANIA NOVELLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al numero di ruolo sopra riportato, promossa da:
(…) ((…)), rappresentata e difesa dall’avv. COLLIVASONE ANDREA RANIERO, presso lo studio del quale, in PIAZZA DELLA REPUBBLICA, n. 28 20124 MILANO, ha eletto domicilio, come da delega agli atti;
– attore opponente –
CONTRO
(…) SRL ((…)), rappresentata e difesa dall’avv. PANATTONI ROSSELLA, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. FEDERICA SARTI, in MILANO, CORSO EUROPA N. 22, 20122, come da delega agli atti;
– convenuta opposta –
CONCISE RAGIONI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione notificato in data 24.10.2016, (…) ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo n. 21747/2016 emesso in data 25.08.2016, a favore di (…) SRL, per l’importo di Euro 303.408,20 oltre interessi moratori.
Quali motivi di opposizione, ha dedotto:
a) l’inesigibilità della somma di Euro 119.753,83 a titolo di ritenute di garanzia, atteso che il collaudo previsto ex art. 6, peraltro del luglio 2016 e non dell’aprile 2016, fu firmato con riserve, sussistendo dei vizi accertati dal collaudatore;
b) l’inesistenza del residuo credito fondato sui SAL, in quanto: – per le fatture n.(…) (inerente al SAL 11), 23 (relativa al SAL 12); (…) (relativa al SAL 13), (…) (relativa al SAL 14) manca il certificato di pagamento; – la fattura n. (…), fu emessa senza il SAL;
c) in conformità all’art. 6.3, la subappaltatrice comunicò la contabilità finale (doc. 9) per un importo di Euro 1.155.888,00 anziché di Euro 1.192.000,00 ( a seguito di rettifica del SAL 14, docc. 7 bis ed 8); da tale importo deve decurtarsi la somma di Euro 141.475,75, ossia, nello specifico, Euro 10.764,00 per pulizie e riordino ponteggio, Euro 2.338,37 a titolo di addebito per trasporto e smaltimento rifiuti, Euro 4.140,00 per assistenza impianti elettrici alloggi, Euro 4.320,00 per i controsoffitti, Euro 3.599,93 per zoccolatura in lattoneria alluminio, Euro 76.120,00 a titolo di penale, ex art. 3.3., per 25 giorni di ritardo;
d) il decremento del valore del cappotto a causa dei vizi accertati dal collaudatore per un importo di Euro 40.193,45;
e) l’omesso rilascio della polizza decennale postuma. Pertanto, ha concluso chiedendo, in via preliminare, la revoca del decreto ingiuntivo; in via principale e anche riconvenzionale di accertare l’inadempimento del committente per i vizi, il ritardo e l’omessa consegna della polizza decennale postuma, e per l’effetto, condannare al pagamento degli importi indicati ovvero portarli in compensazione.
Si è costituita in giudizio, in data 6.02.2017, (…) SRL contestando la fondatezza, in fatto e in diritto, dell’opposizione a decreto ingiuntivo, eccependo:
a) la nullità dell’opposizione per mancanza di firma digitale;
b) il riconoscimento della debenza di parte dell’importo chiesto con il procedimento monitorio;
c) che, in violazione dell’art. 6.3, il subappaltatore non ha quantificato, nel verbale di consegna, gli eventuali danni né indicato le penali per il ritardo.
Rigettata l’istanza ex art. 648 c.p.c., la causa è stata istruita mediante escussione di testimoni ed acquisizione dei documenti offerti e rinviata per precisazione delle conclusioni dinanzi all’odierno giudicante.
1. In via preliminare, l’eccezione di nullità dell’atto di citazione è infondata.
L’atto di citazione prodotto presenta la sottoscrizione digitale del procuratore di parte opponente (cfr. copia prodotta in udienza e docc. 30,31 fasc. opponente).
2. Sempre in via preliminare, quanto alle reiterate e plurime richieste di emissione di ordinanza ex art. 648 c.c. sulle somme non contestate, da un lato, si richiamano, per relationem, le ordinanze del Giudice dell’epoca, dall’altro, si specifica che non può essere concessa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo per una minor somma rispetto a quella ingiunta, atteso che ciò si tradurrebbe in una sostituzione o modifica del decreto, che spetta al giudice soltanto in fase di decisione.
Tale principio trova conferma proprio nella citata modifica dell’art. 648 c.p.c. ad opera dell’art. 9 D.Lgs. n. 231 del 2002 che l’ha introdotta limitatamente all’ipotesi specifica in cui sia contestata solo una parte dell’importo ingiunto.
A tal fine, si richiamano le specifiche contestazioni dell’opponente sull’intero ammontare del credito e sulle singole fatture oggetto del monitorio, sollevate fin dall’atto di citazione.
In ogni caso, la natura della contestazione generica – anziché specifica ex art. 115 c.p.c. – può essere oggetto di valutazione solo in fase di decisione ed è dunque tale da non far sorgere, eventualmente, l’onere di prova gravante sulla parte opposta, ma non può rendere automaticamente riconosciuto e non contestato l’eventuale importo ai sensi dell’art. 648 c.p.c.
3. Nell’esaminare le domande contrapposte delle parti dell’appalto, giova richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale sul riparto dell’onere probatorio in materia contrattuale, secondo cui
“in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione); anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto esatto adempimento”. (Cass. Sez. Un. n. 13533 del 30/10/2001; conf., fra altre, Cass. n. 3373 del 12/2/2010 e Cass. n. 826 del 20/1/2015).
Tali principi trovano applicazione anche in tema di contratto di appalto, con la conseguenza che qualora, come nel caso di specie, il committente (o il subappaltante) convenuto per il pagamento del corrispettivo eccepisca l’inesatto adempimento dell’appaltatore (o del subappaltatore) (artt. 1460 o 1667 c.c.) è su tale parte che grava l’onere di provare di aver esattamente adempiuto.
La società opponente, come allegazione dell’inadempimento, ha prodotto il verbale di consegna ed accettazione dell’opera, contenente alcune riserve, aventi a oggetto vizi e difetti, quantificate dal collaudatore, non contestualmente alla redazione del verbale, in Euro 40.193,45.
La subappaltatrice non si impegnò ad eliminare vizi, non riconoscendo la sussistenza degli stessi, in quanto dichiarò che “(…) si riserva di valutare le riserve emesse dal committente e di valutare gli eventuali modi di ripristino/tempistiche degli interventi che riterrà di sua responsabilità”.
Nell’odierno giudizio, la società committente ha prospettato, quindi, la sussistenza di danni di pari importo, formulando domanda riconvenzionale e in subordine eccezione di compensazione.
Si tratta, secondo la prospettazione attorea, di danni derivanti dai vizi e difetti riscontrati nell’opera, consegnata e accattata nel luglio 2016.
Sennonché difetta proprio la prova del danno, gravante sulla società opponente in qualità di danneggiata, in quanto:
– la relazione del collaudatore rappresenta un mero accertamento unilaterale, non qualificabile, in via autonoma, come prova dal danno.
Occorre ricordare che (Sez. 2, Sentenza n. 6489 del 27/07/1987 (Rv. 454759 – 01)
“In materia di responsabilità dell’appaltatore per difformità e vizi dell’opera, il risultato positivo o negativo della verifica, cioè il giudizio espresso dal collaudatore per conto del committente circa la rispondenza o meno dell’opera alle condizioni del contratto o alle regole dell’arte, rappresenta un accertamento tecnico unilaterale che, come tale, non vincola l’altra parte, ne’ può costituire per il giudice fonte obiettiva di accertamento della responsabilità dell’appaltatore, a meno che le parti non abbiano concordato di accettare “a priori” le decisioni del collaudatore e gli abbiano, quindi, attribuito le funzioni e i poteri di un vero e proprio arbitro”;
– la società danneggiata non ha esperito un procedimento di accertamento tecnico preventivo, prima della modifica dello stato dei luoghi e della vendita degli appartamenti, finalizzato a provare la sussistenza dei vizi – attesa l’intervenuta consegna e accettazione dell’opera – sotto il profilo dell’an (causalità materiale e giuridica) e del quantum; né ha avanzato una richiesta di CTU nell’odierno giudizio di merito, la quale, comunque sarebbe stata ininfluente al fine del decidere, stante il pacifico mutamento dello stato dei luoghi;
– CMB, in qualità di subappaltante, non ha neppure fornito la prova che la committente principale decurtò dal corrispettivo spettante un importo pari ai danni invocati nell’odierno giudizio nei confronti del subappaltatore.
Le fotografie prodotte e la denuncia del Condominio di via R. del 10 marzo 2017 non sono tanto meno idonee a fornire la prova del danno.
La società opponente ha, altresì, eccepito:
a) l’inesigibilità dell’importo di Euro 119.753,83 a titolo di ritenute di garanzia;
b) l’inesistenza del credito di Euro 183.718,32 a titolo di SAL e;
c) la sussistenza di controcrediti a titolo di penali (Euro 76.120,00), di costi per le pulizie e smaltimento rifiuti (Euro 10.764,00 ed Euro 2.338,37), di costi per assistenza di impianti elettrici (Euro 4.140,00), di costi per controsoffitti imbarcati e incompleti (Euro 4.320,00), di costi per omessa zoccolatura in lattoneria (Euro 3.599,93), nonché a titolo di omesso rilascio della polizza decennale postuma (Euro 40.000).
a) In relazione all’inesigibilità delle ritenute di garanzia, l’art. 6.1 prevedeva che ” l’importo delle trattenute sarà corrisposto decorsi 6 mesi dalla data di emissione del certificato di collaudo positivo dell’opera da parte del cliente divisibile tra opere specialistiche di cartongessi e cappotti/tinteggi”
Non è oggetto di contestazione che l’opera fu terminata dalla società subappaltatrice e consegnata, come attestato dal relativo verbale (doc. 5 fasc. opponente), in data 22.07.2016 e, di conseguenza, all’epoca del deposito del ricorso ex art. 633 c.p.c. non vi era stata né accettazione né collaudo.
L’inesigibilità del credito al momento dell’emissione del decreto ingiuntivo comporta la revoca dello stesso, ma non preclude, a fronte della domanda di condanna di pagamento formulata, l’accertamento della sopravvenuta esigibilità (Sez. 1, Sentenza n. 12318 del 04/12/1997 (Rv. 510714 – 01)
“La revoca del decreto ingiuntivo in esito al giudizio d’opposizione, ove discenda non da fatti sopravvenuti, ma dal riscontro dell’iniziale mancanza dei requisiti all’uopo prescritti, quale il difetto di un credito esigibile, comporta, salvo l’accoglimento in tutto od in parte della domanda riformulata dal creditore in detto giudizio, l’invalidità “ab origine” del provvedimento monitorio, ed esige anche d’ufficio l’ordine di cancellazione dell’ipoteca giudiziale iscritta in forza della sua provvisoria esecutorietà, dato che il principio della proporzionale conservazione degli atti di esecuzione in precedenza compiuti, posto dall’art. 653 secondo comma cod. proc. civ. per il caso di fondamento parziale dell’opposizione, riguarda la diversa ipotesi in cui l’indicata revoca sia disposta nonostante l’originaria presenza delle condizioni dell’ingiunzione”.
Occorre, quindi, valutare se il credito sia divenuto esigibile.
L’art. 1665 c.c., ai commi nn. 4 e 5, statuisce che ” se il committente riceve senza riserve la consegna dell’opera, questa si considera accettata, ancorchè non si sia proceduto alla verifica.
Salvo diversa pattuizione o uso contrario, l’appaltatore ha diritto al pagamento del corrispettivo quanto l’opera è stata accettata dal committente”.
Come è noto, la Suprema Corte ha precisato che (Sez. 1 – , Sentenza n. 19019 del 31/07/2017 (Rv. 645087 – 01)
“In tema di appalto, ai sensi dell’art. 1665, comma 4, c.c., è necessario distinguere tra atto di “consegna” e atto di “accettazione” dell’opera: la consegna costituisce un atto puramente materiale che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente, mentre l’accettazione esige, al contrario, che il committente esprima (anche “per facta concludentia”) il gradimento dell’opera stessa, con conseguente manifestazione negoziale la quale comporta effetti ben determinati, quali l’esonero dell’appaltatore da ogni responsabilità per i vizi e le difformità ed il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo”.
Premesso che la quantificazione operata da parte opposta in atti dell’importo complessivamente accantonato non è stata contestata, si rileva, dal verbale di consegna e accettazione le opere, che i lavori furono certificati come conclusi, con la sola eccezione dei vizi elencati dal committente.
Nulla di diverso è stato rilevato da quest’ultimo, il quale non ha neppure allegato e provato conseguenze negative derivanti dall’omesso collaudo positivo.
E’ infatti pacifico che l’opera fu consegnata, non essendo minimamente contestato che le singole unità immobiliari, compiutamente finite, abbiano potuto essere commercializzate, a prescindere dall’effettuazione del collaudo positivo che formalmente non risulta invero intervenuto.
Tanto premesso, non vi è ragione che giustifichi il mancato svincolo delle ritenute a garanzia, decorsi sei mesi dal 22 luglio 2016.
b) Parte opponente, in relazione ai SAL nn. 11,12,13,14, ha contestato sia la violazione delle disposizioni contrattuali in punto di modalità di approvazione sia la mancanza emissione dei certificati di pagamento.
Quanto alla fattura n. (…), ha eccepito la mancanza del SAL 14 bis. Non sono state sollevate specifiche contestazioni in relazione ai SAL n. 9,10.
In primo luogo, si rileva che l’opponente non ha allegato elementi per ritenere che l’opera realizzata fosse difforme da quella che da tali atti complessivamente risulta.
Come confermato dalla Suprema Corte, (Sez. 2, Sentenza n. 106 del 04/01/2011 (Rv. 616239 – 01)
“In tema di appalto, la previsione in contratto del diritto dell’appaltatore al pagamento di acconti da parte del committente e della periodica esigibilità di essi sulla base della constatazione, misurazione e contabilizzazione dei lavori eseguita in contraddittorio delle parti o del direttore dei lavori, non è idonea ad integrare e sostituire la verifica dell’opera che, ai sensi dell’art. 1665 cod. civ., il committente ha il diritto di eseguire dopo l’ultimazione dei lavori medesimi, né costituisce prova legale del diritto al corrispettivo maturato sulla base dei conteggi eseguiti; tuttavia, gli stati di avanzamento approvati, anche mediatamente, dal committente possono essere considerati prova del diritto dell’appaltatore, se il committente non dimostri che nei fatti, per quantità dei lavori eseguiti e prezzi applicati, l’opera è difforme da quella che da tali atti complessivamente risulta”.
In secondo, luogo l’eccepita violazione delle disposizioni contrattuali sulle modalità di emissione dei SAL e sui certificati di pagamento è superata dalla contabilità finale di fine rapporto emessa proprio dalla CMB, a seguito del verbale di accettazione e consegna dell’opera (doc.9), con la quale la committente riconobbe il valore delle opere realizzate in Euro 1.155.888,00.
Le contestazioni specifiche provenienti dal committente sulla quantità dei lavori sono inerenti solo all’intervenuta rettifica del SAL n. 14 del 29.04.2016 (doc. 11) e all’inesistenza del SAL n. 14 bis richiamato nella fattura n. (…).
In relazione al SAL n. 14, parte CMB ha contestato specificamente, in data 29.04.2016, alcune misurazioni effettuate, rettificando l’originario importo contenuto nel SAL n. 14 di Euro 1.192.448,46 (cfr. doc. 4 fasc. monitorio) e correggendolo con l’importo in Euro 1.155.888,00 (cfr. doc. 7 bis e 8 del fascicolo parte opponente).
Dall’esame della documentazione offerta e non specificatamente contestata ex art. 115 c.p.c. da (…), il credito maturato dalla opponente, a seguito della rettifica del SAL. 14, è pari a Euro 36.560,46; tale importo può essere portato in compensazione, come richiesto da parte opponente.
Quanto al SAL n. 14 bis, non vi è prova dell’accordo, della effettiva realizzazione delle opere e della relativa quantificazione riportata nella fattura n.(…), attese le specifiche contestazione di parte opponente e la mancanza di produzione dello stato di avanzamento dei lavori.
Pertanto, non può riconoscersi l’importo indicato nella fattura.
c) Parte opponente, ha prospettato la titolarità di ulteriori crediti.
La somma di Euro 76.120,00, richiesta a titolo di penale per il ritardo nella consegna non è dovuta.
L’art. 3.3. del contratto prevede che “in caso di ritardo nell’ultimazione dei lavori, imputabili esclusivamente al subappaltatore, il subappaltatore è tenuto al pagamento di una penale del 0.3% dell’importo del contratto per ogni giorno di ritardo, salvo il diritto del committente di richiedere il risarcimento del maggior danno.
Il committente quantifica per iscritto l’applicazione delle penali e le addebita al subappaltatore trattenendo il pagamento dagli acconti e/o del saldo, ferma restando l’escutibilità delle garanzie”.
La tempistica delle lavorazioni non è stata espressamente pattuita nel contratto, atteso che l’art. 3.1. prevede che “l’inizio, l’esecuzione e il termine per l’ultimazione dei lavori è fissato da programma dei lavori (allegato F)”.
Dai documenti agli atti e in forza del principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c., può fondatamente ritenersi non provato il ritardo, in quanto, da un lato, non è stato prodotto un cronoprogramma (ovvero il giornale dei lavori) dal quale desumere le tempistiche delle lavorazioni – non potendosi desumere dalle e-mail prodotte che attestano solo un aggiornamento del programma lavori- dall’altro, in data 19.04.2016, fu concluso, tra le parti, un atto integrativo al contratto di subappalto, avente a oggetto varianti per un valore di Euro 140.888,00, senza che vi sia prova della nuova determinazione delle scadenze.
Nell’atto di citazione, la società opponente non ha neppure indicato dei riferimenti temporali specifici, né i giorni di ritardo, né il dies a quo e il dies ad quem.
Nella memoria ex art. 183 comma 6 n.1 c.p.c., parte opponente ha prodotto e-mails inerenti alle rispettive proposte sugli aggiornamenti del programma di lavori, inviate, peraltro, in corso d’opera, senza produzione dell’allegato F originario, richiamato nel contratto di subappalto.
Le effettive tempistiche sulla realizzazione del cappotto sono, allo stato, ancore oggetto di contestazione e, quindi, non certe e predeterminate.
All’esito dell’istruttoria testimoniale, non può neppure considerarsi raggiunta la prova dell’imputabilità dei ritardi alla subappaltatrice.
Il teste (…) ha dichiarato “preciso che il cronoprogramma era contrattualmente stabilito. Poi più volte (…) ha chiesto a CMB non solo a novembre 2014 e febbraio 2015 la rimodulazione dei tempi per la realizzazione del cappotto ai due edifici.
Ad un certo punto CMB ha sì rimodulato i tempi di esecuzione ma ha ridotto i tempi per la realizzazione del cappotto di un edificio a 61 giorni, che ritenevo troppo pochi.
Per questo ho scritto io personalmente una e-mail a CMB in cui non accettavo le date che mi aveva proposto perché poneva tempi troppo ristretti.
Non ricordo la data della e-mail. Infine ci siamo accordati con CMB per un nuovo cronoprogramma del quale abbiamo tuttavia ancora richiesto la sua rimodulazione perché eravamo impossibilità” (cfr. anche risposte ai capitoli 13,14).
Il teste (…) ha specificato che “noi dovevamo consegnare il cantiere a fine 2015.
Per rispettare questa consegna abbiamo dovuto rimodulare varie volte il cronoprogramma con (…); la rimodulazione del programma è stata resa necessaria perché (…) non rispettava i tempi di esecuzione. E’vero anche che ad un certo punto abbiamo chiesto ad (…) di eseguire il cappotto di un edificio in 61 giorni ciò per poter stare nei tempi” (cfr. dichiarazione del teste (…) sul capitolo 54).
Neppure i costi per le pulizie e smaltimento rifiuti (Euro 10.764,00 ed Euro 2.338,37) possono essere riconosciuti.
Manca, infatti, la prova della causalità giuridica, in quanto le fatture prodotte, riconducibili società terze, sono inidonee a dimostrare, non solo, l’avvenuto esborso, ma anche la riferibilità causale a un inadempimento della subappaltatrice.
Peraltro, i testimoni escussi hanno provato che la subappaltatrice eseguì le attività di pulizia. (…) ha specificato che “sul riordino del cantiere abbiamo avuto delle contestazioni scritte inviate via e-mail ma abbiamo provveduto subito alla pulizia”.
Anche (…) “per le nostre attività di cartongesso e cappotti abbiamo pulito sempre noi (…)”.
Solo il teste (…) ha riferito che la pulizia del cantiere non fu effettuata nei soli mesi di giugno e luglio 2015, circostanza che comunque non corrisponde all’allegazione attorea di un inadempimento di circa tre mesi.
L’addebito per assistenza di impianti elettrici (Euro 4.140,00) è privo di riscontro probatorio e pertanto non può riconoscersi.
Parimenti, l’addebito controsoffitti imbarcati e incompleti (Euro 4.320,00) non può essere riconosciuto, considerato che non venne neppure indicato nel verbale di consegna, tra le riserve e comunque non vi è prova della causalità giuridica.
Non vi è prova che la subappaltatrice fu incaricata di eseguire la zoccolatura in lattoneria (Euro 3.599,93).
Da ultimo, l’asserito credito di Euro 40.000,00 per l’omessa consegna della polizza decennale postuma prevista ex art. 1.2 non è dovuto.
Infatti, tale clausola non comporta, in via automatica, qualora non adempiuta, il diritto al risarcimento del danno.
Il danno risarcibile deve essere conseguenza diretta e immediata dell’inadempimento ex art. 1223 c.c., prevedibile ex art. 1225 c.c. e non evitabile con l’uso dell’ordinaria diligenza ex art. 1227 c.c.
Nel caso in esame, la società non inadempiente, pur prospettando di essere danneggiata dall’inadempimento, non ha né allegato, né provato le conseguenze patrimoniali conseguenti all’omesso rilascio della polizza.
Nello specifico, non risultano documentate spese sostenute dalla committente per la stipula della polizza nel corso del rapporto.
Parimenti, non è stato provato che, in caso di impossibilità sopravvenuta di sottoscrivere una polizza decennale, la committente fu costretta a risarcire il danno a soggetti terzi, proprio a causa delle difformità riscontrate nell’immobile.
4. In conclusione, deve revocarsi il decreto ingiuntivo e la società opponente deve essere condannata al pagamento a favore della opposta della somma di Euro 261.766,26 oltre interessi moratori dalla data del 22 gennaio 2017 all’effettivo saldo.
Infine, considerata la soccombenza della parte opponente, quest’ultima deve rifondere alla (…) SRL le spese processuali che vengono liquidate come in dispositivo, sulla base dello scaglione corrispondente al decisum (scaglione da 260.001,00 a 520.000,00 valori vicini ai minimi atteso l’importo riconosciuto di Euro 261.766,26).
P.Q.M.
Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando nelle causa di opposizione promossa con atto di citazione notificato in data 24.10.2016 nei confronti di (…) ,avverso il decreto ingiuntivo n. 21747/2016 emesso dal Tribunale di Milano in data 25.08.2016, nel contraddittorio tra le parti, contrariis reiectis, così provvede:
1.accoglie l’opposizione proposta e, per l’effetto, revoca il decreto ingiuntivo opposto 21747/2016 emesso dal Tribunale di Milano in data 25.08.2016, in favore di (…) SRL;
2. condanna (…) al pagamento a favore di (…) SRL della somma di Euro 261.766,26 oltre interessi moratori dal 22 gennaio 2017 (sei mesi dal collaudo del 22 luglio 2016) all’effettivo saldo.
2. condanna (…) a rifondere le spese di lite in favore (…) SRL, liquidate in Euro 13.400,00 per compensi oltre iva e cpa come per legge e 15% per rimborso forfetario.
Così deciso in Milano il 15 marzo 2019.
Depositata in Cancelleria il 18 marzo 2019.