l’avvocato che si appropri dell’importo dell’assegno emesso a favore del proprio assistito dalla controparte soccombente in un giudizio civile, omettendo di informare il cliente dell’esito del processo che lo aveva visto vittorioso e di restituirgli le somme di sua pertinenza, pone in essere una condotta connotata dalla continuita’ della violazione deontologica, destinata a protrarsi fino alla messa a disposizione del cliente delle somme di sua spettanza, sicche’, ove tale comportamento persista fino alla decisione del Consiglio dell’ordine, non decorre la prescrizione di cui al R.Decreto Legge n. 1578 del 1933, articolo 51.
Corte di Cassazione|Sezione U|Civile|Sentenza|9 ottobre 2019| n. 25392
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TIRELLI Francesco – Primo Presidente f.f.
Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez.
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere
Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 3871-2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
ORDINE DEGLI AVVOCATI DI NUORO, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;
– intimato –
avverso la sentenza n. 166/2018 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 12/12/2018;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/05/2019 dal Consigliere ANTONELLO COSENTINO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilita’ dei motivi uno e quattro del ricorso e rigetto dei motivi due e tre;
uditi gli avvocati (OMISSIS) per delega dell’avvocato (OMISSIS) e (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
Nel 2013 il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nuoro venne a conoscenza di una richiesta di sequestro conservativo, sino alla concorrenza dell’importo di Euro 500.000, avanzata dalla (OMISSIS) s.p.a. nei confronti dell’avv. (OMISSIS), a garanzia del recupero di somme che la banca assumeva essere di propria competenza e trattenute indebitamente dal professionista.
Il Consiglio dell’Ordine chiese ed ottenne dalla cancelleria del tribunale di Nuoro copia degli atti del procedimento cautelare e acquisi’ le deduzioni dell’avv. (OMISSIS), il quale spiego’ di essere titolare di un notevole credito per prestazioni professionali nei confronti della banca e sostenne che, all’esito della compensazione tra i reciproci controcrediti, le rispettive poste creditorie sarebbero risultate completamente azzerate. All’esito di tale interlocuzione con il professionista, il Consiglio dell’Ordine delibero’ l’apertura di un procedimento disciplinare nei confronti del medesimo, per la violazione di diverse disposizioni (articoli 6-7-8-38-40-41-44) del Codice Deontologico del 17.4.97, applicabile ratione temporis.
In particolare, all’avv. (OMISSIS) venne contestato:
– il mancato rispetto dei doveri di lealta’, correttezza e fedelta’ nei confronti del proprio assistito;
– il mancato rispetto degli obblighi di diligenza professionale;
– l’omissione di informazioni riguardo lo svolgimento del mandato;
il trattenimento presso di se’ di somme del cliente, senza essere stato da quest’ultimo autorizzato a porre le stesse in compensazione con i crediti professionali da lui vantati.
L’Ordine degli Avvocati di Nuoro, ritenendo accertate le responsabilita’ dell’avvocato in ordine alle predette violazioni, irrogo’ al medesimo la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attivita’ professionale per anni uno.
L’avv. (OMISSIS) impugno’ detta decisione davanti al Consiglio Nazionale Forense, chiedendo dichiararsi la nullita’ della stessa, previa declaratoria di nullita’ delle incolpazioni per la loro genericita’, incompletezza e indeterminatezza; in subordine, dedusse la prescrizione dell’azione disciplinare ai sensi dell’articolo 51 L.P.;
in via ulteriormente subordinata, sollevo’ la questione di legittimita’ costituzionale del combinato disposto degli articoli 38-47-48-50-51 L.P., in relazione agli articoli 111 e 3 Cost. (quest’ ultimo, sotto il profilo del principio di ragionevolezza ivi espresso), in considerazione del cumulo, in capo al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, delle funzioni inquirente e giudicante.
Il Consiglio Nazionale Forense rigetto’ il ricorso presentato dall’avv. (OMISSIS), giudicando altresi’ manifestamente infondate – sul rilievo della natura amministrativa e non giurisdizionale delle decisioni disciplinari dai consigli degli ordini degli avvocati – le questioni di costituzionalita’ dal medesimo sollevate.
Avverso la sentenza del Consiglio Nazionale Forense l’avv. (OMISSIS) ha proposto ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione sulla scorta di quattro motivi, instando altresi’ per la sospensione dell’efficacia esecutiva della stessa.
L’intimato Consiglio Nazionale Forense ha presentato controricorso.
La causa e’ stata discussa nella pubblica udienza del 21 maggio 2019, per la quale il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa ed il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilita’ del primo e quarto mezzo ed il rigetto del secondo e terzo mezzo del ricorso.
RAGIONI IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso e’ rubricato: “Nullita’ della sentenza ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4, articolo 156 c.p.c., comma 2, e articolo 111 Cost., commi 2 e 6, in quanto priva di uno dei requisisti indispensabili per il raggiungimento del suo scopo a cagione della violazione dei principi ispiratori del giusto processo; violazione e falsa applicazione degli articoli 9-19-10-12-26-27-30-31 del nuovo CDF”.
Con tale motivo si deduce la nullita’ della sentenza gravata per essere la stessa priva di motivazione (nella forma della motivazione apparente o omessa), avendo il Consiglio Nazionale Forense deciso senza tenere conto del contenuto della documentazione versata in atti dal professionista e, in particolare:
– della nota del 19.12.2008 del Dott. (OMISSIS), Capo dell’Ufficio legale della (OMISSIS), dimostrativa della stima di cui il ricorrente godeva presso la banca;
– del provvedimento di estinzione per inattivita’ delle parti del procedimento cautelare innanzi al tribunale di Nuoro che aveva dato origine al procedimento disciplinare;
– della documentazione relativa alla compensazione dei crediti tra il ricorrente e la banca;
– della memoria difensiva del 24.9.2014;
– della decisione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nuoro, nei paragrafi in cui circoscrive l’arco temporale della vicenda.
In sostanza il ricorrente lamenta che il Consiglio Nazionale Forense si sarebbe limitato a prestare adesione alla decisione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nuoro, offrendo una motivazione apparente e per ceri versi addirittura apodittica, inidonea a consentire il controllo sulla esattezza e logicita’ del ragionamento e a consentire di comprendere le ragioni del rigetto di ogni singola questione proposta dall’avv. (OMISSIS).
La doglianza sviluppata nel primo motivo va disattesa.
In primo luogo va escluso che la motivazione della sentenza gravata sia meramente apparente. La giurisprudenza di queste Sezioni Unite ha infatti gia’ chiarito che la motivazione e’ solo apparente, e la sentenza e’ nulla perche’ affetta da error in procedendo, quando, benche’ graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perche’ recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le piu’ varie, ipotetiche congetture (SSUU 22232/16).
Tale ipotesi non ricorre nella specie, giacche’ la sentenza qui impugnata da’ puntualmente conto delle ragioni del rigetto dell’impugnativa proposta dall’avv. (OMISSIS) avverso la decisione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nuoro, esaminando analiticamente – all’esito di una puntualizzazione introduttiva sulla funzione del Codice Deontologico Forense e sui potere decisori del Consiglio Nazionale Forense (pagg. 4-6) – ciascuno dei motivi di impugnazione ed esponendo chiaramente il percorso argomentativo seguito per giungere alla decisione.
Puo’ peraltro rilevarsi che il mezzo di ricorso in esame, ancorche’ deduca la nullita’ della sentenza per assenza del requisito formale della motivazione (con riferimento all’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4), in effetti denuncia, nel suo tessuto argomentativo, il vizio di omesso esame di fatti, ritenuti decisivi, asseritamente emergenti da documenti non esaminati dal Consiglio Nazionale Forense. Ma anche ove si riqualificasse il mezzo di impugnazione come censura ex articolo 360 c.p.c., n. 5 non si potrebbe egualmente pervenire al relativo accoglimento.
La decisivita’ dei fatti storici di cui nel motivo si lamenta l’omesso esame non risulta, infatti, adeguatamente illustrata ed e’, comunque, da ritenere insussistente; non si vede, infatti, come le attestazioni di stima del Capo dell’Ufficio legale della banca assistita dal ricorrente, o la intervenuta estinzione del procedimento di sequestro, possano ritenersi decisivi per escludere il contestato l’illecito disciplinare di trattenimento non autorizzato di somme di spettanza del cliente.
Per quanto infine concerne la denuncia di violazione e falsa applicazione degli articoli 9-19-10-12-26-27-30-31 del nuovo Codice Deontologico Forense, e’ sufficiente rilevare che la stessa risulta meramente enunciata nella rubrica del motivo, ma non trova alcuno sviluppo argomentativo nel corpo del medesimo; essa quindi va giudicata inammissibile per difetto di specificita’, giacche’, come pure questa Corte non ha mancato di rilevare (da ultimo, Sez. I, n. 24298/16), il vizio della sentenza previsto dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilita’ del motivo ex articolo 366 c.p.c., n. 4, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimita’, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione.
Risulta, quindi, inidoneamente formulata la deduzione di errori di diritto individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole norme pretesamente violate, ma non dimostrati per mezzo di una critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata mediante specifiche e puntuali contestazioni nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata.
2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del R.Decreto Legge n. 1578 del 1933, articolo 51.
Sostanzialmente il ricorrente si duole della violazione del R.Decreto Legge n. 1578 del 1933, articolo 51 deducendo che, come accertato nella decisione Consiglio dell’Ordine, i fatti a lui contestati risalivano agli anni tra il 2005 e il 2008; donde l’intempestivita’ dell’azione disciplinare, avviata solo nel 2014. L’avv. (OMISSIS), a conclusione del motivo, richiama il principio che l’ignoranza del diritto non impedisce il decorso della prescrizione.
Il motivo va giudicato inammissibile perche’ esso risulta privo di pertinenza con gli argomenti dell’impugnata sentenza.
Il Consiglio Nazionale Forense ha ravvisato le caratteristiche della permanenza della condotta disciplinarmente rilevante dell’avv. (OMISSIS) non con riferimento all’attivita’ professionale svolta dell’incolpato in favore della Banca di Credito sarda nel periodo tra il 2005 e il 2008, bensi’ con riferimento al trattenimento di somme di spettanza della stessa banca (cfr. § 5.3 della sentenza, a pag. 8) e tale argomentazione non e’ stata specificamente censurata, ne’ alla stessa appare in alcun modo pertinente il riferimento al principio che l’ignoranza del diritto non impedisce il decorso della prescrizione.
Puo’ comunque aggiungersi cha la suddetta argomentazione e’ conforme a diritto; ancora di recente, infatti, queste Sezioni Unite, con la sentenza n. 5200/19, hanno ribadito che l’avvocato che si appropri dell’importo dell’assegno emesso a favore del proprio assistito dalla controparte soccombente in un giudizio civile, omettendo di informare il cliente dell’esito del processo che lo aveva visto vittorioso e di restituirgli le somme di sua pertinenza, pone in essere una condotta connotata dalla continuita’ della violazione deontologica, destinata a protrarsi fino alla messa a disposizione del cliente delle somme di sua spettanza, sicche’, ove tale comportamento persista fino alla decisione del Consiglio dell’ordine, non decorre la prescrizione di cui al R.Decreto Legge n. 1578 del 1933, articolo 51 (si veda anche, in termini, SSUU 13379/16).
3. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente, pur riconoscendo che il Consiglio dell’Ordine puo’ avvalersi del potere di iniziare d’ufficio il procedimento disciplinare a norma del R.Decreto Legge n. 1578 del 1933, articolo 38, lamenta la violazione e falsa applicazione di tale ultima disposizione in cui il Consiglio Nazionale Forense sarebbe incorso trascurando, in linea di diritto, che il Consiglio dell’Ordine deve attivarsi “non dando seguito a voci non meglio definite negli androni degli uffici giudiziari ma in esito a denuncia” (pag. 12, rigo 2, del ricorso) e, in linea di fatto, che, nella specie, la (OMISSIS) si era astenuta dal proporre qualsivoglia doglianza di carattere disciplinare nei confronti dell’avvocato, stante la pendenza di trattative volte alla definizione bonaria della vertenza mediante reciproche compensazioni di fatto.
Il motivo va disatteso. L’inequivocabile tenore letterale del R.Decreto Legge n. 1578 del 1933, articolo 38, aggiunto dalla L. n. 254 del 1940, articolo 1, n. 15, (“Il procedimento disciplinare e’ iniziato di ufficio o su richiesta del pubblico ministero presso la corte d’appello o il tribunale, ovvero su ricorso dell’interessato”) e’ stato chiaramente illustrato proprio dal precedente invocato dal ricorrente (SSUU 406/99), la’ dove si chiarisce che “Il Consiglio dell’ordine degli avvocati ha il potere-dovere di promuovere d’ufficio l’azione disciplinare tutte le volte che venga, comunque, a conoscenza di fatti che ledano l’onere dei professionisti iscritti e il decoro della classe forense”: in termini, SSUU 25633/16.
4. Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 111 Cost., comma 2, in cui il Consiglio Nazionale Forense sarebbe incorso pubblicando l’impugnata sentenza il 12/12/2018, pur avendola decisa nella camera di consiglio del 22/09/2016, in tal modo compromettendo il diritto di difesa dell’avvocato ed il suo dritto ad ottenere una decisione in tempi ragionevoli, secondo le disposizioni costituzionali sul giusto processo.
Il motivo e’ inammissibile, perche’ non contiene alcuna censura rivolta all’impugnata sentenza (eccetto la segnalazione dell’irrilevante errore di trascrizione del nome della banca che aveva introdotto il procedimento cautelare di sequestro nei confronti dell’odierno ricorrente), ma si risolve in una doglianza sul mancato rispetto dei termini di deposto della stessa che non puo’ trovare ingresso in questa sede.
In definitiva il ricorso va rigettato, con conseguente assorbimento della sospensione.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, di deve dichiarare la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
La Corte, a sezioni unite, rigetta il ricorso. Dichiara assorbita l’istanza sospensiva.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 3.000 per compensi di avvocato, oltre ad Euro 200 per spese generali.
Si da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.