E’ invece configurabile l’estraneita’ dell’intermediario al fatto dell’impiegato o preposto, si’ da interrompere il nesso causale ed escludere la responsabilita’ dell’Istituto, solo ove si verifichino determinate circostanze, quali una condotta del cliente del tutto “anomala”, vale a dire, se non di collusione, quanto meno di consapevole e fattiva acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sull’impiegato, note al cliente. All’uopo non e’ sufficiente la mera consapevolezza da parte del cliente della violazione da parte del “promotore” delle regole di settore, ma occorre che i rapporti tra promotore e investitore presentino connotati di anomalia, se non addirittura di connivenza o di collusione, in funzione elusiva della disciplina legale.

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Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Ordinanza|31 maggio 2019| n. 14876

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16991-2017 proposto da:

(OMISSIS) SPA in persona del Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 2093/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 27/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/02/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

RILEVATO

che:

1. Con sentenza depositata in data 21/12/2011, il Tribunale di Milano si pronunciava sulla controversia promossa nel 2004 da (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS), (OMISSIS) (deceduto) e (OMISSIS), volta ad accertare il carattere illecito dei prelievi eseguiti dal dipendente della (OMISSIS) s.p.a. (OMISSIS) sui conti correnti degli attori, da essi mai autorizzati, in parte confluiti sui conti dei genitori del dipendente, anch’essi convenuti, onde ottenere la loro condanna, in solido con la (OMISSIS) s.p.a. a, risarcire il danno per il complessivo importo di Euro 444.152,93, oltre accessori. Per quanto qui di interesse, il Tribunale condannava il dipendente e la banca, in via tra loro solidale, a risarcire gli attori, sull’assunto che l’illecito del dipendente si ponesse in relazione di necessaria occasionalita’ con il rapporto che lo legava alla banca.

2. (OMISSIS) s.p.a. proponeva appello innanzi alla Corte d’Appello di Milano, notificato in data 31/01-1/02/2013, principalmente con riguardo alla sua condanna in solido con (OMISSIS) ai sensi dell’articolo 2049 c.c. e, in subordine, per la parte in cui non era stata considerata la domanda subordinata di “manleva e garanzia” nei confronti del dipendente e la domanda di ripetizione degli importi confluiti sui conti personali del dipendente e dei suoi genitori, nonche’ la concorrente responsabilita’ ex articolo 1227 c.c. dell’attore (OMISSIS) nella determinazione del danno.

La Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 2093/2016 pubblicata in data 27/05/2016, rigettava l’appello principale e riteneva assorbite le ulteriori questioni, condannando l’appellante alle spese di giudizio.

3. Con ricorso notificato in data 26/6/2017, (OMISSIS) s.p.a. propone ricorso per la cassazione della sentenza n. 2093/2016 della Corte d’Appello di Milano, deducendo tre motivi di ricorso. (OMISSIS) e (OMISSIS) resistono con controricorso notificato in data 4/9/2017, mentre gli altri intimati non hanno partecipato al giudizio.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la banca ricorrente denuncia la nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c., laddove la Corte d’Appello ha totalmente omesso di pronunciarsi in relazione a tre (dei quattro) motivi d’appello articolati, in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’articolo 112 c.p.c..

In particolare, denuncia che la Corte ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta di accertamento del concorso colposo degli attori ex articolo 1227 c.c. ai fini della limitazione del risarcimento del danno in ipotesi dovuto, e sulla domanda di ripetizione dell’indebito e di regresso nei confronti dei terzi chiamati in relazione alla denunciata violazione degli articoli 2043 e 2033 c.c., nonche’ sulla domanda di regresso nei confronti del dipendente.

1.1. Il motivo e’ fondato.

1.2. Nella sua premessa la sentenza impugnata esordisce riferendo che gli ulteriori motivi di appello sono “non rilevanti e comunque non vengono posti a base di autonomi motivi di appello”. La pronuncia impugnata si e’ quindi concentrata solo sul principale motivo d’appello dalla banca di vedere riconosciuta ogni sua assenza di responsabilita’ solidale ex articolo 2049 c.c. e ha “considerato assorbito, o in ogni caso rigettato ogni altro motivo di appello” senza considerare motivi di appello svolti in via subordinata.

Si tratta evidentemente di una vera e propria omissione di pronuncia sulle domande collegate all’affermazione di responsabilita’ della banca su cui il Giudice del rinvio sara’ tenuto a pronunciarsi.

2. Con il secondo motivo, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti, riguardante l’insussistenza del nesso di occasionalita’ necessaria, in quanto la Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare il copioso materiale probatorio allegato ai fini della prova della mancanza di nesso di occasionalita’ necessaria tra condotta illecita del dipendente e la banca.

2.1. Il motivo e’ assorbito con riguardo al vizio di omessa motivazione relativo all’accertamento della responsabilita’ concorrente degli attori ex articolo 1227 cod. civ., mentre si rivela inammissibile per il resto.

Difatti esso non si confronta con la ratio decidendi della sentenza, ove si da’ atto che “l’impiegato svolgeva funzioni lavorative all’interno della banca e abbia utilizzato tale mansione per ingenerare nei terzi il legittimo affidamento circa la serieta’ e la genuinita’ dell’attivita’ da lui svolta”.

La Corte di merito ha dunque operato una valutazione complessiva delle circostanze sottoposte al suo vaglio che non si sostanzia in un difetto di motivazione o in una motivazione apparente o perplessa nel senso indicato nella nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Cass. S.U. n. 8053/2014).

3. Con il terzo motivo, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 2049 c.c. e, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo riguardante l’insussistenza della responsabilita’ indiretta della Banca ex articolo 2049 c.c. per difetto dei suoi presupposti, rilevante anche come errore di diritto.

3.1. Il motivo e’ inammissibile.

3.2. L’argomento censurato e’ riferito essenzialmente al passaggio motivazionale ove e’ indicato come irrilevante il fatto che il dipendente abbia agito al di fuori dell’ambito delle mansioni affidategli, affatto diverse da quelle di “promotore finanziario”.

Assume infatti la banca che il dipendente avrebbe operato all’esterno della banca e avrebbe creato una situazione di apparenza che i clienti, con l’ordinaria diligenza, avrebbero potuto percepire come attivita’ estranea alle sue funzioni, perche’ hanno incautamente acconsentito alle richieste di far confluire le somme depositate nei conti correnti dei genitori e del funzionario di banca e i prospetti inviati erano visibilmente falsificati.

Tali circostanze avrebbero interrotto il nesso di necessaria occasionalita’ tra comportamento del dipendente ed evento.

3.3. Per giurisprudenza consolidata, il comportamento illecito del dipendente determina la responsabilita’ della banca preponente ogniqualvolta il fatto lesivo sia stato prodotto o agevolato da un comportamento riconducibile alla sua attivita’ lavorativa, e quindi anche se questi abbia operato oltrepassando i limiti delle proprie mansioni, sempre che sia rimasto nell’ambito delle funzioni proprie dell’intermediario (con riguardo alla responsabilita’ dei promotori, cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8210 del 04/04/2013; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5020 del 04/03/2014; Sez. 1, Sentenza n. 22956 del 10/11/2015; Sez. 3 -, Sentenza n. 18928 del 31/07/2017).

Sicche’ l’intermediario finanziario risponde dell’illecito compiuto in danno di terzi da chi appaia essere un suo promotore, ed in tale apparente veste abbia commesso l’illecito, ogni qual volta l’affidamento del terzo risulti incolpevole e il comportamento – ancorche’ solo omissivo – dell’intermediario abbia concorso alla falsa rappresentazione della realta’, fermo restando che la ravvisabilita’, nel singolo caso, di una situazione di apparenza del diritto dipende da circostanze di fatto il cui accertamento e la cui valutazione sono riservati alla competenza esclusiva del giudice di merito e, come tali, possono essere sindacati in cassazione solo per eventuali difetti logici o giuridici della motivazione (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8229 del 07/04/2006).

Per affermare la concorrente responsabilita’ dell’intermediario e’ quindi sufficiente che il dipendente si presenti come tale sfruttando la posizione che ha all’interno dell’organizzazione dell’intermediario, tenuto a rispondere del fatto del dipendente o preposto. In tale contesto, ove la banca non puo’ che agire che per il tramite dei propri funzionari, si crea una “solidarieta’ imperfetta” nella responsabilita’ per il fatto illecito commesso dal dipendente infedele e il relativo accertamento compete insindacabilmente al giudice di merito.

3.4. La scelta, espressa nell’articolo 2049 c.c., e’ nel senso di porre a carico del preponente, come componente dei costi e dei rischi dell’attivita’ che svolge, i danni cagionati da coloro della cui prestazione si avvale per il perseguimento della sua finalita’ economica.

In tale materia soccorre l’esigenza di tutela dell’affidamento dei terzi qualora vi siano elementi obiettivi atti a giustificare il convincimento della corrispondenza della situazione apparente a quella reale (Sez. 3, Sentenza n. 8210 del 04/04/2013). Sicche’ il comportamento doloso (anche di rilevanza penale) del preposto non interrompe di norma il nesso causale fra l’esercizio delle incombenze dell’intermediario e il danno.

In proposito e’ del tutto irrilevante la valutazione del suo stato soggettivo (cfr., su quest’ultimo specifico punto, Cass. n. 12448/12, nonche’ gia’ Cass. n. 20588/04 e, di recente, Cass. n. 18860/15), proprio perche’ il titolo di responsabilita’ del preponente per il fatto del preposto prescinde dal dolo o dalla colpa quale criterio di imputazione.

3.5. E’ invece configurabile l’estraneita’ dell’intermediario al fatto dell’impiegato o preposto, si’ da interrompere il nesso causale ed escludere la responsabilita’ dell’Istituto, solo ove si verifichino determinate circostanze, quali una condotta del cliente del tutto “anomala”, vale a dire, se non di collusione, quanto meno di consapevole e fattiva acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sull’impiegato, note al cliente.

All’uopo non e’ sufficiente la mera consapevolezza da parte del cliente della violazione da parte del “promotore” delle regole di settore, ma occorre che i rapporti tra promotore e investitore presentino connotati di anomalia, se non addirittura di connivenza o di collusione, in funzione elusiva della disciplina legale (v. Sez. 3 -, Sentenza n. 18928 del 31/07/2017; Sez. 1, Sentenza n. 22956 del 10/11/2015; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 27925 del 13/12/2013).

3.6. Quanto alla ripartizione degli oneri probatori, all’investitore spetta l’onere di provare l’illiceita’ della condotta del promotore legata a quella dell’intermediario da un rapporto di necessaria occasionalita’, mentre all’intermediario spetta l’onere di provare che l’illecito sia stato consapevolmente agevolato in qualche misura dall’investitore in collusione con il promotore (Cass.Sez. 3-, Sentenza n. 18928 del 31/07/2017).

3.7. Il giudizio espresso dalla Corte di merito in ordine alla riconducibilita’ dell’evento lesivo all’intermediario, pertanto, rientra nell’ambito della sua piena e insindacabile discrezionalita’, posto che il criterio di giudizio applicato, anche tenuto conto dei relativi oneri probatori, risulta conforme ai canoni sopra descritti.

3.8. Posta questa premessa, il Giudice del rinvio sara’ pertanto tenuto a scrutinare le domande subordinate della banca, inspiegabilmente pretermesse dal giudice a quo.

4. Conclusivamente la Corte accoglie il primo motivo, dichiara inammissibili il secondo, per quanto di ragione, e il terzo motivo; cassa e rinvia alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, anche per le spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo;

dichiara inammissibili il secondo, per quanto di ragione, e il terzo motivo; cassa e rinvia alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, anche per le spese.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.