ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria in caso di atto a titolo oneroso (in presenza, così si dirà successivamente, dell’elemento del consilium fraudis) appare sufficiente il semplice fatto che, a seguito del compimento dell’atto, sia divenuto più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, ben potendo la diminuzione della consistenza del patrimonio del debitore essere non solo quantitativa ma anche solo qualitativa, al punto che, comunque, rappresenta onere del debitore, per sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo eventuale patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore.
Per ulteriori approfondimenti in merito all’ azione revocatoria ordinaria di cui all’ art 2091 cc si consiglia il seguente articolo: Azione revocatoria ordinaria
Per ulteriori approfondimenti in merito all’ azione surrogatoria di cui all’ art 2900 cc si consiglia il seguente articolo: Azione surrogatoria ex art 2900 cc
Tribunale Savona, civile Sentenza 13 aprile 2019, n. 359
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI SAVONA
SEZIONE CIVILE
in persona del Giudice dott. LUIGI ACQUARONE
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nella causa civile n. 978.2017 R.C. CIV.
tra
(…), residente in G. (T.),
elettivamente domiciliato in Savona, Piazza (…), presso e nello studio dell’avv. Ma.Al. che lo rappresenta e difende, unitamente e disgiuntamente all’avv. Lu.Po. del foro di Torino, in forza di procura a margine dell’atto di citazione;
ATTORE
contro
(…), residente in (…),
elettivamente domiciliata in Albenga, via (…), presso e nello studio dell’avv. Al.Ci. che la rappresenta e difende, in forza di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta;
CONVENUTA
contro
(…), residente in (…),
CONVENUTO CONTUMACE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione datato 28.2.2017 (…) conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Savona (…) e (…) indicando quanto segue: a seguito di contratto di compravendita immobiliare stipulato con (…) in data 26.6.2008, aveva versato alla stessa, quale promissario acquirente, la somma di Euro 10.000,00 a titolo di caparra confirmatoria oltre a quella di Euro 15.000,00 a titolo di acconto sul maggior prezzo dovuto; la compravendita non si era poi perfezionata a causa dell’inadempimento della (…) ed aveva pertanto radicato vertenza nei confronti della medesima, davanti al Tribunale di Savona, Sezione Distaccata di Albenga, per chiedere la restituzione dell’acconto ed il versamento del doppio della caparra confirmatoria; in quel giudizio la (…) si era costituita chiedendo il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, aveva domandato accertarsi il suo inadempimento con diritto di ritenzione della caparra ed aveva richiesto il risarcimento di tutti i danni, quantificati in Euro 50.000,00; il Tribunale di Savona, Sezione Distaccata di Albenga, con sentenza n. 23.2011 aveva rigettato le sue domande e, in accoglimento della riconvenzionale formulata dalla (…), lo aveva condannato al pagamento a favore della predetta della somma di Euro 25.000,00, compensata con gli importi da lui già anticipati, oltre al pagamento delle spese di lite; aveva dato spontanea esecuzione alla sentenza avverso la quale aveva, peraltro, proposto appello; la Corte di Appello di Genova, con sentenza n. 1029.2016 aveva completamente riformato la sentenza di primo grado con condanna della (…) alla corresponsione a suo favore della somma di Euro 25.000,00 oltre agli interesse legali ed alle spese di lite come liquidate in sentenza; essendo stati vani gli inviti formulati alla (…) a provvedere al pagamento del dovuto, aveva proceduto alla notifica di atto di precetto e poi di atto di pignoramento presso terzi con esito negativo; la (…) si era medio tempore disfatta dei beni immobili di cui era proprietaria e segnatamente di un immobile ad uso abitativo, sito in C. T., venduto con atto trascritto in data 15.3.2016, di un magazzino sito in Alassio, venduto con atto trascritto in data 1.4.2015, di un’autorimessa sita in (…), venduta con atto trascritto in data 31.10.2016 e di un immobile sito in (…), venduto con atto trascritto in data 8.3.2016; a fronte di un suo credito insorto nel 2008, o quantomeno nel 2011, la debitrice si era quindi spogliata di una serie di beni immobili a lei appartenenti, così da frustrare (in assenza di ulteriori cespiti di valore sufficiente facenti parte del suo patrimonio) le sue legittime aspettative di restituzione dell’importo dovuto; sussistevano, quindi, i presupposti per l’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 C.C. (essendo configurabili sia l’elemento della scentia damni che quello del consilium fraudis), con particolare riferimento alla vendita, effettuata con rogito Notaio (…) di (…) del (…), rep. n. (…), racc. n. (…), trascritto in data 8.3.2016 con la quale la (…) aveva alienato al figlio (…), la piena proprietà dell’immobile sito in (…), Strada alla C. n. 21, censito al N.C.E.U. del Comune di (…), al foglio n. (…), particella n (…), sub (…) e sub (…) (casa civile di abitazione da fondamento a tetto con corte di pertinenza, disposta su due piani, meglio descritta in atti); inoltre, al fine di acquisire agli atti i documenti utili a sostegno della propria pretesa aveva dovuto sostenere esborsi per Euro 271,00.
Chiedeva, quindi, accertarsi l’inefficacia nei suoi confronti della compravendita a rogito Notaio (…) di (…) del (…), rep. n. (…), racc. n. (…), trascritto in data 8.3.2016 con la quale (…) aveva venduto al figlio (…), la piena proprietà dell’immobile sito in (…), Strada alla C. n. 21, censito al N.C.E.U. del Comune di (…), al foglio n. (…), particella n (…), sub (…) e sub (…), meglio descritto in atti, oltre alla condanna della sola (…) al pagamento della somma di Euro 271,00.
Si costituiva in giudizio (…) che contestava le avversarie argomentazioni; in via preliminare evidenziava che avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova era stato proposto ricorso per Cassazione ancora pendente; osservava, nel merito, che la compravendita (contratto a titolo oneroso) era stata stipulata in data 26.2.2016, anteriormente all’insorgenza del credito dell’O. (ed anzi in un contesto temporale in cui ancora erano operanti gli effetti, a lei favorevoli, della sentenza di primo grado) intervenuta solo con la emissione della sentenza di appello (ottobre 2016); indicava, in ogni caso, di essere proprietaria di altri beni immobili di valore tale da garantire il soddisfacimento del credito dell’O., ammontante a Euro 62.420,75; rilevava che la cessione dell’immobile di Andora al figlio (…) era avvenuta a prezzo di mercato e comunque contestava la sussistenza dell’elemento del consilium fraudis; negava, infine, la fondatezza della pretesa dell’O. al rimborso delle spese da lui sostenute per il rilascio degli atti notarili.
Concludeva, quindi, per la reiezione delle domande.
Nessuno si costituiva in giudizio per (…) del quale, all’udienza del 30.6.2017, veniva dichiarata la contumacia.
Concessi i termini per il deposito delle memorie istruttorie di cui all’art. 183 c.p.c., con ordinanza emessa a scioglimento di riserva in data 22.11.2017, il Giudicante disponeva procedersi a C.T.U. volta ad accertare il valore di mercato dell’immobile venduto dalla (…) al P. ed oggetto della richiesta revocatoria e degli altri facenti parte del patrimonio della (…) medesima e nominava perito l’ing. Fulvio Gujel.
All’esito della C.T.U, con altra ordinanza riservata datata 16.11.2018, il Giudicante, ritenuta la causa matura per la decisione, rinviava per assegnazione a sentenza.
All’udienza del 14.12.2018 la causa veniva assegnata a decisione con termine di sessanta giorni per il deposito delle conclusionali e di ulteriori venti giorni per eventuali repliche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Risulta per tabulas che (…), in forza della sentenza n. 1029.2016 emessa dalla Corte di Appello di Genova (con la quale è stata integralmente riformata la sentenza n. 23.2011 del Tribunale di Savona, Sezione Distaccata di Albenga), sia in credito verso (…) (anche alla luce del contenuto dell’atto di precetto e di quello pignoramento presso terzi che hanno avuto esito negativo) della somma complessiva di Euro 62.420,75 (sul punto si richiama il contenuto della comparsa di risposta della stessa (…)).
Parimenti è pacifico che (…) con atto a rogito Notaio (…) di (…) del (…), rep. n. (…), racc. n. (…), trascritto in data 8.3.2016 abbia venduto al figlio (…), la piena proprietà dell’immobile sito in (…), Strada alla C. n. 21, censito al N.C.E.U. del Comune di (…), al foglio n. (…), particella n (…), sub (…) e sub (…), meglio descritto in atti, al prezzo dichiarato di Euro 290.000,00.
Ancora è stato provato che la (…) tra il 2015 ed il 2016 abbia venduto a terzi una serie di immobili e che in oggi sia ancora proprietaria di altri (per l’intero o proquota), siti in C. T., (…) ed in D. C. e terreni siti in (…) (beni immobili tutti in atti descritti).
Ciò premesso (…) ha esperito azione revocatoria volta a fare dichiarare nei suoi confronti l’inefficacia dell’atto di compravendita in precedenza richiamato con cui la (…), con atto a rogito Notaio (…) di (…) del 26.2.2016, ha venduto al figlio (…), la piena proprietà dell’immobile sito in (…), Strada alla C. n. 21, sostenendo che detto atto ha, da un lato, comportato un depauperamento del patrimonio della venditrice tale da avere pregiudicato il suo diritto ad ottenere il pagamento del suo credito e dall’altro, che esso è intervenuto in presenza degli elementi della scentia fraudis e del consilium fraudis con il P. (figlio della (…)), così da potersi ritenere sussistenti (pur in presenza di un atto a titolo oneroso) i presupposti per l’esercizio dell’azione di revocazione.
La convenuta (…) ha, invece, sostenuto l’infondatezza dell’azione revocatoria per varie motivi e segnatamente: 1) il credito vantato dall’O. nei suoi confronti non era ancora stato accertato definitivamente (risultando essere stato proposto ricorso per Cassazione avverso la decisione della Corte di Appello di Genova); 2) l’atto di compravendita oggetto della revocatoria era stato stipulato prima dell’insorgenza del credito dell’O.; 3) la vendita era avvenuta ad un prezzo conforme al valore di mercato del bene; 4) erano presenti nel suo patrimonio beni immobili di valore sufficiente a garantire il soddisfacimento della pretesa creditoria dell’attore.
Osserva il Giudicante quanto segue.
L’art. 2901 C.C. prevede che il creditore può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione di beni del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, anche se il credito è soggetto a condizione o termine, quando concorrono le seguenti condizioni 1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore e 2) che trattandosi di atto a titolo oneroso il terzo fosse consapevole del pregiudizio.
In primo luogo va rilevato che ai fini della presente decisione risulta del tutto irrilevante il fatto che il credito vantato dall’O. ed a garanzia del soddisfacimento del quale è stata radicato il presente giudizio sia ancora sub iudice: a tale proposito va osservato come rappresenti principio assolutamente consolidato quello secondo cui poiché l’azione revocatoria ordinaria, richiede una nozione di credito non limitata in termini di certezza, liquidità ed esigibilità, ma estesa fino a comprendere le legittime ragioni o aspettative di credito, in coerenza con la funzione sua propria di conservazione dell’integrità del patrimonio del debitore, quale garanzia generica delle ragioni creditizie, il giudizio promosso con l’indicata azione non è soggetto a sospensione necessaria, ai sensi dell’art. 295 c.p.c. per il caso di pendenza di controversia sull’accertamento del credito, in quanto la definizione di quest’ultimo giudizio non costituisce antecedente logico giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria (ex pluribus Cass. n. 11471.2003; Cass. Sez. Un. n. 9440.2004; Cass. n. 19492.2005; Cass. n. 20002.2008; Cass. n. 9855.2014; Cass. n. 2673.2016).
Parimenti, per gli stessi motivi, è infondata l’eccezione della (…) circa la insussistenza del credito dell’O. alla data della redazione dell’atto di compravendita oggetto di revocazione (febbraio 2016): in tal senso, risulta sufficiente il fatto che a quella data fosse pendente una controversia all’esito della quale l’O. intendeva ottenere la condanna della (…) al pagamento di un importo a lui dovuto in forza della pretesa creditoria in precedenza azionata e fondata su un titolo preesistente.
Passando all’esame delle ulteriori eccezioni sollevate dalla (…), il Giudicante ha disposto C.T.U. per accertare se la vendita dell’immobile sito in (…), Strada alla C. n. 21, sia avvenuta ad un prezzo conforme al valore di mercato del bene, e se i beni immobili ancora presenti nel suo patrimonio abbiano un valore tale da potere garantire il soddisfacimento della pretesa creditoria dell’attore.
Il C.T.U. ing. Fu.Gu. (il quale ha altresì compiutamente risposto alle osservazioni delle parti) e le cui valutazioni e conclusioni, risultano condivisibili e non possono che essere integralmente richiamate dal Giudicante, ha evidenziato quanto segue.
L’immobile oggetto della compravendita intervenuta con atto a rogito Notaio (…) di (…) del 26.2.2016, sito in (…), Strada alla C. n. 21, venduto da (…) al figlio (…), realizzato su due piani dei quali uno seminterrato e costituito in origine da due unità abitative, al momento delle verifiche effettuate dal C.T.U, si presentava in condizioni completamente diverse rispetto a quella indicate nella concessione in sanatoria n. 521 del 23.10.1986 (condono edilizio) e nelle piantine catastali depositate presso l’Agenzia del Territorio di Savona a firma del geom. (…) del giugno 1988.
Più in dettaglio le unità abitative in questione sono state accorpate così da formare un’unica unità a due piani ed è stata realizzata una piscina esterna oltre ad altre opere esterne di completamento (terrazzo sul tetto della copertura, parcheggio, muro di recinzione con nuovo cancello), tali da modificarne completamente l’aspetto e l’assetto autorizzati: le opere in questione sono state realizzate senza le necessarie autorizzazioni edilizie al punto da essere ancora in corso una procedura amministrativa derivata da una richiesta di compatibilità paesaggistica ex artt. 167 e 181 D.Lgs. n. 4 febbraio 2004 (pratica n. 288-2016) e di permesso a costruire n. 25-2018-A, a firma del geom. (…): peraltro tali opere realizzate (come indicate nell’istanza del Permesso di Costruire in Sanatoria presentato dall’attuale proprietario (…)) in data 1.1.2012, in relazione ad immobile sottoposto a vincolo paesaggistico ex D.Lgs. n. 4 febbraio 2004 e tali da avere determinato un aumento volumetrico, non risultano assentibili in sanatoria (art. 167 comma 4 D.Lgs. n. 4 febbraio 2004) e, fra l’altro, risultano false sia le dichiarazioni rilasciate dalla (…) al Notaio (…) nella parte in cui ha indicato la conformità dello stesso alle piantine catastali, sia quelle del P. nell’istanza del Permesso di Costruire in Sanatoria, essendo emerso (anche alla luce della acquisizione della fotogrammetria storico della zona) che le opere non sono state realizzate nel gennaio 2012, ma in periodo successivo e, comunque, ultimate tra il 2014 ed il 2016 (e, quindi, almeno in massima parte, prima della avvenuta compravendita oggetto di revocazione).
Ciò premesso, circa il valore di mercato dell’immobile il C.T.U. ha evidenziato che esso, in oggi, a causa degli abusi riscontrati e non sanabili, non risulta commercializzabile nelle condizioni attuali, e, al tempo stesso che, se fosse invece conforme dal punto di vista edilizio, avrebbe un valore pari a Euro 586.000,00 anche tenuto conto delle pertinenze, a cui devono essere peraltro detratti i costi delle opere necessarie per la rimessa in pristino stato, quantificate in Euro 68.000,00, con un valore residuo di Euro 518.000,00 (su detto immobile grava poi ipoteca di (…) Spa per un importo di Euro 540.000,00)
Osserva il Giudicante che la Suprema Corte, con orientamento ormai consolidato, ha sancito il principio secondo il quale deve ritenersi nullo, per contrarietà alla legge, il contratto di vendita di un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico: detta impostazione risulta giustificata da considerazioni sia logiche che basate sulla stessa formulazione dell’art. 40, della L. n. 47 del 1985 (a cui ben può essere assimilata ed equiparata la successiva disciplina urbanistica introdotta con il D.P.R. n. 380 del 2001).
La Suprema Corte ha precisato invero che con la sentenza n. 23591.2013, “(…) se lo scopo perseguito dal legislatore era quello di rendere incommerciabili gli immobili non in regola dal punto di vista urbanistico, sarebbe del tutto in contrasto con tale finalità la previsione della nullità degli atti di trasferimento di immobili regolari dal punto di vista urbanistico o per i quali è in corso la pratica per la loro regolarizzazione per motivi meramente formali, consentendo, invece, il valido trasferimento di immobili non regolari, lasciando eventualmente alle parti interessate assumere l’iniziativa sul piano dell’inadempimento contrattuale; addirittura si potrebbe prospettare la possibilità per le parti di eludere consensualmente lo scopo perseguito dal legislatore, stipulando il contratto e poi immediatamente dopo concludendo una transazione con la quale il compratore rinunzi al diritto a far valere l’inadempimento della controparte; sempre sotto il primo profilo non si può non considerare che il legislatore, con la L. n. 47 del 1985, ha inteso prevedere un regime più severo di quello previsto dalla L. n. 10 del 1977, art. 15, il quale prevedeva la nullità degli atti giuridici aventi per oggetto unità edilizie costruite in assenza di concessione, ove da essi non risultasse che l’acquirente era a conoscenza della mancata concessione; tale inasprimento, invece, sarebbe da escludere ove, per gli atti in questione, all’acquirente dovesse essere riconosciuta la sola tutela prevista per l’inadempimento (…)”.
In sostanza poiché, in base alla richiamata disciplina, gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali relativi ad edifici o loro parti sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ovvero se agli stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi della avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima e non siano indicati gli estremi dell’avvenuto versamento delle prime due rate dell’oblazione, da tale previsione normativa è desumibile il principio generale della nullità (di carattere sostanziale) degli atti di trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica, cui si aggiunte una nullità (di carattere formale) per gli atti di trasferimento di immobili in regola con la normativa urbanistica o per i quali è in corso la regolarizzazione, ove tali circostanze non risultino dagli atti stessi (in tal senso anche Cass. n. 15734.2011; Cass. n. 28456.2013; Cass. n. 25811.2014, le quali tutte avevano già indicato detto principio in relazione, quantomeno ad ipotesi, come nel caso esaminato, dell’intervenuta stipula del rogito definitivo; da ultimo, in senso conforme, si veda anche Cass. n. 11659.2018; Cass. n. 6685.2019).
Il Legislatore ha sostanzialmente inteso sanzionare l’eventuale esistenza di situazione di abusi su immobili con la conseguenza dell’incommerciabilità del bene laddove l’abuso sia ancora in essere al momento del trasferimento del diritto (a prescindere dalla rilevanza dello stesso) e/o nelle ipotesi in cui la situazione di irregolarità addirittura risulti neppure sanabile.
Nel caso esaminato, indipendentemente dal fatto che il presente giudizio non abbia ad oggetto l’accertamento della nullità dell’atto di compravendita immobiliare intervenuto tra la (…) ed il P., i molteplici abusi (fra l’altro ritenuti non sanabili) in essere al momento della stipula del rogito comportano la sussistenza di una condizione attuale del bene da determinarne la sostanziale incommerciabilità e, quindi, da indurre all’affermazione dell’inesistenza di un effettivo valore commerciale dello stesso.
Ciò osservato in diritto, va peraltro evidenziato come risultando ovviamente possibile, sia pure con rilevanti e onerosi interventi (il cui costo è stato quantificato dal C.T.U in Euro 68.000,00), riportare l’immobile compravenduto allo status quo ante, la vendita dell’immobile dalla (…) al P., avvenuta al prezzo di Euro 290.000,00, appare essere intervenuta per un valore di gran lunga inferiore a quello che avrebbe l’immobile una volta eliminati gli abusi (valore indicato in Euro 518.000,00): d’altra neppure va dimenticato che in presenza di azione revocatoria deve essere tutelata la posizione del creditore verso condotte con le quali il debitore tenti di sottrarre alle sue pretese beni facenti parte del suo patrimonio e laddove un immobile venduto ad un terzo fosse ritenuto privo di alcun valore perché caratterizzato dalla presenza di abusi edilizi, detta impostazione favorirebbe solo l’autore dell’abuso a svantaggio del creditore che agisce in revocatoria.
In ogni caso, poi, indipendentemente dal valore attribuito alle parti al bene compravenduto nel rogito e di quello effettivo dell’immobile neppure va sottaciuto che ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria in caso di atto a titolo oneroso (in presenza, così si dirà successivamente, dell’elemento del consilium fraudis) appare sufficiente il semplice fatto che, a seguito del compimento dell’atto, sia divenuto più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, ben potendo la diminuzione della consistenza del patrimonio del debitore essere non solo quantitativa ma anche solo qualitativa, al punto che, comunque, rappresenta onere del debitore, per sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo eventuale patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore (ex pluribus Cass. n. 5972.2005; Cass. n. 7767.2007; Cass. n. 1902.2015; Cass. n. 19207.2018).
Orbene in relazione a questo ultimo aspetto (la indicata consistenza da parte della (…) del proprio residuo patrimonio tale da garantire comunque, indipendentemente dall’avvenuta stipula dell’atto di compravendita oggetto di revocatoria, il soddisfacimento del credito dell’O.), va rilevato che la convenuta (…) risulta oggi essere proprietario per l’intero o proquota dei seguenti immobili.
1) Immobile-appartamento sito in C. T., via (…) n. 62, piano T-1-2, censito al N.C.E.U del Comune di C. T. al foglio n. (…), particella n. (…), sub (…), cat (…) classe (…), vani 6, mq 106, R.C. Euro 588,76;
2) immobile-taverna box sito in C. T., via (…) n. 62, piano S1, censito al N.C.E.U del Comune di C. T. al foglio n. (…), particella n. (…), sub (…), cat (…), classe (…), vani 6, mq 51, R.C. Euro 226,52;
3) box sito in C. T., via (…) n. 62, piano S1, censito al N.C.E.U del Comune di C. T. al foglio n. (…), particella n. (…), sub (…), cat (…) classe (…), mq 36, R.C. Euro 159,50.
Tali immobili (indicati sub (…), (…) e (…)) fanno parte di un gruppo di villette a schiera e consistono in un appartamento che si sviluppa verticalmente da terra a tetto (con annesso giardino) e due box interrati di cui uno con annessa cantina: su di essi grava un’ipoteca di Euro 550.000,00 (a fronte di un importo mutuato di Euro 275.000,00) a favore di (…) Spa ed inoltre l’appartamento presenta rilevanti abusi e difformità che almeno in parte non sono sanabili così da rendere il bene in oggi inalienabile.
Laddove venissero eliminati gli abusi mediante le opere necessarie per il ripristino dello status quo ante (opere che richiederebbero esborsi di Euro 10.000,00), il valore dell’appartamento ammonterebbe a Euro 95.000,00, mentre quello dei due box ammonta rispettivamente a Euro 33.772,00 e a Euro 35.730,00: di fatto, peraltro, tenuto conto dell’ipoteca iscritta su tali beni a copertura di un mutuo che, allo stato, non risulta essere stato saldato dalla debitrice (alla quale incombeva l’onere della relative prova), il creditore della (…) non potrebbe ad oggi soddisfarsi sugli stessi.
4) Terreno in Andora, censito al C.T. del Comune di (…) al foglio n. (…), particella n. (…), frutteto irriguo, classe (…) h 00,35, R.D. Euro 1,62; R.A Euro 0,72: si tratta di un area adibita a parcheggio il cui valore commerciale è pari a Euro 12,250,00.
5) Terreno sito in Andora, censito al C.T. del Comune di (…) al foglio n. (…), particella n. (…), frutteto irriguo, classe (…) h 00,15, R.D. Euro 0,69; R.A Euro 0,31: si tratta di un area adibita a parcheggio il cui valore commerciale è pari a Euro 5,250,00.
6) immobile sito in (…), via B. , piano S1, censito al N.C.E.U. del Comune di (…), foglio n. (…), particella n. (…), sub (…), cat (…) classe (…), mq 26, R.C. Euro 79,22: si tratta di una vasca per l’acqua a cui il C.T.U. non ha potuto avere accesso a causa della condotta della (…), ragione per la quale ad esso non è possibile attribuire alcun valore.
7) immobile sito in (…), via (…), piano S1, censito al N.C.E.U. del Comune di (…), foglio n. (…), particella n. (…), sub (…), cat. (…) classe (…), mq 78, R.C. Euro 277,67: si tratta di un magazzino seminterrato realizzato al grezzo, il cui valore commerciale è pari a Euro 66,300,00.
8) immobile sito in (…), via B., piano S1, censito al N.C.E.U del Comune di (…), foglio n. (…), particella n. (…), sub (…), area urbana, mq 103: si tratta di un’area adiacente e pertinenziale al magazzino seminterrato di cui sopra, il cui valore commerciale è pari a Euro 9.012,50.
Circa poi gli altri immobile, inizialmente indicati dalla (…), come a lei appartenenti, e segnatamente: 9) quota di 1/3 di immobile, sito in D. C., via C. di N. n 11, piano 1, censito al N.C.E.U. del Comune di D. C., foglio n. (…), particella n. (…), sub (…), cat (…) classe (…), 5 vani, mq 54, R.C. Euro 555,19 e, 10) quota di 1/3 di immobile sito in D. C., via C. di N. n 11, piano 1, censito al N.C.E.U. del Comune di D. C., foglio n. (…), particella n. (…), sub (…), cat (…) classe (…), 1,5 vani, mq 22, R.C. Euro 166,56. il C.T.U. non li ha potuti esaminare a causa della indicata mancanza in capo alla (…) delle chiavi degli stessi ragione per la quale non è possibile procedere per essi all’attribuzione di alcun valore (in tal senso si richiama anche quanto riferito dal perito dell’ufficio alle pagg. 21 e 22 della C.T.U. in relazione alla comunicazione da parte del C.T.P. della (…) di non doversi considerare tali beni tra quelli oggetto della valutazione globale).
In conclusione, non potendo essere considerati ai fini del possibile soddisfacimento delle pretese dell’O., gli immobili sopra indicati sub (…), (…) e (…) sui quali grava ipoteca di rilevante importo di istituto bancario a copertura di un mutuo che la (…) non ha provato di avere estinto nonché quelli sub (…), (…) e (…), il valore commerciale degli altri immobili appartenenti alla (…) così come valutati dal C.T.U. (quelli sopra indicati sub (…), (…), (…) e (…)) ammonta a circa Euro 93.000,00 a fronte di un credito dell’O. di poco superiore a Euro 62.000,00.
Anche in questo caso (anche tenuto conto delle inevitabili spese derivanti da un’eventuale procedura esecutiva, ancor più alla luce della pluralità degli immobili, e dal probabile valore di realizzo derivante dalla vendita inferiore rispetto a quello di mercato) appare pertinente il richiamo alla giurisprudenza già in precedenza citata per la quale ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria risulta sufficiente che la fuoriuscita di un bene immobile dal patrimonio del debitore comporti una maggiore incertezza del soddisfacimento del credito: in forza di quanto sopra esposto va ritenuta la sussistenza dell’elemento della scentia damni e dal punto di vista soggettivo in capo alla (…) (la quale ovviamente era a conoscenza della sua posizione di possibile debito verso l’O.) e dal punto di vista oggettivo per le diminuite garanzie per il creditore, in base alla situazione attuale, di potere ricevere il pagamento di quanto a lui dovuto.
Infine, in relazione alla posizione dell’acquirente il bene oggetto della revocatoria (…), va evidenziato come il predetto sia il figlio della (…): la Suprema Corte a più riprese ha statuito che in tema di azione revocatoria, la consapevolezza dell’evento dannoso da parte del terzo contraente, consiste nella generica conoscenza del pregiudizio che l’atto posto in essere dal debitore può arrecare alle ragioni dei creditori, non essendo necessaria una vera e propria collusione tra il debitore e il terzo, specificando altresì che il requisito della scientia dammi può essere provato anche per semplici presunzioni ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore ed il terzo, quando tale vincolo renda estremamente verosimile che il terzo fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente (Cass. n. 1068.2007; Cass. n. 3470.2007; Cass. n. 5359.2009; Cass. n. 1286.2019).
Per tutte le ragioni esposte in accoglimento della attrice domanda, va dichiarata l’inefficacia nei confronti di (…) dell’atto pubblico notaio (…), redatto in data (…), repertorio n. (…), raccolta n. (…), registrato ad Albenga in data 8.3.2016, trascritto in data 8.3.2016 presso l’Agenzia del Territorio, Direzione Provinciale di Savona, Ufficio Provinciale, Territorio, Servizio di Pubblicità Immobiliare di Finale Ligure, registro generale n. 2289, registro particolare n. 1776, con cui (…) ha venduto a (…) la piena proprietà della unità immobiliare sita in (…), Strada della Colla n. 21 e precisamente: casa di civile abitazione da fondamenta a tetto con corte di pertinenza, disposta su due piani fra piano seminterrato e piano terra, immobile censito al N.C.E.U. del Comune di (…), al foglio n. (…), particella n (…), sub (…), piano T, categoria (…), classe (…), vani 6, superficie catastale totale: mq 84, totale escluse aree scoperte mq 76, R.C. Euro 712,71 e sub (…), piano S1, categoria (…), classe (…), vani 3, superficie catastale totale: mq 58, totale escluse aree scoperte mq 56, R.C. Euro 255,65 (meglio descritto in atti) con conseguente ordine all’Agenzia del Territorio competente per territorio di procedere alle necessarie annotazioni e trascrizioni.
Non sussistono invece i presupposti per la condanna di (…) (nei confronti della quale soltanto la domanda è stata proposta) al pagamento a favore di (…) della somma di Euro 271,00 da lui sborsata per le spese sostenute per ottenere da pubblici uffici copie dei documenti allegati in atti a sostegno della propria pretesa.
Le spese di lite seguono la soccombenza, vanno poste a carico dei convenuti (…) e (…), in solido tra loro, e vanno liquidate come in dispositivo con applicazione del D.M. n. 55 del 2014, cause di valore da Euro 52.000,00 a Euro 260.000,00, valori medi di tabella.
Parimenti vanno poste a carico dei convenuti (…) e (…), in solido tra loro, le spese di C.T.U. come già liquidate in corso di causa
Sentenza esecutiva ex lege.
P.Q.M.
ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente decidendo,
in accoglimento della domanda revocatoria proposta da (…) nei confronti di (…) e (…),
DICHIARA
l’inefficacia nei confronti di (…) dell’atto pubblico notaio (…), redatto in data 26.2.2016, repertorio n. (…), raccolta n. (…), registrato ad Albenga in data 8.3.2016, trascritto in data 8.3.2016 presso l’Agenzia del Territorio, Direzione Provinciale di Savona, Ufficio Provinciale, Territorio, Servizio di Pubblicità Immobiliare di Finale Ligure, registro generale n. 2289, registro particolare n. 1776, con cui (…) ha venduto a (…) la piena proprietà della unità immobiliare sita in (…), Strada della Colla n. 21 e precisamente: casa di civile abitazione da fondamenta a tetto con corte di pertinenza, disposta su due piani fra piano seminterrato e piano terra, immobile censito al N.C.E.U. del Comune di (…), al foglio n. (…), particella n (…), sub (…), piano T, categoria (…), classe (…), vani 6, superficie catastale totale: mq 84, totale escluse aree scoperte mq 76, R.C. Euro 712,71 e sub (…), piano S1, categoria (…), classe (…), vani 3, superficie catastale totale: mq 58, totale escluse aree scoperte mq 56, R.C. Euro 255,65 (meglio descritto in atti);
ORDINA
agli enti competenti a provvedere alle necessarie annotazioni e trascrizioni;
RESPINGE
l’ulteriore domanda proposta da (…) nei confronti di (…);
CONDANNA
(…) e (…), in via tra loro solidale, al pagamento a favore di (…), delle spese processuali, che liquida in Euro 1.673,46 per esborsi e Euro 13.430,00 per compensi, oltre I.V.A. e C.P.A;
CONDANNA
(…) e (…), in via tra loro solidale, al pagamento delle spese di C.T.U. come già liquidate in corso di causa.
Sentenza esecutiva.
Così deciso in Savona il 12 aprile 2019.
Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2019.