l’azione di ripetizione di indebito oggettivo ex articolo 2033 c.c. spetta inequivocabilmente al solvens qualora il titolo sia venuto meno per effetto del rigetto della domanda risarcitoria, attesa la inesistenza di una legittima causa solvendi, senza che importi che il pagamento sia avvenuto spontaneamente.
Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Ordinanza|3 settembre 2019| n. 21974
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22608-2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA in persona del procuratore speciale (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 973/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 08/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/03/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.
RILEVATO
CHE:
1. (OMISSIS), con ricorso notificato telematicamente il 27 settembre 2016, ricorre per la cassazione della sentenza della Corte appello Bologna n. 973/2016 pubblicata l’8 giugno 2016, e notificata il 28.6.2016. Il ricorso e’ affidato a due motivi.
La contro ricorrente (OMISSIS) s.p.a (gia’ (OMISSIS) s.p.a.) resiste al ricorso con controricorso notificato tardivamente il 4 – 8 /11/2016 dal difensore munito di procura speciale notarile.
2. La controversia ha ad oggetto la pretesa dell’Assicurazione (OMISSIS) spa di ottenere la restituzione di un pagamento indebito in ragione del quale, con ricorso del 11-02.2010, aveva ottenuto dal Tribunale di Bologna l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti del ricorrente per un importo di Euro 183.287,44, pari a quanto versato spontaneamente dalla compagnia assicuratrice del ricorrente in relazione a un giudizio instaurato da (OMISSIS) nei confronti del Ministero dell’Interno per ottenere il risarcimento conseguente a un sinistro stradale; il giudizio di responsabilita’ si era concluso nel primo grado con la sentenza di condanna del Ministero assicurato al risarcimento in favore di (OMISSIS), e nel secondo grado con una sentenza di integrale riforma, resa dalla Corte d’appello di Bologna, prodotta nel procedimento monitorio al fine di documentare quanto pagato indebitamente dall’assicuratore ex articolo 2033 c.c. in forza della sentenza di primo grado.
3. L’ingiunto si opponeva al decreto ingiuntivo sull’assunto che la prova scritta indicata non costituiva titolo idoneo per far valere la pretesa restitutoria, in mancanza di una condanna in tal senso, e che la compagnia assicuratrice non aveva partecipato al giudizio;
il Tribunale respingeva l’opposizione, confermava il decreto ingiuntivo e condannava il convenuto opponente alle spese di giudizio e a un ulteriore importo per lite temeraria. La Corte d’appello di Bologna adita su impugnazione del ricorrente confermava la sentenza di primo grado.
CONSIDERATO
CHE:
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di legge ex articoli 633, 634 e 374 c.p.c..
1.1. Il motivo e’ infondato.
1.2. La sentenza impugnata ha correttamente rilevato che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo instaura un normale contenzioso ove vengono ripristinati tutti gli oneri probatori. Esso infatti non e’ ristretto alla verifica delle condizioni di ammissibilita’ e validita’ del decreto ingiuntivo, ma si estende all’accertamento della sussistenza del credito.
1.3. Sotto il profilo della pretesa fatta valere dall’assicuratore assume certamente rilievo che la pretesa del terzo che ha pagato in luogo del danneggiante e’ correlata al venir meno del titolo del pagamento fatto all’accipiens, che oltre ad essere documentato nella sentenza prodotta, valida ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo, risulta un fatto non contestato.
Anche ove, in ipotesi, il titolo fosse stato ritenuto inidoneo a provare l’obbligo restitutorio ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo, tale argomento difensivo non verrebbe a influire nel giudizio di opposizione in cui non si contesta il fondamento della pretesa, bensi’ sulla sola fase monitoria antecedente (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5071 del 03/03/2009 in relazione ai diversi oneri probatori spettanti in sede di emissione del decreto ingiuntivo e di giudizio di opposizione).
1.4. Il titolo azionato e’ comunque idoneo a provare la pretesa del terzo, anche ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo, anche se non contiene la espressa statuizione di condanna del ricorrente alla restituzione dell’importo ricevuto a titolo di risarcimento.
La sentenza impugnata da’ correttamente rilievo al fatto che il giudicato esterno costituisce prova della perdita di efficacia del titolo di pagamento del terzo.
Difatti, l’azione di ripetizione di indebito oggettivo ex articolo 2033 c.c. spetta inequivocabilmente al solvens qualora il titolo sia venuto meno per effetto del rigetto della domanda risarcitoria, attesa la inesistenza di una legittima causa solvendi, senza che importi che il pagamento sia avvenuto spontaneamente (Sez. 3, Sentenza n. 11121 del 10/05/2013).
In effetti, la vicenda delle restituzioni derivanti da sentenze passate in giudicato e’ vicenda che funzionalmente non esige che il processo debba avere luogo secondo tutti i gradi previsti per la tutela ordinaria (v. Cass. 21901/2008); se detta vicenda segue la via del giudizio monitorio, l’esito del giudizio attestato nella sentenza passata in giudicato puo’ costituire elemento di prova del diritto di restituzione nei confronti dell’accipiens, e cio’ a prescindere dalla statuizione espressamente contenuta nella pronuncia, se detto obbligo restitutorio e’ inequivocabilmente ricavabile dal tenore della pronuncia che, come e’ noto, copre il dedotto e il deducibile.
Pertanto l’assicuratore che ha pagato spontaneamente puo’ pretendere dal danneggiato la restituzione della somma pagata, ove risulti successivamente che essa non e’ dovuta, come nel caso in cui la somma sia stata pagata sulla base di una sentenza che venga riformata con rigetto della domanda risarcitoria (Cass. Sentenza VI -3 n. 22316/2015).
1.5. Conseguentemente, ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo la sentenza civile, oltre che produrre gli effetti propri del giudicato, puo’ avere efficacia di prova documentale in ordine alla situazione giuridica che formi oggetto dell’accertamento giudiziale; la eventuale efficacia indiretta di prova documentale rispetto ai terzi che non sono stati parti nel giudizio puo’ essere invocata da chi vi abbia interesse, spettando al giudice di esaminare la sentenza prodotta a tale scopo e sottoporla alla sua libera valutazione, anche in relazione ad altri elementi di giudizio presenti negli atti di causa (Sez. L, Sentenza n. 11682 del 29/07/2003).
1.6. La sentenza impugnata ha fatto pertanto corretta applicazione dei suddetti principi.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione articolo 96 c.p.c., comma 3. Il ricorrente afferma di non avere agito per scopi estranei a quelli istituzionali del processo, posto che le proprie deduzioni sono supportate da parte della giurisprudenza.
2.1. Il motivo e’ inammissibile perche’ non coglie la ratio decidendi della sentenza. Difatti, nella motivazione si coglie un giudizio negativo sul comportamento processuale dell’opponente che, pur con contestando il merito e il quantum della pretesa restitutoria, ha coltivato il giudizio di opposizione per motivi attinenti alla pretesa inidoneita’ del titolo in base al quale e’ stato emesso il decreto ingiuntivo, nonostante avesse avuto dalla controparte l’offerta di rinuncia alle spese in caso di abbandono del giudizio.
2.2. La norma de qua – come ha rilevato la dottrina piu’ avvertita – configura una “sanzione di ordine pubblico”, dettata con finalita’ di deflazione del contenzioso, nell’interesse pubblico alla repressione dell’abuso del processo e di quelle condotte processuali che determinano una violazione delle regole del giusto processo e della sua ragionevole durata, divenute fondamentali per il buon andamento della giustizia civile.
Con l’istituto previsto nell’articolo 96 c.p.c., comma 3, il legislatore ha inteso affidare al giudice uno strumento per reprimere, nell’interesse generale della collettivita’, il c.d. “abuso del processo”: incorrono, percio’, in responsabilita’ per abuso del processo coloro che abbiano proposto domande od eccezioni o formulato difese macroscopicamente inammissibili o manifestamente infondate, vuoi sotto il profilo giuridico (in quanto proposte in totale ed evidente carenza dei presupposti previsti dalla legge), vuoi sotto il profilo fattuale (allegando, ad es., fatti di cui si accerti la manifesta falsita’).
Tra questi si annoverano anche coloro che hanno agito o resistito in giudizio con mala fede o con colpa grave o senza la normale prudenza, ipotesi previste al comma 1 della norma.
La valutazione che tale disposizione impone, pertanto, attiene non tanto al pregiudizio determinato alla controparte processuale a causa dell’atteggiamento psicologico – di mala fede o di negligenza piu’ o meno grave – della parte, ma alla condotta processuale nella sua oggettivita’: pertanto l’abuso ricorre quando lo strumento processuale viene piegato a finalita’ devianti rispetto alla esigenza di effettiva tutela dei diritti e degli interessi (v. Cass. Sez. 2 -, Sentenza n. 27623 del 21/11/2017).
2.3. Del resto, le Sezioni Unite di questa Corte, da ultimo, si sono spinte ad affermare che, nel vigente ordinamento, alla responsabilita’ civile non e’ assegnato solo il compito di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, poiche’ sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile civile, sicche’ non e’ ontologicamente incompatibile con l’ordinamento italiano l’istituto, di origine statunitense, dei risarcimenti punitivi, tra i quali rientra tale forma di condanna (Sez. U -, Sentenza n. 16601 del 05/07/2017, che ha affermato la conformita’ all’ordine pubblico internazionale, entro certi limiti, delle sentenze straniere che condannano ai cd punitive damages).
2.4. Pertanto e’ evidente che la censura di errata applicazione della norma viene sollevata come se il giudice avesse tratto un giudizio negativo dalla sola manifesta infondatezza della domanda, senza considerare che, invece, il rifiuto della proposta della controparte di abbandonare il giudizio con rinuncia alle spese di giudizio e’ stato ritenuto non giustificato alla luce della mancata contestazione della pretesa, essendosi cosi’ determinato un inutile quanto dispendioso contenzioso.
Certamente una condanna in questi termini collima con i parametri di cui al novellato articolo 96 c.p.c., comma 3, riguardo alle diverse situazioni che si presentano al giudice nella conduzione del processo civile, tra le quali rientra sicuramente anche la coltivazione di un giudizio per scopi non utili alla tutela dei propri diritti.
2.5. Conclusivamente il ricorso viene rigettato quanto al primo motivo e dichiarato inammissibile quanto al secondo motivo; non si liquidano le spese in ragione della irritualita’ della notifica del controricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; Nulla per le spese.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.