Il chiamato a succedere, ex lege o per testamento secondo la duplice vocazione sancita dall’art. 457 cc, può esercitare il diritto di accettare la delazione entro il termine di prescrizione decennale fissato dall’art. 480 cc; compiuto l’atto di accettazione, espressa o tacita che sia, la qualità ereditaria non può più essere dismessa (semel heres semper heres). Se non ha compiuto un efficace atto di accettazione, il chiamato può rinunziare all’eredità compiendo l’atto formale di rinunzia di cui all’art. 519 c.c. con effetto retroattivo dal momento dell’apertura della successione.
Per ulteriori approfondimenti in materia di successioni e donazioni, si consigliano i seguenti articoli:
Il testamento olografo, pubblico e segreto.
Eredità e successione ereditaria
Tribunale Taranto, Sezione 2 civile Sentenza 25 gennaio 2019, n. 210
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Taranto, Seconda Sezione Civile in composizione monocratica, in persona del giudice dott. Alberto Munno, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta nel ruolo generale affari contenziosi sotto il numero d’ordine 2010 dell’anno 2015
TRA
La.Fr. (…), elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Va.Co. (…) sito alla Via (…) in Taranto, e da questa rappresentato e difeso come da mandato in atti;
Attore
CONTRO
Sa.Pa. (…) e Sa.Ro., entrambe elettivamente domiciliate presso lo studio dell’Avv. Sa.Sb. (…) sito alla Via (…) in Taranto, e da questa rappresentata e difese come da mandato in atti;
Sa.Gi. (…), elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Ma.Re. (…) sito alla Via (…) in Lecce, e da questi rappresentato e difeso come da mandato in atti;
Sa.An., Via (…) Buenos Aires (Argentina);
Convenuti
Ove all’udienza del 12 ottobre 2018 le parti precisavano le conclusioni come da relativo verbale; con ordinanza emessa in udienza il Tribunale riservava la causa per la decisione assegnando i termini consecutivi dell’11 dicembre 2018 e del 31 dicembre 2018 ai sensi degli artt. 281bis, 189 e 190 c.p.c.;
Motivi della decisione
I. – Il processo è concluso nel rispetto dei criteri dettati nel decreto n. 67/2015 emesso dal Presidente del Tribunale di Taranto per la definizione dei processi civili pendenti secondo l’ordine di vetustà “tendenzialmente” entro i tre anni di cui alla legge statale n. 89/2001, così riconoscendo il predetto decreto la relatività del termine triennale1 per effetto del concorso di un numero di processi eccedente i giorni lavorativi che, al netto di quelli dedicati alle udienze, possono utilmente essere impiegati per la loro definizione: “il magistrato…dovrà eventualmente disporre adeguato slittamento delle udienze già fissate per la discussione/precisazione delle conclusioni delle cause più recenti: tale rinvio sarà motivato dalla sopravvenuta fissazione di cause rilevantemente più vetuste, da disporre auspicabilmente anche con provvedimento fuori udienza………. – (omissis) -…tutte le altre cause dovranno essere definite tendenzialmente entro un triennio dalla data di rispettiva iscrizione a ruolo, salvo un ragionevole slittamento determinato dalla definizione privilegiata delle cause sub. a) e b) e comunque di quelle ultratriennali” (pag. 3 del predetto decreto n.67/2015 emesso dal Presidente del Tribunale di Taranto).
Il tutto alla luce della relazione datata 02 marzo 2012 in cui il Presidente del Tribunale di Taranto, con riguardo al ruolo assegnato allo scrivente giudice dott. Alberto Munno, rilevava: dott. Munno ha ereditato un ruolo trascurato da circa due anni per l’assenza del suo titolare (commissario al concorso per uditore e poi trasferito all’ufficio legislativo del Ministero della Giustizia).
Inoltre la seconda sezione civile alla quale appartiene è la sezione più. impegnata quantitativamente e soprattutto per la varietà e la complessità delle materie trattate.”; Proseguiva il Presidente: “il dott. Munno, pur avendo ereditato un ruolo di per sé oneroso per le cause che lo formano e reso ancora più difficoltoso dalla prolungata assenza del suo titolare, ha organizzato il proprio lavoro in modo da recuperare i ritardi accumulati organizzando con accuratezza e raziocinio le udienze di precisazione delle conclusioni e procedendo con rapidità al deposito delle sentenze”.
Con ordinanza emessa in data 21 marzo 2016 il Tribunale disponeva:
“Rilevato:
Che le partì non hanno formulato richieste istruttorie; che non sembrano sussistere i presupposti per l’ammissione di prove d’ufficio da parte del giudice;
che il giudizio può così entrare in fase decisoria senza il compimento di ulteriori atti;
Che la prima udienza nel presente giudizio si è tenuta in data 25 settembre 2015, mentre sul ruolo pendono circa seicento cause più vetuste che devono trovare prioritaria definizione negli anni 2016, 2017 e 2018 ove alla data del 18 marzo 2016 erano già state fissate rispettivamente circa 168 udienze di precisazione delle conclusioni e discussione e decisione della causa per l’anno 2016, 126 per l’anno 2017, 82 per l’anno 2018, cui dovranno aggiungersi le ulteriori udienze di precisazione delle conclusioni e discussione e decisione della causa nei processi più vetusti dell’epigrafato giudizio, la cui fase di trattazione ed istruzione è prossima a concludersi e che dovranno essere definiti con priorità in ragione della loro vetustà (prior in tempore potior in iure ), nonché le udienze nei procedimenti collegiali;…… che in applicazione delle disposizioni del Decreto n. 67/2015 del Presidente del Tribunale di Taranto la prima udienza utile può essere individuata in quella del 01 febbraio 2019; che la predetta data è potenzialmente suscettibile di anticipazione qualora i giudizi per i quali è stata fissata una udienza di precisazione delle conclusioni in data anteriore dovessero essere medio tempore altrimenti definiti; che il giudizio non presenta alcun particolare profilo di urgenza; P.Q.M. a) fissa l’udienza del 01 febbraio 2019 per la precisazione delle conclusioni;”
Con successiva ordinanza il Tribunale anticipava al 12 ottobre 2018 l’udienza di precisazione delle conclusioni.
II. – La presente sentenza viene redatta senza la concisa esposizione dello svolgimento del processo e con una motivazione consistente nella succinta enunciazione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi, così come previsto dagli artt. 132 n. 4) c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., nel testo introdotto rispettivamente dagli artt. 45 e 52 della legge n. 69 del 18-06-2009, trattandosi di disposizioni applicabili anche ai procedimenti pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della legge (cioè il 04-07-2009) ai sensi dell’art. 58 comma 2 della predetta legge.
Pur se superflua, perché la sentenza semplificata è l’effetto di una disposizione legislativa, tale premessa appare opportuna, trattandosi di una innovazione recente, che modifica la tecnica diffusa di far ricorso a moduli compilativi più complessi, anche nella parte in fatto solitamente denominata come “svolgimento del processo”.
Ovviamente la redazione della motivazione obbedisce innanzitutto al dovere di ossequio verso l’art. 111 della Costituzione che al comma 6 della vigente formulazione dispone “Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati”, così facendo obbligo di esplicitare i punti fondamentali del processo logico-giuridico che ha condotto alla decisione, ed al conseguenziale obbligo imposto dall’art.112 c.p.c. al giudice di pronunciare su tutti i capi autonomi di domanda e su tutte le eccezioni ritualmente sollevate dalle parti su questioni non rilevabili di ufficio; purchè, naturalmente, i primi e le seconde siano entrambi proposti entro i termini imposti dalla maturazione delle c.d. preclusioni assertive, coincidenti con lo spirare della fase di trattazione della causa di cui all’art.183 c.p.c., essendo la tardiva proposizione rilevabile anche d’ufficio e pur in assenza di opposizione della controparte2, mentre il mancato rilievo non integra il vizio di omessa pronuncia poichè nessun potere-dovere incombe sul giudice per effetto della formulazione di domande inammissibili.
Nella stesura della motivazione si è altresì tenuto conto dell’insegnamento giurisprudenziale secondo cui questa deve consistere nella esposizione delle argomentazioni in fatto ed in diritto poste a fondamento della adottata decisione, fedelmente riproduttive dell’iter logico-giuridico seguito dal giudice, senza necessità di soffermarsi nella disamina di tutte le argomentazioni sviluppate dalle parti, che debbono così intendersi come ritenute non pertinenti e non risolutive ai fini della definizione del giudizio qualora non espressamente richiamate nei motivi della decisione.
Ugualmente è a dirsi in relazione all’obbligo di motivare sulla valutazione del materiale probatorio raccolto, che non deve certamente avvenire passando analiticamente in rassegna tutte le risultanza istruttorie ma, in un ordinamento giuridico che non conosce una gerarchia tra i mezzi di prova e che limita a poche ipotesi i casi di c.d. prova vincolante, consentendo la formazione del libero convincimento del giudice anche sulla base di una prova meramente presuntiva che sia in contrasto con le altre acquisite, e anche sulla scorta del solo comportamento processuale ed extraprocessuale della parte, deve consistere nella semplice indicazione degli elementi che hanno condotto il giudicante al convincimento esternato nella decisione, dovendosi ritenere implicitamente disattesi quelli non espressamente richiamati e che con i primi siano incompatibili.
Dalla inconfigurabilità di un obbligo di confutare analiticamente ogni argomentazione in fatto e diritto sviluppata dalle parti di causa, discende la insussistenza di ogni ipotesi di omessa pronuncia quando il giudice adotti nel dispositivo una statuizione di accoglimento o rigetto su di un autonomo capo di domanda, formulandola anche solo implicitamente merce l’assorbimento in altre statuizioni decisorie incompatibili, e pur in assenza di una apposita argomentazione nella parte motiva.
III. – Con la domanda introduttiva l’Avv. La. deduceva:
1) di aver rappresentato e difeso Sa.An. nel processo vertito sotto il n. 5558/09 R.G. Tribunale di Taranto contro Se.Gr., nipote dell’attrice;
2) di aver invitato i convenuti, succeduti all’attrice a seguito del di lei decesso avvenuto il 01 aprile 2014, a riassumere il processo interrotto a seguito del predetto decesso;
3) di aver conseguenzialmente chiesto ad essi convenuti il pagamento del proprio compenso pari a complessivi Euro 8371,70, al netto degli acconti percepiti, senza tuttavia ricevere riscontro alcuno.
Concludeva chiedendo la condanna dei convenuti al pagamento del dovuto secondo le rispettive quote e, segnatamente: Euro 2790,57 per Sa.Pa.; Euro 2790,57 per Sa.An.; Euro 1395,28 per Sa.Gi.; Euro 1395,28 per Sa.Ro.
Si costituivano con comparsa di risposta Sa.Pa. e Sa.Ro. deducendo di aver rinunziato all’eredità di Sa.An. con atto dell’11 febbraio 2015, anteriore alla instaurazione del processo, munito di efficacia retroattiva ai sensi dell’art. 521 comma 1 del codice civile.
Concludevano chiedendo la reiezione della domanda per carenza di legittimazione passiva di essi convenuti col favore delle spese di lite.
Si costituiva con comparsa di risposta Sa.Gi., deducendo di aver rinunziato all’eredità di Sa.An. con atto ricevuto dal notaro Em.Mo. in data 25 giugno 2015; concludeva chiedendo il rigetto della domanda per carenza di legittimazione passiva di esso convenuto, col favore delle spese di lite.
Nel corso della prima udienza di trattazione l’attore precisava la domanda proposta contro Sa.Pa., deducendo che essa convenuta con nota del 22 aprile 2014 comunicava ad esso attore di non essere l’unica erede di Sa.An.
IV. – Nel vigente ordinamento giuridico si diviene eredi non già ipso iure per il sol fatto d’essere destinatari di una delazione ereditaria, testamentaria o intestata ex art. 457 cod. civ., ma solo e soltanto in forza di un valido ed efficace atto di accettazione, sia essa espressa o tacita, come si desume agevolmente dall’art.459 cod. civ. che dispone: “L’eredità si acquista con l’accettazione.”, e dal successivo art. 474 cod.civ., in forza del quale “l’accettazione può essere espressa o tacita”.
L’accettazione dell’eredità, e non già la semplice chiamata a succedere, è così il fatto costitutivo della qualità di erede, e, in applicazione dell’art. 2697 cod.civ., deve essere processualmente provata da chi accampa diritti contro il presunto erede11.
Il principio non soffre eccezione nel caso in cui la delazione diventi attuale per effetto di rappresentazione ex art. 467 cod. civ.: anche in tal caso, infatti, la delazione ereditaria, che diviene attuale per il rappresentante solo qualora si verifichino il casus impotentiae e il casus noluntatis nei confronti del rappresentato – ovverosia la premorienza, assenza, indegnità, incapacità, rinunzia -, deve essere accettata espressamente o tacitamente per dar vita al fenomeno successorio.
Ne consegue che anche il chiamato per rappresentazione diviene erede non già ipso iure, ma soltanto per effetto della accettazione, in quanto la sua chiamata diviene attuale al momento in cui si verifica il casus noluntatis del rappresentato, costituendo la rappresentazione un ipotesi di vocazione ereditaria autonoma ma indiretta.
Qualora poi i chiamati in giudizio siano minori o incapaci l’accettazione della eredità è subordinata all’espletamento della procedura di accettazione con beneficio di inventario di cui agli artt. 484 e ss. cod. civ..
Ai sensi dell’art. 471 cod. civ., infatti, la eredità devoluta ai minori e agli interdetti debbono essere necessariamente accettate con beneficio di inventario ai sensi degli art. 484 e ss. del cod. civ., previa autorizzazione del Giudice Tutelare ai sensi degli artt. 3320 e 374 del cod. civ., restando diversamente totalmente improduttiva di effetti giuridici.
Chi evoca in giudizio un soggetto giuridico deducendone la qualità di erede di un defunto deve pertanto provare la qualità ereditaria del convenuto in omaggio al principio fissato dall’art. 2697 cod. civ.
Nessuno dei predetti fatti giuridici costitutivi del diritto azionato dall’attore è stato provato o, ancor prima, anche meramente allegato in atto di citazione.
Essendo così il sistema improntato al principio dell’acquisto della qualità ereditaria per effetto di un atto giuridico (l’atto di accettazione ), ne consegue che la qualità ereditaria non si presume, dovendo invece essere positivamente provata da chi reclama diritti dal soggetto che assume essere erede dell’obbligato.
A dirimere ogni possibile incertezza in materia, il legislatore predispone alcuni istituti tipici.
Se l’eredità è devoluta in forza di testamento, tutta la vicenda è perfettamente conoscibile da parte di chiunque vi abbia interesse che, anche senza l’assistenza di un Avvocato, può recarsi presso la cancelleria del Tribunale nel cui circondario si è aperta la successione ai sensi dell’art. 456 c.c. (“La successione si apre al momento della morte nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto”) e dell’art. 22 del c.p.c. (“E’ competente il giudice del luogo dell’aperta successione per le cause:…) e consultare il registro delle successioni ai sensi degli artt. 52 e ss delle disposizioni di attuazione del codice civile.
Infatti i testamenti sono ivi conservati ed accessibili a chiunque.
L’art. 622 cc, sotto la rubrica “Comunicazione dei testamenti alla pretura”, dispone: “il notaio deve trasmettere alla cancelleria del Tribunale nella cui giurisdizione si è aperta la successione, copia in carta libera dei verbali previsti dagli artt. 620 e 621 e del testamento pubblico”.
I verbali di pubblicazione dei testamenti olografi, e le copie dei testamenti pubblici sono ivi inserite nell’apposito registro ai sensi dell’art. 55 delle disposizioni di attuazione: “Le copie dei verbali e dei testamenti che sono trasmesse alla cancelleria del tribunale secondo l’art. 622 del codice devono, a cura del cancelliere, essere raccolte in appositi volumi e annotate in una rubrica alfabetica generale. Le copie possono essere esaminate da chiunque ne faccia richiesta”.
II registro delle successioni istituito ex art. 52 e ss disp. att. C.c. presso la cancelleria del Tribunale nel cui circondario si è aperta la successione accoglie obbligatoriamente le dichiarazioni di rinunzia alla eredità di cui all’art. 519 c.c. (“La rinunzia all’eredità – omissis – è inserita nel registro delle successioni”).
E’ così legalmente possibile, consultando il registro delle successioni di cui all’art. 52 disp. att. Cc., conoscere se alcuni chiamati a succedere abbiano rinunziato alla eredità e, di conseguenza, siano privi di legittimazione passiva nei confronti delle azioni proponibili contro il de cuius.
Se l’eredità contiene beni immobili, l’atto di accettazione, sia dell’erede che del legatario, è perfettamente conoscibile consultando i registri immobiliari competenti territorialmente sul luogo in cui si è aperta la successione, ovverosia sul luogo dell’ultimo domicilio del defunto.
L’art. 2648 cc, sotto la rubrica “accettazione di eredità e acquisto di legato”, dispone chiaramente:
“Si devono trascrivere l’accettazione dell’eredità che importi l’acquisto dei diritti enunciati nei numeri 1,2 e 4 dell’art. 2643 o liberazione dai medesimi e l’acquisto del legato che abbia lo stesso oggetto. La trascrizione dell’accettazione dell’eredità si opera in base alla dichiarazione del chiamato all’eredità, contenuta in un atto pubblico ovvero in una scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente. Se il chiamato ha compiuto uno deg/i atti che importano accettazione tacita dell’eredità, si può richiedere la trascrizione sulla base di quell’atto, qualora esso risulti da sentenza, da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente. La trascrizione dell’acquisto del legato si opera sulla base di un estratto autentico del testamento”.
Ed infine il sistema è completato dall’importantissimo articolo 481 c.c. che, sotto la rubrica “fissazione di un termine per l’accettazione” dispone: “chiunque vi ha interesse può chiedere che l’autorità giudiziaria fissi un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta o rinunzia all’eredità. Trascorso questo termine senza che abbia fatto la dichiarazione il chiamato perde il diritto di accettare”.
V. – A seguito delle eccezioni formulate dai convenuti l’attore ha precisato la domanda nei confronti di Sa.Pa., allegando l’intervenuta accettazione dell’eredità con la missiva datata 22 aprile 2014 prodotta in allegato alla memoria ex art. 183 comma VI n. 2 c.p.c.
Nella predetta missiva, firmata dall’Avv. Sa.Sb. e dalla stessa Sa.Pa., si legge:
“in risposta alla Sua del 14-04-2014, al fine di comunicarle che la mia assistita non ha alcun interesse al prosieguo delle pratiche da lei ivi indicate, e non è l’unica erede della defunta Sa.An., essendovi anche altri eredi..”
L’art. 459 cod. civ. dispone: “L’eredità si acquista con l’accettazione.”, ed il successivo art. 474 cod. civ. specifica che “l’accettazione può essere espressa o tacita”
L’art. 475 cc, sotto la rubrica “accettazione espressa” dispone: “L’accettazione è espressa quando in un atto pubblico o in una scrittura privata il chiamato all’eredità ha dichiarato di accettarla oppure ha assunto il titolo di erede. E’ nulla la dichiarazione di accettazione sotto condizione o a termine. Parimenti è nulla la dichiarazione parziale di eredità”
L’art. 476 cc, sotto la rubrica “accettazione tacita” dispone:
“L’accettazione è tacita quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede”
Evidente che la missiva de qua consista in una vera e propria accettazione di eredità laddove Sa.Pa. dichiara di “non essere l’unica erede”, ove la negazione è riferita allo stato di unicità e non alla qualità di erede.
Inoltre il riferimento ad “altri” eredi rende palese l’ulteriorità rispetto alla dichiarante, che è erede ma non da sola bensì con gli “altri”.
La domanda proposta contro Sa.Pa. deve così ritenersi fondata, anche considerando che le difese della convenuta si sono limitate alla assenza di qualità ereditaria, mentre non viene contestata l’effettività delle prestazioni professionali rese dall’attore e neppure il quantum debeatur.
La domanda deve essere accolta nei limiti della quota ereditaria devoluta a Sa.Pa. in omaggio alla regola legale di origine romanistica (nomina et debita ereditaria inter heredes ipso iure dividuntur) fissata dall’art. 752 del codice civile che, sotto la rubrica “pagamento dei debiti ereditari” così dispone:
“I coeredi contribuiscono tra loro al pagamento dei debiti e pesi ereditari in proporzione delle loro quote ereditarie, salvo che il testatore abbia altrimenti disposto”.
VI. – In relazione alla domanda proposta contro Sa.Gi., Sa.Ro. e Sa.An., l’attore non ha provato l’esistenza di un atto di accettazione espressa o tacita dell’eredità ad essi devoluta.
La convenuta Sa.Ro., chiamata a succedere per rappresentazione in luogo della rinunziate Sa.Pa., ha inoltre rinunziato formalmente all’eredità proprio come Sa.Gi.
La posizione processuale è tuttavia differente, in quanto Sa.Ro. è stata evocata come figlia della chiamata Sa.Pa. sorella della de cuius Sa.An.
A seguito della ritenuta accettazione della eredità da parte della rappresentata è così divenuta attuale la vocazione per rappresentazione di Sa.Ro., onde anche per costei la rinunzia all’eredità rassegnata innanzi al notaro Pi.Fr. con atto dell’11 febbraio 2015 diviene rilevante ma in via secondaria, non avendo l’attore allegato e provato un atto di accettazione compiuto dalla predetta chiamata per rappresentazione.
Il chiamato a succedere, ex lege o per testamento secondo la duplice vocazione sancita dall’art. 457 cc, può esercitare il diritto di accettare la delazione entro il termine di prescrizione decennale fissato dall’art. 480 cc; compiuto l’atto di accettazione, espressa o tacita che sia, la qualità ereditaria non può più essere dismessa (semel heres semper heres).
Se non ha compiuto un efficace atto di accettazione, il chiamato può rinunziare all’eredità compiendo l’atto formale di rinunzia di cui all’art. 519 c.c. con effetto retroattivo dal momento dell’apertura della successione (“Chi rinuncia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato”).
L’art. 521 del codice civile dispone: “Chi rinunzia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato”.
Ne consegue che Sa.Gi. e Sa.Ro. hanno efficacemente rinunziato all’eredità con gli atti da essi rispettivamente depositati e non hanno acquisito alcuna legittimazione ad agire e contraddire rispetto alle domande proposte in relazione ai rapporti giuridici facenti capo alla defunta Sa.An.
La domanda contro essi proposta deve essere rigettata.
La domanda contro Sa.An. deve essere rigettata in quanto non è stato allegato e provato il compimento da parte di costei di un atto di accettazione espressa o tacita.
VII. – All’accoglimento della domanda contro Sa.Pa. segue la condanna di costei al pagamento delle spese di lite.
Alla reiezione della domanda contro Sa.Gi. e Sa.Ro. deve invece seguire la compensazione delle spese per giusti motivi, avendo essi rassegnato la rinuncia o nel corso del processo o immediatamente prima della sua instaurazione.
P.Q.M.
a) accoglie la domanda proposta contro Sa.Pa. e, per l’effetto, la condanna al pagamento in favore di La.Fr. della somma di Euro 2790,57; condanna la predetta convenuta
e rifondere all’attore spese e competenze di lite, liquidandole in Euro 60,00 per borsuali, Euro 3000,00 per compensi professionali, oltre agli accessori come per legge, oltre a spese per la registrazione della sentenza;
b) rigetta la domanda proposta contro Sa.Gi., Sa.Ro. e Sa.An. per difetto della prova della qualità ereditaria;
c) dichiara compensate per intero le spese di lite tra l’attore ed i convenuti Sa.Gi., Sa.Ro. e Sa.An.;
Così deciso in Monopoli il 19 gennaio 2019.
Depositata in Cancelleria il 25 gennaio 2019.