Il contratto di leasing, anziché un contratto di credito, è un contratto di scambio, perché la prestazione del concedente a favore dell’utilizzatore e la controprestazione di questo non si esauriscono nel fare credito e restituirlo, bensì, quantomeno, anche nel dare e ricevere in godimento. La causa del contratto di leasing, infatti, non ha natura solo finanziaria, ma consiste, anche ed essenzialmente, nel mettere a disposizione dell’utilizzatore il bene che ne costituisce oggetto. Dunque, all’inadempimento del fornitore deve assegnarsi, rispetto al contratto di leasing, il ruolo di causa di sopravvenuta impossibilità d’adempiere non dipendente da colpa del concedente ex art. 1463 c.c. Inoltre, nell’operazione di leasing finanziario, che non dà luogo ad un unico contratto plurilaterale, ma realizza una figura di collegamento negoziale tra contratto di leasing e contratto di fornitura, se il concedente imputa all’utilizzatore l’inadempimento costituito dalla sospensione del pagamento dei canoni e su questa base chiede la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno nell’ammontare convenzionalmente predeterminato e se l’utilizzatore eccepisce l’inadempimento del fornitore all’obbligazione di consegna e chiede perciò il rigetto della domanda, l’accoglimento dell’eccezione, che deve avvenire sulla base dell’art 1463 cod. civ., non può trovare ostacolo nel fatto che il contratto di leasing contenga una clausola che riversi sull’utilizzatore il rischio della mancata consegna, dovendosi ritenere invalide siffatte clausole.
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Tribunale Latina, Sezione 2 civile Sentenza 21 febbraio 2019, n. 459
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Latina – Seconda Sezione Civile – in persona del Giudice Istruttore in funzione di giudice monocratico dott.ssa Laura Gigante ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 200773/2013, avente ad oggetto:
opposizione a decreto ingiuntivo, vertente
TRA
X (già X)in persona del legale rapp.te p.t., rapp.ta e difesa, in virtù di procura a margine dell’atto di citazione, dagli avv.ti X e X elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in…, alla via.. n..
OPPONENTE
E
X in persona del legale rapp.te p.t., rapp.ta e difesa, in virtù di procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, dagli avv.ti X e X elettivamente domiciliata presso lo studio dei difensori in.. alla via …n..
OPPOSTO
CONCLUSIONI
Come da verbale di udienza del 3.7.2018.
ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI
FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con ricorso per d.i. n. 432/2013 la X chiedeva al Tribunale di Latina – Sezione distaccata di Gaeta di ingiungere alla X(oggi X) il pagamento della somma complessiva di euro 47.105,30, oltre accessori e spese.
Fondava il credito su contratto di leasing copia fatture.
Con d.i. 127/2013, il Tribunale adito ingiungeva il pagamento di quanto richiesto, oltre interessi come da domanda e delle spese processuali.
Con opposizione tempestivamente proposta, la X eccepiva preliminarmente l’incompetenza territoriale del Tribunale adito essendo competente in via esclusiva il Tribunale di Firenze ex art. 17 bis del contratto di leasing.
Nel merito deduceva che i canoni di leasing percepiti dalla concedente erano legittimamente trattenuti in virtù dell’art. 11 del predetto contratto in quanto, pur essendo stata sottoscritta dall’utilizzatore X la presa in carico del bene oggetto del contratto da parte del fornitore X, dopo circa 8 mesi emergeva che alcuna auto per servizio funebre era stata consegnata né immatricolata nonostante l’assolvimento degli obblighi di pagamento da parte del concedente documentato in atti. Pertanto, ai sensi dell’art. 11 l’utilizzatore avrebbe dovuto tenere indenne il concedente in caso di inadempimento del fornitore, con conseguente compensazione dei canoni di leasing versati col maggior dovuto quantificato nell’esborso patito dalla concedente per l’acquisto di un bene mai entrato nella disponibilità dell’utilizzatore.
Si costituiva ritualmente in giudizio la X chiedendo il rigetto dell’opposizione. Preliminarmente eccepiva l’inammissibilità dell’eccezione di incompetenza per non essere stati indicati tutti i fori alternativi.
Nel merito deduceva l’assoluta buona fede nel pagamento dei canoni richiesti dalla concedente in virtù della nota di acquisto della vettura inviata dalla stessa, disconoscendo ogni accordo e relativa sottoscrizione comprovante l’effettivo ricevimento del bene oggetto di leasing.
Concessa la provvisoria esecuzione, prodotta documentazione, raccolto l’interrogatorio formale del legale rapp.te, ritenuta la superfluità di ulteriore istruttoria, stante la natura documentale della controversia, mutato il G.I., la causa, sulle conclusioni in epigrafe, all’udienza del 3.7.2018, veniva riservata in decisione, con assegnazione alle parti dei termini ordinari ex art. 190 c.p.c. per lo scambio degli scritti conclusionali.
L’opposizione è infondata nei termini di cui alla seguente motivazione.
Preliminarmente deve rigettarsi l’eccezione di incompetenza territoriale.
Parte opponente deduce l’incompetenza del Tribunale adito, l’allora Tribunale di Latina – Sezione distaccata di Gaeta, oggi Tribunale di Latina a seguito della soppressione della sezione distaccata, in virtù di clausola derogatoria di cui all’art. 17 bis del contratto di leasing stipulato tra le parti.
Invero la Suprema Corte con l’ordinanza n. 1838 del 2018 ha stabilito che, affinché sia valida la clausola di esclusività del foro competente prevista nel contratto, questa deve essere espressa, risultando inidonea la generica espressione “per qualsiasi controversia”.
Affinché il foro convenzionalmente pattuito possa ritenersi esclusivo è, infatti, necessario che ciò venga sancito in maniera espressa ed inequivocabile così che non si abbia alcun dubbio in merito alla volontà delle parti di devolvere la cognizione della causa al giudice indicato nella clausola; altrimenti, l’accordo non porrà in essere l’esclusività del foro prescelto ma aggiungerà soltanto un altro foro convenzionale a quelli già previsti.
Inoltre, consolidata giurisprudenza ritiene che l’inserimento della clausola con cui viene previsto un foro esclusivo dalle parti è considerata vessatoria.
Alla luce di ciò, affinché tale clausola sia considerata validamente apposta, si rende necessario che vi sia la doppia sottoscrizione, in osservanza di quanto previsto ex artt. 1341 e 1342 c.c. ma, come chiarito dalla Cassazione, la sottoscrizione deve riguardare le clausole di carattere vessatorio, “non ritenendosi valido il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto” (ex multis Cassazione, Sez. VI Civ., ordinanza n. 3386 del 22 febbraio 2016).
Nel caso di specie la clausola non risulta espressamente e separatamente approvata e pertanto la competenza deve ritenersi correttamente radicata presso l’adito Tribunale in virtù del criterio di cui all’art. 20 c.p.c.
La giurisprudenza ha infatti precisato che devono considerarsi, in conformità al disposto di cui all’articolo 1182, III comma, c.c., sia agli effetti della mora ex re ai sensi dell’art. 1219, II comma, n. 3 c.c., sia della determinazione del forum destinatae solutionis ai sensi dell’art. 20 ultima parte c.p.c., come da adempiere al domicilio del creditore, esclusivamente le obbligazioni liquide, ossia delle quali il titolo determini l’ammontare, oppure indichi i criteri per determinarlo senza lasciare margine alcuno di scelta discrezionale, riducendosi sostanzialmente ai casi di incontestazione o accertamento giudiziale, condizione di liquidità che sussiste nel caso de quo. (Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 13.09.2016 n. 17989).
Nel merito parte opposta ha fornito documentazione comprovante la sussistenza del credito derivante dal rapporto intercorso con l’opponente.
Osserva il tribunale come sia circostanza pacifica che il bene oggetto del contratto, costituito da un’autovettura ad uso trasporto funebre, non sia mai stato consegnato dal fornitore X così come è incontroverso che X non abbia mai ottenuto la intestazione del veicolo nei pubblici registi, pur avendone pagato il prezzo.
Ciò posto, la domanda di nullità del contratto va respinta.
Come insegna la Suprema Corte, la nullità del contratto o della singola clausola contrattuale, per l’impossibilità della cosa o del comportamento che ne forma oggetto, richiede che tale impossibilità, oltre che oggettiva e presente fin dal momento della stipulazione, sia anche assoluta e definitiva, rimanendo ininfluenti a tal fine le difficoltà, più o meno gravi, di carattere materiale o giuridico, che ostacolino in maniera non irrimediabile il risultato a cui la prestazione è diretta (Cass. 18002/2011), requisiti che, palesemente, difettano nella fattispecie in esame, dal momento che la mancata consegna del bene è ascrivibile ad un inadempimento del fornitore X.
Il leasing finanziario, sotto il profilo funzionale, è caratterizzato dalla trilateralità del rapporto: il concedente, e cioè l’impresa di leasing, si frappone tra fornitore del bene e il suo utilizzatore, acquista o fa costruire dal produttore il bene, mobile o immobile, scelto dall’utilizzatore e quindi, restandone proprietaria, lo concede in godimento all’utilizzatore, che assume su di sé tutti i rischi e i benefici connessi con la proprietà del bene.
Dal punto di vista giuridico, la S.C. ravvisa nell’operazione di leasing una fattispecie di collegamento negoziale:
l’operazione di leasing finanziario postula un collegamento funzionale tra il contratto di vendita stipulato tra il fornitore ed il concedente e quello di leasing stipulato tra quest’ultimo e l’utilizzatore, e si realizza mediante clausole di interconnessione, inserite nel primo contratto, con cui si conviene che il bene viene acquistato per cederlo in godimento all’utilizzatore e dev’essere consegnato direttamente a quest’ultimo; in tale contesto, non assumendo il fornitore alcun impegno diretto nei confronti o a favore dell’utilizzatore, l’acquisto del bene rappresenta non solo un atto giuridico strumentale alla concessione in godimento, ma anche un evento che deve logicamente precedere l’attribuzione all’utilizzatore della detenzione autonoma qualificata della cosa, che deve necessariamente provenire dal concedente-proprietario perché si perfezioni il contratto di leasing; la consegna del bene all’utilizzatore costituisce invece per un verso adempimento dell’obbligazione di consegna del fornitore, e per altro verso esecuzione da parte di quest’ultimo di un incarico conferitogli dal concedente nell’interesse dell’utilizzatore, creditore del concedente in base al contratto di leasing e quindi da considerarsi adiectus solutionis causa rispetto al contratto di vendita. (Cass., n. 16158/2007).
Il contratto di leasing, anziché un contratto di credito, è un contratto di scambio, perché la prestazione del concedente a favore dell’utilizzatore e la controprestazione di questo non si esauriscono nel fare credito e restituirlo, bensì, quantomeno, anche nel dare e ricevere in godimento.
La causa del contratto di leasing, infatti, non ha natura solo finanziaria, ma consiste, anche ed essenzialmente, nel mettere a disposizione dell’utilizzatore il bene che ne costituisce oggetto.
Dunque, all’inadempimento del fornitore deve assegnarsi, rispetto al contratto di leasing, il ruolo di causa di sopravvenuta impossibilità d’adempiere non dipendente da colpa del concedente ex art. 1463 c.c. (si sono espresse in tal senso Cass. civ. n. 8222/2002 e n. 10926/1998).
Inoltre, nell’operazione di leasing finanziario, che non dà luogo ad un unico contratto plurilaterale, ma realizza una figura di collegamento negoziale tra contratto di leasing e contratto di fornitura, se il concedente imputa all’utilizzatore l’inadempimento costituito dalla sospensione del pagamento dei canoni e su questa base chiede la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno nell’ammontare convenzionalmente predeterminato e se l’utilizzatore eccepisce l’inadempimento del fornitore all’obbligazione di consegna e chiede perciò il rigetto della domanda, l’accoglimento dell’eccezione, che deve avvenire sulla base dell’art 1463 cod. civ., non può trovare ostacolo nel fatto che il contratto di leasing contenga una clausola che riversi sull’utilizzatore il rischio della mancata consegna, dovendosi ritenere invalide siffatte clausole (conformi Cass. civ. n. 19657/2004, n. 14786/2004, n. 10032/2004, n. 11669/1998, n. 10926/1998).
Si può concludere che il significato complessivo dell’accordo, il cui fine ultimo è costituito dal godimento del bene da parte dell’utilizzatore, ammette una scissione concettuale ma non giuridica tra l’obbligazione gravante sul concedente (finanziamento) e quella gravante sul fornitore (scambio), determinando una interrelazione tra la prestazione dell’uno e quella dell’altro.
Ne deriva un profilo di responsabilità indiretta a carico del concedente finanziatore per inadempimento del fornitore, non derogabile convenzionalmente mediante la previsione di clausole che riversino sul solo utilizzatore i rischi connessi all’inadempimento. (Cass. Sez. III Sentenza 28 giugno – 29 settembre 2007, n. 20592).
Quanto alla dichiarazione di presa in consegna dei beni deve ritenersi che il disconoscimento operato dalla opposta non sia idoneo allo scopo.
Orbene sul valore del disconoscimento la Suprema Corte ha più volte precisato che il suo contenuto debba essere chiaro e specifico, in maniera tale da rendere inequivocabile la volontà di rinnegare la genuinità del documento (cfr. Cass. 18349/2013, Cass. n. 5461/2006).
In particolare sul disconoscimento in caso di persone giuridiche ha affermato che
“Il disconoscimento della scrittura privata da parte di una persona giuridica, perché sia validamente effettuato e sia idoneo ad onerare l’avversario di richiederne la verificazione, necessita di un’articolata dichiarazione di diversità della firma risultante sul documento rispetto alle sottoscrizioni di tutti gli organi rappresentativi, specificamente identificati od identificabili, atteso che, nel caso della persona giuridica, assistita da una pluralità di organi con il potere di firmare un determinato atto, sussistono più sottoscrizioni qualificabili come proprie dell’ente”
(Cassazione III sez. civile, 19 luglio 2012, n.12448, Cass. Sez. I, Sentenza n. 3620 del 16/02/2010, Tribunale di Padova – Sezione II civile – Sentenza 17 febbraio 2015 n. 482).
Le dichiarazioni riportate dall’opposto sono ben lontane dal conformarsi a tali requisiti, limitandosi semplicemente ad impugnarne la valenza probatoria.
Secondo la Suprema Corte laddove l’utilizzatore abbia firmato, senza apporre riserva, il verbale di consegna pur in assenza di questa, con detto comportamento ponendo il concedente nelle condizioni di dover eseguire il pagamento del corrispettivo, l’utilizzatore non può ritenersi esente da responsabilità, avendo ingenerato l’affidamento della effettiva corrispondenza della situazione apparente a quella reale (Cass. civile sez. Ili, 23 maggio 2012, n. 8101).
Tuttavia questo principio non si attaglia al caso in esame, dove è accaduto, come detto, che alla data in cui risulta che la X abbia firmato il verbale di consegna, non vi fosse stata né l’immatricolazione del bene, nè conseguentemente la effettiva consegna da parte del fornitore del veicolo, circostanze queste note, o da ritenersi conoscibili secondo una minima diligenza, anche da parte della concedente (Trib. Milano sent. 586/2017).
E’ evidente, pertanto, che al momento della sottoscrizione del predetto verbale di consegna non poteva non essere noto anche alla concedente- acquirente del veicolo, che quanto indicato nelle clausole a stampa del verbale di consegna e collaudo, quanto alla ricezione del veicolo da parte dell’opponente ed al suo positivo collaudo non rispondeva a realtà, posto che il mezzo non era stato neppure immatricolato.
Seppure il fornitore sia stato scelto dall’utilizzatore, non può dubitarsi che il contratto di compravendita è stato stipulato tra concedente e fornitore, e che tra gli obblighi del primo vi è quello di acquisire la proprietà dei beni mobili che poi saranno concessi in leasing, come emerge anche nelle definizioni che precedono le condizioni generali di contratto.
Non vi sono allora ragioni per derogare al principio che individua nella mancata consegna del bene una ipotesi di impossibilità sopravvenuta della prestazione a carico della parte concedente, dovendosi escludersi che la decisione della X di versare il corrispettivo al fornitore X sia stata determinata da una situazione apparente, non corrispondente al vero, causata dall’utilizzatore, tale da giustificare l’incolpevole affidamento della società di leasing in ordine alla effettività della consegna.
Né può ritenersi che questa soluzione giuridica privi di tutela la concedente, attesa la facoltà per la medesima di agire direttamente nei confronti del fornitore, per far valere l’inadempimento di quest’ultimo, le cui concrete condizioni economiche sono evidentemente irrilevanti in linea di diritto.
Deve pertanto ritenersi il contratto di leasing risolto per sopravvenuta impossibilità ex art. 1463 c.c.
Trova fondamento la domanda proposta dall’opposto, azionata in via monitoria, di restituzione dei canoni pagati, pari, secondo allegazioni non contestate dalla controparte, ad euro 47.105,30, posto che i versamenti sono divenuti privi di causa.
Tenuto conto che i pagamenti sono stati ricevuti dalla X (oggi X) in buona fede, su detta somma decorrono interessi al tasso legale a far tempo dalla domanda proposta dall’opposto.
L’opposizione, pertanto, deve essere rigettata ed il d.i. opposto confermato.
Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, in applicazione dei parametri di cui al D.M. n. 55/2014, come modificato dal D.M. 37/2018, in ragione della fase temporale in cui si è esaurita l’attività processuale, seguono il criterio della soccombenza e si ispirano ai valori medi dello scaglione di riferimento (scaglione tra 26.001,00 e 52.000,00), concretamente rapportati alla natura e complessità delle questioni trattate nonché all’attività processuale e difensiva effettivamente espletata.
P.Q.M.
Il Tribunale di Latina – Seconda Sezione Civile – definitivamente pronunziandosi, sulla domanda in epigrafe, ogni contraria istanza, difesa ed eccezione disattesa così provvede:
a) rigetta l’opposizione e per l’effetto conferma il d.i. n. 127/2013, emesso il 9.4.2013 dal Tribunale di Latina – Sezione distaccata di Gaeta, che acquista definitiva esecutività;
b) condanna parte opponente alla refusione delle spese di lite in favore dell’opposto che si liquidano in complessivi euro 5.000,00 oltre rimborso spese generali al 15%, IVA e CPA se dovute come per legge.
Così deciso in Latina il 18.9.2019
Il Giudice
Dott.ssa Laura Gigante