Il Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, ha introdotto, per il caso di mancato rispetto dei termini di pagamento delle fatture nelle transazioni commerciali, una particolare forma di interessi, i c.d. “interessi moratori”. Si tratta di una disciplina che prevede un termine di pagamento piu’ breve ed un interesse piu’ elevato del saggio di interesse legale in modo che sia satisfattivo per il creditore. Ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2002, articolo 2, comma 1, per “transazioni commerciali” si intendono i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni comportanti – in via esclusiva o prevalente- la consegna di merci o la prestazioni di servizi, verso il pagamento di un prezzo. La detta nozione di “transazione commerciale”, di ispirazione comunitaria, in assenza di limitazioni deve essere intesa in senso lato, come ricomprendente tutte le prestazioni di servizio, e pertanto anche i contratti di utilizzazione di beni collegati o connessi ad un rapporto commerciale, ivi ricompresi i contratti di locazione (e di affitto).
Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 28 febbraio 2019, n. 5803
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 10452/2016 proposto da:
SOCIETA’ (OMISSIS) SRL (gia’ (OMISSIS) SRL in LIQUIDAZIONE), in persona del legale rappresentante pro tempore (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona del suo Amministratore Delegato Presidente e legale rappresentante, (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2277/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 21/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/04/2018 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del motivo 2, assorbito il 3;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito l’Avvocato (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
La societa’ (OMISSIS) s.r.l. convenne in giudizio la proprietaria locatrice societa’ (OMISSIS) S.p.A., per opporsi al decreto emesso dal Tribunale di Padova in favore della medesima, che le aveva ingiunto il pagamento di somma a titolo di canoni (relativi alle mensilita’ da gennaio a settembre del 2010) di locazione, giusta contratto avente ad oggetto l’immobile – adibito ad ufficio – sito in (OMISSIS) tra di esse intercorrente.
Oltre alla revoca del decreto ingiuntivo opposto domando’, in via riconvenzionale, l’accertamento della legittimita’ del recesso anticipato dal contratto di locazione, comunicato con raccomandata AR del 9/6/2009, stante la ricorrenza dei gravi motivi L. n. 392 del 1978, ex articolo 27.
Il Tribunale di Padova rigetto’ l’opposizione, ritenendo il recesso illegittimo ed inefficace.
Successivamente, nel dare atto dell’esistenza di altra causa pendente tra le stesse parti relativa al capannone industriale vicino all’ufficio, decisa dai giudici di merito nel senso della sussistenza dei gravi motivi per l’esercizio del recesso, con sentenza n. 2277 del 21/10/2016 la Corte d’Appello di Venezia ha rigettato il gravame interposto dalla societa’ (OMISSIS) s.r.l..
Ha al riguardo in particolare osservato che, avendo le parti gia’ prima del 2008 rinegoziato le condizioni economiche del contratto di locazione, all’atto dell’ulteriore rinegoziazione nel 2008 la predetta non potesse essere all’oscuro dell’avversa congiuntura economica, e ciononostante, anziche’ sciogliersi dal vincolo contrattuale esercitando il diritto di recesso ad nutum (previsto a partire dal 1 maggio 2008), preferi’ modificare i termini contrattuali, ottenendo un’ulteriore riduzione del canone.
E che a tale stregua pertanto non fosse pertanto dalla medesima invocabile la sussistenza dei gravi motivi legittimanti il recesso anticipato dal contratto di locazione de quo.
Avverso quest’ultima sentenza la societa’ (OMISSIS) s.r.l. ( (OMISSIS) s.r.l.) propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso la societa’ (OMISSIS) S.p.A. (gia’ (OMISSIS) S.p.A.), che ha presentato anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4). Lamenta che la corte di merito ha omesso di esporre un’adeguata motivazione in ordine all’assenza dei gravi motivi per il legittimo esercizio del diritto di recesso anticipato dal contratto di locazione.
1.2 Il motivo e’ infondato.
Nell’impugnata sentenza la corte di merito da’ atto di aver preso in considerazione le negoziazioni intervenute tra le parti prima del 2008, pervenendo alla conclusione che sin dalla stipulazione del contratto del 2008 la societa’ (OMISSIS) S.p.A. fosse a conoscenza della situazione economica di crisi in cui versava l’azienda, e, anziche’ recedere dal contratto secondo le previsioni contrattuali, preferi’ rinegoziare il canone di locazione.
Siffatta motivazione soddisfa, invero, i requisiti motivazionali ritenuti sufficienti dalla giurisprudenza di legittimita’ (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053. E, conformemente, Cass., 5/7/2017, n. 16501; Cass., 12/10/2017, n. 23940).
2. Con il secondo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione della norma di cui alla L. n. 392 del 1978, articolo 27, u.c..
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha negato la ricorrenza nella specie dei gravi motivi per l’esercizio del recesso anticipato.
Si duole che la corte di merito abbia al riguardo disatteso l’orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimita’ in base al quale i comportamenti determinati da fatti estranei alla volonta’ dell’impresa, imprevedibili alla costituzione del rapporto e sopravvenuti ad esso, pur essendo volontari in quanto volti a perseguire un adeguamento strutturale dell’azienda, possono integrare i gravi motivi posti a base del recesso anticipato.
Lamenta la sussistenza di un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, deponente per una motivazione perplessa o apparente, sia nella parte in cui, pur dando atto delle non contestate circostanze addotte da (OMISSIS) a supporto della dichiarazione di recesso (contrazione del fatturato, perdite consistenti, esuberi di personale, contratti di solidarieta’), ha poi concluso per l’illegittimita’ del recesso, sia nella parte in cui ha attribuito rilevanza all’essere la (OMISSIS) parte di un complesso industriale molto ampio e molto solido, disconoscendo l’evidente autonomia patrimoniale e finanziaria dell’impresa.
2.1 Il motivo e’ fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.
Come questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare in tema di recesso del conduttore dal contratto di locazione, i gravi motivi di cui alla L. n. 392 del 1978, articolo 27, comma 8, devono essere determinati da fatti estranei alla volonta’ del medesimo, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto e tali da rendergli oltremodo gravosa la sua prosecuzione (cfr. Cass., 3, n. 17042 del 12/11/2003).
A tale stregua, il comportamento deve essere conseguenziale a fattori obiettivi, ma cio’ non comporta che se il conduttore sia un imprenditore commerciale non possa operare una scelta di adeguamento strutturale dell’azienda, ampliandola o riducendola per renderla rispondente alle sopravvenute esigenze di economicita’ e produttivita’ (v. Cass., 13/12/2011, n. 26711; Cass., 21/4/2010, n. 9443; Cass., 8/3/2007, n. 5328; Cass., 19/7/2005, n. 15215).
Nella specie, dopo aver diffusamente esaminato la sussistenza di elementi oggettivi di crisi aziendale, estranei alla volonta’ dell’imprenditore ed aventi caratteristiche obiettive, nell’impugnata sentenza la corte di merito e’ pervenuta ad affermare l’illegittimita’ del recesso dal contratto di locazione in argomento nel caso esercitato dall’odierna ricorrente.
Orbene, dopo aver dato atto della sussistenza dello stato di crisi aziendale, della riduzione delle commesse, della riduzione di alcune unita’ di personale impiegatizio nel corso dell’anno 2009, siffatta raggiunta conclusione si appalesa intrinsecamente illogica e contraddittoria.
Intrinseca illogicita’ contraddittorieta’ del dictum della sentenza rispetto agli indicati presupposti argomentativi che, da un lato rendono apparente la motivazione, dall’altro danno luogo alla violazione della norma indicata in epigrafe.
Del pari contrastante con la ratio della L. n. 392 del 1978, articolo 27, u.c., e’ la statuizione secondo la quale la decisione dell’impresa di trasferire il centro direzionale in altro luogo, che avesse costi piu’ contenuti, sia ascritto “a soggettive scelte imprenditoriali, in cui possono entrare in gioco le piu’ disparate valutazioni non di per se’ imposte dalla necessita’ di “salvaguardare” la realta’ aziendale”.
Va ulteriormente posto in rilievo come l’osservazione secondo la quale, ai fini della valutazione dello stato di crisi aziendale, deve aversi riguardo non gia’ alla sola autonomia patrimoniale e gestionale di (OMISSIS) bensi’ alla valutazione e valorizzazione della complessiva situazione e potenzialita’ economico-finanziarie del gruppo (OMISSIS) s.r.l., che ne detiene il 100% del capitale sociale, si pone invero in contrasto con l’orientamento di questa Corte secondo cui in tema di recesso del conduttore di immobili ad uso non abitativo, ove il locatario svolga la propria attivita’ in diversi rami di azienda, per i quali utilizzi distinti immobili, i gravi motivi, giustificativi del recesso anticipato, di cui alla L. 27 luglio 1978, n. 392, articolo 27, u.c., devono essere accertati in relazione all’attivita’ svolta nei locali per cui viene effettuato il recesso, senza possibilita’ per il locatore di negare rilevanza alle difficolta’ riscontrate per tale attivita’ in considerazione dei risultati positivi registrati in altri rami aziendali (v. Cass. n. 7217 del 2014; Cass. n. 6820 del 2015).
Non puo’, in definitiva, negarsi che, dall’analitica descrizione degli elementi costitutivi della crisi economica operata nell’impugnata sentenza, e che appare preludere ad una decisione di riconoscimento della sussistenza dei gravi motivi legittimanti L. n. 392 del 1978, ex articolo 27, l’esercizio del recesso, non viene dalla corte di merito tratto siffatto corollario, ma si perviene invero all’opposta soluzione.
Emerge evidente, a tale stregua, l’intrinseco salto logico che affetta la motivazione, al punto da renderla meramente apparente, e al di sotto del c.d. “minimo costituzionale” (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053).
3. Con il terzo motivo la societa’ ricorrente lamenta la violazione e
falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 231 del 2002, articoli 2 e 5, attuativo della Direttiva 2000/35/CE relativa alle misure di contrasto contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
Deduce che la corte di merito ha errato nel ritenere applicabile ai contratti di locazione nel caso di mancato o ritardato pagamento da parte del conduttore dei canoni di locazione, gli interessi moratori al saggio previsto dall’articolo 5 di tale decreto.
3.1 Il motivo e’ infondato.
Il Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, ha introdotto, per il caso di mancato rispetto dei termini di pagamento delle fatture nelle transazioni commerciali, una particolare forma di interessi, i c.d. “interessi moratori”.
Si tratta di una disciplina che prevede un termine di pagamento piu’ breve ed un interesse piu’ elevato del saggio di interesse legale in modo che sia satisfattivo per il creditore.
Ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2002, articolo 2, comma 1, per “transazioni commerciali” si intendono i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni comportanti – in via esclusiva o prevalente- la consegna di merci o la prestazioni di servizi, verso il pagamento di un prezzo.
La detta nozione di “transazione commerciale”, di ispirazione comunitaria, in assenza di limitazioni deve essere intesa in senso lato, come ricomprendente tutte le prestazioni di servizio, e pertanto anche i contratti di utilizzazione di beni collegati o connessi ad un rapporto commerciale, ivi ricompresi i contratti di locazione (e di affitto).
Orbene, trattandosi di contratto di locazione ad “uso ufficio” stipulato tra due imprese, correttamente la corte di merito (che al riguardo richiama il precedente costituito da Cons. Stato, 11/2/2014, n. 657) ha in tal senso inteso la suindicata norma, pervenendo a conseguentemente applicare il tasso di interesse al saggio previsto al Decreto Legislativo n. 231 del 2002, articolo 5.
4. L’accoglimento – nei suesposti termini – del secondo motivo di ricorso comporta, rigettati gli altri motivi, la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia, che in diversa composizione procedera’ a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione.
Il giudice del rinvio provvedera’ anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettati gli altri. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione.