In tema di licenziamento disciplinare nel pubblico impiego privatizzato, le fattispecie legali di licenziamento per giusta causa e giustificato motivo, introdotte dal Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55 quater, comma 1, lettera da a) ad f), e comma 2, costituiscono ipotesi aggiuntive rispetto a quelle individuate dalla contrattazione collettiva – le cui clausole, ove difformi, vanno sostituite di diritto ai sensi dell’articolo 1339 c.c. e articolo 1419 c.c., comma 2 – per le quali compete soltanto al giudice, ex articolo 2106 c.c., il giudizio di adeguatezza delle sanzioni. Inoltre il Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55 quater, comma 1, lettera d), legittima il recesso dell’amministrazione per falsita’ “commesse ai fini o in occasione dell’instaurazione del rapporto di lavoro” per sanzionare un comportamento ritenuto ex ante di particolare disvalore, senza restringere il campo di applicazione della norma a fattispecie di reato che precludono l’accesso al pubblico impiego; nondimeno, la giusta causa di licenziamento tipizzata dalla legge non costituisce un’ipotesi di destituzione di diritto, rimanendo affidata al giudice di merito la verifica in concreto dei presupposti per il legittimo esercizio del potere di recesso, con esclusione di ogni automatismo, censurabile di incostituzionalita’.
Corte di Cassazione|Sezione L|Civile|Sentenza|15 luglio 2022| n. 22376
Data udienza 22 dicembre 2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere
Dott. SPENA Francesca – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 25079-2020 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
ASSESSORATO REGIONALE DELLE AUTONOMIE LOCALI E DELLA FUNZIONE PUBBLICA, DIPARTIMENTO REGIONALE PIANIFICAZIONE STRATEGICA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 627/2020 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 27/07/2020 R.G.N. 152/2020;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/12/2021 dal Consigliere Dott. NEGRI DELLA TORRE PAOLO;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARIO FRESA visto il Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 627/2020, pubblicata il 27 luglio 2020, la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza di primo grado, con la quale il Tribunale della stessa sede aveva ritenuto legittimo il licenziamento senza preavviso irrogato a (OMISSIS) dalla Regione Siciliana, in data 11 gennaio 2019, per avere il dipendente in venti occasioni, nel periodo compreso tra il 10 febbraio e il 10 marzo 2017, falsamente attestato i propri ingressi e le uscite dal luogo di lavoro, con conseguente prestazione del servizio per un orario inferiore a quello dichiarato.
2. La Corte, richiamata la previsione di cui al Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55-quater, comma 1, lettera a), ha ritenuto grave, in concreto, la condotta addebitata e pienamente idonea a giustificare la sanzione.
3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il (OMISSIS), affidandosi a due motivi, assistiti da memoria.
4. L’Amministrazione e’ rimasta intimata.
5. Il Procuratore Generale ha comunicato proprie conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
6. Con il primo motivo il ricorrente, deducendo la violazione della L. n. 604 del 1966, articolo 3 e L. n. 300 del 1970, articolo 18, censura la sentenza impugnata per avere erroneamente ritenuto che l’irrogazione del licenziamento Decreto Legislativo n. 165 del 2001, ex articolo 55-quater sia automatica e non obblighi l’Amministrazione a compiere la valutazione di gravita’ della condotta, ai fini della sua attitudine a integrare un inadempimento “notevole” rispetto agli obblighi che gravano sul prestatore e della idoneita’ a ledere il rapporto fiduciario: valutazione assente nel caso di specie, sia nel provvedimento con cui la Regione aveva deciso di licenziare il ricorrente (e che invece era stata diffusamente svolta per altro dipendente), sia in sede di rigetto dell’impugnazione del licenziamento da parte del giudice.
7. Con il secondo, deducendo la violazione del principio di proporzionalita’ (articolo 2016 c.c.) tra sanzione e infrazione, il ricorrente si duole che, come conseguenza dell’errore di diritto denunciato con il precedente motivo, la Corte territoriale non abbia proceduto ad un esame degli aspetti concreti della vicenda, tanto di natura oggettiva che soggettiva.
8. Si deve preliminarmente rilevare che il presente ricorso e’ stato irritualmente notificato all’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, anziche’ all’Avvocatura Generale dello Stato; ritiene, tuttavia, il Collegio di non dover disporre la rinnovazione della notifica, tenuto conto del fatto che essa determinerebbe per la parte un aggravio di tempi e oneri a fronte di ricorso che, per le ragioni di seguito evidenziate, non risulta suscettibile di accoglimento.
9. I motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente per connessione, sono infondati.
10. Ed invero la Corte territoriale, diversamente da quanto affermato, non ha arrestato la propria indagine ad una ricognizione della riferibilita’ del comportamento del dipendente alla fattispecie delineata nel Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55-quater, comma 1, lettera a), ma ha compiuto, a sostegno della ritenuta legittimita’ del recesso datoriale, una valutazione di gravita’ del comportamento medesimo; e cio’ ha fatto attraverso un esame ampio delle circostanze tutte del caso concreto, sia di natura oggettiva che soggettiva, esame che l’ha portata a concludere per la gravita’ dell’inadempimento agli obblighi e doveri propri del prestatore di lavoro e per la irrimediabile compromissione del vincolo fiduciario.
11. In particolare, la Corte ha osservato a questo riguardo: – che la gravita’ della condotta posta in essere dal ricorrente e oggetto di addebito disciplinare “era ancor piu’ evidente in quanto correlata a reiterate assenze dal luogo di lavoro (anche della durata di 5 ore all’interno della stessa giornata lavorativa), senza giustificazioni ne’ autorizzazioni e per un considerevole arco di tempo, nello specifico 20 giorni per 77 ore e 24 minuti” (cfr. sentenza impugnata, pp. 5-6); – che il dipendente, come gia’ accertato dal primo giudice, senza che la relativa statuizione avesse formato oggetto di specifica censura, non aveva “addotto (ne’ tantomeno dimostrato)” che la condotta contestata “fosse stata determinata da circostanze eccezionali, idonee a giustificarla, o da mera distrazione (peraltro non compatibile con le modalita’ della stessa denotanti l’intenzionalita’ della condotta) ed ha, parimenti, ritenuto compromesso, dall’inosservanza di elementari obblighi di servizio, il vincolo fiduciario utile a consentire la prosecuzione del rapporto”; – che le giustificazioni rese dal dipendente, in sede di audizione nell’ambito del procedimento disciplinare, non potevano “rendere scusabile la violazione commessa dallo stesso, dato che egli avrebbe potuto agire diversamente, in ottemperanza ai suoi obblighi di servizio”, informando il dirigente del proprio ufficio “delle particolari esigenze personali e familiari da fronteggiare e concordare con lo stesso una soluzione affinche’ gli fosse consentito di adempiervi” (cfr. p. 6); – che “le modalita’ fraudolente” della condotta realizzata “ne denotano la volonta’ elusiva” e che “a fronte di cio’ risultano irrilevanti le altre circostanze addotte, attinenti all’anzianita’ professionale, alle pregresse valutazioni positive del lavoro svolto e alle ore di straordinario espletate e non retribuite laddove, invece, i delicati compiti assegnati al dipendente (quale responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione e di Referente per la Privacy) rendevano ancor piu’ esigibile una condotta esemplare ed improntata a correttezza e lealta’”; – che infine, alla stregua degli orientamenti della giurisprudenza di legittimita’ in materia, era da ritenersi un danno economicamente apprezzabile per la P.A. anche l’allontanamento di poche ore dall’ufficio di appartenenza o l’indebita percezione di poche centinaia di Euro, corrispondente alla porzione di retribuzione conseguita in difetto di prestazione lavorativa, il danno apprezzabile, quale contestato dal datore di lavoro, non essendo sinonimo di danno rilevante (cfr. p. 7).
12. La Corte di appello di Palermo si e’ in tal modo uniformata all’orientamento espresso da Cass. n. 24574/2016, per la quale “In tema di licenziamento disciplinare nel pubblico impiego privatizzato, le fattispecie legali di licenziamento per giusta causa e giustificato motivo, introdotte dal Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55 quater, comma 1, lettera da a) ad f), e comma 2, costituiscono ipotesi aggiuntive rispetto a quelle individuate dalla contrattazione collettiva – le cui clausole, ove difformi, vanno sostituite di diritto ai sensi dell’articolo 1339 c.c. e articolo 1419 c.c., comma 2 – per le quali compete soltanto al giudice, ex articolo 2106 c.c., il giudizio di adeguatezza delle sanzioni”; nonche’ da Cass. n. 9314/2018, per la quale, con affermazione di un principio di diritto chiaramente applicabile anche nella presente fattispecie, “Il Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55 quater, comma 1, lettera d), legittima il recesso dell’amministrazione per falsita’ “commesse ai fini o in occasione dell’instaurazione del rapporto di lavoro” per sanzionare un comportamento ritenuto ex ante di particolare disvalore, senza restringere il campo di applicazione della norma a fattispecie di reato che precludono l’accesso al pubblico impiego; nondimeno, la giusta causa di licenziamento tipizzata dalla legge non costituisce un’ipotesi di destituzione di diritto, rimanendo affidata al giudice di merito la verifica in concreto dei presupposti per il legittimo esercizio del potere di recesso, con esclusione di ogni automatismo, censurabile di incostituzionalita’”.
13. Quanto poi al giudizio di proporzionalita’ tra licenziamento disciplinare e addebito contestato (articolo 2106 c.c.), e’ consolidato il principio, secondo il quale tale giudizio “e’ devoluto al giudice di merito, la cui valutazione non e’ censurabile in sede di legittimita’, ove sorretta da motivazione sufficiente e non contraddittoria” (Cass. n. 8293/2012; Cass. n. 7948/2011), come nella specie.
14. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
15. Non vi e’ luogo a pronuncia sulle spese, essendo l’Amministrazione rimasta intimata.
16. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17 (che ha aggiunto il Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater) – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto (Sez. U n. 4315/2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.