in caso di occupazione illegittima di un cespite immobiliare (ovvero, stante l’identità di ratio, in caso di perdita della disponibilità dello stesso da parte del titolare), il danno subito dal proprietario risulta “individuabile, di per sé, nella perdita della disponibilità del bene da parte del dominus, così come nell’impossibilità, per questi, di conseguire l’utilità anche solo potenzialmente ricavabile dal bene medesimo, in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso. La perduta disponibilità di un immobile non costituisce un danno in re ipsa, nel senso che, provata l’occupazione abusiva, non può dirsi per ciò solo provato detto danno che potrà essere, peraltro, dimostrato mediante il ricorso a presunzioni semplici, potendo consistere anche nell’utilità teorica che il danneggiato poteva ritrarre dall’uso diretto del bene, durante il tempo per il quale è stato occupato da altri.

Tribunale Rieti, civile Sentenza 13 aprile 2019, n. 307

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI RIETI

SEZIONE CIVILE

Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. GIANLUCA MORABITO ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1049/2012 promossa da:

(…) (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. Ca.Bo., elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Ma.Ce. in Rieti, alla via (…), come da mandato a margine dell’atto di citazione

ATTRICE

contro

(…) (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. Fr.Ma., elettivamente domiciliata presso la casella di posta elettronica certificata della stessa (…), come da procura allegata alla comparsa di costituzione di nuovo difensore

ISTITUTO FIGLIE DI SAN CAMILLO (C.F. (…)), con il patrocinio degli avv.ti An.Ve. e Al.Ca., elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in Rieti, in viale (…), come da procura speciale allegata alla comparsa di costituzione e risposta ex art. 83, III co., c.p.c.

(…) (C.F. (…)), con il patrocinio degli avv.ti Gi.Ca., Pa.Ca. ed An.Gi., elettivamente domiciliati presso il loro studio in Rieti, via (…), come da procura speciale allegata alla comparsa di costituzione e risposta ex art. 83, III co., c.p.c.

CONVENUTI

e nei confronti di

(…)

(…)

(…)

(…)

(…)

(…), (…), (…) E (…), quali eredi di (…)

CONVENUTI CONTUMACI

FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione ritualmente notificato (…) conveniva in giudizio (…), (…), (…), l’Istituto Figlie di San Camillo, (…), (…), (…), (…) e (…) esponendo: di aver acquistato dal sig. (…) l’appartamento sito in (…) alla via C. n. 62, censito al catasto al foglio (…), particella (…) sub (…), (…) cens. 1, cat. (…), classe (…), vani 5.5., rendita Euro 238,60; che l’appartamento si era manifestato da subito caratterizzato da un evidente stato di degrado, soprattutto per quanto concerneva il solaio in legno che lo divideva dalla porzione immobiliare sovrastante di proprietà della sig.ra (…) e concessa in usufrutto a (…);

di avere fatto, pertanto, redigere dall’ing. (…) una perizia volta ad evidenziare i difetti del solaio e dei muri perimetrali, nonché una relazione di computo metrico volta ad analizzare le attività di demolizione e ricostruzione necessarie per il solaio e per consolidare i muri perimetrali aventi lesioni e vuoti nella muratura; che i suddetti elaborati tecnici erano stati notificati alla sig.ra (…) e al sig. (…), nonché agli altri proprietari delle porzioni immobiliari dell’immobile di Via C. n. 62 ovvero i sig.ri (…), (…), (…), (…), (…), (…) e l’Istituto Figlie di San Camillo; di avere invitato anche le parti interessate ad un incontro volto all’approvazione dei suddetti lavori; che l’incontro fissato per il 7 luglio 2011 era andato deserto; che la condotta dei vari proprietari delle porzioni immobiliari era palesemente ostruzionistica e volta a rimandare eventuali interventi di ristrutturazione e consolidamento;

di avere, quindi, proposto un ricorso per consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c.p.c. affinché l’adito CTU accertasse: “lo stato di fatto dell’immobile in questione; la natura delle lesioni esistenti sui solai e sui muri perimetrali, tali da comportare nocumento per la corretta fruibilità dell’appartamento come civile abitazione da parte della ricorrente; se tali lesioni ed ammaloramento dei materiali comportino rischi per la sicurezza degli occupanti dell’appartamento della ricorrente; quali siano le opere necessarie per ovviare ai lamentati pregiudizi, indicando materiali, criteri esecutivi e relativi costi; tentare ove possibile, la conciliazione della lite, attese le dichiarazioni di “disponibilità” dell’Avv. (…)”;

che nel procedimento avente r.g. n. 1049/2011 il Tribunale aveva nominato C.T.U. l’Ingegner (…), il quale aveva depositato la relazione ex art. 696 bis c.p.c., prospettando le possibili spese relative agli eventuali lavori e concludendo come segue: “Gli inconvenienti relativi ai solai di copertura della unità di proprietà (…), rappresentati nella citazione hanno una reale consistenza ed interessano gli ambienti denominati: stanza n. 3, 4, 5, 6, 7, 8, con diversi livelli di compromissione della funzionalità come riportato in relazione di C.T.U.

Analoga situazione è stata rilevata per le condizioni delle murature anche se in forma più limitata come riferito in relazione C.T.U.”; che nessuna conciliazione tra le parti era stata raggiunta; che in sede di A.T.P. era stata ritenuta non differibile la necessità di intervenire sul solaio e sui muri perimetrali; di non aver potuto godere dell’immobile per le condizioni in cui lo stesso versava, configurandosi un danno emergente derivante dalla necessità di continuare a condurre in locazione altro immobile.

Tanto premesso, la sig.ra (…) chiedeva accogliersi le seguenti conclusioni:

“Piaccia all’ Eccellentissimo Giudice adito, ogni contraria istanza ed eccezione, così provvedere, anche attraverso l’ausilio dell’espletanda C.T.U.:

1) accertare e dichiarare lo stato di degrado strutturale del solaio in legno che costituisce elemento di divisione tra l’appartamento di proprietà dell’attrice e quello di proprietà della convenuta Avv. (…);

2) accertare e dichiarare lo stato di degrado strutturale dei muri portanti perimetrali tali da incidere sulla sicurezza ed abitabilità dell’immobile dell’attrice;

3) accertare e dichiarare quali sono le opere necessarie per ovviare ai pregiudizi strutturali lamentati, indicando materiali, criteri esecutivi, e relativi costo;

4) accertare e dichiarare la divisione millesimale tra le proprietà dei locali siti nel fabbricato di Via C. n. 62, con elaborazione delle relative tabelle;

5) Condannare la convenuta Avv. (…) a partecipare, nella misura del 50% del dovuto, alle spese per il rifacimento/ristrutturazione del solaio che divide la sua proprietà da quella dell’attrice;

6) Condannare i convenuti condomini, fatta eccezione per l’usufruttuario sig. (…), a partecipare, proporzionalmente ai rispettivi millesimi di proprietà, al pagamento dell’importo per la realizzazione degli interventi di ristrutturazione e consolidamento dei muri perimetrali;

7) Condannare i convenuti, in solido tra loro fatta eccezione per il sig. (…), al pagamento in favore dell’attrice e a titolo risarcitorio della somma di Euro 25.000,00, o di quella ritenuta di giustizia, da liquidarsi in via equitativa, per il mancato godimento dell’immobile, per avere i convenuti impedito, attraverso comportamenti ostruzionistici e dilatori, un pronto intervento di ristrutturazione che consentisse all’attrice di abitare in sicurezza l’immobile acquistato, ovvero di ricavarne i frutti civili;

8) Ordinare al sig. (…) usufruttuario dell’appartamento la cui nuda proprietà appartiene all’avv. (…), di lasciare l’appartamento per il tempo necessario all’esecuzione delle opere disposte dalla emananda sentenza.”

(…), costituitosi in giudizio, premesso che dopo la vendita dell’immobile in questione alla (…), allo stesso era rimasto solo un locale al piano terra dell’immobile di Via C. n. 62, contestava nell’an e nel quantum le risultanze della CTU e sottolineava la scarsa rilevanza della stessa, nonché l’errore in cui il consulente era incorso nell’indicare erroneamente come proprietario dell’immobile del terzo piano (…) anziché la sig.ra (…), comunque dichiarandosi disponibile a concorrere alle spese relative agli eventuali lavori in proporzione alla propria quota di proprietà e concludendo come segue:

“a) accertare i lavori necessari alle parti comuni dell’edificio e i relativi costi da porre a carico dei condomini, in proporzione dei rispettivi millesimi;

b) predisporre la tabella millesimale dell’edificio;

c) accertare i lavori, ed i costi, che riguardano le proprietà individuali dei singoli condomini, in particolare quelli che riguardano le proprietà della attrice e della convenuta (…);

d) respingere la domanda di risarcimento danni formulata nei confronti di (…), perché infondata in fatto e in diritto”.

(…), a sua volta costituitasi, in via preliminare ed in rito eccepiva: la nullità per indeterminatezza e, comunque, l’inammissibilità per difetto d’interesse delle domande tese all’accertamento della necessità di eseguire lavori di consolidamento del solaio, di cui ai punti 1 e 2 della citazione, non essendo la circostanza contestata; l’inammissibilità della domanda, di cui al punto 3 della citazione, per avere la parte attrice conferito natura contenziosa alla quaestio, natura esclusa espressamente dall’art. 1105 del c.c. che impone il ricorso alla giurisdizione volontaria piuttosto che a quella contenziosa in materia; la nullità della domanda, di cui al punto 4 della citazione, non corrispondendo al petitum alcuna causa petendi.

Nel merito, la suddetta convenuta contestava la ricostruzione dei fatti contenuta nell’atto di citazione e chiedeva il rigetto di tutte le domande avversarie in quanto infondate in fatto e in diritto evidenziando, tra l’altro, la propria piena disponibilità ai lavori di ripristino e ristrutturazione dimostrata in svariati incontri e non concretizzata a causa della negligenza della parte e attrice e del suo tecnico Ing. (…), che non avevano fatto pervenire il progetto definitivo depositando poi improvvisamente ricorso ex art. 696 bis e poi successivamente la citazione, il tutto in maniera improvvisa e sorprendente stante la propria piena disponibilità della (…).

Si costituiva, altresì, (…), in via preliminare eccependo l’inammissibilità dell’azione per mancanza del tentativo obbligatorio di mediazione e nel merito chiedendo:

accertarsi e dichiararsi la mancanza di urgenza di effettuare i lavori richiesti da parte attrice e, per l’effetto, rigettarsi la domanda attrice;

in ogni caso, rigettarsi la domanda nella parte in cui si chiedeva ordinarsi il proprio trasferimento, viste le precarie condizioni di salute di esso convenuto; nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda attrice, porsi a carico della (…) e delle altre controparti le eventuali spese relative al proprio soggiorno presso altra dimora.

Con comparsa di Cost. del 17 dicembre 2012 si costituiva, infine, l’Istituto Figlie di San Camillo, contestando tutto quanto ex adverso dedotto e rassegnando le seguenti conclusioni:

“Voglia l’On.le Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, in accoglimento dei motivi tutti sopra esposti,

A) in via preliminare: dichiarare la carenza di legittimazione passiva dell’Istituto Figlie di San Camillo, disponendone l’immediata estromissione dal presente giudizio con condanna di parte attrice al pagamento delle spese per il procedimento della ATP pari ad Euro 7.618,06 oltre interessi e rivalutazione come per legge e al pagamento delle competenze, onorari e spese di lite del presente procedimento;

B) Nel merito, nella denegata ipotesi che non venisse immediatamente accolta la spiegata eccezione di carenza di legittimazione passiva:

1. rigettare tutte le domande, istanze, eccezioni di parte attrice in quanto inammissibili e improponibili e/o nulle oltre che infondate in fatto e in diritto e non provate sia in ordine all’an che al quantum;

2. rigettare ogni altra avversa domanda, deduzione e eccezione ed istanza in quanto inammissibile, improponibile e/o nulla oltre che infondata in fatto e in diritto e non provata sia in ordine all’an che al quantum;

3. condannare parte attrice al rimborso integrale delle spese per il procedimento della ATP pari ad Euro 7.618,06 oltre interessi e rivalutazione come per legge;

4. condannare parte attrice al rimborso integrale delle spese, competenze ed onorari del presente giudizio;

5. in via del tutto subordinata, nella denegata e non creduta ipotesi che venga accertato in corso di causa che il muro perimetrale di confine di proprietà dell’Istituto è in comune con il fabbricato di Via C. n. 62 ed effettivamente necessiti di ripristini strutturali ai fini di cui è causa, contenere la condanna dell’Istituto Figlie di S. Camillo al solo importo pro quota dovuto per i ripristini strutturali del predetto muro perimetrale di con-fine che venissero accertati come necessari;

sempre con vittoria di spese, competenze ed onorari del giudizio de quo e di quello di ATP pari ad Euro 7.618,06. Sempre con vittoria di spese competenze ed onorari”.

Deduceva, tra l’altro, il suddetto convenuto:

di essere proprietario della più grande unità immobiliare all’interno dello stabile di Via S. (…) 17 (e Via P. n.12-14), non facente parte del condominio immobile di Via dei C. n. 62; di nulla aver mai conosciuto o saputo della vicenda oggetto di causa, non essendogli stata recapitata nessuna delle lettere o raccomandate, contrariamente a quanto affermato (e non provato) da controparte;

che dalla Relazione di Consulenza Tecnica di parte attrice (Ing. (…)) non emergeva il coinvolgimento nella vicenda della propria unità immobiliare; che più precisamente, risultava solo affermato (neppure chiaramente) e non provato che l’alloggio della sig.ra (…) insisteva anche sul muro perimetrale di proprietà dell’Istituto;

che anche in sede di Accertamento tecnico preventivo non era stata riscontrata la predetta continuità/comunione tra le strutture asseritamente ammalorate e il muro perimetrale di proprietà dell’Istituto; che infatti, a pag. 5 dell’elaborato peritale del 27 febbraio 2012, il CTU ing. Rosati, a fronte dell’osservazione dei CTP dell’odierna convenuta sull’indubbia evidenza che non era stata “accertata la consistenza e quindi la proprietà della muratura a confine fra la proprietà ricorrente e la convenuta”, aveva segnalato apoditticamente solo che “si può ragionevolmente affermare che trattasi di un unico setto murario” ammettendo, però, di non aver compiuto alcuna verifica sul punto;

che in ogni caso, il predetto muro perimetrale a confine, secondo il CTU, non era stato coinvolto da eventuali interventi di ripristino, come osservato dai CTP (osservazioni su cui il CTU non aveva avuto nulla da obiettare – cfr. pag. 5 dell’elaborato peritale del 27 febbraio 2012); che, infatti, il CTU Ing. (…) e i rispettivi CTP non avevano rilevato dissesti o quadri fessurativi nella porzione di fabbricato a confine tra la proprietà della Sig.ra (…) e quella dell’Istituto Figlie di San Camillo, per cui l’esecuzione dei lavori non poteva essere attribuita in nessuna parte all’Istituto;

che gli interventi di ristrutturazione dei solai lignei erano dì pertinenza esclusiva della Sig.ra (…) e del proprietario dell’appartamento sovrastante, in quanto l’orditura principale dei solai era direzionata parallelamente alla proprietà dell’ Istituto Figlie di San Camillo, che quindi poggiava su murature di spina di proprietà esclusiva della Sig.ra (…) e del proprietario dell’appartamento sovrastante; che il CTU Ing. (…) nella relazione dì perizia del 13/01/2012, rispondendo al quesito n. 4, aveva ribadito che i lavori di ristrutturazione competevano ai soli condomini dell’edificio su cui insisteva la proprietà della Sig.ra (…), escludendo quindi l’Istituto Figlie di San Camillo in quanto non facente parte del condominio.

La causa, trattenuta una prima volta in decisione all’udienza del 03.06.2015, veniva rimessa sul ruolo il 22.10.2015, essendo stato ritenuto necessario lo svolgimento di una CTU integrativa di quella svolta in sede di ATP al fine di:

“1) svolgere gli accertamenti necessari a dirimere ogni dubbio in ordine alla proprietà della muratura sulla quale il CTU ha ritenuto debbano essere eseguiti gli interventi, segnatamente finalizzati a verificare se la proprietà di essa sia comune con l’Istituto Figlie di San Camillo; all’esito,

2) stimare le quote di comproprietà dei singoli compartecipi della comunione del fabbricato interessato dall’esecuzione dei lavori;

3) acquisire elementi idonei a valutare se il complessivo stato di degrado accertato dal CTU con riferimento alle condizioni del solaio e dei muri perimetrali abbia compromesso in tutto in parte la fruibilità dell’unità abitativa di proprietà esclusiva dell’attrice da parte di quest’ultima, stimando, in ipotesi affermativa, il valore locativo dell’immobile”.

Era espletata la CTU ed all’esito il giudizio, sospeso a causa dei noti eventi sismici verificatisi nel corso dell’anno 2016, in seguito interrotto per l’intervenuto decesso di (…) in data 28.12.2017 e, quindi, riassunto nei confronti degli eredi del medesimo nel maggio 2018, veniva infine trattenuto in decisione all’udienza del 09.04.2019.

Preliminare è la declaratoria di contumacia di (…), (…), (…) e (…), quali eredi di (…), non costituitisi, pur essendo stati ritualmente evocati in giudizio a seguito della riassunzione.

In via pregiudiziale, deve essere respinta l’eccezione di carenza di legittimazione passiva, sollevata dalla difesa dell’Istituto Figlie di San Camillo.

Al riguardo, è appena il caso di rammentare che la legitimatio ad causam, attiva e passiva, costituisce istituto processuale teso ad individuare il soggetto che ha il potere di esercitare l’azione in giudizio e il soggetto nei cui confronti tale azione può essere esercitata, mentre da essa va distinta la titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva o passiva, del rapporto giuridico controverso, riferibile all’appartenenza soggettiva al medesimo, in ordine alla quale si chiede al Giudice di emettere una sentenza (Cass. civ., Sez. III, n. 4121/04; v. anche, da ultimo, Trib. Modena 04.03.2010).

Sul tema, la Corte di Cassazione ha a più riprese ribadito che la legittimazione attiva e passiva costituisce una condizione dell’azione, una condizione cioè per ottenere dal giudice una qualsiasi decisione di merito, la cui esistenza deve essere riscontrata con esclusivo riguardo alla prospettazione delle parti, prescindendo cioè dalla effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, per cui appartiene al merito, concernendo la fondatezza della pretesa, l’accertamento in concreto se l’attore e il convenuto, dal lato attivo e passivo, siano effettivamente titolari del rapporto fatto valere in giudizio (Cass. civ., Sez. III, n. 5877/00).

Nella specie, vi è piena coincidenza, nella prospettazione attorea, tra il soggetto nei cui confronti è stata proposta la domanda ed il soggetto che viene affermato titolare dal lato passivo della pretesa risarcitoria, in quanto comproprietario delle mura oggetto di intervento, sicché il problema che si pone è semmai di accertamento della fondatezza o meno nel merito della pretesa stessa e non certo di legittimazione.

Ne segue il rigetto della dedotta eccezione di legittimazione passiva.

Parimenti infondate risultano le eccezioni preliminari di inammissibilità/nullità delle domande attoree, sollevate dalla difesa della convenuta.

Quanto all’eccezione di nullità delle domande, di cui ai punti nn. 1 e 2 della citazione, deve in contrario osservarsi come le stesse non siano affatto indeterminate, dalla narrativa dell’atto essendo possibile evincere tanto il petitum inteso, in senso immediato e mediato come bene della vita e pronuncia richiesti (accertamento delle condizioni di degrado dell’immobile oggetto di causa e condanna dei convenuti all’esecuzione delle opere necessarie a porre rimedio alle problematiche riscontrate), quanto la causa petendi, intesa come ragione del domandare, id est diritto sostanziale affermato (diritto al risarcimento del danno, previo accertamento della responsabilità aquiliana dei convenuti).

Con riguardo a dette domande non vi è poi alcun difetto d’interesse ex art. 100 c.p.c., mirando parte attrice a conseguire, per effetto dell’accoglimento delle stesse, un vantaggio concreto costituito dall’imposizione ai convenuti dell’obbligo di concorrere pro quota ai lavori per cui è causa.

In relazione alla dedotta inammissibilità della domanda, di cui al punto 3, la censura non merita accoglimento, corretto dovendo ritenersi – anche alla luce del principio di economia dei mezzi processuali – il ricorso di parte attrice ad un autonomo giudizio ordinario tenuto conto del fatto che unitamente al ricorso all’autorità giudiziaria al fine di rimuovere uno stato di inerzia in ordine all’amministrazione della cosa comune ex art. 1105, IV co., c.c., è stata proposta una domanda qualificabile in termini di azione di responsabilità aquiliana (su cui v. infra), volta al risarcimento dei danni asseritamente derivanti dal mancato godimento, da parte della (…), dell’immobile per cui è causa in conseguenza della condotta ostruzionistica degli altri condomini.

Quanto alla eccezione nullità della domanda, di cui al punto 4 delle conclusioni della citazione, la stessa è palesemente infondata, il richiesto accertamento della “divisione millesimale” essendo strumentale alla individuazione della quota di concorso di ciascun condomino alle spese necessarie per l’esecuzione dei lavori necessari ad ovviare allo stato di degrado dell’immobile.

In ordine, infine, alle eccezioni relative ai punti nn. 5, 6 e 7 delle conclusioni, le stesse si risolvono in censure involgenti il merito e verranno in tale sede scrutinate.

In via preliminare va dato atto, altresì, della rinuncia di parte attrice alla domanda originariamente avanzata nei confronti dell’usufruttuario (…), già titolare del diritto di usufrutto sull’immobile di proprietà della convenuta (…), il cui decesso – intervenuto nelle more del giudizio – ha comportato l’estinzione del diritto di usufrutto, con conseguente espansione del diritto di piena proprietà in capo alla convenuta (…), ciò che ad avviso della sig.ra (…) non rende più necessaria una specifica pronuncia del Tribunale in ordine alla temporanea liberazione dell’immobile ad opera dell’usufruttuario occupante al fine di consentire lo svolgimento dei lavori.

Dovrà essere, di conseguenza, dichiarata cessata la materia del contendere sulla domanda, di cui al punto 8 delle conclusioni dell’atto di citazione.

Sempre in via preliminare deve essere dichiarata, altresì, le cessazione della materia del contendere in ordine alla domanda attorea tesa a far “Accertare e dichiarare la divisione millesimale tra le proprietà dei locali siti nel fabbricato di Via C. n. 62, con elaborazione delle relative tabelle”, essendo stato nelle more del giudizio formalmente costituito il Condominio, con relativa elaborazione delle tabelle millesimali ed in tal senso avendo concluso il difensore di parte attrice all’udienza del 09.04.2019.

Tanto premesso e venendo al merito delle ulteriori domande, la domanda attorea, tesa a far accertare e dichiarare lo stato di degrado strutturale del solaio in legno che costituisce elemento di divisione tra l’appartamento di proprietà dell’attrice e quello di proprietà della convenuta Avv. (…), lo stato di degrado strutturale dei muri portanti perimetrali, tale da incidere sulla sicurezza ed abitabilità dell’immobile dell’attrice, quali siano le opere necessarie per ovviare ai pregiudizi strutturali lamentati, indicando materiali, criteri esecutivi, e relativi costi, con condanna della convenuta Avv. (…) a partecipare, nella misura del 50% del dovuto, alle spese per il rifacimento/ristrutturazione del solaio che divide la sua proprietà da quella dell’attrice, nonché dei convenuti condomini, fatta eccezione per l’usufruttuario sig. (…), a partecipare, proporzionalmente ai rispettivi millesimi di proprietà, al pagamento dell’importo per la realizzazione degli interventi di ristrutturazione e consolidamento dei muri perimetrali, è fondata e merita, pertanto, accoglimento, nei termini di seguito esposti.

Come si accennava poc’anzi, la domanda in questione deve essere giuridicamente qualificata come tesa al fine di rimuovere uno stato di inerzia in ordine all’amministrazione della cosa comune ex art. 1105, IV co., c.c., parte attrice lamentando la necessità di far eseguire lavori indifferibili ed urgenti su parti comuni dello stabile condominiale del quale fa parte l’immobile di proprietà della stessa e censurando espressamente la “…condotta palesemente ostruzionistica dei proprietari delle porzioni immobiliari interessate dai preventivati lavori…” (v. a pag. 2 dell’atto di citazione).

In tale prospettiva, la CTU espletata nell’ambito del procedimento per ATP n. 1049/11 e acquisita agli atti del presente giudizio – le cui risultanze, siccome frutto di valutazioni logiche, coerenti ed esenti da profili di censura nei singoli passaggi motivazionali, vengono interamente fatte proprie da questo giudice – ha evidenziato lo stato di degrado strutturale tanto del solaio in legno che costituisce elemento divisorio tra l’immobile di proprietà dell’attrice e quello di proprietà della convenuta (…), quanto dei muri portanti perimetrali, tale da incidere sulla sicurezza ed abitabilità dell’immobile di proprietà della sig.ra (…).

A tal riguardo, tanto il consulente in sede di ATP, quanto il CTU nominato nel corso del presente giudizio di merito, hanno riscontrato:

a) il pessimo stato di conservazione, nonché la sconnessione dei travicelli dell’orditura secondaria e del tavolato del solaio di copertura della stanza indicata al n. 3 della planimetria versata in atti;

b) la manifesta inflessione ( per 7 cm sulla linea di mezzeria ) della trave portante presente nella stanza indicata al n. 8 della planimetria, dovuta a sovraccarico della stessa; c).

A seguito dell’avvenuto accesso ai locali di proprietà (…), l’Ing. Rosati ha rilevato, altresì, in corrispondenza delle stanze nn. 6, 7 e 8 della proprietà (…), la presenza di uno spessore anomalo del piano di calpestio del solaio, con dislivello di 16 cm, produttivo, presumibilmente, di un non previsto sovraccarico dei solai sottostanti.

Quanto all’individuazione dei lavori necessari, di cui al punto 2 dei quesiti rivoltigli, il C.T.U. evidenziava poi la necessità di:

a) rimuovere il riempimento presente sul solaio in comunione;

b) operare un “raffittimento” dell’orditura principale e la ricostituzione di un nuovo tavolato sul solaio della stanza n. 3;

c) realizzare un ripristino della continuità della muratura nell’angolo sud-ovest della stanza n. 3, mediante lavori di cuci-scuci e iniezioni armate;

d) sostituire il tavolato e alcuni elementi dell’orditura secondaria nel solaio di copertura della stanza n. 6;

e) realizzare iniezioni armate per l’intera altezza della parete dell’angolo sud-ovest della stanza n. 6;

f) ricostituire la funzionalità dell’arco già presente nella stanza n. 6;

g) sostituire alcuni elementi dell’orditura secondaria e del tavolato della stanza n. 8.

In risposta al quesito n. 4, relativo all’individuazione delle proprietà interessate dai lavori di consolidamento, l’Ing. Rosati distingueva tra i lavori inerenti ai setti murari verticali, gravanti su tutti i proprietari delle porzioni comuni dello stabile, e quelli riguardanti il solaio divisorio delle proprietà (…)-(…), da ripartirsi equamente tra i due proprietari, ai sensi dell’art. 1125 c.c.

Il consulente rassegnava, all’esito, le seguenti conclusioni (v. a pag. 6 delle “Repliche alle osservazioni dei CTP”): “Gli inconvenienti relativi ai solai di copertura dell’unità di proprietà (…), rappresentati nella citazione hanno una reale consistenza ed interessano gli ambienti denominati: stanza 3, 4, 5, 6, 7 e 8 con diversi livelli di compromissione della funzionalità come riportato in relazione di C.T.U.

Analoga situazione è stata rilevata per le condizioni delle murature anche se in forma più limitata come riferito in relazione C.T.U….

E’ condivisibile l’opportunità che potrebbe fornire una indagine invasiva del solaio in condivisione tra le proprietà (…)/(…) tesa a verificare l’eventuale esistenza di una ulteriore struttura orizzontale soprastante a quella lignea.

Il verificarsi di tale eventualità porterebbe ad un consistente contenimento dei costi di ripristino dei solai in discussione stanze da 4 a 8. La suddivisione degli oneri economici derivanti dalla valutazione dei costi relativi ai ripristini funzionali così come previsto in relazione C.T.U. e dall’allegato computo sono così ripartiti:

a) interventi sugli orizzontamenti e complementari Euro13.118,43 oltre I.V.A. e spese generali pari ad 1/2 delle totali pari ad Euro3.240,00;

b) interventi sulle murature e complementari Euro 37.511,98 oltre I.V.A. e spese generali pari ad 1/2 delle totali pari ad Euro 3.140,00”.

Ciò posto, evidente risultando la situazione di impasse venutasi a determinare nel corso degli anni tra i condomini e che ha determinato la mancata assunzione dei provvedimenti necessari all’amministrazione della cosa comune – confermata anche a seguito della rimessione della causa sul ruolo, essendo emerso all’udienza del 09.04.2019 che dopo che in sede di assemblea del 18.03.2017 era stato conferito un incarico relativo a lavori di progettazione per le opere di miglioramento sismico ed a seguito di ulteriori assemblee interlocutorie, solo con assemblea del 29.03.2019 il Condominio risulterebbe aver recepito i progetti al riguardo elaborati dai tecnici senza, peraltro, indicare tempi e modi della concreta esecuzione dei necessari interventi – sussistono, ad avviso del Tribunale, i presupposti per l’accoglimento della domanda ex art. 1105, IV co., c.c.

Per l’effetto, in accoglimento della relativa domanda, la convenuta (…) dovrà essere condannata a concorrere con l’attrice, in misura pari al 50% ex art. 1125 c.c., alle spese necessarie agli interventi di ripistino da eseguire sul solaio che costituisce elemento divisorio degli immobili di proprietà delle due condomine, come individuati in sede di CTU espletata nel giudizio per ATP n. 1049/11, per l’importo complessivo di Euro13.118,43 oltre I.V.A. e spese generali (v. a pag. 7 delle “Repliche alle osservazioni dei CTP”) pari al 50% delle totali, così per Euro3.240,00.

Del pari ed in accoglimento della relativa domanda, (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…) e l’Istituto Figlie di San Camillo – cui sono risultati comuni ex art. 1117, I co., n. 1 c.c., all’esito dell’indagine peritale, i muri maestri dell’unità strutturale oggetto di intervento (al riguardo, si richiamano le conclusioni del CTU ing. Albani a pag. 22 della relazione definitiva) -, quali condomini dello stabile di via C. 62, dovranno essere condannati a concorrere con (…), in misura corrispondente alle rispettive quote millesimali di comproprietà sulle parti comuni dello stabile, alle spese necessarie agli interventi di ripristino da eseguire sulle murature portanti perimetrali dello stabile condominiale, come individuati in sede di CTU espletata nel giudizio per ATP n. 1049/11, per l’importo complessivo di Euro37.511,98 oltre I.V.A. e spese generali (v. sempre a pag. 7 delle “Repliche alle osservazioni dei CTP”) pari al 50% delle totali, così per Euro3.140,00.

La domanda attorea, testa alla condanna dei convenuti al “pagamento in favore dell’attrice e a titolo risarcitorio della somma di Euro25.000,00, o di quella ritenuta di giustizia, da liquidarsi in via equitativa, per il mancato godimento dell’immobile, per avere i convenuti impedito, attraverso comportamenti ostruzionistici e dilatori, un pronto intervento di ristrutturazione che consentisse all’attrice di abitare in sicurezza l’immobile acquistato, ovvero di ricavarne i frutti civili”, ha senz’altro natura extracontrattuale fondandosi, nella prospettazione della (…), sulla asserita violazione, da parte dei condomini convenuti, del generale principio – sia pure posta in essere tramite condotte omissive – del neminem laedere ex art. 2043 c.c.

Così qualificata, la domanda è infondata e non può essere accolta.

Va premesso che in tema di responsabilità per fatto illecito ex art. 2043 c.c., perché sorga un’obbligazione risarcitoria aquiliana occorrono un fatto lesivo, retto dalla causalità materiale ed un danno conseguenza di questo, retto dalla causalità giuridica, la cui imputazione presuppone il riscontro di alcuna delle fattispecie normative ex art. 2043 ss. c.c., consistenti tutte nella descrizione di un nesso, che leghi storicamente un evento ad una condotta, a cose o ad accadimenti di altra natura, collegati con una particolare relazione al soggetto chiamato a rispondere (Cass. civ. n. 4043/13).

Il fatto illecito ex art. 2043 c.c. si compone, in sostanza, di una condotta (attiva o omissiva), di un danno evento (il cd. “danno ingiusto”, da intendersi come evento fattuale in sé lesivo di un interesse giuridicamente tutelato nella vita di relazione), di un nesso causale tra condotta ed evento, nonché infine di un danno-conseguenza, patrimoniale o non patrimoniale, causalmente ricollegabile al danno evento e che deve essere come tale provato, non potendo considerarsi in re ipsa per il semplice fatto del verificarsi dell’evento lesivo (Cass. civ. n. 10120/09).

Con specifico riguardo al tema dell’accertamento del nesso causale, si ritiene che in ambito di responsabilità civile operino gli artt. 40 e 41 c.p., in base ai quali un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, nonché dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla scorta del quale, all’interno della serie causale, occorre dare rilievo solo a quegli eventi che non appaiano – ad una valutazione ex ante – del tutto inverosimili (Cass. civ. n. 12923/15).

A ciò va, peraltro, aggiunto che anche in virtù delle diverse finalità al cui assolvimento risultano preposti il processo penale ed il processo civile – il primo ispirato ad una logica essenzialmente sanzionatoria, il secondo imperniato su una logica di carattere compensativo/riparatorio -, la causalità in materia civilistica deve essere distinta da quella penalistica, nel senso che nella prima, diversamente che nella seconda, vige il principio del “più probabile che non”, mentre nel processo penale opera la regola della prova “oltre il ragionevole dubbio” (al riguardo si veda, tra le altre, Cass. civ., Sez. III, n. 23933/13); la diversità dei valori in gioco nei due tipi di processi giustifica, infatti, una differenza negli standard probatori ed il diverso livello di incertezza da assumersi come ragionvolmente accettabile (Trib. Reggio Emilia, 27.02.2014).

Nella specie, la sig.ra (…) ascrive ai convenuti una condotta ostruzionistica di carattere sostanzialmente omissivo, a suo dire causa del danno evento costituito dal mancato godimento dell’immobile da parte dell’attrice.

Tuttavia, dagli scritti difensivi versati in atti dalle parti convenute costituite in sede sia di ATP, che di giudizio contenzioso n. 1041/12, si evince che le stesse non si sono opposte all’esecuzione degli interventi necessari a far fronte allo stato di degrado del solaio e dei muri perimetrali.

Emerge, piuttosto, che la ragione del contendere ha riguardato la tipologia e le modalità esecutive degli interventi da effettuare e, soprattutto, la determinazione del criterio di riparto delle relative spese tra i contitolari, tenuto conto del fatto che fino all’11.02.2017 nello stabile di via C. 62 non risultava formalmente costituito il Condominio, con la relativa ripartizione in quote millesimali, di tal ché sarebbe risultato oggettivamente di estrema difficoltà individuare, per l’appunto, i criteri di riparto tra i condomini dei costi da sostenere per l’esecuzione dei lavori.

Se, quindi, il mancato godimento dell’immobile di proprietà di parte attrice è stato senz’altro determinato dallo stato di degrado in cui versavano il solaio e le mura perimetrali, come in precedenza descritti, ritiene questo giudice che non sia individuabile una condotta omissiva ed ostruzionistica dei condomini convenuti, tale da costituire condicio sine qua non, alla stregua delle coordinate ermeneutiche poc’anzi evocate, del danno evento in questione.

Né una responsabilità in capo ai condomini convenuti può essere, in tal senso, predicata con riferimento al periodo successivo all’11.02.2017, atteso che a seguito delle note vicende legate al Sisma del 2016, il Comune di Rieti con nota prot. (…) del 03.02.2017, a seguito di sopralluogo eseguito all’interno dello stabile di via C. 62, ebbe a riscontrare la necessità di assicurare la “ricucitura delel murature lesionate con cuci-scuci, messa in sicurezza della scala, degli architravie posa in opera di cerchiature, catene-tiranti”, il che avrebbe in ogni caso determinato l’impossibilità in capo all’attrice di godere del proprio immobile sino alla esecuzione delle necessarie opere di messa in sicurezza.

Si osservi, tra l’altro, che per poter inferire l’esistenza del nesso causale tra la condotta omissiva e l’evento lesivo, è necessario individuare la fonte (normativa e contrattuale) della relativa posizione di garanzia, che sancisca a carico dell’asserito danneggiante l’obbligo giuridico di impedire l’evento, ai sensi e per gli effetti dell’art. 40, II co., c.p.; fonte che, nella specie, non risulta essere stata in alcun modo individuata.

Si aggiunga che nella specie la domanda risulta carente in punto di allegazione del danno-conseguenza asseritamente sofferto dall’attrice.

Costituisce, sul tema, orientamento pacifico della Corte di Cassazione quello secondo cui in caso di occupazione illegittima di un cespite immobiliare (ovvero, stante l’identità di ratio, in caso di perdita della disponibilità dello stesso da parte del titolare), il danno subito dal proprietario risulta “individuabile, di per sé, nella perdita della disponibilità del bene da parte del dominus, così come nell’impossibilità, per questi, di conseguire l’utilità anche solo potenzialmente ricavabile dal bene medesimo, in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso” (si vedano, per tutte, Cass. Civ. 3223/2011; Cass. Civ. 26610/2008; Cass. Civ. 1507/2006; Cass. Civ. 13630/2001).

E’ stato, peraltro, altrettanto chiaramente evidenziato dalla più recente giurisprudenza che la perduta disponibilità di un immobile non costituisce un danno in re ipsa, nel senso che, provata l’occupazione abusiva, non può dirsi per ciò solo provato detto danno che potrà essere, peraltro, dimostrato mediante il ricorso a presunzioni semplici, potendo consistere anche nell’utilità teorica che il danneggiato poteva ritrarre dall’uso diretto del bene, durante il tempo per il quale è stato occupato da altri (Cass. civ. n. 18494/15).

A ben vedere, secondo l’iter logico seguito dalla Corte di Cassazione nelle proprie pronunce, è evidente che il risarcimento del danno da mancato godimento dell’immobile integrato dall’importo complessivo del canone di locazione pari alla durata dell’occupazione configura un danno punitivo, se non viene provata la concreta intenzione del proprietario di mettere a frutto l’immobile in questione: infatti, può accadere che il proprietario di un immobile, per libera scelta, decida di non trarne alcun guadagno (v., tra le più recenti, Cass. civ., Sez. III, n. 13071/18).

Tornando al caso che ci occupa, parte attrice nell’atto di citazione ha chiesto la condanna dei convenuti alla corresponsione, a tale titolo, di una somma di Euro25.000,00, ma nella narrativa dell’atto introduttivo non ha allegato alcun danno conseguenza sotto tale profilo, non avendo specificato quale utilità la stessa avrebbe potuto trarre dall’immobile libero, né allegato la concreta intenzione del proprietario di mettere a frutto l’immobile in questione, ad esempio concedendolo in locazione a terzi, né quanto meno quantificato un presumibile valore locativo del fabbricato, con conseguente difetto di prova del danno conseguenza.

Alla luce delle considerazioni che precedono, la domanda risarcitoria dovrà essere respinta, in quanto infondata.

Le spese di lite relative al procedimento per ATP e al presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Non luogo a provvedere sulle spese avuto riguardo alla posizione processuale degli eredi di (…), alla luce della rinuncia alla domanda nei riguardi del primo da parte dell’attrice.

Le spese delle CTU espletate nell’ambito del procedimento per ATP n. 1049/11 e del presente giudizio, liquidate con separati provvedimenti, devono essere poste definitivamente a carico dei convenuti, in parti uguali tra loro.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone:

– dichiara la contumacia di (…), (…), (…) e (…), quali eredi di (…);

– accerta e dichiara la cessazione della materia del contendere sulle domande, di cui ai punti nn. 4) e 8) dell’atto di citazione;

– condanna la convenuta (…) a concorrere con l’attrice (…), in misura pari al 50%, alle spese necessarie agli interventi di ripistino da eseguire sul solaio che costituisce elemento divisorio degli immobili di proprietà delle suddette parti siti all’interno del Condominio di via dei C. n. 62 in (…), come individuati in sede di CTU redatta nel giudizio per ATP n. 1049/11 per l’importo complessivo di Euro13.118,43 oltre I.V.A. e spese generali pari al 50% delle totali, così per Euro3.240,00.

– condanna (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…) e l’Istituto Figlie di San Camillo, quali condomini dello stabile di via C. 62 in (…), a concorrere con (…), in misura corrispondente alle rispettive quote millesimali di comproprietà sulle parti comuni, alle spese necessarie agli interventi di ripristino da eseguire sui muri maestri dello stabile condominiale, come individuati in sede di CTU redatta nel giudizio per ATP n. 1049/11, per l’importo complessivo di Euro 37.511,98 oltre I.V.A. e spese generali pari al 50% delle totali, così per Euro 3.140,00;

– condanna i suddetti convenuti, in solido tra loro, a rimborsare all’attrice le spese di lite relative al procedimento per ATP e al presente giudizio, liquidate quanto al primo in complessivi Euro 3.143,00, di cui Euro 233,00 per esborsi ed Euro 2.910,00 a titolo di compensi professionali e quanto al secondo in complessivi Euro 7.712,00, di cui Euro 7.254,00 a titolo di compensi professionali ed Euro 458,00 per esborsi, il tutto oltre alle spese forfettarie ex art. 2 D.M. n. 55 del 2014 ed oltre ad iva e cpa come per legge;

– non luogo a provvedere sulle spese avuto riguardo alla posizione processuale degli eredi di (…), rimasti contumaci;

– pone definitivamente a carico di (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…) e dell’Istituto Figlie di San Camillo, in parti uguali tra loro, le spese delle CTU espletate nel procedimento per ATP n. 1049/11 e nel presente giudizio, liquidate con separati provvedimenti.

Così deciso in Rieti l’11 aprile 2019.

Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.