In merito al tema della possibile perdita dei requisiti di mutualita’ prevalente nella societa’ cooperativa, la Corte ha stabilito i seguenti principi di diritto:
1) in tema di societa’ cooperativa, la perdita dei requisiti di mutualita’ prevalente, conseguente alla modificazione ovvero alla soppressione delle clausole antilucrative, non comporta l’obbligo della societa’ di devolvere il valore effettivo del patrimonio, dedotti il capitale versato e rivalutato e i dividendi non ancora distribuiti in favore del fondo mutualistico di appartenenza, giacche’ detto effetto a seguito della riforma del diritto societario del 2003 si produce ai sensi dell’articolo 2545 undecies c.c., se la societa’ deliberi la propria trasformazione, mentre nel diverso caso della perdita dei requisiti di mutualita’ prevalente l’articolo 2545 octies c.c., prevede che gli amministratori, sentito il parere del revisore esterno, debbano redigere apposito bilancio al fine di determinare il valore effettivo dell’attivo patrimoniale da imputare alle riserve indivisibili;
2) in tema di societa’ cooperativa, la L. 23 dicembre 2000, n. 388, articolo 17, ai sensi del quale la soppressione da parte della societa’ delle clausole di cui al D.Lgs.C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1577, articolo 26, comporta l’obbligo per la stesse di devolvere il patrimonio effettivo in essere alla data della soppressione, dedotti il capitale versato e rivalutato ed i dividendi eventualmente maturati, in favore del fondo mutualistico di appartenenza deve reputarsi, a seguito della riforma societaria del 2003, implicitamente abrogato, giacche’ detto effetto si produce nel regime normativo attuato dalla riforma ai sensi dell’articolo 2545 undecies c.c., se la societa’ deliberi la propria trasformazione, mentre nel diverso caso della perdita dei requisiti di mutualita’ prevalente l’articolo 2545 octies c.c., prevede solo che gli amministratori, sentito il pararere del revisore esterno, debbano redigere apposito bilancio al fine di determinare il valore effettivo dell’attivo patrimoniale da imputare alle riserve indivisibili. Ne’ vale ad assicurare l’ultrattivita’ di detta norma l’articolo 111 decies disp. att. c.c., giacche’ esso, coerentemente con la propria natura di norma transitoria, e’ diretto unicamente ad agevolare l’adeguamento delle clausole antilucrative gia’ presenti nello statuto delle societa’ cooperative e mutualita’ prevalente al regime normativo attuato dalla riforma”.
Corte di Cassazione|Sezione 1|Civile|Ordinanza|28 luglio 2022| n. 23602
Data udienza 24 maggio 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente
Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24754/2017 proposto da:
(OMISSIS) s.p.a., della (OMISSIS), in persona del Presidente legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), e (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza 1178/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, pubblicata il 21/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del o
24/05/2022 dal Cons. Dott. Marco Marulli.
FATTI DI CAUSA
1.1. La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza riportata in copertina, rigettandone il gravame avverso la contraria decisione di primo grado, ha nuovamente respinto la domanda del Fondo mutualistico per la (OMISSIS) s.p.a. della (OMISSIS) – in breve (OMISSIS) s.p.a. – intesa a conseguire la devoluzione in proprio favore del patrimonio sociale della (OMISSIS), domanda motivata sul presupposto che, avendo la cooperativa, gia’ fruente delle provvidenze previste dal Decreto Legislativo C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1577 – di seguito, per semplicita’, “legge Basevi” – deliberato in data il 2.4.2005 la modificazione, sopprimendole, delle disposizioni presenti nel proprio statuto in punto al divieto di distribuzione delle riserve tra i soci e di devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento, erano maturate le condizioni previste dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, articolo 17, di guisa che il patrimonio sociale della (OMISSIS) le andava per questo devoluto.
1.2. La Corte d’Appello nel ricusare le ragioni di gravame, pur condividendo l’assunto tribunalizio secondo cui le clausole antilucrative gia’ presenti nello statuto sociale della cooperativa non erano state soppresse, ma solo modificate – in particolare perche’ la devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento secondo le “previsioni di legge” andava intesa considerando che la (OMISSIS), era una cooperativa a mutualita’ prevalente, mentre il divieto di distribuzione delle riserve era stato “spalmato” su altre disposizioni statutarie – ha inizialmente sostenuto, riferendosi alla norma racchiusa nell’articolo 111 decies disp. att. c.c. – norma che nel ragionamento dell’impugnante confermerebbe la perdurante vigenza della L. n. 388 del 2000, articolo 17, e renderebbe percio’ fondata la propria pretesa – che la corretta interpretazione di essa non porta necessariamente a ritenere che l’obbligo di devoluzione in favore dei fondi mutualistici si renda operante “in tutte le ipotesi in cui le cooperative perdano la caratteristica statutaria di mutualita’ prevalente, pur mantenendo la forma cooperativa e non trasformandosi in societa’ a fini di lucro”. Considerato, infatti, che l’articolo 111 decies disp. att. c.c., si colloca in un quadro in cui, a seguito della riforma del diritto societario, e’ consentita la trasformazione, in precedenza preclusa, delle societa’ cooperative in societa’ lucrative, risulta evidente – annota il decidente – che, il legislatore, derogando per mezzo della norma transitoria all’obbligo di devoluzione imposto dalla L. n. 388 del 2000, articolo 17, abbia voluto “preservare dalla devoluzione, e dunque da una situazione equivalente a quella della trasformazione da societa’ cooperativa a societa’ a fini di lucro, tutti i casi in cui i soci abbiano deciso di mantenere la forma cooperativa, ancorche’ la stessa abbia perso la caratteristica della mutualita’ prevalente”. In buona sostanza – prosegue la sentenza – “il quadro normativo e’ tale per cui la societa’ cooperativa che abbia perso la caratteristica di mutualita’ prevalente non e’ in alcun modo equiparata, quanto al mantenimento del proprio patrimonio costituito dalle riserve indisponibili, alla cooperativa che si trasforma in societa’ a fini di lucro. … Una diversa interpretazione si troverebbe in contrasto con il quadro complessivo delle norme che tutelano al continuita’ della forma cooperativa anche in ipotesi di perdita della caratteristica della mutualita’ prevalente. Ma soprattutto si porrebbe al di fuori di un’interpretazione letterale delle norme, che in alcun contesto prevedono la sussistenza di un obbligo di devoluzione per societa’ che mantengono la forma cooperativa, quasi che fosse possibile un’equiparazione di fatto quanto alla conservazione del patrimonio, alle cooperative che si trasformano in societa’ a fini di lucro”.
1.3. Per la cassazione di detta sentenza (OMISSIS) si affida a due motivi di impugnazione, seguiti da memoria, ai quali replica la cooperativa intimata con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Con il primo motivo di ricorso, la societa’ ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, articolo 14, della L. 31 gennaio 1992, n. 59, articolo 11, comma 5, della L. n. 388 del 2000, articolo 17, del Decreto Legislativo 2 agosto 2002, n. 220, articolo 16, nonche’ dell’articolo 2545 octies c.c., e articolo 111 decies disp att. c.c., per avere la Corte d’Appello ritenuto insussistente l’obbligo di devoluzione previsto dalle citate disposizioni nel caso in cui la societa’ cooperativa proceda alla soppressione nel proprio statuto delle c.d. clausole mutualistiche. Argomenta il ricorrente, a confutazione dell’avviso cosi’ espresso, che la Corte d’Appello, errando nell’interpretazione delle norme richiamate, avrebbe mostrato di credere che la riforma societaria abbia “in qualche modo” comportato un superamento del principio enunciato dalla L. n. 388 del 2000, articolo 17, secondo cui in caso di perdita dei requisiti di mutualita’ di cui all’articolo 26 “legge Basevi” conseguente alla soppressione delle clausole relative, il patrimonio sociale deve essere liquidato in favore dei fondi mutualistici. Al contrario sostiene la ricorrente la norma in questione “non appare in alcun modo superata”, giacche’ la deroga che riguardo ad essa detta l’articolo 111 decies disp att. c.c., nel senso di escludere l’obbligo di devoluzione a carico delle societa’ che si limitino solo a modificare le clausole di mutualita’ ovvero che per due esercizi consecutivi non rispettino i requisiti di prevalenza di cu all’articolo 2513 c.c., opera ai soli fini di consentire, appunto mediante la loro modifica, l’adeguamento dei requisiti mutualistici gia’ imposti dalla “legge Basevi” a quelli previsti dall’articolo 2514 c.c., e non si renderebbe percio’ applicabile nel caso della soppressione di detti requisiti in tal senso rivelandosi decisiva la modifica apportatavi in sede di approvazione definitiva, sostituendo al termine “soppressione” il termine “modificazione”.
3. Il motivo non ha pregio.
Il ragionamento decisorio di cui si e’ fatto interprete il giudice d’appello – alla cui fondatezza nuila toglie la prassi di segno contraria consolidatasi a quel che si riferisce in sede amministrativa per l’ovvia inconferenza di essa, ne’ il precedente di questa Corte che F) riguarda il ben diverso caso, consumatosi peraltro in epoca antecedente all’entrata un vigore della novella societaria, della perdita dei requisiti mutualistici a seguito di fusione – nel misurarsi con la questione di diritto oggetto di giudizio – se a seguito della soppressione delle clausole mutualistiche figuranti nello statuto di una societa’ cooperativa a mutualita’ prevalente insorga o meno l’obbligo di devolvere il patrimonio sociale in favore dei fondi mutualistici – muove da premesse di principio del tutto, incontrovertibili e perviene, seppur implicitamente, ad un approdo che il Collegio reputa pienamente condivisibile.
4. Com’e’ noto nel riformare la materia cooperativistica il legislatore della novella societaria si e’ mosso nel senso di assecondare primariamente l’attuazione delle linee guida dettate al riguardo dalla legge delega (L. 3 ottobre 2001, n. 366) – che, si ricordera’, oltre a rinverdire anche in questo campo la centralita’ dei principi generali previsti per tutte le societa’ interessate dalla riforma dall’articolo 2, non dimenticava di dare atto della peculiarita’ del fenomeno invitando il legislatore delegato ad “assicurare il perseguimento della funzione sociale delle cooperative, nonche’ dello scopo mutualistico da parte dei soci cooperatori” (articolo 5, comma 1, lettera a) – promuovendo – anche qui in chiara adesione ad un indirizzo della legge delega (articolo 5, comma 1, lettera b) – l’identificazione all’interno di un piu’ ampio genus caratterizzato dal perseguimento dello scopo mutualistico, quale controaltare dello scopo lucrativo che connota normativamente il tipo societa’, del modello della societa’ cooperativa “costituzionalmente riconosciuta” o, come meglio recita la novella in piu’ spiccata sintonia con “lo stile espressivo classico del codice civile”, della societa’ cooperativa a mutualita’ prevalente. Sono tali, dice l’articolo 2512 c.c., comma 1, nell’indicarne le caratteristiche che consentono di distinguerle dalle “societa’ cooperative diverse”, le societa’ cooperative, che, in ragione del tipo di scambio mutualistico, “1) svolgono la loro attivita’ prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi; 2) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attivita’, delle prestazioni lavorative dei soci; 3) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attivita’, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci”. Aggiunge a maggior presidio di questa natura, l’articolo 2514 c.c., comma 1, riprendendo in buona parte i requisiti gia’ a tal fine indicati dall’articolo 26 della “legge Basevi”, che “le cooperative a mutualita’ prevalente devono prevedere nei propri statuti: a) il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato; b) il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi; c) il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori; d) l’obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della societa’, dell’intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la (OMISSIS)”.
5. A questo primo snodo normativo, il legislatore societario ne ha fatto seguire uno non meno cruciale, rompendo sul punto una tradizione consolidatasi normativamente nel divieto a questo fine imposto dalla L. 12 febbraio 1971, n. 127, articolo 14, prevedendo, secondo un intendimento in tal senso reso esplicito dalla legge di delega (articolo 5, comma 2, lettera f), per mezzo dell’articolo 2545 decies c.c., che “le societa’ cooperative diverse da quelle a mutualita’ prevalente possono deliberare, con il voto favorevole di almeno la meta’ dei soci della cooperativa, la trasformazione in una societa’ del tipo previsto dal titolo V, capi II, III, IV, V, VI e VII, o in consorzio”. Per questa ipotesi, che concerne le sole societa’ cooperative “diverse”, onde il divieto di trasformazione resta comprensiblmente vigente per le societa’ cooperative a mutualita’ prevalente in ragione del regime di particolare favore di cui esse godono in campo tributario, il successivo articolo 2545 undecies c.c., si da’ cura di precisare che “la deliberazione di trasformazione devolve il valore effettivo del patrimonio, dedotti il capitale versato e rivalutato e i dividendi non ancora distribuiti, eventualmente aumentato fino a concorrenza dell’ammontare minimo del capitale della nuova societa’, esistenti alla data di trasformazione, ai fondi mutualistici per la (OMISSIS)”.
6. Un terzo dato di sicuro effetto nel dare le coordinate normative del problema in trattazione si apprende dalla lettura dell’articolo 2545 octies c.c.. La norma, che recepisce in modo esplicito la distinzione nel tipo societa’ cooperativa dei sottotipi rappresentati dalla societa’ cooperativa “a mutualita’ prevalente” e delle societa’ cooperative “diverse”, stabilisce, per quanto qui rileva, che “la cooperativa perde la qualifica di cooperativa a mutualita’ prevalente quando, per due esercizi consecutivi, non rispetti la condizione di prevalenza, di cui all’articolo 2513, ovvero quando modifichi le previsioni statutarie di cui all’articolo 2514” (comma 1); “in questo caso, sentito il parere del revisore esterno, ove presente, gli amministratori devono redigere un apposito bilancio, da notificarsi entro sessanta giorni dalla approvazione al Ministero delle attivita’ produttive, al fine di determinare il valore effettivo dell’attivo patrimoniale da imputare alle riserve indivisibili. Il bilancio deve essere verificato senza rilievi da una societa’ di revisione” (comma 2).
Al di la’ di quanto gia’ si e’ osservato, la norma ha anche il merito di mettere in chiaro, in uno ancora col fatto – su cui insiste, tra l’altro, volutamente la relazione ministeriale al testo definitivo della novella – che la societa’ a mutualita’ non prevalente resta a tutti gli effetti una societa’ mutualistica, che la perdita dei requisiti di mutualita’ prevalente conseguenti alla modificazione delle clausole a tal fine figuranti nello statuto sociale non solo non comporta la fuoriuscita della societa’ dal campo mutualistico, ma non comporta neppure l’effetto di imporre l’obbligo di devoluzione del patrimonio effettivo in favore dei fondi mutualistici, giacche’ l’unica conseguenza che si produce in tal caso e’ l’obbligo per gli amministratori di predisporre un bilancio straordinario al fine di determinare il valore effettivo dell’attivo patrimoniale da imputare alle riserve indisponibili.
7. Questo dunque, a grandi linee, e’ il quadro di riferimento entro il quale si colloca l’odierna questione in giudizio. Ed e’ un quadro di riferimento, va detto subito, che non reca alcun conforto alla tesi di parte ricorrente.
La tesi del ricorrente, si e’ visto, vuole vedere riconosciuto il principio secondo cui la soppressione delle clausole antilucrative – a cui nella specie la (OMISSIS) avrebbe provveduto adottando la deliberazione del 2.4.2005 – determinerebbe in capo alla deliberante l’obbligo di devolvere il patrimonio effettivo, al netto del capitale e dei dividendi eventualmente maturati, in favore del fondo mutualistico di appartenenza ovvero a proprio favore.
E’ una tesi, tuttavia, che non puo’ trovare alcuno spazio nell’assetto attuale che alla materia ha voluto imprimere il legislatore della riforma societaria. Se come detto in questo assetto l’obbligo di devolvere il patrimonio sociale effettivo e’ previsto dall’articolo 2545 undecies c.c., solo nell’ipotesi in cui la societa’ cooperativa delibera la propria trasformazione a mente dell’articolo 2545 decies c.c., e, se, d’altro canto, a mente dell’articolo 2545 octies, la perdita dei requisiti che assicurano alla societa’ lo statuto della cooperativa a mutualita’ prevalente comporta quale unico effetto quello per gli amministratori di predisporre un bilancio straordinario che fotografi la situazione patrimoniale al fine di stabilire la misura delle riserve indisponibili, prevedere viceversa che la soppressione delle clausole antilucrative determini l’obbligo di devoluzione introduce un evidente elemento di distonia nell’equilibrio del sistema del tutto estraneo agli intendimendi e, vieppiu’, agli enunciati del legislatore, che ha indicato con assoluta inoppugnabile chiarezza che questo effetto non si produce nel caso di perdita dei requisiti della mutualita’ prevalente e che al contrario esso si produce solo nel caso della trasformazione, formalizzando in tal modo i due estremi entro i quali il problema va ricondotto e risolto. In buona sostanza, fermo questo quadro di riferimento, “tertium non datur”.
8. Oppone, tuttavia, il ricorrente, sollevando una prima obiezione di fronte a questa opzione, che nel caso di specie non sarebbe invocabile il diverso principio risultante dall’articolo 2545 octies c.c., che esclude l’effetto devolutivo in caso di modificazione delle clausole antilucrative, dal momento che la cooperativa non si sarebbe limitata a deliberarne la modificazione, ma le avrebbe piu’ drasticamente soppresse.
L’obiezione non scalfisce pero’ la fondatezza del ragionamento qui sviluppato e della conclusione in diritto a cui si pervenuti.
E’ intanto discutibile la premessa di ordine letterale su cui l’obiezione si radica, ne’ ad essa pare profittare il fatto, su cui pure il ricorso insiste, che nell’approvare la norma transitoria dell’articolo 111 decies disp. att. c.c., si sia pensato di sostituire la locuzione “soppressione”, presente nel testo iniziale, con la locuzione “modificazione” ora presente nella norma. E’ certo un sottile disquisire quello di cui si discute a questo riguardo, sebbene il collegio non abbia su questo punto ragione di discostarsi dal pensiero espresso dal giudice di merito che, prendendo le distanze dal ricorrente secondo cui il concetto di modificazione integrerebbe un minus rispetto a quello di soppressione, ha fatto notare che il termine conclusivamente adottato dal legislatore potrebbe intendersi anche nel senso di “un ampliamento volendosi comprendere oltre ai casi di pacifica soppressione, anche quelli in cui l’intervento sulle clausole si sia limitato ad una modifica”.
Ma non e’ a ben vedere l’argomento letterale che indirizza la soluzione del problema nella direzione qui indicata. Dirimente e’, piuttosto, il fatto che nella disciplina delle societa’ cooperative ora vigente e’ solo la trasformazione a imporre l’obbligo di devoluzione del patrimonio effettivo in favore dei fondi mutualistici ed ancora che, fuori da questa ipotesi, l’ordinamento attuale delle societa’ cooperative non contempla alcuna altra ipotesi in cui si produce questo effetto, anzi proprio per il caso in cui si modifichino le clausole della mutualita’ prevalente – se nel termine deve ricomprendersi anche l’ipotesi della loro soppressione – questo effetto deve ritenersi implicitamente negato, dato che la legge impone in tal caso solo un obbligo di rideterminare il patrimonio effettivo.
9. Qui prende forma una seconda obiezione che la ricorrente muove al ragionamento in discorso, richiamando, segnatamente a fronte dell’idea che il quadro di riferimento sia definito entro gli estremi rappresentati, da un lato, dall’articolo 2545 octies c.c., e, dall’altro, dall’articolo 2545 undecies c.c., il dettato della L. n. 388 del 2000, articolo 17 la cui ultrattivita’ pur a seguito dell’entrata in vigore della riforma societaria sarebbe assicurata dall’articolo 111 decies disp. att. c.c.. Si ricordera’, per mera memoria, che la L. n. 388 del 2000, articolo 17, prevede, per quanto qui interessa, che “le disposizioni di cui al D.Lgs.C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1577, articolo 26, ratificato, con modificazioni, dalla L. 2 aprile 1951, n. 302, al Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, articolo 14, e alla L. 31 gennaio 1992, n. 59, articolo 11, comma 5, si interpretano nel senso che la soppressione da parte di societa’ cooperative o loro consorzi delle clausole di cui al predetto articolo 26 comporta comunque per le stesse l’obbligo di devolvere il patrimonio effettivo in essere alla data della soppressione, dedotti il capitale versato e rivalutato ed i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici di cui al citato articolo 11, comma 5”. Donde, percio’, secondo la ricorrente, la convinzione che anche nel regime post novellare la soppressione delle clausole antilucrative sia fonte dell’obbligo di devolvere il patrimonio in favore dei fondi mutualistici.
Anche questa obiezione non e’ persuasiva. A parte le ragioni “storiche” che hanno accompagnato la gestazione della norma, destinata, com’e’ noto, a frenare “l’emorragia” in direzione delle societa’ lucrative delle banche di credito cooperativo che fondendosi con le prime avevano tutto l’agio di poter abbandonare l’ambito cooperativo senza assumere nessun obbligo nei confronti dei fondi mutualistici – sicche’ gia’ sotto questa angolazione si ha ragione di dubitare che da essa possano trarsi indicazioni a piu’ ampio spettro, tanto piu’ considerando che la norma risulta inserita nella legge finanziaria per il 2001, cui e’ difficile attribuire effetti che non siano dettati dalle ragioni e dagli scopi del momento – e’ vero che, se a dispetto delle regole che governano la successione delle leggi nel tempo, si ritenesse l’articolo 17 l. 388/2000 ancora in vigore – e non, piuttosto, come si crede dalla dottrina prevalente, superato dalla novella societaria – si produrrebbe l’effetto paradossale di ritenere che il legislatore abbia contraddetto se’ stesso nel medesimo tempo.
E’ infatti, evidente che nell’assetto imposto alla materia in sede di riforma – si e’ visto – e’ solo la trasformazione della societa’ che determina l’insorgenza dell’obbligo devolutivo, giacche’ la perdita dei requisiti mutualistici e’ improduttiva di effetti a questo proposito, imponendo solo la redazione del bilancio straordinario. E’ percio’ estraneo alla razionalita’ e alla compiutezza del disegno riformatore che, come sostiene il ricorrente, il legislatore abbia potuto far rientrare dalla finestra cio’ che aveva fatto uscire dalla porta.
10. Obietta tuttavia, ancora il ricorrente, svolgendo un terzo ordine di rilievi, che la perdurante vigenza della L. n. 388 del 2000, articolo 17, – di guisa che nella specie in discussione la pretesa esercitata si rivelerebbe percio’ piu’ che fondata – sarebbe presidiata dall’articolo 111 decies disp. att. c.c., a tenore del quale, si ricordera’, “ferma restando la natura indivisibile delle riserve accantonate, non rilevano ai fini dell’obbligo di devoluzione previsto dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, articolo 17, la modificazione delle clausole previste dal D.Lgs.C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1577, articolo 26, ovvero la decadenza dai benefici fiscali per effetto della perdita del requisito della prevalenza come disciplinato tuttavia, redigere un bilancio ai sensi dell’articolo 2545 octies del codice”.
Il rilievo e’ certo suggestivo, ma di poco effetto. Va in primo luogo considerato che la disposizione di che trattasi e’ inserita in una norma transitoria, norma che per definizione e’ intesa a disciplinare gli effetti della successione delle leggi nel tempo e ad agevolare, come nel nostro caso, il passaggio da un regime giuridico ad un altro.
Questo sconfessa l’idea che all’articolo 111 decies disp. att. c.c., possa attribuirsi un raggio di azione piu’ ampio di quello implicito nella propria natura e nella propria funzione e che, dunque, l’apparente salvezza che esso decreta della L. n. 388 del 2000, articolo 17 possa intendersi, come caldeggia il ricorrente, provvista di un’efficacia generale al pari delle norme che regolano ordinariamente il fenomeno, una volta chiusasi la fase transitoria.
Ma cio’ che svuota di conducenza il rilievo e’ la lettura della norma nella sua interezza. Essa, come visto, coerentemente del resto con la funzione che le e’ propria, si riferisce alla modificazione delle clausole previste dall’articolo 26 della “legge Basevi” ovvero di quelle clausole che nel pregresso ordinamento delle societa’ cooperative erano volte ad assicurare che del regime di particolare favore loro accordato dal legislatore fruissero solo le cooperative costituzionalmente riconosciute ovvero, secondo il linguaggio attualizzato del codice, le cooperative a mutualita’ prevalente. Ora se si considera che nel predetto regime la perdita dei requisiti di mutualita’ conseguente alla soppressione delle clausole antilucrative comportava la fuoriuscita della societa’ dal comparto della cooperazione costituzionalmente riconosciuta, la funzione dell’articolo 111 decies disp. att. c.c., e’ presto detta, perche’ esso, escludendo che possa trovare in tal caso l’applicazione della L. n. 388 del 2000, articolo 17, mira a parificare quel che in base alla “legge Basevi” determinerebbe la perdita dei requisiti di mutualita’ a cio’ che accade in via ordinaria in base all’articolo 2545 octies c.c., dacche’ anche nel caso in cui vengano modificate le clausole antilucrative previste dall’articolo 26 della “legge Basevi” l’unico effetto che si produce, in forza della norma transitoria, e’ solo quello di obbligare gli amministratori a redigere il bilancio straordinario. Dunque, rettamente inteso, il richiamo alla L. n. 388 del 2000, articolo 17, contenuto nell’articolo 111 decies disp. att. c.c., non solo e’ destinato ad operare solo nella fase di passaggio dalla “legge Basevi” al regime codicistico vigente, ma non sovverte minimamente l’assetto realizzato dal riformatore che non prevede, infatti, che possa sorgere un obbligo devolutivo nel caso della semplice modifica della clausole che assicurano l’inclusione della societa’ nell’ambito della cooperazione a mutualita’ prevalente.
11. Vanno di conseguenza affermati i seguenti principi di diritto:
“in tema di societa’ cooperativa, la perdita dei requisiti di mutualita’ prevalente, conseguente alla modificazione ovvero alla soppressione delle clausole antilucrative, non comporta l’obbligo della societa’ di devolvere il valore effettivo del patrimonio, dedotti il capitale versato e rivalutato e i dividendi non ancora distribuiti in favore del fondo mutualistico di appartenenza, giacche’ detto effetto a seguito della riforma del diritto societario del 2003 si produce ai sensi dell’articolo 2545 undecies c.c., se la societa’ deliberi la propria trasformazione, mentre nel diverso caso della perdita dei requisiti di mutualita’ prevalente l’articolo 2545 octies c.c., prevede che gli amministratori, sentito il parere del revisore esterno, debbano redigere apposito bilancio al fine di determinare il valore effettivo dell’attivo patrimoniale da imputare alle riserve indivisibili”.
“In tema di societa’ cooperativa, la L. 23 dicembre 2000, n. 388, articolo 17, ai sensi del quale la soppressione da parte della societa’ delle clausole di cui al D.Lgs.C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1577, articolo 26, comporta l’obbligo per la stesse di devolvere il patrimonio effettivo in essere alla data della soppressione, dedotti il capitale versato e rivalutato ed i dividendi eventualmente maturati, in favore del fondo mutualistico di appartenenza deve reputarsi, a seguito della riforma societaria del 2003, implicitamente abrogato, giacche’ detto effetto si produce nel regime normativo attuato dalla riforma ai sensi dell’articolo 2545 undecies c.c., se la societa’ deliberi la propria trasformazione, mentre nel diverso caso della perdita dei requisiti di mutualita’ prevalente l’articolo 2545 octies c.c., prevede solo che gli amministratori, sentito il pararere del revisore esterno, debbano redigere apposito bilancio al fine di determinare il valore effettivo dell’attivo patrimoniale da imputare alle riserve indivisibili. Ne’ vale ad assicurare l’ultrattivita’ di detta norma l’articolo 111 decies disp. att. c.c., giacche’ esso, coerentemente con la propria natura di norma transitoria, e’ diretto unicamente ad agevolare l’adeguamento delle clausole antilucrative gia’ presenti nello statuto delle societa’ cooperative e mutualita’ prevalente al regime normativo attuato dalla riforma”.
12. Rigettato dunque il primo motivo di ricorso, resta assorbito il secondo, inteso a censurare il ragionamento decisorio del giudice di secondo grado nella parte in cui ha ritenuto, compulsando il contenuto delle clausole approvate dalla cooperativa con la propria deliberazione del 2.4.2005, che le clausole mutualistiche rilevanti ai sensi dell’articolo 2514 c.c., non fossero state nella specie soppresse, ma semplicemente modificate.
13. Il ricorso va percio’ conclusivamente respinto.
14. Le spese, attesa la novita’ della questione, possono essere integralmente compensate.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico del ricorrente del contributo unificato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo motivo di ricorso; compensa le spese di lite.
Ai sensi del del Decreto del Presidente della Repubblica n. 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.