qualora le parti subordinino gli effetti di un contratto preliminare di compravendita immobiliare alla condizione che il promissario acquirente ottenga da un istituto bancario un mutuo per potere pagare in tutto o in parte il prezzo stabilito, tale condizione e’ qualificabile come “mista”, dipendendo la concessione del mutuo dal comportamento del promissario acquirente ma anche del promittente venditore nell’approntare le attivita’ necessarie al verificarsi della condizione. E’ altresi’ pacifico che la mancata erogazione del prestito comporta le conseguenze previste in contratto, senza che rilevi, ai sensi dell’articolo 1359 c.c., un eventuale comportamento omissivo del promissario acquirente, sia perche’ questa disposizione e’ inapplicabile qualora la parte tenuta condizionatamente ad una data prestazione abbia interesse all’avveramento della condizione (c.d. condizione bilaterale), sia perche’ l’omissione di un’attivita’ in tanto puo’ ritenersi contraria a buona fede e costituire fonte di responsabilita’, in quanto essa costituisca oggetto di un obbligo giuridico, e la sussistenza di un siffatto obbligo deve escludersi per l’attivita’ di attuazione dell’elemento potestativo in una condizione mista.

Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Ordinanza|31 maggio 2022| n. 17571

Data udienza 1 dicembre 2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13021/2017 R.G. proposto da:

(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con procura speciale in calce al ricorso ed elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio del difensore;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con procura speciale a margine del controricorso ed elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio del difensore;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 1781 pubblicata il 17 marzo 2017;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1 dicembre 2021 dal Consigliere Dott. Milena Falaschi.

OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO

Ritenuto che:

– con atto di citazione notificato in data 21.05.2012 (OMISSIS), in qualita’ di promissario acquirente, evocava dinanzi al Tribunale di Civitavecchia (OMISSIS), in qualita’ di promittente venditrice, al fine di ottenere la dichiarazione di intervenuta risoluzione del contratto preliminare di compravendita concluso inter partes in virtu’ del verificarsi della condizione risolutiva di cui all’articolo 7 del contratto, stante la mancata concessione del mutuo ipotecario da parte della (OMISSIS) per irregolarita’ urbanistiche dell’immobile oggetto del contratto, con condanna della convenuta alla restituzione della somma di Euro 24.500,00 versata in suo favore a titolo di caparra confirmatoria al momento della stipula del preliminare; in via subordinata l’accertamento e la dichiarazione di inadempimento della promissaria acquirente relativamente all’articolo 6 del contratto con condanna alla restituzione della somma versata dal promittente venditore, oltre al risarcimento del danno; in via ulteriormente subordinata la dichiarazione di nullita’ ed inefficacia del preliminare con conseguente ripetizione dell’indebito, stante l’impossibilita’ oggettiva di procedere alla conclusione del definitivo; – instaurato il contraddittorio, nella resistenza della convenuta, il Tribunale adito, istruita la causa con produzioni documentali e prove orali, con sentenza n. 1062 del 2015, rigettava le domande attoree per carenza di prove e, per l’effetto, condannava il (OMISSIS) alla rifusione delle spese di lite;

– in virtu’ di impugnazione interposta dal (OMISSIS), la Corte di appello di Roma, nella resistenza dell’appellata, con sentenza n. 2123 del 2017, accoglieva l’appello e, per l’effetto, riformava il provvedimento impugnato, dichiarando risolto il contratto preliminare per l’avveramento della condizione risolutiva di cui all’articolo 7 e condannando l’appellata alla restituzione della somma di Euro 24.500,00 versata dall’appellante al momento della stipula del contratto di causa.

Difatti, la Corte capitolina riteneva avverata la condizione risolutiva di cui all’articolo 7 del preliminare, secondo cui “Le parti di comune accordo stabiliscono fin d’ora che nel caso in cui l’istituto bancario scelto dalla parte promissaria acquirente non conceda il finanziamento per cause inerenti la mancata regolarita’ urbanistica-catastale dell’immobile il presente preliminare di compravendita verra’ risolto, contestualmente la parte promittente venditrice restituira’ le somme versate alla parte promissaria acquirente”, stante la relazione del Geom. (OMISSIS) – redatta per conto dell’istituto bancario – che attestava la sussistenza di elementi ostativi al rilascio della concessione edilizia in sanatoria, esprimendo cosi’ parare negativo alla concessione del mutuo richiesto.

In particolare, il giudice di secondo grado, pur in mancanza di un atto formale esplicitamente negativo riconducibile alla banca (nella specie (OMISSIS)), riteneva applicabile al caso di specie il principio generale in tema di presunzione; sicche’ da un fatto noto complessivamente valutato – rappresentato dall’abuso della pratica di condono pendente dal 2004 e dalla relazione del perito fondata su specifici strumenti legislativi – si poteva risalire al fatto ignoto consistente nel diniego della banca alla concessione del mutuo, in virtu’ di un giudizio di probabilita’ fondato sulla prassi generalmente seguita in materia di finanziamenti per l’acquisto di immobili dagli istituti di credito.

Aggiungeva la Corte di appello che, considerato il tenore della condizione, non era rilevante la pattuizione delle parti che qualificava il rilascio del mutuo come ipotesi di pagamento residuale. Ne’ rilevava la precedente concessione del mutuo da parte di altra banca in favore della (OMISSIS), stante il difetto di riscontro che quello a lei erogato fosse stato stipulato per l’acquisto dell’immobile in questione;

– per la cassazione della sentenza (OMISSIS) propone ricorso fondato su tre motivi, cui resiste (OMISSIS) con controricorso;

– in prossimita’ dell’adunanza camerale la ricorrente ha curato il deposito di memoria illustrativa.

Atteso che:

– con il primo motivo la ricorrente lamenta, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3., la violazione e la falsa applicazione degli articoli 2697 e 2729 c.c., nonche’ degli articoli 112 e 115 c.p.c. per aver il giudice di appello fatto ricorso ad una presunzione semplice al fine di dimostrare l’avvenuto avveramento della condizione, ossia la mancata concessione del mutuo da parte della banca.

Secondo la ricorrente il giudice, fondando la decisione su una presunzione semplice alla luce del parere del geometra, avrebbe erroneamente sopperito all’inerzia dell’appellante di fornire la prova del diniego da parte della banca, con conseguente risoluzione del preliminare a norma dell’articolo 7 dello stesso.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’articolo 2729 c.c. per essersi la Corte di appello pronunciata in assenza degli elementi di gravita’, precisione e concordanza richiesti dalla norma evocata.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione agli articoli 112 e 346 c.p.c. per aver il giudice del gravame ampliato l’oggetto del giudizio introducendo considerazioni in diritto non svolte dall’appellante in relazione alla validita’ ed efficacia del preliminare e per non essersi pronunciato sull’eccezione formulata dalla ricorrente in entrambi i gradi di giudizio inerente alla diversa qualificazione della clausola di cui all’articolo 7 del preliminare.

A tal riguardo, la ricorrente sostiene che siffatta clausola dovrebbe qualificarsi come una condizione mista; sicche’, al fine di valutare l’avveramento della condizione, il giudice del gravame avrebbe dovuto verificare sia l’intervenuto diniego del finanziamento da parte della banca per irregolarita’ urbanistiche dell’immobile, sia il comportamento complessivo tenuto dal (OMISSIS) per ottenere il finanziamento.

I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente data la loro stretta connessione argomentativa, non meritano accoglimento, per cui va confermata la sentenza impugnata anche se con parziale correzione della motivazione ex articolo 384 c.p.c., comma 4.

La Corte di merito ha accertato che nel contratto preliminare, alla clausola di cui all’articolo 7 (secondo cui “Le parti di comune accordo stabiliscono fin d’ora che nel caso in cui l’istituto bancario scelto dalla parte promissaria acquirente non conceda il finanziamento per cause inerenti la mancata regolarita’ urbanistica – catastale dell’immobile il presente preliminare di compravendita verra’ risolto, contestualmente la parte promittente venditrice restituira’ le somme versate alla parte promissaria acquirente”), le parti avevano espressamente subordinato la efficacia del contratto all’ottenimento da parte del promissario acquirente di mutuo fondiario presso Istituto bancario scelto dallo stesso ed in caso di mancata erogazione per cause inerenti la mancata regolarita’ urbanistica-catastale dell’immobile il preliminare doveva intendersi risolto, con restituzione a carico della promittente venditrice delle somme ricevute dalla controparte.

L’accertamento inteso a stabilire se un contratto sia sottoposto a condizione sospensiva o risolutiva, cosi’ come la determinazione dell’effettiva portata della condizione stessa e il suo avveramento costituisce indagine devoluta al giudice del merito, insindacabile in sede di legittimita’.

Di tutta evidenza nella specie la clausola integra ipotesi di condizione risolutiva potestativa di natura mista e bilaterale, in quanto il suo avveramento dipendeva non solo dal comportamento del promissario acquirente nell’approntare la pratica, ma anche del terzo istituto bancario nel concedere il mutuo, oltre che ovviamente della promittente venditrice, che doveva predisporre tempestivamente la documentazione al completo da consegnare alla banca onde garantire la regolarita’ urbanistica dell’immobile, per cui trova applicazione la disciplina dettata dall’articolo 1358 c.c.

Infatti secondo la giurisprudenza di questa Corte, qualora le parti subordinino gli effetti di un contratto preliminare di compravendita immobiliare alla condizione che il promissario acquirente ottenga da un istituto bancario un mutuo per potere pagare in tutto o in parte il prezzo stabilito, tale condizione e’ qualificabile come “mista”, dipendendo la concessione del mutuo dal comportamento del promissario acquirente ma anche del promittente venditore nell’approntare le attivita’ necessarie al verificarsi della condizione.

E’ altresi’ pacifico che la mancata erogazione del prestito comporta le conseguenze previste in contratto, senza che rilevi, ai sensi dell’articolo 1359 c.c., un eventuale comportamento omissivo del promissario acquirente, sia perche’ questa disposizione e’ inapplicabile qualora la parte tenuta condizionatamente ad una data prestazione abbia interesse all’avveramento della condizione (c.d. condizione bilaterale), sia perche’ l’omissione di un’attivita’ in tanto puo’ ritenersi contraria a buona fede e costituire fonte di responsabilita’, in quanto essa costituisca oggetto di un obbligo giuridico, e la sussistenza di un siffatto obbligo deve escludersi per l’attivita’ di attuazione dell’elemento potestativo in una condizione mista (Cass. n. 22046 del 2018; Cass. n. 10074 del 1996).

Orbene l’articolo 1358 c.c. impone alle parti l’obbligo giuridico di comportarsi secondo buona fede durante lo stato di pendenza della condizione, e la sussistenza di tale obbligo va riconosciuta anche per l’attivita’ di attuazione dell’elemento potestativo della condizione mista (in tal senso, v. Cass., Sez. Un., n. 18450 del 2005). Piu’ specificamente, in tema di contratto condizionato, l’omissione di un’attivita’ in tanto puo’ ritenersi contraria a buona fede e costituire fonte di responsabilita’, in quanto l’attivita’ omessa costituisca oggetto di un obbligo giuridico.

La sussistenza di un siffatto obbligo deve affermarsi anche per il segmento non casuale della condizione mista, cio’ in quanto gli obblighi di correttezza e buona fede, che hanno la funzione di salvaguardare l’interesse della controparte alla prestazione dovuta e all’utilita’ che la stessa assicura, impongono una serie di comportamenti di contenuto atipico, che assumono la consistenza di standard integrativi di tali principi generali, e sono individuabili mediante un giudizio applicativo di norme elastiche e soggetto al controllo di legittimita’ al pari di ogni altro giudizio fondato su norme di legge (Cass. n. 14198 del 2004; Cass. n. 23014 del 2012). Cio’ posto, spetta comunque alla parte interessata la dimostrazione del fatto che l’altro paciscente abbia tenuto un comportamento idoneo ad impedire l’avveramento della condizione e si sia in tal modo reso inadempiente agli obblighi generali di buona fede e correttezza richiamati dalla giurisprudenza di questa Corte.

In proposito, si e’ affermato che la fictio di avveramento della condizione prevista dall’articolo 1359 c.c. si possa applicare anche alla condizione di natura mista, fermo restando che “incombe sul creditore, che lamenti tale mancato avveramento, l’onere di provarne l’imputabilita’ al debitore a titolo di dolo o di colpa” (Cass. n. 5492 del 2010; negli stessi termini, Cass. n. 24325 del 2011, secondo cui la norma in commento “non si riferisce solo a coloro che, per contratto, apparivano avere interesse al verificarsi della condizione, ma anche ai comportamenti di chi in concreto ha dimostrato, con una successiva condotta, di non avere piu’ interesse al verificarsi della condizione, ponendo in essere atti tali da contribuire a far acquistare al contratto un elemento modificativo dell’iter attuativo della sua efficacia”).

Nel caso di specie, la Corte di merito pur avendo fatto richiamo improprio all’articolo 2729 c.c., non venendo in rilievo alcuna ipotesi di presunzione semplice, tuttavia ha correttamente esaminato, in primo luogo, il comportamento di buona fede del promissario acquirente e di seguito gli altri elementi di giudizio, quali il parare negativo della perizia redatta dal Geom. (OMISSIS) per conto della Banca circa l’abuso di cui alla pratica di condono pendente dal 2004, (da cui risultava che “sussistono elementi ostativi al rilascio della concessione edilizia in sanatoria”) e, infine, il certificato di stato istruttorio della pratica di condono rilasciato dal Comune di Fiumicino, per fondare il proprio convincimento.

Ne consegue che le censure sono nella sostanza volte a far valere una inammissibile nuova interpretazione delle risultanze istruttorie, diversa rispetto alla valutazione operata dal giudice di merito, non consentita in sede di legittimita’.

Conclusivamente, dalle considerazioni sopra svolte discende il rigetto del ricorso.

Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.