Deve essere qualificata come domanda di declaratoria di risoluzione di un contratto preliminare quella volta a conseguire, oltre alla risoluzione del contratto per grave inadempimento del promissario acquirente, la condanna al risarcimento di ulteriori danni, sia pure da liquidarsi in separata sede. La parte non inadempiente può, infatti, anziché esercitare il recesso, chiedere la risoluzione del contratto e l’integrale risarcimento del danno sofferto in base alle regole generali (art. 1385, 3 comma, c.c.), e cioè sul presupposto di un inadempimento imputabile e di non scarsa importanza; nel qual caso non può incamerare la caparra, essendole invece consentito solo trattenerla a garanzia della pretesa risarcitoria o in acconto su quanto spettantele a titolo di anticipo dei danni che saranno in seguito accertati e liquidati. In siffatta evenienza la restituzione della caparra è ricollegabile agli effetti restitutori propri della risoluzione negoziale, come conseguenza del venir meno della causa della corresponsione, giacché in tale ipotesi essa perde la su indicata funzione di limitazione forfettaria e predeterminata della pretesa risarcitoria all’importo convenzionalmente stabilito in contratto, e la parte che allega di aver subito il danno, oltre che alla restituzione di quanto prestato in relazione o in esecuzione del contratto, ha diritto anche al risarcimento dell’integrale danno subìto, se e nei limiti in cui riesce a provarne l’esistenza e l’ammontare in base alla disciplina generale di cui agli artt. 1453 – ss. c.c.
Tribunale|Cosenza|Sezione 1|Civile|Sentenza|12 marzo 2020| n. 554
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI COSENZA
SEZIONE PRIMA CIVILE
Il Tribunale di Cosenza, sezione prima civile, in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa Lucia Angela Marletta, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 3014/2013 del R.G.A.C. dell’anno 2013, trattenuta in decisione all’udienza del 6.12.2018, con concessione dei termini ex artt. 190 e 281 quinquies c.p.c. vertente
TRA
GA. SNC (P.IVA (…)) in persona del lrpt Do.Pa., rappresentata e difesa dall’Avv.to Do.Ch.;
PARTE ATTRICE
E
CA.AM. (c.f. (…)), rappresentata e difesa dall’Avv.to St.Mu.;
PARTE CONVENUTA
E
CO.MA. (c.f. (…));
PARTE CONVENUTA-CONTUMACE
Oggetto: risoluzione per inadempimento contratto preliminare/domanda riconvenzionale.
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
La Ga. SNC, in persona del lrpt, con atto di citazione, ha convenuto in giudizio Co.Ma. e Ca.Am. per sentire accertare il loro inadempimento del contratto preliminare di vendita del 21.3.2012 con condanna delle convenute in solido al risarcimento del danno rappresentato dal doppio della caparra, per un ammontare complessivo di Euro 10.000,00, oltre interessi legali dalla messa in mora al soddisfo, e con condanna in solido delle dette convenute al pagamento delle spese di lite.
La società attrice a sostegno delle domande formulate ha dedotto che oggetto del contratto preliminare era un magazzino sito in Cosenza che risultava dall’unione di due locali (il primo iscritto al fg. (…) di proprietà della Sig.ra Co.Ma. ed il secondo iscritto al fg. (…) p.lla (…) in comproprietà tra la Sig.ra Co.Ma. e la Sig.ra Ca.Am.) per un superficie di complessivi mq. 53);
che i dati catastali delle due unità immobiliari erano stati indicati nel contratto preliminare di vendita; che nel detto contratto preliminare le convenute avevano affermato che i dati catastali erano conformi allo stato di fatto dell’immobile promesso in vendita; che l’acquisto era stato subordinato alla concessione di mutuo fondiario o di contratto di leasing con istituto di fiducia della promittente acquirente; che le parti venditrici si erano impegnate a fornire “tutti i documenti necessari per la stipula del contratto di mutuo”;
che essa parte acquirente aveva versato, a titolo di caparra confirmatoria, un assegno di Euro 5.000,00 (emesso a firma della Paola Do.Pa. in favore di Am.Ca., come da copia in atti);
che all’art. 5 era stato previsto che l’atto pubblico di compravendita avrebbe dovuto essere stipulato entro la data del 30.6.2012 e comunque non oltre 15 giorni dalla concessione del finanziamento richiesto;
che tuttavia le promittenti venditrici si erano rese inadempienti agli obblighi contrattuali poiché non avevano riferito le ‘notevoli difformità urbanistiche dei locali e la conseguente mancanza del certificato di agibilità propedeutico per la concessione del mutuo o leasing’;
che nonostante la promittente acquirente avesse ottenuto delibera positiva per un leasing dalla società Cr.Le. di Cosenza, nei tempi previsti nel preliminare, le promittenti venditrici non avevano provveduto a fornire tutti i documenti richiesti per il leasing e neanche il certificato di agibilità, e non si erano adoperate per richiederlo ed ottenerlo repentinamente;
che alla data del 10.7.2012 la società di leasing aveva formulato richiesta di documentazione per la definizione del leasing (certificato di agibilità, documenti relativi al mutamento della destinazione d’uso da cantina a negozio risalenti al 10.1.2003) mentre solo in data 22.6.2012 la convenuta Ca.Am. aveva comunicato l’esecuzione di lavori edili al Comune di Cosenza per la fusione dei due locali; che pertanto, a causa di tale ritardo, era stato concordato un nuovo termine per la stipulazione del contratto definitivo, fissato al 30.9.2012, restando la società di leasing, che aveva già espresso a tal fine una pre-delibera positiva, in attesa dei soli documenti richiesti per provvedere all’atto definitivo presso il Notaio;
che in data 30.8.2012 le promittenti venditrici avevano dichiarato di non essere in possesso del certificato di agibilità e di non avere intenzione di eseguire i lavori ulteriori necessari per l’ottenimento di tale certificato;
che tale dichiarazione era espressiva della volontà delle convenute di non adempiere al contratto; che di conseguenza, la lrpt della Ga., aveva formalizzato in data 20.9.2012 dichiarazione di rescissione del contratto e richiesta di restituzione della caparra confirmatoria (cfr. la nota del 20.9.2012 a firma della Do.Pa. prodotta da parte convenuta sul punto);
che in data 28.9.2012 (venerdì) Ca.Am. aveva comunicato per iscritto che a quella data l’immobile era dotato di agibilità e dichiarato la disponibilità di essere promittenti venditrici a procedere alla vendita;
che tale comunicazione era stata indirizzata al soggetto sbagliato, atteso che la documentazione in questione avrebbe dovuto essere consegnata alla società di leasing, ed era in ogni caso tardiva, perché non consentiva al tecnico incaricato della società di leasing di svolgere la dovuta perizia tecnica su locali prima della scadenza della proroga fissata per la stipulazione del contratto definitivo al 30.9.2012.
Parte attrice dai fatti esposti ha dedotto ricorrere inadempimento delle promittenti venditrici, le quali, sosteneva, avevano sottaciuto la necessità di procedere ad interventi edilizi prima di ottenere l’agibilità del locale, con conseguente mancanza di una qualità essenziale del bene oggetto del contratto, tale da giustificare la domanda di risoluzione dello stesso per inadempimento ai sensi dell’art. 1497 c.c. e la domanda di risarcimento dei danni; le quali si erano mostrate negligenti nel dare tardivamente inizio alle opere necessarie per il rilascio della agibilità solo con la comunicazione al Comune del 22.6.2012 ed a soli sette giorni di distanza dalla scadenza fissata per la stipula del definitivo, con violazione dei doveri di correttezza e buona fede.
Ha inoltre evidenziato la gravità della condotta delle convenute, le quali non avevano inteso partecipare nel mese di novembre del 2012 alla mediazione proposta da parte attrice.
Si è costituita tempestivamente in giudizio la convenuta Ca.Am., la quale ha resistito alla domanda ed ha formulato domanda riconvenzionale di accertamento dell’inadempimento di parte acquirente e conseguente declaratoria di risoluzione del contratto preliminare, con condanna di parte attrice al risarcimento dei danni quantificati in Euro 25.000,00 (atteso il diminuito valore dell’immobile all’epoca promesso in vendita ad un prezzo maggiore stanti le condizioni di mercato più favorevoli), o nella maggiore o minore somma ritenuta equa, ed ai sensi dell’art. 96 c.p.c.
In merito la convenuta ha dedotto l’infondatezza della domanda di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento di esse convenute, dovendo invece attribuirsi a parte attrice la responsabilità per la mancata stipula del contratto definitivo, ed infatti, precisato che solo nel mese di maggio del 2012 era stata richiesta dalla promittente acquirente la consegna di documentazione fra cui il certificato di agibilità, la convenuta ha evidenziato che si erano subito attivate per la nomina di un tecnico che predisponesse i progetti necessari per la presentazione della relativa istanza al Comune e di avere provveduto altresì all’adeguamento dell’impianto elettrico a proprie spese, ed inoltre, che, successivamente alla scadenza del termine inizialmente previsto per la stipula dell’atto definitivo, in data 8.8.2012 esse promittenti venditrici avevano provveduto a consegnare alla Ga., in persona della sua lrpt, le chiavi dell’immobile e che, contestualmente, era stato prorogato il termine per la stipulazione dell’atto definitivo al 30.9.2012, come da accordo scritto in calce all’originario contratto preliminare; che in data 25.9.2012 era stato rilasciato dal Comune di Cosenza il certificato di agibilità ed il successivo 28.9.2012 era stato formulato alla promittente venditrice invito, a mezzo fax, per la stipula del contratto definitivo entro il termine pattuito;
che in data 11.10.2012 la promittente acquirente era stata ulteriormente diffidata per iscritto alla stipula del definitivo; che con nota del 16.10.2012 la promittente acquirente aveva comunicato il suo rifiuto ed il successivo 29.10.2012 aveva proceduto all’acquisto di altro locale, avendo, pertanto, nelle more, la parte attrice – ha dedotto la convenuta-avviato trattative per l’acquisto di altro locale e tentato successivamente di attribuire la responsabilità dell’inadempimento alle convenute, adducendo genericamente la ricorrenza di inesistenti irregolarità urbanistiche;
che la problematica legata al rilascio della agibilità era connessa alla semplice circostanza che dal punto di vista amministrativo l’immobile oggetto del contratto era costituito, catastalmente, da due distinte unità immobiliari, per le quali, solo a seguito del deposito dei documenti attestanti l’avvenuta fusione, era stato rilasciato un unico certificato di agibilità, nel rispetto del termine prorogato per la stipula del contratto definitivo.
Ha inoltre dedotto che, diversamente da quanto esposto da parte attrice, nel corso dell’incontro del 30.8.2012 la parte promittente acquirente aveva formulato richieste ritenute particolarmente onerose, e pertanto inaccettabili, quali la realizzazione, a spese delle convenute, di nuova parete divisoria fra le due unità immobiliari e la realizzazione di un nuovo servizio igienico, per poi abbattere il tutto una volta conseguiti i due distinti certificati di agibilità, ovvero proposto procedersi ad una prima vendita della quota di immobile dalla Ca. alla Co. per poi procedere a vendita in favore della Ga., con conseguente lievitazione dei costi connessi alle spese notarili e plusvalenze.
Dichiarata la contumacia della convenuta Co.Ma., concessi alle parti i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c. e rigettate le richieste istruttorie formulate dalle parti e fissata l’udienza per la precisazione delle conclusioni, le parti all’udienza del 6.12.2018 hanno precisato le loro conclusioni come in atti e la causa è stata trattenuta in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.
Qui richiamati gli atti e documenti di causa, è incontestato fra le parti e documentato il versamento (a mezzo del sopra menzionato assegno) della somma di Euro 5.000,00 da parte della promittente acquirente a titolo di caparra confirmatoria, per come attestato nel contratto preliminare con contestuale rilascio di quietanza da parte delle promittenti venditrici.
Risulta inoltre documentato che la società di leasing, alla quale si era rivolta la promittente acquirente, in data 10.5.2012 aveva richiesto il certificato di agibilità, il certificato di conformità degli impianti, le planimetrie catastali, i provvedimenti autorizzativi per il cambio di destinazione d’uso da cantina e abitazione a negozio, e rilevato la mancanza del modulo della DIA presentata il 10.1.2003 (cfr. la mail, prodotta da parte attrice, del 10.7.2012 riepilogativa delle richieste del 10 maggio 2012, con la quale si richiedeva altresì il modulo completo e le planimetrie della SCIA presentata il 22.6.2012).
E’ altresì documentato che, ad integrazione e modifica del contratto preliminare del 21.3.2012, in data 8.8.2012, pertanto successivamente al sollecito della documentazione da parte della società di leasing, la promittente acquirente aveva concordato per iscritto con la promittente venditrice Am.Ca. di posticipare alla data del 30.9.2012 la data di stipulazione dell’atto pubblico di compravendita e che, contestualmente, venivano consegnate alla promittente acquirente le chiavi dell’immobile promesso in vendita (cfr. la scrittura in calce al contratto preliminare, prodotta in originale da parte convenuta).
In data 15.6.2012, inoltre, era stata rilasciata per i predetti locali dichiarazione di conformità del (nuovo) impianto elettrico a regola d’arte (cfr. la dichiarazione a firma della ditta Fi.Gi. prodotta da parte convenuta) ed in data 25.9.2012 (come da comunicazione a mezzo AR del 28.6.2012 alla promittente acquirente) era stato rilasciato dal Comune di Cosenza il certificato di agibilità, contenete altresì l’indicazioni in ordine alla DIA del 10.1.2003 per ristrutturazione e modifica destinazione d’uso dei locali e successiva comunicazione di ultimazione dei lavori e collaudo di conformità, ed in ordine agli atti allegati (le ivi menzionate copie delle visure e delle planimetrie catastali delle unità immobiliari, cfr. il certificato di agibilità per il locale, distinto in due unità catastali e la dichiarazione di ricezione in data 1.10.2012 della raccomandata, anticipata via fax in data 28.9.2012, come riferito in atti da parte attrice).
Precisata l’inconferenza delle richieste istruttorie formulate da parte attrice, attesa la genericità delle circostanze dedotte nei capitoli di prova testimoniale di cui all’atto introduttivo e la superfluità delle circostanze dedotte da parte attrice e da parte convenuta a fini di prova testimoniale nelle rispettive memorie ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c., la documentazione versata in atti riscontra le deduzioni di parte convenuta in ordine alla assenza di irregolarità urbanistiche, invero genericamente dedotte da parte attrice, dell’immobile ai fini della compravendita e consente di accertare che il termine previsto per la stipula del contratto definitivo non assumeva carattere essenziale.
Sotto il primo profilo, si rileva che, se il certificato di agibilità dell’immobile oggetto di compravendita rappresenta una qualità essenziale del predetto immobile in relazione all’interesse dell’acquirente di conseguire la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere la funzione economico-sociale alla quale l’acquirente ha interesse, donde l’obbligo a carico di parte venditrice di provvedere a che l’immobile compravenduto sia dotato delle necessarie autorizzazioni e certificati, con conseguente legittimità del rifiuto del promissario acquirente a stipulare il contratto definitivo (cfr. ex multis Cass. 10820/2009; cfr. sulla essenzialità del certificato di abitabilità in relazione ad inadempimento di contratto di compravendita di un immobile destinato ad abitazione e responsabilità per inadempimento del venditore per consegna di “aliud pro alio”, Cass. 10703/1994, Cass. 442/1996).
Ritiene questo giudice che quanto sopra affermato abbia valore con riferimento ad un contratto di compravendita ad effetti reali, che trasferisca il diritto di proprietà.
Diversamente deve ritenersi con riferimento al contratto preliminare, che è un contratto ad effetti obbligatori.
Sul punto la Corte di Cassazione (n. 25427/13) ha evidenziato che ‘in tema di preliminare di compravendita, l’eccezione di inadempimento basata sulla mancanza del certificato di abitabilità dell’immobile o della presenza di difformità edilizie sanabili non può essere proposta qualora risulti – come nella fattispecie – che il promissario acquirente era a conoscenza di tale situazione (cfr. Cass. n. 16024 del 2002); oltretutto, presupposto dell’obbligo che l’art. 1477 c.c., u.c. pone a carico del venditore (e non del promittente venditore) di consegnare i documenti relativi all’uso della cosa venduta è che tali documenti siano necessari per l’uso della medesima e si trovino in possesso del venditore, il quale dovrà, in caso negativo, curarne la formazione al momento della conclusione del contratto, cosicché, in caso di preventiva conclusione di contratto preliminare, è necessario che tali documenti siano acquisiti e consegnati al promissario acquirente all’atto della stipula del contratto definitivo di vendita (v., per riferimenti, Cass. n. 2379 del 1975 e Cass. n. 6882 del 1991).
Posto che risulta incontestato che la promissaria acquirente, al momento della concessione della proroga per la stipula del contratto definitivo, fosse a conoscenza della mancanza del certificato di agibilità, é indubbio, per come sopra ricostruito, che il rilascio del certificato di agibilità sia avvenuto prima della data prevista per la stipula del contratto definitivo, cosicché, come non può ritenersi la legittimità della rescissione (ovverossia recesso) formulato dalla promissaria acquirente, adducendo difformità urbanistiche e catastali in cui si trovano i Vs. immobili che non hanno consentito il rilascio della relativa documentazione alla società di leasing per procedere all’atto di acquisto deliberato nel mese di luglio’ con la nota datata 20.9.2012, ricevuta il 21.9.2012 prima della scadenza del termine del 30.9.2012 previsto per la stipula del contratto definitivo, non può ritenersi legittimo il rifiuto della promissaria acquirente di procedere alla stipula del contratto di compravendita in un momento, peraltro antecedente alla data prevista per la stipula del contratto definitivo, in cui l’immobile aveva conseguito il requisito dell’agibilità quale documentazione necessaria ex art. 1477 comma 3 c.c.
Deve concludersi, in definitiva, che nella pendenza del termine per la stipula del definitivo, non ricorre inadempimento delle promittenti venditrici, con conseguente infondatezza della domanda di parte attrice.
Quanto al secondo profilo sopra indicato, si ricorda che in tema di contratto preliminare di compravendita, il termine stabilito per la stipulazione del contratto definitivo non costituisce normalmente un termine essenziale, il cui mancato rispetto legittima la dichiarazione di scioglimento del contratto.
Tale conclusione appare conforme all’orientamento più volte ribadito da questa Corte, secondo cui il termine per l’adempimento può ritenersi essenziale ai sensi dell’art. 1457 cod. civ. solo quando, all’esito di indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell’oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di considerare ormai perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del termine (così, ex multis, Cass. n. 5797 del 2005 e Cass. n. 1815 del 2004) (Cass. 3645/2007 in motivazione).
Nel caso in esame alcun riferimento in sede contrattuale ed alcuna formula, neanche di stile, si rinviene nelle scritture negoziali intervenute fra le parti da cui inferire l’essenzialità del termine previsto dalle parti per la stipula del contratto definitivo di compravendita immobiliare.
Si legge nel contratto preliminare di compravendita del 21.3.2012 all’art. 5 che “L’atto pubblico di compravendita sarà rogato dal notaio prescelto dalle parti al momento del rogito, entro la data del 30 giugno 2012 e, comunque, non oltre quindici giorni dalla data di concessione del finanziamento di cui sopra, precisandosi che a tale data l’immobile dovrà essere lasciato libero da persone o da cose….(…)….” laddove l’espressione ‘comunque’ è legata alla concessione del finanziamento in favore della promittente acquirente.
Si legge nella successiva integrazione dell’8.8.2012 che ‘Le parti, ad integrazione e modifica di quanto pattuito, dichiarano di posticipare al 30/09/2012 la data dell’atto pubblico di compravendita’; contestualmente avveniva la consegna alla promittente acquirente delle chiavi del locale.
La previsione della stipula del contratto definitivo entro il 30 giugno 2012 e comunque non oltre quindici giorni dalla concessione del finanziamento e la successiva proroga, assentita dalla promittente acquirente, per la stipula del contratto definitivo, senza alcun riferimento ad una necessità della promittente acquirente di conclusione del contratto definitivo entro la data prevista – necessità dalla quale dovrebbe evincersi la perdita di utilità economica del contratto di compravendita per la promittente acquirente-, la circostanza che alla promittente acquirente venivano consegnate in data 8.8.2012, prima della stipula dell’atto definitivo, le chiavi dell’immobile oggetto del compromesso, avendo ottenuto la Ga. snc la disponibilità dell’immobile senza l’esigenza di reperire altro locale per lo svolgimento dell’attività della società, sono tutti elementi che consentono di escludere che il termine previsto dalle parti per la stipula del contratto definitivo fosse essenziale (anche con riferimento ad eventuale – e non dimostrato-rifiuto/revoca dell’assenso da parte della società di leasing all’operazione finanziaria, ove postergato il termine per la conclusione del contratto definitivo).
Né assume rilievo, e non va esaminata, in quanto introduce una nuova causa petendi tardivamente posta e, quindi, inammissibile, la deduzione formulata solo in comparsa conclusionale da parte attrice circa la titolarità dell’immobile anche in capo a terze persone.
Se ne trae, non ravvisandosi inadempimento delle promittenti venditrici, che la domanda di parte attrice è infondata e, pertanto, va rigettata.
Passando all’esame della domanda riconvenzionale formulata da parte convenuta di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento di parte attrice, qui richiamate la ricostruzione dei fatti e le valutazioni sopra espresse, deve ritenersi la sua fondatezza, atteso che il rifiuto della promittente acquirente di procedere alla stipula del contratto definitivo – essendo l’immobile corredato dalla necessaria documentazione relativa alla agibilità e non essendo stato previsto termine essenziale per tale definitiva stipula – è da ritenersi non sorretto da concrete ragioni giustificative e costituisce inadempimento di non scarsa importanza – avendo determinato la mancata stipulazione del contratto definitivo – imputabile alla promittente acquirente.
Deve pertanto accogliersi la domanda riconvenzionale di parte convenuta di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento della promittente acquirente.
Non risulta invece provato il danno di cui parte convenuta richiede il risarcimento.
Sul punto, premesso che sono a carico di parte venditrice i costi per fornire l’immobile da vendere delle sue qualità essenziali e che pertanto tali costi non rientrano nel danno risarcibile, parte convenuta ha dedotto il suo diritto al risarcimento del danno riferendolo al minor valore di mercato al quale parte convenuta ha successivamente posto in vendita l’immobile in oggetto, essendo quest’ultimo stato promesso in vendita all’odierna attrice in data 21.3.2012 al prezzo concordato di Euro 165.000,00 ed essendo stato successivamente messo in vendita sul mercato al prezzo di Euro 155.000,00 come da incarico di vendita rilasciato in data 28.10.2013 dalle convenute alla agenzia Ga..
Ritiene questo giudice che tali circostanze, pur documentate, non consentano di provare l’effettività di un danno imputabile alla Ga., atteso che l’incarico conferito all’intermediario per la vendita dell’immobile ad un prezzo inferiore non può univocamente attribuirsi a mutate condizioni di mercato, genericamente dedotte e non documentate, bensì a diversi altri fattori, fra cui può ipotizzarsi anche l’evenienza di maggiori spese da sostenere, anche da parte, come d’uso, dell’acquirente segnalato dalla agenzia immobiliare, in relazione alla provvigione dovuta all’intermediario.
In mancanza di prova del danno dedotto deve quindi rigettarsi la domanda di parte convenuta di condanna della Ga. al risarcimento del danno, con la conseguenza che, stante la risoluzione del contratto preliminare, parte convenuta deve essere condannata alla restituzione della caparra confirmatoria ricevuta.
In merito si evidenzia che parte convenuta ha agito per sentire dichiarare la risoluzione del contratto per inadempimento di parte attrice e per la condanna di parte attrice al risarcimento dei danni.
Si rileva che la parte non inadempiente che abbia inteso non esercitare il diritto di recesso ma richiedere, ai sensi dell’art. 1385 comma 3 c.c., la risoluzione del contratto e l’integrale risarcimento del danno secondo la disciplina generale ex art. 1453 c.c., non può incamerare la caparra ricevuta – attesi gli effetti restitutori della risoluzione negoziale – ma può trattenerla in acconto sulla maggior somma che le spetta a titolo di risarcimento del danno.
In tal senso Cass. 20957/2017 che ha enunciato il seguente principio di diritto: “Deve essere qualificata come domanda di declaratoria di risoluzione di un contratto preliminare quella volta a conseguire, oltre alla risoluzione del contratto per grave inadempimento del promissario acquirente, la condanna al risarcimento di ulteriori danni, sia pure da liquidarsi in separata sede. La parte non inadempiente può, infatti, anziché esercitare il recesso, chiedere la risoluzione del contratto e l’integrale risarcimento del danno sofferto in base alle regole generali (art. 1385, 3 comma, c.c.), e cioè sul presupposto di un inadempimento imputabile e di non scarsa importanza; nel qual caso non può incamerare la caparra, essendole invece consentito solo trattenerla a garanzia della pretesa risarcitoria o in acconto su quanto spettantele a titolo di anticipo dei danni che saranno in seguito accertati e liquidati. In siffatta evenienza la restituzione della caparra è ricollegabile agli effetti restitutori propri della risoluzione negoziale, come conseguenza del venir meno della causa della corresponsione, giacché in tale ipotesi essa perde la su indicata funzione di limitazione forfettaria e predeterminata della pretesa risarcitoria all’importo convenzionalmente stabilito in contratto, e la parte che allega di aver subito il danno, oltre che alla restituzione di quanto prestato in relazione o in esecuzione del contratto, ha diritto anche al risarcimento dell’integrale danno subìto, se e nei limiti in cui riesce a provarne l’esistenza e l’ammontare in base alla disciplina generale di cui agli artt. 1453 – ss. c.c.”.
Escluso nel caso in esame il diritto di parte convenuta al risarcimento del danno, per essere questo’ultimo rimasto indimostrato, deve darsi luogo ai provvedimenti restitutori connessi al venir meno del contratto per effetto della risoluzione dello stesso.
Compendiando, vanno rigettate le domande di parte attrice; va accolta, accertato e dichiarato il grave inadempimento della promittente acquirente Ga. snc, la domanda riconvenzionale di parte convenuta di risoluzione del contratto preliminare di vendita del 21.3.2012 per inadempimento della promittente acquirente; va rigettata la domanda riconvenzionale di condanna di parte attrice al risarcimento, in favore della convenuta, dei danni; la convenuta Ca.Am., la quale ha ricevuto con assegno emesso in suo favore a somma di Euro 5.000,00 a titolo di caparra confirmatoria, va condannata alla restituzione in favore della Ga. snc dell’importo di Euro 5.000,00 trattenuto da parte convenuta a titolo di caparra confirmatoria, oltre interessi nella misura legale, decorrenti dalla domanda (cfr. Cass. 6911/2018).
Le spese di causa, in considerazione della prevalente soccombenza di parte attrice, sono da porre a carico di quest’ultima e, compensate in ragione di 1/2 per il parziale rigetto, si liquidano come in dispositivo in favore della convenuta Ca.Am..
Nulla sulle spese nei rapporti fra parte attrice e la convenuta Co.Ma., in quanto contumace, ed invero, “Poiché la condanna alle spese processuali, a norma dell’art. 91 c.p.c., si fonda sull’esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che abbia dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto, essa non può essere pronunciata in favore del contumace vittorioso, che non ha espletato alcuna attività processuale, per cui abbia sopportato spese delle quali debba essere rimborsato” (Cass. 13491/2014).
Non ricorrono i presupposti per la condanna di parte attrice ex art. 96 c.p.c. non essendo provato il relativo danno.
P.Q.M.
Il Tribunale in composizione monocratica, disattesa ogni diversa e contraria istanza eccezione e deduzione, definitivamente pronunciando, così provvede:
a) Rigetta, per quanto in parte motiva, le domande formulate da parte attrice Ga. snc in persona del lrpt nei confronti delle convenute Ca.Am. e Co.Ma.;
b) In parziale accoglimento della domanda formulata in via riconvenzionale dalla convenuta Ca.Am. nei confronti dell’attrice Ga. snc, dichiara risolto per grave inadempimento di quest’ultima il preliminare di compravendita del 21 marzo 2012 integrato con scrittura privata dell’8.8.2012;
c) rigetta la domanda formulata in via riconvenzionale dalla convenuta Ca.Am. di condanna della Ga. snc al risarcimento del danno;
d) condanna parte convenuta Ca.Am. alla restituzione in favore della Ga. snc dell’importo di Euro 5.000,00 da essa trattenuto a titolo di caparra confirmatoria, oltre interessi nella misura legale dalla domanda al soddisfo;
e) condanna Ga. snc in persona del lrpt. alla refusione in favore della convenuta Ca.Am. delle spese di lite, che, già compensate per 1/2, si liquidano in Euro 1.370,00 per competenze ex D.M. 55/2014, oltre rimb. forf. al 15% ed oltre CPA e IVA come per legge, ed oltre Euro 206,00 per spese per C.U.;
f) rigetta la domanda della convenuta Ca.Am. di condanna della controparte ex art. 96 c.p.c.
Così deciso in Cosenza il 12 marzo 2020.
Depositata in Cancelleria il 12 marzo 2020.