in caso di simulazione relativa di un contratto per il quale sia prescritta la forma scritta ad substantiam, la dimostrazione della volonta’ delle parti di concludere un negozio diverso da quello apparente incontra non solo le normali limitazioni legali all’ammissibilita’ della prova testimoniale e per presunzioni, ma anche l’ostacolo, piu’ rigoroso, derivante dal disposto dell’articolo 1414 c.c., comma 2 e articolo 2725 c.c., norme in base alle quali il contratto dissimulato ha efficacia tra le parti purche’ ne sussistano i requisiti di sostanza e di forma: di talche’, ove si tratti di contratto per il quale la forma scritta e’ richiesta sotto pena di nullita’, e’ necessaria la produzione di una controdichiarazione contestuale alla stipula del contratto. Inoltre a norma dell’articolo 1417 c.c., la prova per testimoni della simulazione e’ ammissibile senza limiti solo se la domanda e’ proposta da creditori o da terzi mentre, se e’ invocata dalle parti, essa puo’ essere ammessa unicamente qualora sia diretta a far valere l’illiceita’ del contratto dissimulato.
Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Ordinanza|3 novembre 2021| n. 31243
Data udienza 18 maggio 2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9549/2016 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS), domiciliato all’indirizzo pec (OMISSIS);
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS), ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in (OMISSIS);
– controricorrente –
nonche’
(OMISSIS), e (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 1149/2015 della CORTE DI APPELLO di L’AQUILA, pubblicata il 15/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/05/2021 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 22.4.2006 (OMISSIS) conveniva in giudizio i propri fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), assieme a (OMISSIS), deducendo di essere emigrato in Canada da molti anni e di essere stato costretto, nel 1981, a fare ritorno in Italia, per acquistare un immobile per i propri genitori che, rimasti in Italia, versavano in una situazione di indigenza; che una volta trovata la casa aveva dovuto fare ritorno in Canada, per cui il contratto di acquisto (stipulato il 17.10.1981) era poi ripassato tra i venditori (il (OMISSIS) e la di lui moglie, nelle more deceduta) e il proprio fratello (OMISSIS) (che all’epoca era ancora studente) benche’ il prezzo fosse stato pagato da esso attore; che di seguito (OMISSIS), con contratto del 3.3.2006, aveva donato lo stesso immobile all’altro fratello, (OMISSIS). Pertanto, l’attore chiedeva di accertarsi che era simulata l’originaria intestazione dell’immobile in favore di (OMISSIS), in quanto acquirente effettivo e unico proprietario del bene era esso; che era percio’ affetto da nullita’ il successivo contratto di donazione, ripassato tra (OMISSIS) e (OMISSIS), sia perche’ il donante non era proprietario del bene, sia perche’ era inveritiera la qualificazione che i contraenti avevano dato alla donazione, indicandola come remuneratoria. Infatti, dal contratto figurava che (OMISSIS) aveva voluto donare l’immobile a (OMISSIS) per ricompensarlo delle somme che quello gli aveva mutuato nel tempo, mentre era stato esso attore ad aiutare economicamente il fratello (OMISSIS) finche’ questi non aveva acquisito la propria indipendenza economica.
Nella contumacia del (OMISSIS), i germani dell’attore chiedevano il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, la condanna del fratello alla restituzione delle chiavi e della piena disponibilita’ dell’immobile: tali istanze erano accolte dal Tribunale di Lanciano con sentenza n. 230/2009.
Avverso detta sentenza proponeva appello (OMISSIS), al quale resistevano i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS).
Con sentenza n. 1149/2015, depositata in data 15.10.2015, la Corte d’Appello di L’Aquila respingeva il gravame condannando l’appellante al pagamento delle spese di lite del grado d’appello. In particolare, la Corte territoriale rilevava che la dedotta simulazione non fosse stata accompagnata da alcuna controdichiarazione scritta. La rilevanza probatoria degli assegni emessi dal ricorrente era stata contestata dal resistente il quale, con la memoria di replica ex articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 3, aveva dedotto capitoli di prova per interpello dell’attore e per testi volti a dimostrare che gli assegni erano stati emessi non per contribuire al sostentamento di (OMISSIS), ma per acquistare beni (mobili e arredi di pregio).
Pertanto, nella fattispecie, la controversia tra il preteso acquirente effettivo e l’apparente compratore non poteva essere risolta con la prova per testimoni o per presunzioni di un accordo simulatorio cui avesse aderito il venditore, e neppure, in assenza di controdichiarazione, con il deferimento del giuramento o con l’interrogatorio formale, non potendo supplire la confessione alla mancanza dell’atto scritto. Infine, inammissibile risultava la querela di falso proposta dall’appellante in relazione al contenuto della donazione, con cui si intendeva dimostrare che il contratto fosse falso nella parte in cui il donante ((OMISSIS)) aveva dichiarato che si sarebbe indotto alla donazione per compensare il donatario ( (OMISSIS)), che l’aveva aiutato nel corso degli anni.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione (OMISSIS) sulla base di tre motivi. Resiste (OMISSIS) con controricorso, illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il controricorrente ha eccepito l’inammissibilita’ del ricorso, giacche’ nella fattispecie si sarebbe in presenza di una “doppia conforme”, rispetto alla quale, secondo l’orientamento univoco della Suprema Corte, il ricorrente, per evitare l’inammissibilita’ del motivo di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della sentenza di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse.
Vero, allora che per avvalersi della c.d. “doppia conforme”, prevista dall’articolo 348-ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione – onde evitare l’inammissibilita’ del motivo di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5 (nel testo riformulato dal Decreto Legge n. 83 cit., articolo 54, comma 3, ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 26774 del 2016; conf. ex plurimis, Cass. n. 20994 del 2019; Cass. n. 22430 del 2018).
Vero, pero’, anche che tale strumento processuale e’ applicabile, ai sensi del precedente articolo 54, comma 2, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012 (Cass. n. 11439 del 2018; Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n. 26860 del 2014); e quindi ratione temporis non rileva nella fattispecie, giacche’ la causa civile di appello risulta iscritta al R.G.A.C. al n. 968/2009 (come si evince dalla intestazione della impugnata sentenza di appello).
2. – Con il primo motivo, il ricorrente lamenta l'”Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”, giacche’ a suo dire la Corte distrettuale non aveva tenuto conto che, nel corso del giudizio di merito, non vi era stata una forma di contrasto alle tesi dell’appellante, in assenza di una contestazione specifica circa l’esistenza o meno di una controdichiarazione; laddove era documentato che (OMISSIS) fosse il fratello bisognoso di assistenza economica, e che una controdichiarazione non ci fosse stata tra le parti “semplicemente perche’ non se ne era parlato”.
2.1. – Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la “Violazione ed errata applicazione delle norme di diritto rispetto all’articolo 115 c.p.c., novellato”. La Corte territoriale ometteva di valutare come, in assenza di una specifica contestazione, le realta’ evidenziate dall’appellante fossero meritevoli di accoglimento. Secondo il ricorrente il collegio di secondo grado avrebbe dovuto prendere atto delle emergenze e concludere in modo difforme, accogliendo la domanda trattandosi di simulazione relativa, in quanto era stato provato, attraverso la produzione di assegni, che molto denaro era stato dato al fratello (OMISSIS) dall’appellante (ora ricorrente) (OMISSIS).
2.2. – Stante la loro connessione, i motivi primo e secondo vanno esaminati e decisi congiuntamente.
2.3. – Entrambi i motivi sono inammissibili.
3. – Con riguardo ai diversi profili richiamati, si sottolinea che costituisce principio consolidato, quello secondo cui il novellato paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nella formulazione adottata dal Decreto Legge n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012, ed applicabile ratione temporis) consente di denunciare in cassazione (oltre all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante) solo il vizio dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, ove esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass. sez. un. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 14014 del 2017; Cass. n. 9253 del 2017). Detto controllo concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (Cass., sez. un., n. 19881 del 2014).
Nel rispetto, inoltre, delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, la ricorrente (nella specie) avrebbe dunque dovuto anche specificamente e contestualmente indicare con precisione, oltre al “fatto storico” il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e, soprattutto, la sua “decisivita’” (Cass. n. 14014 del 2017; Cass. n. 9253 del 2017). Viceversa, nei motivi in esame, della enucleazione e della configurazione della sussistenza (e compresenza) di siffatti presupposti processuali (sostanziali e non meramente formali), onde potersi ritualmente riferire al parametro di cui dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, non v’e’ alcuna idonea e specifica indicazione.
3.1. – Sotto altro profilo, il ricorrente eccepiva che la Corte territoriale ometteva di valutare, in assenza di una specifica contestazione, se le realta’ dallo stesso evidenziate fossero meritevoli di accoglimento; sicche’ il giudice di secondo grado avrebbe dovuto prendere atto delle emergenze e concludere in modo difforme, accogliendo la domanda trattandosi di simulazione relativa, essendo stato dunque provato, attraverso la produzione di assegni, che molto denaro era stato dato al fratello (OMISSIS) dall’appellante.
3.2. – Peraltro, e’ principio consolidato che “in caso di simulazione relativa di un contratto per il quale sia prescritta la forma scritta ad substantiam, la dimostrazione della volonta’ delle parti di concludere un negozio diverso da quello apparente incontra non solo le normali limitazioni legali all’ammissibilita’ della prova testimoniale e per presunzioni, ma anche l’ostacolo, piu’ rigoroso, derivante dal disposto dell’articolo 1414 c.c., comma 2 e articolo 2725 c.c., norme in base alle quali il contratto dissimulato ha efficacia tra le parti purche’ ne sussistano i requisiti di sostanza e di forma: di talche’, ove si tratti di contratto per il quale la forma scritta e’ richiesta sotto pena di nullita’, e’ necessaria la produzione di una controdichiarazione contestuale alla stipula del contratto. In definitiva, dolendosi della mancata ammissione della prova testimoniale e invocando gli elementi di carattere indiziario che avrebbero dovuto indurre tout court il giudice di merito a ritenere che la vendita mascherava una donazione, il ricorrente dimentica che, a norma dell’articolo 1417 c.c., la prova per testimoni della simulazione e’ ammissibile senza limiti solo se la domanda e’ proposta da creditori o da terzi mentre, se e’ invocata dalle parti, essa puo’ essere ammessa unicamente qualora sia diretta a far valere l’illiceita’ del contratto dissimulato. E dimentica altresi’ che, giusta il disposto dell’articolo 2729 c.c., comma 2, le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni” (Cass. n. 4071 del 2008; conf. Cass. n. 21822 del 2010).
3.3. – Si osserva dunque che, nel dichiarare pacifica la circostanza dell’inesistenza della controdichiarazione (sentenza impugnata, pag. 4), la Corte d’appello si era basata su quanto affermato nell’atto di citazione da parte di (OMISSIS), e cioe’ che il medesimo dichiarava di non avere mai sottoscritto alcunche’ attestante la natura fittizia dell’intestazione dell’immobile, in virtu’ dei rapporti di strettissima parentela e della piena fiducia che riponeva nel fratello (OMISSIS). Quindi, l’inesistenza della controdichiarazione era stata ammessa sin dall’atto introduttivo del giudizio dallo stesso attore.
4. – Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la “Violazione ed errata applicazione delle norme di diritto rispetto all’articolo 222 c.p.c.”, rilevandosi come in sede di proposizione di querela di falso la Corte di merito aveva omesso l’interpello delle controparti, in tal modo creando un vulnus alla procedura che non era stata rispettata.
4.1. – Anche il terzo motivo e’ inammissibile.
4.2. – La giurisprudenza consolidata di questa Corte (Cass. n. 22064 del 2020; Cass. n. 10231 del 2013; Cass. n. 6534 del 2013), e’ nel senso che, dedotta in giudizio dal creditore la falsita’ materiale di una quietanza (o ricevuta), e’ onere del sottoscrittore proporre querela di falso per fornire la prova dell’avvenuta contraffazione del documento ed interrompere il collegamento, quanto alla provenienza, tra dichiarazione e sottoscrizione. La querela di falso postula (nell’ipotesi di sua proposizione relativa a scrittura privata) che quest’ultima sia stata riconosciuta volontariamente dal suo autore, o che debba considerarsi legalmente come tale, e che il querelante intenda eliminare la sua efficacia probatoria attribuitale dall’articolo 2702 c.c., o, almeno, voglia contestare la genuinita’ dell’inerente documento; ragion per cui la proponibilita’ della suddetta querela presuppone, in ogni caso, che la scrittura alla quale si rivolgeva fosse stata sottoscritta, costituendo, invero, la sottoscrizione un suo elemento essenziale (Cass. n. 18323 del 2007).
La scrittura privata, una volta intervenuto il riconoscimento o un equipollente legale di questo, e’ assistita da una presunzione di veridicita’ per quanto attiene alla riferibilita’ di essa al suo sottoscrittore, sicche’ la difformita’ tra l’imputabilita’ formale del documento e l’effettiva titolarita’ della volonta’ che esso esprime, quando non attenga ad un’intrinseca divergenza del contenuto, ma all’estrinseco collegamento dell’espressione apparente, non e’ accertabile con i normali mezzi di contestazione e prova, ma soltanto con lo speciale procedimento previsto dalla legge per infirmare il collegamento fra dichiarazione e sottoscrizione, cioe’ con la querela di falso (in senso conforme Cass. n. 18664 del 2012; Cass. n. 3532 del 1972; Cass. n. 1258 del 1971).
Pertanto, l’istanza di verificazione non puo’ che riguardare documenti originali, a nulla rilevando un disconoscimento effettuato nei confronti di una semplice copia fotostatica (Cass. n. 9971 del 2014), (residua anche in questo motivo la non spiegata violazione dell’articolo 24 Cost. e articolo 1988 c.c., rispetto al paradigma di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5).
5. – Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Va emessa la dichiarazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, ex articolo 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 5.500,00 di cui Euro 200,00 per rimborso spese vive, oltre al rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%, ed accessori di legge. Ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, dal ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.