in tema di risarcimento del danno, l’ipotesi del fatto colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi dell’evento dannoso (di cui dell’articolo 1227 c.c., comma 1) va distinta da quella (disciplinata dal comma 2 della medesima norma) riferibile a un contegno dello stesso danneggiato che abbia prodotto il solo aggravamento del danno senza contribuire alla sua causazione, giacche’:
– nel primo caso il giudice deve procedere d’ufficio all’indagine in ordine al concorso di colpa del danneggiato, sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile la colpa concorrente, sul piano causale, dello stesso;
– nella seconda di tali situazioni forma oggetto di un’eccezione in senso stretto, in quanto il dedotto comportamento del creditore costituisce un autonomo dovere giuridico, posto a suo carico dalla legge quale espressione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede.
Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Ordinanza|22 giugno 2022| n. 20142
Data udienza 12 gennaio 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11266/2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SRL, IN LIQUIDAZIONE IN PERSONA DEL LIQUIDATORE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1130/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 04/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 12/01/2022 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.
PREMESSO
Che:
1. (OMISSIS) ed (OMISSIS) convenivano in giudizio la societa’ (OMISSIS) s.r.l., deducendo di aver concluso nel 2003 un contratto di permuta in base al quale avevano ceduto alla societa’ un terreno in cambio, dietro versamento di un conguaglio in denaro, di alcune unita’ immobiliari (due appartamenti, due box e due posti auto), da edificarsi sul terreno a cura della convenuta; deducevano inoltre che la convenuta aveva realizzato gli immobili in modo non conforme alle regole d’arte cosi’ che gli stessi presentavano vizi e difetti; chiedevano pertanto di accertare i vizi e difetti e di condannare la convenuta al risarcimento del danno causato dalla mancata disponibilita’ degli immobili. La societa’ convenuta, costituendosi, chiedeva il rigetto delle domande attoree e, in via riconvenzionale, la condanna degli attori al pagamento dell’IVA e di Euro 25.000 per “maggiori opere realizzate”.
Il Tribunale di Chiavari, con sentenza n. 149/2012, accertava che la convenuta era inadempiente per avere realizzato gli immobili in modo non conforme alle regole d’arte e dichiarava che gli attori avevano diritto di non provvedere al pagamento del saldo sino alla consegna delle unita’ immobiliari (consegna per la quale non sussistevano ostacoli); il Tribunale condannava quindi da un lato la convenuta a pagare a titolo di risarcimento dei danni la somma di Euro 3.747,60 (affermando che nulla andava riconosciuto per la mancata locazione degli immobili, in difetto di prova del verificarsi di tale utilizzo, e in ogni caso neppure per la mancata utilizzazione dei medesimi, dato che le parti non avevano concordato esplicitamente un termine di consegna) e dall’altro lato gli attori a pagare Euro 36.151,98 a titolo di IVA sul valore degli immobili dichiarato nell’atto di permuta, compensando le spese di lite.
2. Gli attori hanno impugnato la sentenza e la Corte d’appello di Genova – con sentenza 4 novembre 2016, n. 1130 – ha rigettato l’appello.
3. Avverso la sentenza (OMISSIS) ed (OMISSIS) ricorrono per cassazione.
L’intimata (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione non ha proposto difese.
CONSIDERATO
Che:
I. Il ricorso e’ articolato in otto motivi.
1) I primi cinque motivi attengono alla pronuncia di conferma del rigetto della domanda di risarcimento del danno causato dalla mancata disponibilita’ degli immobili.
a) Per primo, per motivi di priorita’ logica, va analizzato il terzo motivo. Il motivo contesta “violazione degli articoli 1362 e 1363 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”: l’interpretazione dell’atto di permuta in base alla quale la Corte d’appello ha ritenuto che il termine del 30 gennaio 2006 fosse previsto soltanto per la consegna degli appartamenti e dei box violerebbe gli articoli 1362 e 1363 c.c..
Il motivo non puo’ essere accolto. Nel caso di specie la Corte d’appello valorizzando la lettera delle clausole del contratto, riportate alla p. 14 del ricorso – ha ritenuto che il termine del 30 gennaio 2006 fosse riferito alle unita’ immobiliari “di cui sopra”, ossia agli appartamenti e ai box, e non anche ai posti auto; a tale interpretazione, avvalorata, ad avviso della Corte, dal comportamento successivo dei ricorrenti, i ricorrenti oppongono una diversa ermeneutica, che prescinde dalla lettera delle clausole che dispongono la data di consegna. L’interpretazione del contratto e’ pero’ atto che spetta al giudice di merito e che puo’ essere sindacato da questa Corte di legittimita’ solo ove l’interpretazione del testo si ponga come non plausibile (cfr., ex multis, Cass. 28319/2017) e non come una delle possibili letture, lettura alla quale viene contrapposta una diversa lettura, come hanno fatto nel caso di specie i ricorrenti.
b) Il primo motivo contesta “errata applicazione dell’articolo 1227 c.c., comma 2, violazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4”: il giudice d’appello non avrebbe potuto rilevare d’ufficio l’eccezione di cui all’articolo 1227 c.c., comma 2, ossia il non uso da parte del creditore della ordinaria diligenza che avrebbe potuto evitare o ridurre i danni.
Il motivo e’ fondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte “in tema di risarcimento del danno, l’ipotesi del fatto colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi dell’evento dannoso (di cui dell’articolo 1227 c.c., comma 1) va distinta da quella (disciplinata dal comma 2 della medesima norma) riferibile a un contegno dello stesso danneggiato che abbia prodotto il solo aggravamento del danno senza contribuire alla sua causazione, giacche’ – mentre nel primo caso il giudice deve procedere d’ufficio all’indagine in ordine al concorso di colpa del danneggiato, sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile la colpa concorrente, sul piano causale, dello stesso la seconda di tali situazioni forma oggetto di un’eccezione in senso stretto, in quanto il dedotto comportamento del creditore costituisce un autonomo dovere giuridico, posto a suo carico dalla legge quale espressione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede” (cosi’ Cass. n. 19218/2018).
Pertanto, in assenza di eccezione da parte della societa’ (OMISSIS), la Corte d’appello non poteva d’ufficio rilevare che non era dovuto il risarcimento dei danni, che gli attori avrebbero potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, ossia accettando la consegna degli immobili nello stato in cui si trovavano.
c) L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo che contesta “violazione dell’articolo 2909 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”, in quanto, non avendo il giudice di primo grado affermato la sussistenza di un concorso di colpa degli attori ai sensi dell’articolo 1227 c.c., la Corte d’appello non poteva modificare il giudicato interno formatosi sul punto e cioe’ sull’assenza di colpa degli attori.
d) E’ da ritenersi assorbito anche il quarto motivo che lamenta “violazione dell’articolo 132 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4”, contestando la contraddittorieta’ e l’illogicita’ del rigetto della domanda di risarcimento.
e) Assorbito, infine, e’ da ritenersi pure il quinto motivo, che contesta “omessa applicazione degli articoli 1218 e 1223 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”, in quanto, se si dovesse ritenere che il giudice di secondo grado abbia solo integrato la motivazione del primo giudice facendola propria, sarebbe allora evidente l’erroneita’ della sentenza, perche’ dalla mancata disponibilita’ di un immobile deriva un danno in re ipsa.
2) I successivi due motivi censurano la decisione della Corte d’appello laddove ha confermato la pronuncia di primo grado di condanna dei ricorrenti al pagamento in favore della societa’ (OMISSIS) dell’imposta sul valore aggiunto:
a) il sesto motivo lamenta la mera apparenza della motivazione adottata al riguardo dalla Corte d’appello;
b) il settimo motivo contesta che la Corte d’appello, nell’interpretare come ha fatto la clausola del contratto di permuta relativa all’IVA, avrebbe fissato d’ufficio un termine per l’adempimento in contrasto con la volonta’ delle parti.
I motivi non possono essere accolti. Quanto al sesto motivo, la motivazione della sentenza impugnata non e’ meramente apparente e non presenta la radicale contraddittorieta’ denunciata dai ricorrenti (v. le pp. 5 e 6 del provvedimento). Quanto al settimo motivo, la Corte d’appello ha premesso che la societa’ (OMISSIS) aveva correttamente emesso la fattura relativa all’intero corrispettivo dell’operazione, in quanto il trasferimento del bene esistente rappresentava parte del corrispettivo del trasferimento del bene futuro. La Corte ha poi ritenuto, interpretando la clausola del contratto di permuta, che questa nel prevedere l’assoggettamento del trasferimento delle costruende unita’ immobiliari alla disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, nulla avesse indicato circa il momento in cui dovesse avvenire la fatturazione e dovesse essere pagata l’imposta, cosi’ che non vi erano ragioni per ritenere che l’IVA non dovesse essere versata all’atto di fatturazione, con interpretazione plausibile e pertanto non censurabile da parte di questa Corte di legittimita’.
3) L’ottavo motivo denuncia la declaratoria di difetto di specificita’ del motivo di gravame che contestava il quantum della liquidazione del danno.
Il motivo e’ fondato. Ad avviso della Corte d’appello, le censure mosse con il motivo di gravame sarebbero del tutto generiche, essendosi i ricorrenti “limitati a sostenere apoditticamente che la soluzione preferibile” fosse quella individuata sub-a) dal consulente tecnico d’ufficio, senza adeguatamente censurare la motivazione della decisione impugnata, laddove esplicitava che la soluzione sub-b) permetteva di raggiungere il risultato spettante agli attori, evitando inutili dispendi di risorse a carico di parte convenuta.
Al contrario, dalla lettura del motivo di gravame (v. pp. 20-21 dell’atto di appello) risulta che le censure mosse erano specifiche e che il motivo rispondeva alle indicazioni prescritte dalla giurisprudenza di questa Corte (v., in particolare, la pronuncia delle sezioni unite n. 27199/2017).
II. La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Genova, che provvedera’ anche in relazione alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e l’ottavo motivo, rigettati il terzo, il sesto e il settimo, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimita’, alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione.