per la configurabilita’ del possesso “ad usucapionem”, e’ necessaria la sussistenza di un comportamento continuo, e non interrotto, inteso inequivocabilmente ad esercitare sulla cosa, per tutto il tempo all’uopo previsto dalla legge, un potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di uno “ius in re aliena”, un potere di fatto, corrispondente al diritto reale posseduto, manifestato con il compimento puntuale di atti di possesso conformi alla qualita’ e alla destinazione della cosa e tali da rilevare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria sulla cosa stessa contrapposta all’inerzia del titolare del diritto.

Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Sentenza|8 agosto 2019| n. 21183

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20521-2015 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 519/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 02/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/04/2019 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore dei ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS) difensore del resistente che si e’ riportata ed ha chiesto l’accoglimento delle conclusioni in atti.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) e (OMISSIS) propongono ricorso per cassazione, illustrato da memoria, contro (OMISSIS), che resiste con controricorso, avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia del 2.3.2015, che ha respinto il loro appello, confermando la sentenza del Tribunale di Treviso di rigetto delle loro domande nei confronti di (OMISSIS), cui erano subentrati, a seguito del decesso, i coeredi (OMISSIS) e (OMISSIS).

La causa era stata introdotta dagli odierni ricorrenti sul presupposto che avevano edificato a loro spese un edificio su terreno di (OMISSIS), rispettivamente loro padre e suocero, col suo consenso e con l’accordo che l’immobile sarebbe stato di loro esclusiva proprieta’, salva la possibilita’ del convenuto e della di lui consorte di vivere al pian terreno, a titolo di comodato gratuito. L’immobile era stato abitato secondo gli accordi ed in ogni caso essi attori lo avevano utilizzato per oltre 20 anni uti domini ma invano avevano chiesto la formalizzazione dell’accordo, per cui avevano formulato tre domande subordinatamente l’una all’altra per la declaratoria di loro proprieta’ in tutto od in parte anche per maturata usucapione con condanna del convenuto al pagamento di parte o dell’intero valore a titolo di arricchimento senza causa.

Il convenuto aveva contestato le domande, adducendo di essere unico proprietario e di avere costruito a sua cura e spese concedendo al figlio in comodato gratuito il piano superiore.

La Corte di appello, per quanto ancora interessa, ha ritenuto inammissibili le domande volte al riconoscimento del diritto di superficie in quanto introdotte solo con le difese di prime cure o addirittura in fase di gravame, ha statuito l’infondatezza della reclamata usucapione, essendosi trattato di mera detenzione senza la prova di interversione ne’ vi era prova di una costruzione a spese degli attori risultando documentalmente che il de cuius aveva commissionato e pagato personalmente il progetto nonche’ pagato il mutuo bancario e le imposte sull’immobile.

Il ricorso si articola in undici motivi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

I ricorrenti denunziano: 1) nullita’ del procedimento e della sentenza per violazione degli articoli 112 e 132 c.p.c. in ordine alla ritenuta novita’ della domanda relativa al riconoscimento di un diritto di superficie, riportando l’atto di citazione; 2) le stesse violazioni in relazione al dedotto accordo tra le parti con la costituzione di un diritto di superficie o della volonta’ traslativa; 3) violazione dell’articolo 458 c.c. in ordine all’affermazione della sentenza che non si puo’ tener conto di quanto disposto dal (OMISSIS) ancora in vita, essendo tali scritti affetti da nullita’ assoluta per la natura intrinseca di patto successorio della scrittura, essendo evidente la volonta’ di riconoscere subito la proprieta’ ed il possesso del primo piano; 4) violazione dell’articolo 132 c.p.c.; 5) violazione degli articoli 1140, 1150, 1158 c.c. per la denegata usucapione; 6) omesso esame di fatto decisivo in ordine alla produzione di sei scritture disconosciute ma di cui e’ stata accertata l’autenticita’; 7) violazione degli articoli 2733, 2735 c.c. in ordine alla ritenuta detenzione che esclude l’usucapione; 8) nullita’ del procedimento e della sentenza e violazione dell’articolo 132 c.p.c. sempre in tema di usucapione; 9) violazione degli articoli 112 e 132 c.p.c. in ordine alla qualificazione della domanda; 10) omesso esame di fatto decisivo circa l’assunto della costruzione a proprie spese in relazione a dichiarazioni del convenuto; 11) violazione degli articoli 2733 e 2735 c.c. sempre in ordine alla costruzione a proprie spese.

Cio’ premesso, si osserva:

In ordine ai primi due motivi e’ sufficiente osservare che l’interpretazione della domanda spetta al Giudice e le censure non sono risolutive rispetto alle posizioni assunte dalle parti in primo grado, sopra riportate.

Anzi la riportata trascrizione dell’atto di citazione esclude che si sia formulata una domanda nel senso tardivamente invocato.

Sono da escludere la costituzione di un diritto di superficie od una volonta’ traslativa ne’ sussistono le dedotte violazioni degli articoli 112 e 132 c.p.c..

La sentenza ha sufficientemente risposto rispetto al petitum mentre non e’ ravvisabile una motivazione assente od apparente essendo principio ormai consolidato quello della riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione (S.U. n. 8053/2014).

La terza censura nell’invocare il riconoscimento subito all’originario attore della proprieta’ e del possesso dell’appartamento ipotizza una errata applicazione dell’articolo 458 c.c., non affermata dalla sentenza, e non supera l’affermazione di un patto successorio nullo.

La doglianza e’ invero diretta verso una affermazione incidentale della sentenza, preceduta dalla parola “anzitutto”, come riportato nel motivo, come tale non decisiva.

I brani riportati della scrittura sono equivoci ed, ove si voglia sostenere la volonta’ di riconoscere subito la proprieta’ ed il possesso dell’appartamento al primo piano, si tratterebbe di donazione nulla per carenza di forma ad substantiam.

La quarta censura e’ infondata non ravvisandosi una motivazione inesistente o apparente come dedotto.

La quinta, settima ed ottava censura trascurano che, per la configurabilita’ del possesso “ad usucapionem”, e’ necessaria la sussistenza di un comportamento continuo, e non interrotto, inteso inequivocabilmente ad esercitare sulla cosa, per tutto il tempo all’uopo previsto dalla legge, un potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di uno “ius in re aliena” (“ex plurimis” Cass. 9 agosto 2001 n. 11000, Cass. n. 18392/2006, Cass.n. 362/2017), un potere di fatto, corrispondente al diritto reale posseduto, manifestato con il compimento puntuale di atti di possesso conformi alla qualita’ e alla destinazione della cosa e tali da rilevare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria sulla cosa stessa contrapposta all’inerzia del titolare del diritto (Cass. N. 25498/2014, Cass. n. 10894/2013, Cass. 11 maggio 1996 n. 4436, Cass. 13 dicembre 1994 n. 10652).

Non e’ denunciabile, in sede di legittimita’, l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alla validita’ degli eventi dedotti dalla parte, al fine di accertare se, nella concreta fattispecie, ricorrano o meno gli estremi di un possesso legittimo, idoneo a condurre all’usucapione, ove, come nel caso, sia congruamente logica e giuridicamente corretta (Cass. n. 356/2017).

Il nuovo testo dell’articolo 360, n. 5, come riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. n. 134 del 2012, deve essere interpretato, alla luce dei canoni di cui all’articolo 12 preleggi, come dedotto quale riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimita’ sulla motivazione con riferimento alla mancanza assoluta dei motivi, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, alla motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di motivazione (Cass. 14324/15, S.U. 8053/14) ne’ puo’ invocarsi una generica erronea valutazione delle prove.

La domanda di usucapione e’ stata correttamente respinta perche’ si configurava una mera detenzione ed il ricorso richiede un inammissibile riesame del merito trattandosi di valutazione delle prove e nemmeno indica elementi concreti a suffragio delle tesi esposte.

Sul problema, poi, dei rapporti tra parenti vi e’ una consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass.n. 11277/2015, Cass. 20.2.2008 n. 4327 ex plurimis) sulla necessita’ di una prova piu’ rigorosa in tema di usucapione.

La sesta censura non e’ decisiva ed e’ assorbita dal rigetto delle precedenti ne’ vi e’ omesso esame di fatto decisivo per come dedotto.

La nona censura va rigettata per le stesse considerazioni relative alla prima, la decima perche’ non e’ ravvisabile l’omesso esame di fatto decisivo come gia’ argomentato e la undicesima non supera la prova dei pagamenti ad opera del de cuius, sulla base di generici richiami ad atti diversi.

Donde il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna i ricorrenti in solido alle spese, liquidate in Euro 5700 di cui 200 per esborsi, oltre accessori e spese forfettarie nel 15%, dando atto dell’esistenza dei presupposti ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.