la denunzia dell’ abusivo riempimento di un foglio firmato in bianco postula la proposizione del rimedio della querela di falso tutte le volte in cui il riempimento risulti avvenuto “absque pactis” o “sine pactis”, ipotesi che ricorre anche quando la difformità della dichiarazione rispetto alla convenzione sia tale da travolgere qualsiasi collegamento tra la dichiarazione stessa e la sottoscrizione. Tale rimedio processuale non è necessario invece nell’ipotesi del riempimento “contra pacta”, ossia in caso di mancata corrispondenza tra quanto dichiarato e quanto s’intendeva, invece, dichiarare.

Tribunale|Latina|Sezione 2|Civile|Sentenza|3 aprile 2020| n. 689

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE LATINA

SEZIONE SECONDA

In composizione collegiale nella persona dei seguenti magistrati:

Antonio Masone – PRESIDENTE

Stefano Fava – GIUDICE

Alfonso Piccialli – GIUDICE RELATORE

Riunito in camera di consiglio ha pronunziato la seguente

SENTENZA

Nella causa civile iscritta al n. 1417 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2013 e vertente

TRA

(…), rappresentato e difeso dagli avv.ti Be.Pa. e Fr.Pa., elettivamente domiciliato presso il suo studio legale sito in Latina, via (…) giusta procura in atti;

Attore

E

(…), rappresentata e difesa dall’avv. Al.Bi. e dall’avv. Gi.Ci., giusta delega a margine della comparsa di costituzione, elett.te domiciliata in Latina Via (…);

Convenuta

(…), rappresentata e difesa dall’avv. Gi.Ne., giusta delega a margine della comparsa di costituzione, elett.te domiciliata in Latina Via (…), giusta delega a margine della comparsa di costituzione e risposta;

Convenuta

(…) spa, rappresentata e difesa dall’avv. Gi.Ca. e dall’avv. Al.Ci., gusta delega in calce all’atto di citazione passivo ed elettivamente domiciliata in Latina, Viale (…);

Terza Chiamata

Nonché

Il PM presso il Tribunale di Latina;

Oggetto: querela falso/ azione di responsabilità professionale

MOTIVI DELLA DECISIONE

Occorre premettere che il presente giudizio ha ad oggetto la domanda risarcitoria per responsabilità professionale proposta da (…) nei confronti delle avvocatesse (…) e (…), per i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in seguito all’inesatto adempimento del mandato professionale loro conferito dall’attore nel corso del giudizio RG n. 3295/1997, promosso davanti al Tribunale di Milano e definito con sentenza n. 12343/2002;

precisa l’attore che nel suddetto giudizio le convenute lo avevano assistito subentrando nella difesa, giusta delega alla comparsa di Cost. dell’8 maggio 2002, una volta che la causa era già stata assunta in decisione e l’attività professionale espletata era consistita nella redazione e produzione della comparsa di Cost. in data 8 maggio 2002, della comparsa conclusionale depositata in pari in data e della memore di replica depositata in data 4.06.2002.

Il giudizio “a quo”, aveva ad oggetto una domanda risarcitoria proposta dal (…) in seguito ad un sinistro stradale del quale quest’ultimo era stato vittima in data 15.01.1993 in Sabaudia e nel quale, asseritamente, sarebbe stato terzo trasportato su di un autovettura in panne al momento del sinistro e spinta a mano da alcuni occupanti che, nell’occorso, era stata tamponata da altro veicolo proveniente nello stesso senso di marcia.

La domanda risarcitoria venne parzialmente accolta dal giudice del Tribunale di Milano limitatamente alla posizione del proprietario dell’autovettura antagonista (…) e della relativa compagnia di Assicurazione ((…) spa);

in particolare, il giudice “a quo” riconobbe in capo al primo una corresponsabilità nella misura del 10% nella causazione del sinistro e pertanto liquidò all’odierno attore a titolo di danni non patrimoniali subiti la somma di Euro 2620,29 (già rivalutata), pari ad un decimo della complessiva entità del danno subito.

Diversamente, in relazione alla posizione del proprietario della vettura sulla quale l’attore era, secondo le sue prospettazioni, trasportato, ovvero (…) e la relativa compagnia, (…) spa, la domanda venne dichiarata “improseguibile” dal Tribunale meneghino sull’assunto dell’irregolarità dell’originaria notifica nei confronti del proprietario della autovettura, notifica non rinnovata nel corso del giudizio né sanata per raggiungimento dello scopo in assenza della costituzione della parte destinataria della stessa.

Nell’atto di citazione rappresenta l’attore che i difensori non avevano assolto il proprio mandato professionale nemmeno ottemperando a quanto disposto dal g.i. che, all’udienza del 20.11.1997, aveva ordinato alla difesa la produzione del certificato di residenza del convenuto evocato in luogo diverso dalla sua residenza legale e non comparso, riservandosi solo all’esito di dichiararne la contumacia.

Il (…) a fondamento della responsabilità delle convenute ha quindi dedotto che le stesse:

1) non avevano eseguito il Provv. del 20 novembre 1997 del Giudice Istruttore della causa tenuta a Milano e di non aver prodotto un certificato di residenza del convenuto (…);

2) non avevano adeguatamente replicato – nelle difese conclusionali – all’eccezione avversaria della (…) S.p.A. finalizzata a far dichiarare l’improcedibilità del giudizio nei confronti del predetto convenuto ed assicurato;

3) non avevano tempestivamente relazionato il cliente circa l’esito della causa precludendogli tanto la possibilità di appellare, quanto l’instaurazione di un separato giudizio nei confronti dei soggetti che avevano beneficiato della pronuncia in rito di improseguibilità per difetto di regolare instaurazione del contraddittorio;

4) non avevano consegnato al cliente l’assegno che l'(…) avrebbe fatto pervenire;

5) avevano erroneamente indicato le generalità del proprio assistito negli atti di causa, omettendo il secondo nome del (…).

L’ attore concludeva pertanto chiedendo accertarsi la responsabilità professionale delle odierne convenute con condanna delle stesse in solido al risarcimento del danno quantificato in complessivi Euro 80.000,00, pari alla complessiva somma rivalutata all’attualità di cui all’azione risarcitoria non accolta nella misura del 90% dal Tribunale di Milano per improseguibilità della domanda proposta nei confronti del vettore e della relativa compagnia assicurativa, oltre danno morale.

Si costituivano entrambe le convenute con autonome comparse contestando la domanda e chiedendone il rigetto.

In particolare, a confutazione dell’allegazione difensiva circa l’omessa informativa relativa all’esito del giudizio risarcitorio, entrambe le difese producevano un atto di precetto datato 30.06.2003 con relativa procura rilasciata dall’attore all’avv. (…) e finalizzato alla riscossione delle somme riconosciute con la sent. n.12343/2002 resa dal Tribunale di Milano, pronuncia espressamente richiamata nell’atto, circostanza che secondo gli assunti difensivi, avrebbe smentito quanto dedotto dall’attore in merito alla conoscenza della sentenza menzionata solo nel luglio 2009, assumendo giuridico rilievo sotto un duplice profilo:

1) in primo luogo, contrariamente a quanto riportato nel libello introduttivo, la redazione del precetto per conto dell’odierno attore sarebbe stato un implicito riconoscimento della conoscenza della sentenza di cui si minacciava l’esecuzione e dunque della volontà di quest’ ultimo di non proporre appello avverso la suddetta pronuncia- ancora proponibile al momento della redazione e notifica del precetto alla luce della formulazione ratione temporis applicabile dell’art. 327 c.p.c. – nonché, della volontà di non introdurre alcun ulteriore giudizio nei confronti del vettore e della relativa compagnia;

2) in secondo luogo, ai fini della prescrizione, atteso che dal momento della conoscenza della sentenza ( giugno 2003) alla data della notifica dell’atto di citazione per responsabilità professionale ( dicembre 2013) ovvero il primo atto interruttivo della prescrizione, sarebbe decorso il termine decennale per proporre l’azione di responsabilità professionale.

Le convenute allegavano inoltre ulteriore corrispondenza dalla quale emergeva che il (…), quanto meno dal maggio 2006, era a conoscenza della suddetta sentenza, producevano in proposito comunicazioni tra l’avv. (…) e tale dott. (…) dalle quale si rilevava che quest’ ultimo, previa produzione della procura rilasciatagli dall’odierno attore e di un documento d’identità di quest’ultimo rilasciato in data 27.12.2005, si faceva recapitare dall’avv. (…) copia della sentenza del Tribunale di Milano al fine di porla in esecuzione.

Nel merito, in ogni caso, le convenute eccepivano l’infondatezza della domanda risarcitoria chiedendone il rigetto ed in particolare la (…) rappresentava di aver svolto di fatto le funzioni di mera domiciliataria della (…), sicché non le era imputabile alcun inadempimento contestatole, astrattamente riconducibile alla figura della “domina” della causa, chiedeva pertanto in subordine una graduazione delle rispettive responsabilità alla luce delle diverse funzioni svolte.

In ogni caso, l’avv. (…) chiedeva chiamarsi in manleva la (…) spa per essere da quest’ ultima manlevata nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda risarcitoria proposta.

Autorizzata la chiamata in causa, si costituiva la compagnia non sollevando eccezioni relativamente alla copertura assicurativa, chiedeva il rigetto della domanda principale e si associava sostanzialmente alle difese della garantita anche in relazione alla prospettazione dei fatti di causa.

Nel corso del giudizio l’attore proponeva querela incidentale di falso avverso la procura apposta a margine dell’atto di precetto datato 30.06.2003 nonché avverso la nomina a difensore conferita al dott. (…) datata 22.05.2006, asserendo di aver visto l’avv. (…) una sola volta (maggio 2002) e di aver rilasciato nell’occasione in favore di quest’ultima e dell’avv. (…) una sola procura apposta a margine dell’atto di “comparsa di costituzione nuovi difensori” e di aver tuttavia, nell’occasione, sottoscritto due fogli firmati in bianco, su uno, apponendo una firma sul margine destro e, su un altro, sottoscrivendolo in basso a destra, senza che fosse stato fornito dal difensore alcuna informazione in merito alle ragioni di queste ultime sottoscrizioni.

Ammessa la querela di falso ex art. 221 c.p.c. ed esperita la relativa istruttoria mediante l’escussione dei testi (…), (…) (fratello dell’attore) e (…), la causa principale ed incidentale di querela di falso sono state trattenute in decisione all’udienza del 19.12.2019 con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. e pertanto sono state rimesse al collegio per la decisione.

Tanto premesso, venendo al merito, per ragioni di priorità logico-giuridica deve preliminarmente esaminarsi il capo di domanda relativo all’inadempimento delle convenute per l’omessa esecuzione del Provv. del 20 novembre 1997 del giudice istruttore della causa tenutasi in Milano, ovvero il non aver prodotto un certificato di residenza del convenuto (…), nonché quello, strettamente connesso, relativo all’omessa replica – nelle difese conclusionali – all’eccezione avversaria della (…) S.p.A. finalizzata a far dichiarare l’improcedibilità del giudizio nei confronti del predetto convenuto e della relativa assicurazione per non integrità del contraddittorio.

Sempre in via prioritaria, deve valutarsi inoltre l’inadempimento delle convenute relativo all’erronea indicazione delle generalità del proprio assistito negli atti di causa, ovvero l’omessa trascrizione del secondo nome del (…).

La valutazione dei suddetti profili di inadempimento ai fini dell’accertamento della responsabilità professionale va anteposto rispetto alle ulteriori questioni proposte , in quanto relativi a circostanza del tutto autonome rispetto al giudizio incidentale di querela di falso.

Ad avviso di questo collegio, in relazione alla prima censura relativa all’attività professionale espletata ( inottemperanza al Provv. del 20 novembre 1997 del giudice istruttore), va osservato che non è ascrivibile alle convenute alcun inadempimento professionale, atteso che è documentalmente provato che le stesse assunsero il patrocinio del (…) solo dopo che la causa era stata assunta in decisione, quando oramai erano maturate tutte le preclusioni assertive e probatorie.

Invero, è consolidato principio giurisprudenziale quello secondo cui l’art. 190, comma secondo, cod. proc. civ., prescrivendo che le comparse conclusionali devono contenere le sole conclusioni già fissate dinanzi all’istruttore e il compiuto svolgimento delle ragioni di fatto e di diritto su cui esse si fondano, mira ad assicurare che non sia alterato, nella fase decisionale del procedimento, in pregiudizio dei diritti di difesa della controparte, l’ambito obiettivo della controversia, quale precisato nella fase istruttori (tra le altre Cass. civ. n. 18833/2016).

Ne consegue che l’eventuale (tardiva) produzione del certificato di residenza del convenuto nel giudizio “a quo”, la cui omessa allegazione è da ricondurre unicamente alla condotta negligente dell’avvocato che aveva preceduto la (…) e la (…) nella difesa del (…) , del tutto ragionevolmente, sarebbe stata dichiarata inammissibile, con conseguente inutilizzabilità dell’eventuale documento allegato.

Per quanto concerne l’ulteriore profilo relativo all’omessa replica all’eccezione di nullità della notifica nei confronti del vettore, eccezione poi accolta dal g.i. nella sentenza allegata, va osservato che l’attore non contesta la circostanza che effettivamente non fosse stata fornita alcuna prova nel corso del giudizio della regolarità della notifica ex art. 138 c.p.c., né specifica ed allega quale sarebbero dovute essere le argomentazioni giuridiche finalizzate a contestare siffatta eccezione e dunque a dimostrare la regolare instaurazione del contraddittorio nei confronti della suddetta parte.

Ne consegue che non appare censurabile la strategia difensiva delle convenute che, a fronte di un’ eccezione palesemente fondata, derivante peraltro da una condotta omissiva non alle stesse ascrivibile, non hanno preso alcuna posizione sulla questione, rilevata d’ ufficio nel corso del giudizio e meramente “ribadita” dalla difesa avversaria.

Con riferimento all’ulteriore profilo di inadempimento, avulso dal procedimento incidentale di querela di falso, ovvero quello relativo all’erronea indicazione delle generalità del proprio assistito negli atti di causa, ovvero l’omessa trascrizione del secondo nome del (…), va osservato come la suddetta condotta, peraltro, riconducibile ad un mero errore materiale, non ha in alcun modo inciso sull’esito del giudizio, atteso che la domanda è stata in parte accolta, né il parziale rigetto è ascrivibile all’omessa trascrizione negli scritti conclusionali del secondo nome dell’attore; ne consegue, l’insussistenza in radice della condotta illecita e comunque del nesso causale di siffatta omissione con i danni allegati (mancato riconoscimento del 90% del danno complessivamente accertato nel corso del giudizio).

Con riferimento alle censure all’attività professionale espletata dalle convenute e consistente nel non aver tempestivamente relazionato il cliente circa l’esito della causa precludendogli tanto la possibilità di appellare, quanto quella di instaurare di un separato giudizio nei confronti dei soggetti che avevano beneficiato della pronuncia in rito di improseguibilità per difetto di regolare instaurazione del contraddittorio, si osserva quanto segue.

Come evidenziato nelle premesse in fatto le convenute a confutazione delle argomentazioni attoree in merito a siffatta prospettazione hanno allegato:

1) un atto di precetto datato 30.06.2003 rilasciato dall’attore all’avv. (…) e finalizzato alla riscossione delle somme riconosciute con la sent. n. 12343/2002 resa dal Tribunale di Milano;

2) la nomina a difensore conferita dall’attore al dott. (…) datata 22.05.2006, finalizzata alla messa in esecuzione della citata sentenza.

Avverso entrambi i documenti il (…) ha proposto querele di falso incidentale.

In primis, va rigettata l’eccezione di parti convenuta (avv. (…)) di inammissibilità della querela di falso.

Invero, con riferimento ad entrambi i documenti l’attore ha dedotto il riempimento “sine pactis” e non “contra pacta” atteso che l’attore ha rappresentato di aver firmato due fogli firmati in bianco senza che vi fosse stata alcuna preventiva informazione o istruzione circa il loro riempimento da parte del difensore.

In tal senso è consolidato l’orientamento della Suprema Corte secondo cui la denunzia dell’abusivo riempimento di un foglio firmato in bianco postula la proposizione del rimedio della querela di falso tutte le volte in cui il riempimento risulti avvenuto “absque pactis” o “sine pactis”, ipotesi che ricorre anche quando la difformità della dichiarazione rispetto alla convenzione sia tale da travolgere qualsiasi collegamento tra la dichiarazione stessa e la sottoscrizione. Tale rimedio processuale non è necessario invece nell’ipotesi del riempimento “contra pacta”, ossia in caso di mancata corrispondenza tra quanto dichiarato e quanto s’intendeva, invece, dichiarare ( tra le tante, Cass. civ. n. 21587/ 2019, Cass. civ. n. 308/2002).

Con riferimento alla rilevanza della citata documentazione, requisito imprescindibile per l’ammissione e della querela di falso incidentale ex art. 222 c.p.c., va confermata in questa sede dal collegio- astrattamente legittimato a rivalutare ex art. 178 c.p.c. la sussistenza del citato presupposto (cfr. Cass. civ. n.1110/2010) – la correttezza della valutazione sul punto compiuta giudice istruttore.

Invero, per consolidata giurisprudenza, il giudizio preliminare di rilevanza del documento è inteso a stabilire se la contestazione di autenticità e veridicità si presenta influente ai fini della decisione della controversia nella quale la querela di falso è stata incidentalmente proposta (Cass. 80/4951; conf. 80/2942, 76/2234).

L’ accertamento della correttezza di tale giudizio deve, naturalmente, compiersi ex ante, ovvero sulla base dell’esame delle circostanze di fatto che si presentavano al momento della valutazione da parte del g.i., inoltre non deve trasmodare in una valutazione di assoluta decisività della prova documentale oggetto della querela di falso, nel senso che il riconoscimento della falsità o genuinità del documento sia di per sé condizionante l’esito del giudizio, atteso che il documento deve essere comunque valutato all’esito del complessivo sviluppo processuale ed esaminato alla luce del complessivo quadro istruttorio.

Ad avviso di questo collegio, entrambi i documenti oggetto di querela soddisfano i suddetti requisiti, invero, l’accertamento della genuinità del precetto e delle relativa procura a margine- nel senso della sua riconducibilità alla volontà del rappresentato- nel caso di specie, costituirebbe prova per tabulas della conoscenza da parte dell’attore della sentenza richiamata nell’intimazione di pagamento, circostanza in insanabile contrasto con quanto rappresentato negli atti di causa nei quali l’attore inferisce l’impossibilità di proporre appello avverso la sentenza citata del Tribunale di Milano e l’impossibilità di introdurre un autonomo giudizio risarcitorio, proprio sull’assunto che fino al 2009 non avrebbe conosciuto la suddetta sentenza e l’esito del giudizio.

Con riferimento alla procura rilasciata nell’anno 2006 al dott. (…), la sua genuinità, anche in tal caso, confuterebbe le argomentazioni attoree in merito alla conoscenza della sentenza solo nel luglio del 2009, atteso che dalla corrispondenza allegata si evince che il mandato era stato conferito dall’attore al suddetto difensore proprio per recuperare le somme riconosciutegli con la predetta sentenza ( cfr. nota dott. R. all’avv. (…) del 30.05.2006, all. 10 fascicolo (…)).

Con riferimento all’ulteriore censura proposta dalla difesa dell’avv. (…) relativa alla difformità della querela di falso rispetto ai dettami di cui all’artt. 221 c.p.c./99 disp. att. c.p.c., ad avviso di questo collegio, anche tale eccezione va dichiarata infondata.

Invero, la querela è stata depositata telematicamente in data 8.05.2017, redatta e sottoscritta dal difensore munito di procura speciale e dalla parte personalmente, nell’atto si indicavano espressamente e chiaramente i documenti oggetto di querela di falso e venivano articolate le prove a sostegno della dedotta falsità, all’udienza del 9.05.2017 i difensori depositavano originale della querela di falso proposta e chiedevano ammettersene la proposizione.

Risultano pertanto pienamente rispettati i dettami di cui all’artt. 221 c.p.c./99 disp att. c.p.c., irrilevante sul punto è la circostanza che alla successiva udienza del 23.11.2017, fissata per gli adempimenti di cui all’art. 222 c.p.c., alla presenza del pubblico ministero, l’attore personalmente ed “ad abundantiam” abbia confermato la volontà di proporre querela di falso.

Va altresì confermata l’ordinanza riservata emessa all’esito dell’udienza ex art. 222 c.p.c. con la quale sono state ammesse le prove articolate dal querelante e sia stato dichiarata invece la decadenza delle parti convenute dalla relativa articolazione, atteso che, come già evidenziato, tali istanze dovevano essere formulate dalla parte entro l’udienza fissata per gli adempimenti di cui all’art. 222 c.p.c., non essendo previste nel procedimento incidentale di falso alcuna ulteriore scansione processuale alla luce della chiara previsione di cui al comma 2 del suddetto articolo ove è previsto “il giudice che ritiene rilevante autorizza la presentazione della querela, nella stessa udienza o in quella successiva, autorizza i mezzi istruttori che ritiene idonei..”.

Con riferimento all’ulteriore eccezione relativa all’omesso interpello della parte della volontà di avvalersi del documento, va osservato come anche in tal caso l’eccezione è infondata.

Va premesso che per consolidata giurisprudenza la suddetta dichiarazione non deve provenire necessariamente dalla parte personalmente né da procuratore costituito che sia munito di mandato speciale per il compimento di tale atto, non importando, questo, disposizione del diritto in contesa, né essendo la prescrizione del mandato speciale richiesta dall’art. 222 a differenza della disciplina dell’art. 221 per la proposizione della querela di falso (Cass. civ. 92/7054), sicché del tutto valida è la dichiarazione resa in tal senso dal difensore dell’avv. (…).

Con riferimento all’omesso interpello dell’avv. (…), va osservato come il rilievo appaia francamente specioso; in primo luogo, all’udienza preposta per suddetto adempimento la difesa dell’avv. (…) ha rappresentato la conformità agli originale dei documenti oggetto di querela e prodotti telematicamente, chiedendo pertanto dichiararne l’utilizzabilità e riservandosi in ogni caso di produrli in originale, implicitamente manifestando una volontà di avvalersi della produzione documentale; in secondo luogo, alla successiva udienza del 29.05.2017, il difensore ha insistito nel chiedere un termine per articolare prove finalizzate a dimostrare la genuinità del documento prodotto ed oggetto di querela, senza nulla eccepire in merito all’omesso interpello, anche in tal caso assumendo un contegno processuale chiaramente espressivo della volontà di avvalersi della produzione documentale oggetto della querela.

Sul punto va osservato che se la risposta negativa della parte, all’interpello rivolto dal giudice, in ordine al se intende avvalersi in giudizio del documento, può anche desumersi da un equivalente contegno processuale della stessa, quale la mancata comparizione a rispondere (Cass. civ.02/11912; conf. 87/4616) “a contrario”, un chiaro ed esplicito contegno processuale ben può essere espressivo anche di una volontà di segno positivo.

In ogni caso, l’omessa formulazione della relativa eccezione alla prima difesa utile successiva all’omesso interpello della parte, trattandosi invalidità di carattere relativo in quanto a tutela di un interesse di parte- ovvero di quella che ha prodotto il documento- comporta la decadenza della parte in merito alla suddetta eccezione, sollevata solo con la comparsa conclusionale.

Tanto premesso, venendo al merito del giudizio incidentale di falso, con riferimento al dedotto riempimento abusivo del foglio firmato in bianco mediante redazione dell’atto di precetto e relativa procura del 30.06.2003, va osservato come, ad avviso di questo collegio, non sia stata fornita adeguata prova della falsità del suddetto documento.

Sul punto va osservato che nel giudizio di falso, la prova univoca della falsità del documento impugnato con apposita querela deve essere fornita dal querelante perché possa pervenirsi all’accoglimento della relativa domanda, sia essa proposta in via incidentale o in via principale ( Cass. civ. n. 2126/2019). In particolare, in caso di allegazione di un riempimento abusivo di foglio firmato in bianco il sottoscrittore ha l’onere di provare sia che la firma era stata apposta su foglio non ancora riempito, sia che il riempimento era avvenuto absque pactis (Cass. civ. 04/3155; conf. 03/16007)

Nel caso di specie non è stata allegata una rigorosa prova di entrambe le circostanze.

In primo luogo, la deposizione del teste (…), escusso all’udienza del 28.05.2019, è stata quanto mai incerta, atteso che il teste ha riferito di aver accompagnato nel maggio del 2002 l’attore presso lo studio dell’avv. (…) e di essere presente nella stanza al momento dell’apposizione delle firme da parte del (…); afferma inoltre di aver visto l’odierno attore firmare, oltre ad una pagina riempita e dattiloscritta sulla quale apponeva una firma sul margine destro, anche ulteriori due fogli sui quali, riferisce in un primo momento, entrambe le firme erano state apposte in basso al foglio.

Solo presa visione del documento ( precetto) il teste rettifica la deposizione, specificando di riconoscere la firma apposta e precisando che in realtà anche una delle due firme apposte su foglio in bianco era stata apposta sul margine destro.

Sul punto, va precisato che la firma vergata sul precetto è collocata in calce alla procura e sul margine destro, tuttavia è posta al centro del foglio e non certamente in basso, come in un primo momento ricordato dal teste; non si comprende in che modo possa essere stato d’ aiuto alla memoria l’esibizione del documento, di cui è stato asserito l’abusivo riempimento, atteso che secondo le prospettazioni dell’attore il foglio sarebbe stato firmato dinanzi al teste completamente in bianco e l’unico aspetto di rilevanza era costituito dalla posizione delle firma, circostanza in relazione alla quale il contenuto del documento non poteva assumere alcuna valenza significativa in punto di sollecitazione del ricordo, atteso che al momento della firma il foglio era privo di contenuto.

In realtà, in un certo qual modo, la visione del documento è stata di per sé una circostanza quanto mai ” suggestiva”, in quanto il teste resosi conto della non conformità della propria deposizione rispetto a quanto prospettato dal querelante ha a quel punto, in modo “compiacente”, modificato la propria deposizione.

Va poi osservato che la falsità del documento in questione è smentito da un’ ulteriore circostanza, ovvero secondo le prospettazioni del querelante il secondo foglio firmato in bianco nel maggio del 2002, sarebbe stato utilizzato dall’avv. (…) al fine di riempirlo abusivamente con la procura rilasciata in favore del dott. (…) del 22.05.2006, circostanza quest’ ultima documentalmente smentita dal fatto che, allegata alla suddetta procura ” nomina a difensore” il dott. (…) ( o chi per esso) ha prodotto in una corrispondenza con l’avv. (…) una fotocopia di un documento di riconoscimento del querelante rilasciato dal Comune di Cisterna di Latina in data 27.12.2005 (cfr all. 10 fascicolo di parte convenuta (…)).

Tale circostanza dimostra che la convenuta non avrebbe mai potuto riempire abusivamente il citato mandato, ingenerando nell’avv. (…) la convinzione che fosse il dott. (…), atteso che l’ultimo e unico contatto avuto tra le parti sarebbe risalito, secondo il querelante, al maggio del 2002 (ovvero all’atto del conferimento dell’unico mandato per la costituzione in giudizio nella causa pendente dinanzi al Tribunale di Milano) e secondo la (…) nel giugno del 2003, ovvero quando venne redatto l’atto di precetto oggetto di querela, né è dato comprendere come, ipoteticamente, la convenuta avrebbe potuto conseguire successivamente la disponibilità del suddetto documento di identità.

Dunque, smentita la circostanza che la (…) e la (…) potessero aver falsificato la suddetta “nomina a difensore” è fortemente minata in radice l’intera prospettazione attorea della vicenda, ovvero la circostanza che all’atto del conferimento del mandato per costituirsi in giudizio, vennero firmati due fogli dal querelante, completamente in bianco, senza alcun indicazione o patto in merito al loro eventuale futuro riempimento.

Peraltro, da un esame visivo del documento oggetto di querela, si evince ictu oculi come la firma sia stata apposta perfettamente allineata rispetto allo stampato ed ai puntini apposti di seguito alla dicitura “Firma”, inoltre il tratto della penna utilizzato per la sottoscrizione del cliente sembrerebbe del tutto coincidente a quello utilizzato per la firma del difensore ai fini dell’autentica e per il riempimento del mandato con l’indicazione dell’elezione del domicilio, circostanze difficilmente compatibili con la confezione di un falso materiale secondo le modalità prospettate dall’attore.

Ne consegue che, alla luce delle circostanze che precedono, la deposizione del teste (…) ( fratello dell’attore) il quale con risposte estremamente coincise ha confermato quanto prospettato nell’atto di querela di falso dall’attore circa l’apposizione di due firme in bianco coincidenti con quelle oggetto di querela, appare minata in radice in punto di credibilità, emergendo fortemente depotenziata l’attendibilità del teste anche in ragione dello stretto rapporto parentale sussistente con la parte.

Peraltro, assodato che la nomina a difensore in favore del dott. R. non poteva essere stata apposta sull’ipotetico foglio firmato in bianco rilasciato dall’attore all’avv. (…), atteso che allegato ad esso vi era un documento di riconoscimento del querelante che non poteva essere nelle disponibilità delle convenute, la deposizione del teste è scarsamente attendibile nel momento in cui riconosce la corrispondenza delle firme apposte in sua presenza con quelle esibitegli ed apposte sui documenti oggetto di querela, atteso che quanto meno quella relativa al mandato in favore del dott. (…) non poteva coincidere con il citato foglio firmato in bianco, non essendo stato allegato in che modo il dott. (…) o chi in sua sostituzione ne potesse aver avuto successivamente la disponibilità.

Ne consegue il rigetto della querela di falso con riferimento al documento “atto di precetto con procura a margine datato 30.06.2003”.

Con riferimento alla “Nomina a difensore” datata 22.05.2006, va premesso che una volta non dimostrata la falsità dell’atto di precetto sopramenzionato, il citato documento assume una scarsa rilevanza ai fini del decidere in merito alla domanda risarcitoria, irrilevanza tuttavia non evincibile ex ante al momento della proposizione della querela, ma conseguenza del successivo sviluppo processuale del giudizio.

Con riferimento alla falsità del citato documento va premesso che, per le ragioni sopra espresse, non è comunque stato dimostrato che la redazione del falso sia stata opera delle convenute, tuttavia ritiene questo collegio che il complessivo quadro istruttorio ne abbia confermato la falsità.

In tal senso, va preliminarmente osservato che la querela di falso deve essere proposta soltanto contro chi voglia servirsi del documento impugnato, per fondarvi una domanda o un eccezione e non anche contro coloro che, pur volendo vantare in base ad esso, non intendono concretamente avvalersene e neppure contro l’autore vero o presunto della falsificazione ( Cass. civ. n. 330/1967); dunque, correttamente non è stata autorizzata la chiamata in causa del (…) e quest’ultimo è stato escusso come testimone, in assenza peraltro di eccezioni relative all’incapacità e/o nullità della deposizione ex art. 246 c.p.c..

Ascoltato all’udienza del 13.11.2018 il teste, per quel che rileva in questa sede, ha riferito di non conoscere l’attore, di averlo visto per la prima volta in aula, ha precisato che non era mai stato suo cliente né di aver avuto contatti con lui; ha disconosciuto inoltre la documentazione che gli era stata mostrata e segnatamente la procura rilasciata dal (…) oggetto della querele di falso e la corrispondenza intercorsa con l’avv. (…), disconosceva anche la sua firma apposta in calce alla nota del 30.05.2006, precisava altresì di non aver mai conosciuto né l’avv. (…) né l’avv. (…) e di non aver mai avuto con loro alcun contatto o rapporto professionale.

Il teste appare attendibile atteso che è lo stesso avv. (…) che conferma di aver avuto una mera conoscenza di natura “epistolare” con il R., limitata all’occasione dedotta in giudizio, senza mai averne avuto contatti diretti né telefonici; la stessa convenuta inoltre negli scritti conclusionali riconosce la possibilità che entrambe le parti siano state vittima di una possibile sostituzione di persona, ovvero che taluno, non rileva chi in questa sede, abbia speso il nome del dott. (…) ingenerando nell’avv. (…) la convinzione di relazionarsi con quest’ultimo, qualificatosi difensore del (…), al fine di acquisire la sentenza del Tribunale di Milano in originale ed eventualmente appropriarsi delle somme ivi riconosciute in favore dell’attore.

Peraltro, non si comprenderebbe quale sarebbe potuto essere stato l’interesse del teste a deporre il falso, negando ogni rapporto con l’attore e con le convenute e quello di disconoscere la produzione documentale allegata, qualora avesse effettivamente ricevuto il mandato professionale dal (…) ed avesse, in esecuzione dello stesso, richiesto la produzione della sentenza ai fini del recupero delle somme ivi riconosciute, trattandosi di attività pienamente legittime.

Ne consegue, l’accertamento della falsità del documento oggetto di querela, ovvero la nomina a difensore del 22.05.2006 resa dal (…) in favore del dott. (…).

In ogni caso, alla luce della genuinità dell’atto di precetto datato 30.06.2003, la pretesa risarcitoria proposta dall’attore non merita accoglimento, atteso che cade l’elemento costitutivo della domanda per quanto concerne il profilo di inadempimento relativo all’omessa informativa del cliente circa l’esito del giudizio e circa il deposito della sentenza 12343/2002 del Tribunale di Milano, atteso che nel suddetto precetto con allegata procura rilasciata dall’attore, era richiamato il titolo di cui era minacciata l’esecuzione, circostanza che dimostra per tabulas la conoscenza del (…) della sentenza citata.

Ad abundantiam e per completezza, va osservato che l’attore nel giudizio principale non ha articolato nelle memorie ex art. 183 sesto comma c.p.c. alcuna richiesta istruttoria finalizzata a dimostrare la fondatezza nel merito della sua pretesa risarcitoria tale da consentire una valutazione prognostica circa l’esito favorevole dell’eventuale appello avverso la sentenza citata oppure circa l’accoglimento della domanda in un autonomo giudizio da proporre nei confronti del proprio vettore e della relativa compagnia assicurativa.

Ad avviso di questo collegio avrebbe necessitato un approfondimento istruttorio in questa sede l’accertamento della qualità di trasportato dell’attore all’interno dell’autovettura al momento del sinistro.

In proposito, la sentenza resa dal Tribunale di Milano, per quanto si sia limitata alla declaratoria sul punto di improseguibilità del giudizio tuttavia, nel merito, solleva forti dubbi sulla effettiva qualità di trasportato del (…), atteso che l’unico teste che ha riferito la citata circostanza ((…)) ha reso una deposizione che non collima con quanto riferito da altro teste presente ((…)), e pertanto è stato ritenuto scarsamente attendibile dal giudicante ( pag. 8 sentenza allegata sub (…) fascicolo avvocato (…));

il Tribunale meneghino perviene a tale conclusione, anche in ragione dell’inverosimiglianza della suddetta circostanza tenuto conto dinamica del sinistro descritta nel libello introduttivo, ovvero tamponamento di un autovettura in panne sospinta a mano da parte degli occupanti, atteso che in tali occasioni secondo l’id quod plerumque accidit, tutti gli occupanti scendono dall’autovettura per facilitare le operazioni di ripartenza o comunque per renderne più agevole il trasporto a motore spento.

Sul punto, per costante giurisprudenza, in materia di contratto d’opera intellettuale, nel caso in cui risulti provato l’inadempimento del professionista alla propria obbligazione, per negligente svolgimento della prestazione, il danno derivante da eventuali sue omissioni deve ritenersi sussistente qualora, sulla scorta di criteri probabilistici, si accerti che, senza quell’omissione, il risultato sarebbe stato conseguito.

Più in particolare, la responsabilità dell’avvocato – nella specie per omessa proposizione di impugnazione – non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell’attività professionale, occorrendo verificare se l’evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente ed, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone (Cass. civ. n. 2638/2013).

Nel caso di specie, tale prova non è stata fornita né l’attore ha articolato nelle memorie ex art. 183 sesto comma c.p.c. richieste istruttorie finalizzate a dimostrare la fondatezza nel merito della domanda risarcitoria da far valere nei confronti dei soggetti rispetto a i quali il Tribunale di Milano aveva dichiarato l’improcedibilità della domanda; invero le prove orali offerte con le seconde e le terze memorie ex art. 183 sesto comma c.p.c., avevano ad oggetto circostanze di fatto del tutto sovrapponibili a quelle proposte nella querela di falso, senza alcun cenno al thema decidendum et probandum del giudizio a quo definito dal Tribunale di Milano.

Ne consegue, anche sotto tale ulteriore profilo, il rigetto della domanda risarcitoria, non avendo l’attore dimostrato il probabile conseguimento di alcun risultato utile anche nell’ipotesi di riproposizione di un autonomo giudizio per i fatti citati o di appello avverso la sentenza resa dal Tribunale di Milano.

Con riferimento all’ultimo profilo di responsabilità professionale dedotto, ovvero l’omessa consegna da parte delle convenute al cliente dell’assegno che l'(…) avrebbe, a suo dire, fatto pervenire nelle disponibilità dell’attore in relazione alle somme riconosciute in sentenza, nessuna prova è stata fornita a riguardo in relazione all’effettiva emissione di tale assegno e della consegna dello stesso alle convenute. Peraltro, la redazione dell’atto di precetto nell’anno 2003, di cui non è stata dimostrata la falsità, dimostra come non vi è stata alcuno spontaneo adempimento da parte della compagnia assicurativa.

Va poi osservato che, anche in tal caso, difetterebbe comunque la prova del danno subito, atteso che qualora fosse stata dimostrata l’effettiva conoscenza della sentenza del Tribunale di Milano nel luglio 2009 e l’omesso pagamento da parte della Compagnia, in ogni caso, in tale momento, non era ancora decorso il termine di prescrizione decennale per azionare il diritto di credito riconosciuto in sentenza (pronuncia depositata in data 8.05.2002).

Alla luce della reiezione della domanda attrice la domanda di manleva proposta dall’avv. (…) nei confronti della terza chiamata (…) spa deve dichiararsi assorbita.

Ai sensi dell’art. 226 c.p.c. va poi ordinato dal collegio la restituzione del documento” atto di precetto con procura a margine datato 30.06.2003″. in favore delle parti convenute che lo hanno prodotto e disposto che, a cura del cancelliere, sia fatta menzione della sentenza sull’originale o sulla copia che ne tiene luogo.

Sempre ex art. 226 c.p.c. va altresì disposta condanna della parte querelante a una pena pecuniaria di Euro 20,00 in favore dell’Erario.

Le spese processuali, in ragione del parziale accoglimento della querela di falso ( limitatamente alla “nomina a difensore” del 22.05.2006), meritano compensazione per 1/3, la restante quota seguirà la soccombenza ed è a carico di parte attrice, liquidata come da dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 ( scaglione indeterminabile complessità alta).

Le spese di causa tra la convenuta (…) e la G. spa, in virtù del principio di causazione, vanno poste a carico di parte attrice attesa la non palese infondatezza della chiamata in garanzia ( Cass. civ. n. 31889/2019). Non sussistono ad avviso del collegio i presupposti di cui all’art. 96 primo e terzo comma c.p.c., sia in ragione del parziale accoglimento della querela di falso sia in ragione dell’obiettiva complessità delle questioni affrontate sia in fatto che in diritto, circostanza che non ha reso palesemente pretestuosa o arbitraria la domanda attorea.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando, ogni diversa eccezione, istanza e deduzione disattesa:

Rigetta la domanda risarcitoria proposta da parte (…); In parziale accoglimento della querela di falso proposta da (…), dichiara la falsità della “Nomina a difensore” datata 22.05.2006 sottoscritta dall’attore;

Dichiara assorbita la domanda di garanzia proposta dalla convenuta (…) nei confronti della (…) spa;

Condanna ai sensi dell’art. 226 c.p.c. parte attrice al pagamento in favore dell’Erario della somma di Euro 20,00;

Ordina la restituzione del documento “atto di precetto con procura a margine datato 30.06.03” in favore delle parti convenute che lo hanno prodotto e dispone che, a cura del cancelliere, sia fatta menzione della sentenza sull’originale o sulla copia che ne tiene luogo;

Rigetta la domanda riconvenzionale ex art. 96 primo e terzo comma c.p.c. proposta da (…);

Compensa per 1/3 le spese di lite ponendo la restante quota, che si liquida in rispettivi Euro 6500,00 per ciascuna parte convenuta per competenze oltre accessori di legge, a carico, a carico di parte attrice;

Condanna parte attrice alla refusione delle spese di causa in favore della (…) spa, liquidate in Euro 5000,00 per competenze oltre accessori di legge.

Così deciso in Latina il 30 marzo 2020.

Depositata in Cancelleria il 3 aprile 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.