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Poiche’, pero’, la legittimazione passiva nelle cause promosse da uno dei condomini per impugnare le deliberazioni assembleari spetta all’amministratore del condominio (rientrando il compito di difendere la validita’ delle deliberazioni dell’assemblea dei condomini nel compito di eseguire le stesse, ex articolo 1130 c.c., n. 1, per il cui espletamento nel successivo articolo 1131 e’ riconosciuta all’aministratore la rappresentanza in giudizio del condominio), va sempre considerato che esula dai limiti della legittimazione passiva dell’amministratore medesimo una domanda che sia volta ad ottenere l’accertamento della proprieta’ esclusiva di un singolo su un bene altrimenti compreso fra le parti comuni ex articolo 1117 c.c., imponendo una tale domanda il contraddittorio processuale di tutti i restanti condomini.

 

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Recupero credito nei confronti del condomino moroso

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 31 agosto 2017, n. 20612

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

Dott. CORTESI Francesco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24476-2014 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

nonche’

sul ricorso 24476-2014 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO VIA (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 4363/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 31/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/07/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio, il quale ha concluso per l’accoglimento dei motivi 1, 2, 4, 5 del ricorso principale e dei motivi 1, 2 e 3 del ricorso incidentale, rigettati o assorbiti i restanti.

udito l’Avvocato Mercurio per delega dell’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 13 ottobre 2014 e articolato in otto motivi (pur essendone numerati per errore sette, in quanto vi sono due rubricati come “terzo motivo”) avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 4363/2013, depositata il 31/07/2013. Contro la stessa sentenza hanno proposto distinto ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS), notificato sempre il 13 ottobre 2014 e articolato in cinque motivi (l’ultimo erroneamente rubricato “settimo”), di contenuto parzialmente identico a quello di (OMISSIS).

Il Condominio di via (OMISSIS), rimane intimato senza svolgere attivita’ difensiva.

La Corte d’Appello di Roma ha respinto l’appello formulato da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) contro la sentenza n. 21405/2007 del Tribunale di Roma, la quale aveva rigettato l’impugnazione per nullita’ o annullabilita’, dovuta ad eccesso di potere, della deliberazione assembleare del Condominio di via (OMISSIS), del 27 ottobre 2004, che aveva deciso di “assegnare nei cortili una autovettura per condomino, senza assegnazione specifica in modo precario e senza recare pregiudizio e/o intralcio ai proprietari dei box, ponendo tutti i condomini in condizione di esercitare la facolta’ concessa dandone esecuzione”. Gli attori avevano sostenuto che tale delibera ledesse il loro diritto di proprieta’ e di uso esclusivo delle rampe carrabili che conducevano ai box, diritto gia’ accertato da precedenti sentenze del Tribunale e della Corte d’Appello di Roma, nonche’ riconosciuto da un’anteriore deliberazione dell’assemblea del Condominio di (OMISSIS), approvata il 5 dicembre 1990 da otto condomini, e percio’ in assenza dei soli due proprietari dei box, e da qualificare come negozio di accertamento.

La Corte di Roma, in ordine ai tre motivi di appello, rispondeva: 1) che nel verbale d’assemblea in data 5.12.1990 era stato attestato, e tanto faceva fede, come fossero “presenti o rappresentati n. 7 Condomini per complessivi mm. 764”, e che comunque l’assenza dei due titolari dei box non potesse ritenersi irrilevante, in quanta la pretesa non gia’ di un mero riconoscimento di un diritto, quanto di un negozio di accertamento “implica la partecipazione di tutti i titolari delle posizioni soggettive da determinare”; 2) che l’articolo 1 del regolamento di condominio comprendeva tra i beni comuni, con accollo della relativa manutenzione, “l’area che risulta compresa tra il fronte est del caseggiato.. il fronte dei garages e la via Donizetti destinata a passaggio comune a favore di tutti gli appartamenti”, senza frazionare il “fronte est” tra rampa carrabile e rampa pedonale ed indicando, piuttosto, il “fronte dei garages” quale limite dell’area di uso comune; di tal che, il riferimento contenuto nell’articolo 6, lettera E) del regolamento ai “passaggi carrabili”, il cui onere di gestione era rimesso ai soli titolari dei box, doveva riferirsi non alle intere rampe di transito verso (OMISSIS), ma alle sole aperture sulla strada pubblica; 3) che le sentenze n. 3425/2004 della Corte d’Appello di Roma e n. 8309/2001 del Tribunale di Roma, nel rigettare l’impugnazione avanzata dalla (OMISSIS) contro la Delib. assembleare 28 luglio 1999, non avevano accertato con efficacia di giudicato i presunti diritti reali spettanti in via esclusiva ai titolari dei box, ma solo verificato la compatibilita’ del contenuto di quella delibera con i diritti vantati dalla societa’. Mancando ogni pregiudizio ai diritti reali dei proprietari dei box, la Corte d’Appello negava pure il vizio di eccesso di potere.

I ricorrenti hanno presentato memorie ai sensi dell’articolo 378 c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS), seppur presentato come ricorso principale, deve essere inteso come ricorso incidentale (essendone successiva la richiesta di notifica in base al numero cronologico rispetto a quello proposto da (OMISSIS)) e va riunito al primo ai sensi dell’articolo 335 c.p.c. I. Il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) deduce la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli articoli 1362, 1363 e 1333 c.c., nella parte in cui la Corte d’Appello di Roma ha escluso che potesse attribuirsi valenza di negozio di accertamento alla Delib. adottata in data 5 dicembre 1990 all’unanimita’ dei presenti ed aventi titolo. Si ribadisce che i condomini presenti e votanti a quella assemblea erano otto, e non sette, per complessivi millesimi 864,50, essendo assenti i soli due proprietari dei garages, e che il contenuto della delibera era di riconoscimento dell’esclusivo diritto di proprieta’ e di uso delle rampe di accesso ai garages in capo ai proprietari dei garages stessi.

1.1. Il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS) e’ di tenore identico al primo motivo del ricorso di (OMISSIS).

2. Il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS) deduce la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, , dell’articolo 116 c.p.c., articolo 2730, anche in relazione agli articoli 1362, 1363 e 2732 c.c., per inosservanza del limite del libero convincimento dl giudice costituito dall’efficacia vincolante ed irrevocabile della prova legale della confessione, emergente dalla Delib. dell’assemblea 5 dicembre 1990.

2.1. Il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS) e’ di tenore identico al secondo motivo del ricorso di (OMISSIS).

3. Il terzo motivo del ricorso di (OMISSIS) deduce la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, , dell’articolo 337 c.p.c., comma 2, per non aver la Corte d’Appello di Roma deciso in conformita’ al disposto della sentenza del Tribunale di Roma del 19 maggio 2011, n. 10602 (che si assume prodotta all’udienza di precisazione delle conclusioni del 24 aprile 2013), ne’ sospeso il processo, avendo quella sentenza deciso su causa pregiudiziale concernente l’accertamento dell’esclusiva proprieta’ della rampa in capo ai proprietari dei garages.

4. Il quarto motivo del ricorso di (OMISSIS) (rubricato di nuovo per errore come terzo motivo) deduce la nullita’ della sentenza impugnata, per violazione, stavolta ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dell’articolo 337 c.p.c., comma 2, non avendo la Corte d’Appello di Roma deciso in conformita’ al disposto della sentenza del Tribunale di Roma del 19 maggio 2011, n. 10602, ne’ sospeso il processo.

5. Il quinto motivo del ricorso di (OMISSIS) deduce la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, , degli articoli 1362, 1363, 1366, 1367, 1369 e 1361 c.c., in relazione all’interpretazione degli articoli 1 e 6, lettera E, del regolamento condominiale, disposizioni in ordine alle quali mai si era dubitato circa la proprieta’ delle rampe carrabili da parte dei proprietari dei garages.

5.1. Il terzo motivo del ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS) e’ di tenore identico al quinto motivo del ricorso di (OMISSIS).

6. Il sesto motivo del ricorso di (OMISSIS) deduce la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, , dell’articolo 2909 c.c., anche in relazione all’articolo 1418 c.c. e ss. e articolo 1136 c.c., per aver la Corte d’Appello erroneamente escluso l’illegittimita’ della delibera impugnata nonostante la palese contrarieta’ della stessa alle sentenze n. 3425/2004 della Corte d’Appello di Roma e n. 8309/2001 del Tribunale di Roma, le quali, pronunciando sull’impugnazione avanzata dalla (OMISSIS) contro la deliberazione assembleare del 28 luglio 1999, avevano accertato con efficacia di giudicato i diritti reali esclusivi spettanti ai titolari dei box.

7. Il settimo motivo del ricorso di (OMISSIS) deduce la nullita’ della sentenza impugnata, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’articolo 112 c.p.c., essendo stata omessa ogni pronuncia sulla nullita’ della delibera impugnata, per essere stati con essa imposti, senza il consenso del ricorrente, pesi e vincoli alle porzioni immobiliari di proprieta’ esclusiva.

7.1. Il quarto motivo del ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS) e’ di tenore identico al settimo motivo del ricorso di (OMISSIS).

8. L’ottavo motivo del ricorso di (OMISSIS) deduce la nullita’ della sentenza impugnata, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dovuta all’inesistenza della motivazione, in punto di rigetto del gravame concernente l’annullamento della delibera impugnata, giacche’ viziata da eccesso di potere.

8.1. Il quinto motivo del ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS) e’ di tenore identico all’ottavo motivo del ricorso di (OMISSIS).

9. Vanno esaminati congiuntamente, in quanto tra loro connessi, il primo, il secondo ed il quinto motivo del ricorso di (OMISSIS), nonche’ gli omologhi primo, secondo e terzo motivo del ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS), ed ancora il sesto motivo del ricorso di (OMISSIS).

La tesi che i ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) intendono dimostrare conclude per la nullita’ (o per l’annullabilita’ dovuta ad eccesso di potere) della deliberazione assembleare del Condominio di via (OMISSIS), del 27 ottobre 2004, volta ad “assegnare nei cortili una autovettura per condomino, senza assegnazione specifica in modo precario e senza recare pregiudizio e/o intralcio ai proprietari dei box, ponendo tutti i condomini in condizione di esercitare la facolta’ concessa dandone esecuzione”. L’invalidita’ della delibera discenderebbe dalla sua lesivita’ per il diritto, spettante ai ricorrenti, di proprieta’ e di uso esclusivo delle rampe carrabili che conducono ai box.

Questa Corte, invero, ha piu’ volte ribadito che la delibera dell’assemblea condominiale che assegna i singoli posti auto ricavati nell’area cortiliva comune, senza pero’ attribuire agli assegnatari il possesso esclusivo della porzione loro assegnata, e’ validamente approvata a maggioranza, non essendo all’uopo necessaria l’unanimita’ dei consensi, in quanto essa disciplina le modalita’ di uso del bene comune, e si limita a renderne piu’ ordinato e razionale il godimento paritario (Cass. Sez. 2, 31/03/2015, n. 6573; Cass. Sez. 2, 19/07/2012, n. 12485; Cass. Sez. 2, 15/06/2012, n. 9877; Cass. Sez. 2, 22/01/2004, n. 1004).

Diversamente, peraltro, l’assemblea di condominio non puo’ adottare delibere che, nel predeterminare ed assegnare le aree destinate a parcheggio delle automobili, incidano sui diritti individuali di proprieta’ esclusiva di ognuno dei condomini, dovendosi tali delibere qualificare nulle (Cass. Sez. U, 07/03/2005, n. 4806).

Deve ulteriormente partirsi dalla premessa (ancora di recente ribadita dalla giurisprudenza di questa Corte: Cass. Sez. 6 – 2, 08/03/2017, n. 5831) che l’area esterna di un edificio condominiale, della quale manchi un’espressa riserva di proprieta’ nel titolo originario di costituzione del condominio e sia stato omesso qualsiasi riferimento nei singoli atti di trasferimento delle unita’ immobiliari, va ritenuta di presunta natura condominiale, ai sensi dell’articolo 1117 c.c.

Sicche’, il condomino che impugni una deliberazione dell’assemblea, la quale abbia individuato ed assegnato gli spazi da adibire a parcheggio delle autovetture condominiali, deducendo che tale assegnazione abbia comportato un’indebita ingerenza in aree del cortile antistante il fabbricato di sua proprieta’ esclusiva, deve dimostrarne il relativo titolo costitutivo, in modo da superare la presunzione di attribuzione di cui all’articolo 1117 c.c.

Poiche’, pero’, la legittimazione passiva nelle cause promosse da uno dei condomini per impugnare le deliberazioni assembleari spetta all’amministratore del condominio (rientrando il compito di difendere la validita’ delle deliberazioni dell’assemblea dei condomini nel compito di eseguire le stesse, ex articolo 1130 c.c., n. 1, per il cui espletamento nel successivo articolo 1131 e’ riconosciuta all’aministratore la rappresentanza in giudizio del condominio), va sempre considerato che esula dai limiti della legittimazione passiva dell’amministratore medesimo una domanda che sia volta ad ottenere l’accertamento della proprieta’ esclusiva di un singolo su un bene altrimenti compreso fra le parti comuni ex articolo 1117 c.c., imponendo una tale domanda il contraddittorio processuale di tutti i restanti condomini (cfr. da ultimo Cass. Sez. 6 – 2, 15/03/2017, n. 6649).

Ne consegue che, nel giudizio di impugnazione di deliberazione dell’assemblea, ai sensi dell’articolo 1137 c.c., per il quale all’amministratore di condominio spetta la legittimazione passiva, l’eventuale allegazione della proprieta’ esclusiva di un bene, sul quale l’impugnata delibera abbia inciso, puo’ essere oggetto di accertamento di carattere meramente incidentale, funzionale alla decisione della causa sulla validita’ dell’atto collegiale, ma privo di efficacia di giudicato in ordine all’estensione dei diritti reali dei singoli.

Ora, il primo ed il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS) ed il primo ed il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS) intendono che, a dimostrazione della loro proprieta’ esclusiva sulle rampe di accesso ai garages, si prestasse la delibera del Condominio di (OMISSIS) adottata in data 5 dicembre 1990, valendo questa quale negozio di accertamento o come confessione, facente prova legale.

Tali censure sono infondate per le seguenti ragioni.

L’articolo 1117 c.c. attribuisce ai titolari delle singole unita’ immobiliari dell’edificio la comproprieta’ di beni, impianti e servizi – indicati espressamente o per relationem – in estrinsecazione del principio “accessorium sequitur principale”, per propagazione ad essi dell’effetto del trasferimento delle proprieta’ solitarie, sul presupposto del collegamento strumentale, materiale o funzionale, con queste, se manca o non dispone diversamente il relativo titolo traslativo (cfr. ad esempio, Cass. Sez. 2, 15/06/1998, n. 5948).

Secondo principi generali, ai fini dell’acquisto a titolo derivativo della proprieta’ di un bene immobile, non e’ mai da ritenersi idoneo un negozio di mero accertamento, il quale puo’ eliminare incertezze sulla situazione giuridica, ma non sostituire il titolo costitutivo, essendo necessario, invece, un contratto con forma scritta dal quale risulti la volonta’ attuale delle parti di determinare l’effetto traslativo, sicche’ e’ pure irrilevante che una delle parti, anche in forma scritta, faccia riferimento ad un precedente rapporto qualora questo non sia documentato (Cass. Sez. 2, 11/04/2016, n. 7055; Cass. Sez. 3, 18/06/2003, n. 9687). Cio’ significa che, gia’ in astratto, un negozio di accertamento non puo’ rilevare come titolo traslativo contrario all’operativita’ della presunzione di condominio ex articolo 1117 c.c.

E’ poi in ogni caso da negare che la Delib. 5 dicembre 1990 del Condominio di (OMISSIS) possa valere come negozio di accertamento o come confessione stragiudiziale.

Una deliberazione dell’assemblea dei condomini non puo’ accertare l’estensione dei diritti di proprieta’ escusiva dei singoli in deroga alla presunzione di condominialita’ delle parti comuni posta dall’articolo 1117 c.c., cio’ richiedendo l’accordo di tutti i condomini (come ha spiegato pure la Corte d’Appello di Roma, rilevando l’assenza di alcuni partecipanti alla riunione del 5 dicembre 1990).

Questa Corte ha proprio affermato che non rientra nei poteri dell’assemblea condominiale la deliberazione che determini a maggioranza l’ambito dei beni comuni e delle proprieta’ esclusive, potendo ciascun condomino interessato far valere la conseguente nullita’ senza essere tenuto all’osservanza del termine di decadenza di cui all’articolo 1137 c.c. (Cass. Sez. 2, 20/03/2015, n. 5657).

Ne’ la dichiarazione di scienza contenuta in un verbale di assemblea condominiale, qualora comporti, come si assume nel caso di specie, il riconoscimento della proprieta’ esclusiva di alcuni beni in favore di determinati condomini, puo’ avere l’efficacia di una confessione stragiudiziale, quanto meno attribuibile ai condomini presenti all’assemblea, non rientrando, ai sensi dell’articolo 1135 c.c., nei poteri dell’assemblea, come visto, quello di stabilire l’estensione dei beni comuni e delle proprieta’ esclusive (Cass. Sez. 2, 09/11/2009, n. 23687).

Il quinto motivo del ricorso di (OMISSIS) e il terzo motivo del ricorso censurano poi l’interpretazione degli articoli 1 e 6, lettera E, del regolamento condominiale, fatta dalla Corte d’Appello, potendosi da tali clausole trarre la prova, a dire dei ricorrenti, della loro proprieta’ delle rampe carrabili.

Ora, questa Corte ha spesso affermato in passato che il regolamento di condominio, che, come nella specie, individui i beni comuni ai fini della ripartizione delle spese tra i condomini, o includa un bene nelle tabelle millesimali come proprieta’ esclusiva di un condomino, non costituisce un titolo di proprieta’, agli effetti dell’articolo 1117 c.c. (Cass. Sez. 2, 21/05/2012, n. 8012; Cass. Sez. 3, 13/03/2009, n. 6175; Cass. Sez. 2, 23/08/2007, n. 17928; Cass. Sez. 2, 18/04/2002, n. 5633).

La Corte d’Appello di Roma, in ogni modo, ha accertato, sulla base di apprezzamento di fatto del testo negoziale, che l’articolo 1 del regolamento di condominio comprendesse tra i beni comuni “l’area che risulta compresa tra il fronte est del caseggiato.. il fronte dei garages e la (OMISSIS) destinata a passaggio comune a favore di tutti gli appartamenti”, senza prevedere frazionamenti del “fronte est” tra rampa carrabile e rampa pedonale, ed anzi individuando il “fronte dei garages” come termine dell’area di uso comune; concludendo che il riferimento contenuto nell’articolo 6, lettera E) del regolamento ai “passaggi carrabili”, il cui onere di gestione e’ rimesso ai soli titolari dei box, dovesse riferirsi non alle intere rampe di transito verso (OMISSIS), ma alle sole aperture sulla strada pubblica.

Poiche’ si tratta di interpretazione del regolamento di condominio da parte del giudice del merito, e dunque di un’indagine di fatto, che non rivela violazione dei canoni di ermeneutica ne’ vizi logici, essa e’ insindacabile in sede di legittimita’, mentre i ricorrenti si limitano, nella sostanza, a criticare la ricostruzione della volonta’ negoziale operata dalla Corte d’Appello, prospettando una diversa e piu’ favorevole valutazione degli stessi elementi da questa esaminati.

Il sesto motivo del ricorso di (OMISSIS) adduce che la deliberazione assembleare del 27 ottobre 1994 contrastasse col giudicato contenuto nelle sentenze n. 3425/2004 della Corte d’Appello di Roma e n. 8309/2001 del Tribunale di Roma, che, in relazione ad un precedente giudizio di impugnazione ex articolo 1137 c.c., avevano accertato i diritti reali esclusivi spettanti ai titolari dei box.

Al riguardo, la Corte d’Appello ha tuttavia evidenziato come queste sentenze, nel rigettare l’impugnazione avanzata dalla (OMISSIS) contro la deliberazione assembleare del 28 luglio 1999, non avevano accertato con efficacia di giudicato i presunti diritti reali spettanti in via esclusiva ai titolari dei box, ma solo verificato la compatibilita’ del contenuto di quella delibera con i diritti vantati dalla societa’. Questa interpretazione e’ corretta, in quanto, come gia’ affermato in precedenza, la sentenza resa all’esito di un giudizio di impugnazione di una deliberazione dell’assemblea, ai sensi dell’articolo 1137 c.c., svoltosi nei confronti dell’amministratore di condominio, puo’ contenere un accertamento meramente incidentale in ordine alla sussistenza, o meno, della proprieta’ esclusiva di un bene, sul quale l’impugnata delibera abbia inciso, senza rivestire efficacia di giudicato in ordine all’estensione dei diritti reali dei singoli, in quanto enunciazione soltanto strumentale alla decisione sulla validita’ della delibera.

Puo’ pure aggiungersi che se le sentenze n. 3425/2004 della Corte d’Appello di Roma e n. 8309/2001 del Tribunale di Roma, rivestissero quell’autorita’ di giudicato sulla proprieta’ delle rampe che il (OMISSIS) vi scorge, non avrebbe senso la proposizione di nuovo giudizio tendente ad un identico accertamento, giudizio culminato nella sentenza di primo grado del 19 maggio 2011, sulla quale si fondano poi il terzo ed il quarto motivo di ricorso.

10. Il terzo ed il quarto motivo del ricorso di (OMISSIS) vanno esaminati congiuntamente, in quanto entrambi relativi al mancato riconoscimento dell’autorita’ della sentenza del Tribunale di Roma del 19 maggio 2011, n. 10602, ovvero alla mancata sospensione ex articolo 337 c.p.c., comma 2, del giudizio pendente davanti alla Corte d’Appello di Roma.

Lo stesso ricorrente (a pagina 59 di ricorso) allega di aver prodotto copia della sentenza del Tribunale di Roma del 19 maggio 2011, n. 10602, all’udienza di precisazione delle conclusioni del 24 aprile 2013, ed afferma (a pagina 42 di ricorso) che fosse pendente gravame avverso quella sentenza davanti alla medesima Corte d’Appello di Roma.

Nella specie, assumendosi dal ricorrente che nella causa pregiudicante, concernente l’accertamento della proprieta’ delle rampe, sia stata pronunciata sentenza del Tribunale di Roma n. 10602/2011, non passata in giudicato, in quanto impugnata davanti alla Corte d’Appello di Roma, si fa questione della mancata sospensione del giudizio pregiudicato ai sensi dell’articolo 337 c.p.c., in attesa che nel giudizio pregiudicante si formi la cosa giudicata, sospensione che puo’ essere disposta se il giudice del secondo giudizio non intenda riconoscere l’autorita’, che e’ di mero fatto, dell’altra decisione (cfr. Cass. Sez. U, 19/06/2012, n. 10027).

Ora, secondo regola generale, ove una sentenza venga censurata in cassazione per non essere stato il giudizio di merito sospeso in presenza di altra causa pregiudiziale, incombe al ricorrente l’onere di dimostrare che un’istanza in tal senso era stata avanzata in sede di merito (mentre il ricorrente qui deduce soltanto di aver prodotto all’udienza di conclusioni davanti alla Corte d’Appello copia della sentenza del Tribunale, e nulla dice in proposito il provvedimento impugnato), che quest’altra causa e’ tuttora pendente, e che presumibilmente lo sara’ anche nel momento in cui il ricorso verra’ accolto, dovendosi ritenere, in difetto, che manchi la prova dell’interesse concreto ed attuale che deve sorreggere il ricorso (cfr. Cass. Sez. 3, 10/11/2015, n. 22878; Cass. Sez. L, 19/10/2012, n. 18026; Cass. Sez. 1, 01/08/2007, n. 16992).

Il terzo ed il quarto motivo di ricorso di (OMISSIS) non tengono comunque conto della costante interpretazione giurisprudenziale, secondo cui gli istituti della sospensione, di cui agli articoli 295 e 337 c.p.c., non operano ove la causa pregiudicante e quella pregiudicata pendano davanti allo stesso ufficio giudiziario (nel caso in esame, la Corte d’Appello di Roma), potendo in questa evenienza avvenire il coordinamento fra i due giudizi connessi tramite il meccanismo della riunione dei procedimenti, ex articolo 274 c.p.c. (cfr. Cass. Sez. 3, 17/10/2013, n. 23573; Cass. Sez. 6 – 1, 23/09/2013, n. 21761). Disposta la riunione delle cause pendenti davanti allo stesso ufficio nello stesso grado, la questione pregiudiziale viene, invero, decisa coevamente – e in via logicamente prioritaria – con la questione pregiudicata, venendo a costituire, nel corpo dell’unica decisione, una questione logicamente preliminare (Cass. Sez. 2, 19/01/1979, n. 402).

11. Il settimo motivo del ricorso di (OMISSIS) ed il quarto motivo del ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS) vanno esaminati congiuntamente, in quanto di identico contenuto.

11.1. Tali motivi sono del tutto infondati. Essi censurano la sentenza impugnata per violazione dell’articolo 112 c.p.c., essendo stata omessa ogni pronuncia sulla nullita’ della delibera impugnata, che avrebbe imposto pesi e vincoli alle porzioni immobiliari di proprieta’ esclusiva. La lettura della decisione della Corte d’Appello di Roma contiene, invece, un’esplicita affermazione secondo cui non e’ stato “pregiudicato alcun diritto reale spettante in via esclusiva ai titolari dei box”. L’omessa pronuncia, di cui si dolgono i ricorrenti, risolvendosi nella violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, da far valere in cassazione attraverso la specifica deduzione del relativo “error in procedendo” – ovverosia della violazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, – presuppone un difetto di attivita’ del giudice di secondo grado, e non, come nel caso di specie, che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza ma l’abbia risolta in modo che alla parte sembri giuridicamente non corretto, o non adeguatamente giustificato.

12. L’ottavo motivo del ricorso di (OMISSIS) e il quinto motivo del ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS) sono da trattare unitamente, perche’ omologhi, e sono anch’essi infondati. Queste censure prospettano la nullita’ della sentenza impugnata, per violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dovuta ad inesistenza della motivazione sul rigetto del gravame concernente l’annullamento della delibera impugnata, in quanto viziata da eccesso di potere.

La sentenza impugnata ha invece affermato che “deve quindi escludersi anche il vizio di eccesso di potere riproposto come motivo 4) essendo la deliberazione del 27/10/2004 intervenuta a disciplinare un’area gia’ destinata ad uso comune secondo il regolamento di condominio”.

Al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, in base all’articolo 132 c.p.c., n. 4, il giudice di appello non e’ tenuto ad esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione cosi’ da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse. Per quanto sinteticamente, la Corte d’Appello di Roma ha percio’ spiegato come, con riguardo ad una delibera volta ad assegnare i posti auto nel cortile condominiale, non e’ ravvisabile alcun eccesso di potere, ovvero alcuna falsa deviazione della deliberazione assembleare dal suo modo di essere, essendo tale delibera, piuttosto, il risultato del legittimo esercizio del potere discrezionale dell’assemblea di regolamentazione dell’uso della cosa comune.

12. Il ricorso di (OMISSIS) ed il ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS) vanno pertanto rigettati. Non occorre provvedere sulla regolazione delle spese processuali del giudizio di cassazione, in quanto il Condominio di via (OMISSIS), non ha svolto attivita’ difensive.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 – dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per le impugnazioni integralmente rigettate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale di (OMISSIS) ed il ricorso incidentale di (OMISSIS) e (OMISSIS).

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i ricorsi, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.