In materia di contratti di assunzione dei docenti di religione non di ruolo nella scuola pubblica, la Corte con la sentenza in oggetto ha enunciato i seguenti principi di diritto:
- “Stante l’impossibilita’ di conversione a tempo indeterminato dei contratti annuali dei docenti non di ruolo di religione cattolica in corso, per i quali la contrattazione collettiva stabilisce la conferma al permanere delle condizioni e dei requisiti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge, i medesimi rapporti proseguono, nonostante il reiterarsi di essi nel tempo e cio’ in ragione dell’indirizzo della pronuncia della Corte di Giustizia in materia, secondo cui l’interpretazione del diritto interno in coerenza con i principi Eurounitari non puo’ tradursi in ragione di pregiudizio per i lavoratori, salvo il diritto al risarcimento del danno per la mancata indizione dei concorsi triennali quali previsti dalla legge per l’accesso ai ruoli”
- “Nel regime speciale di assunzione a tempo determinato dei docenti di religione cattolica nella scuola pubblica, di cui alla L. n. 186 del 2003, costituisce abuso nell’utilizzazione della contrattazione a termine sia il protrarsi di rapporti annuali a rinnovo automatico o comunque senza soluzione di continuita’ per un periodo superiore a tre annualita’ scolastiche, in mancanza di indizione del concorso triennale, sia l’utilizzazione discontinua del docente, in talune annualita’, per ragioni di eccedenza rispetto al fabbisogno, a condizione, in quest’ultimo caso, che si determini una durata complessiva di rapporti a termine superiore alle tre annualita’. In tutte le menzionate ipotesi di abuso sorge il diritto dei docenti al risarcimento del danno c.d. Eurounitario, con applicazione, anche in ragione della gravita’ del pregiudizio, dei parametri di cui alla L. n. 183 del 2010, articolo 32, comma 5, (poi, Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 28, comma 2) oltre al ristoro, se provato, del maggior danno sofferto, non essendo invece riconoscibile la trasformazione di diritto in rapporti a tempo indeterminato”.
- “I contratti di assunzione dei docenti di religione non di ruolo nella scuola pubblica hanno durata annuale e sono soggetti a conferma automatica, secondo le previsioni della contrattazione collettiva, al permanere delle condizioni e dei requisiti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge, ma e’ consentita altresi’ l’assunzione di durata infrannuale, sulla base di contratti motivati dalla necessita’ sostitutiva di docenti precedentemente incaricati, oppure nello stretto tempo necessario all’attuazione delle immissioni in ruolo in esito a procedure concorsuali gia’ svolte o per concludere procedure concorsuali in essere, spettando in tali casi al Ministero, qualora sorga contestazione a fini risarcitori per abuso nella reiterazione del ricorso a contratti a termine, l’onere della prova della legittimita’ della causale, la quale, se accertata, esclude tali contratti dal computo per l’integrazione della fattispecie del predetto abuso”.
Corte di Cassazione|Sezione L|Civile|Sentenza|12 agosto 2022| n. 24760
Data udienza 11 maggio 2022
Integrale
Lavoro – Contratti annuali dei docenti non di ruolo di religione cattolica in corso – Impossibilità di conversione in contratti a tempo indeterminato – Durata e abusi nei contratti a termine – Legge 186/2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere
Dott. SPENA Francesco – Consigliere
Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 18996/2017 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1065/2016 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 27/01/2017 R.G.N. 2198/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/05/2022 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ROBERTO MUCCI visto il Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
FATTI DI CAUSA
– Con sentenza del 27 gennaio 2017, la Corte d’Appello di Salerno, chiamata a pronunziarsi sul gravame avverso la decisione resa dal Tribunale di Salerno di rigetto della domanda proposta da (OMISSIS) nei confronti del Ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca nonche’ dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, avente ad oggetto la declaratoria di illegittimita’ del licenziamento intimato all’istante, docente di religione cattolica presso la scuola pubblica, con la conseguente condanna delle amministrazioni convenute alla reintegrazione nel posto di lavoro o, in via gradata, la conversione del primo dei reiterati rapporti a termine instaurati tra le parti dal 1992 al 2010 in un rapporto a tempo indeterminato con condanna delle amministrazioni medesime al risarcimento del danno, in parziale riforma della predetta decisione condannava il Ministero al pagamento in favore della (OMISSIS) di un’indennita’ risarcitoria commisurata a n. 5 mensilita’ dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita dalla stessa;
– La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto applicabili anche ai docenti di religione cattolica i principi giurisprudenziali circa l’eventuale abuso dei contratti a termine, sussistente tale abuso e, ferma restando l’esclusione del diritto alla conversione del rapporto in assenza di superamento del concorso pubblico in applicazione del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 36, il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella sentenza resa da questa Corte a sezioni unite n. 5072/2016 e cosi’ ai sensi della L. n. 183 del 2010, articolo 32, comma 5, quantificato in 5 mensilita’ dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita dall’istante;
– Per la cassazione di tale decisione ricorre il MIUR, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, la (OMISSIS).
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il Ministero ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione di ricorso per cassazione, formulato ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 186 del 2003, articoli 1 e 3, nonche’ della clausola 5 dell’Accordo Quadro ed e’ sviluppato rimarcando, anche sulla scorta della giurisprudenza della Corte Costituzionale, la peculiarita’ dei contratti di assunzione dei docenti di religione e del sistema di cui alla L. n. 186 del 2003, in se’ coerente con le regole Eurounitarie e tale da giustificare la reiterazione dei contratti per la componente non di ruolo del corpo docente.
La definizione delle questioni di causa, investendo le norme sul sistema di reclutamento dei docenti di religione, necessita la previa ricostruzione del complesso quadro normativo.
– La L. n. 824 del 1930, abrogata dal Decreto Legge n. 112 del 2008, disciplinava l’insegnamento religioso negli istituti statali e prevedeva, all’articolo 5, incarichi annuali da conferire, all’inizio dell’anno scolastico per non piu’ di 18 ore settimanali a persone, con preferenza sacerdoti e religiosi, scelte dal capo dell’istituto, previa intesa con l’ordinario diocesano, con riconoscimento (articolo 7) degli stessi diritti e doveri degli altri docenti, in quanto appartenenti al corpo insegnante.
– Con la L. 25 marzo 1985, n. 121, di ratifica ed esecuzionei’ dell’accordo del 18 febbraio 1984 di modifica del Concordato Lateranense dell’11 febbraio 1929, la Repubblica Italiana ha assunto l’obbligo di assicurare l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado (articolo 9, comma 2, dell’accordo con la Santa Sede) ed al punto 5 del protocollo addizionale si e’ impegnata ad affidare l’insegnamento a docenti riconosciuti idonei dall’autorita’ ecclesiastica, nominati d’intesa con quest’ultima, ed a determinare tutte le modalita’ di organizzazione dell’insegnamento, previa intesa con la Conferenza Episcopale Italiana.
– Gli obblighi assunti con il protocollo addizionale sono stati adempiuti con il Decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1985, n. 751, con il Decreto del Presidente della Repubblica 23 giugno 1990, n. 202, ed infine con il Decreto del Presidente della Repubblica 20 agosto 2012, n. 175, che hanno dato esecuzione rispettivamente alle intese raggiunte con la Conferenza Episcopale il 14 dicembre 1985, il 13 giugno 1990 ed il 28 giugno 2012.
– Dette intese prevedono tutte in estrema sintesi che:
a) l’affidamento dell’incarico avviene da parte dell’autorita’ scolastica, su proposta (scuole superiori) dell’ordinario diocesano o sentito quest’ultimo (scuole materne ed elementari) a personale munito di idoneita’ riconosciuta dall’ordinario diocesano;
b) il riconoscimento di idoneita’ all’insegnamento della religione cattolica ha effetto permanente salvo revoca da parte dell’ordinario diocesano;
c) gli insegnanti incaricati dell’insegnamento della religione cattolica fanno parte della componente docente negli organi scolastici con gli stessi diritti e doveri degli altri insegnanti.
– Sono altresi’ indicati i titoli necessari per l’insegnamento, ma non le modalita’ del reclutamento che restano, quindi, disciplinate dalle disposizioni normative succedutesi nel tempo.
– Degli obblighi assunti con le richiamate intese il legislatore ha tenuto conto in sede di redazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, adottato con il Decreto Legislativo 16 aprile 1994 n. 297, che all’articolo 309, applicabile a tutte le scuole pubbliche non universitarie, oltre a ribadire che l’insegnamento della religione cattolica resta disciplinato dalle intese previste dal protocollo addizionale, al comma 2, precisa che detto insegnamento e’ assicurato mediante conferimento di incarichi annuali, previa intesa con l’ordinario diocesano, ed al comma 3, ribadisce l’appartenenza degli insegnanti al corpo docente con parita’ di diritti e di doveri.
– Anche le parti collettive hanno considerato la specialita’ della disciplina dell’insegnamento della religione e, a partire dal CCNL per il quadriennio normativo 1994/1997, hanno previsto, all’articolo 47, commi 6 e 7, che gli insegnanti di religione cattolica vengono assunti secondo la disciplina di cui al Decreto Legislativo n. 297 del 1994, articolo 309, mediante contratto di incarico annuale che si intende confermato qualora permangano le condizioni ed i requisiti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge.
– Tralasciando la disciplina piu’ antica, in estrema sintesi, il sistema immediatamente successivo alla revisione del Concordato ed intese collegate prevedeva incarichi necessariamente annuali e non poneva limiti alla reiterazione, impedita solo nel caso di perdita dell’idoneita’ all’insegnamento religioso.
– Peraltro, va rimarcato come la contrattazione collettiva gia’ prevedesse all’epoca una regola di rinnovo automatico dell’incarico annuale (articolo 47, comma 6 e 7 CCNL comparto scuola 1994-1997), nel senso che esso era da aversi per “confermato qualora permangano le condizioni ed i requisiti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge”, con previsione espressamente valorizzata da Corte Costituzionale 22 ottobre 1999, n. 390 per escludere qualsiasi profilo di illegittimita’ della normativa nel suo insieme, sul rilievo che in tal modo la precarieta’ del rapporto non sarebbe stata assoluta, come gia’ rilevato anche da questa S.C. (Cass. 21 gennaio 2016, n. 1066).
– In questo contesto si e’ inserita la L. n. 186 del 2003, che ha introdotto, all’interno della categoria omogenea dei docenti di religione con incarico annuale, la distinzione fra docenti di ruolo, assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato e docenti non di ruolo assunti con contratto a tempo determinato (articolo 1).
– I ruoli sono regionali ma articolati per ambiti territoriali corrispondenti alle diocesi e l’articolo 2 stabilisce che la consistenza degli stessi, che costituisce la dotazione organica, deve essere pari al 70% dei “posti funzionanti” per ciascuna diocesi.
– L’articolo 3 dispone che l’accesso ai ruoli avviene previo superamento di concorsi per titoli ed esami, da indire su base regionale con frequenza triennale, ai quali possono partecipare i candidati in possesso dei titoli culturali e del riconoscimento di idoneita’ da parte delle autorita’ ecclesiastiche previsti dai protocolli di intesa.
– Il comma 10 precisa che “per tutti i posti non coperti da insegnanti con contratto di lavoro a tempo indeterminato si provvede mediante contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dei dirigenti scolastici su indicazione del dirigente regionale, d’intesa con l’ordinario diocesano competente per territorio” e tale personale integra il 30 % proprio degli addetti assunti a termine.
L’articolo 1, comma 2, prevede che “agli insegnanti di religione cattolica inseriti nei ruoli di cui al comma 1 si applicano, salvo quanto stabilito dalla presente legge, le norme di stato giuridico ed il trattamento economico previsti dal testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al Decreto Legislativo 16 aprile 1994 n. 297, e successive modificazioni, di seguito denominato “testo unico” e dalla contrattazione collettiva”. Anche in tale novellato assetto la contrattazione collettiva (articolo 40, c. 5, c.c.n.l. 2006/2009 di comparto) ha confermato il richiamo al Decreto Legislativo n. 297 del 1994, articolo 309, comma 2, (norma in ordine alla durata annuale degli incarichi, in se’ pienamente compatibile anche con il nuovo sistema, con riferimento ai rapporti a tempo determinato) e la regola di rinnovo automatico, salvo venire meno dei requisiti, anch’essa dunque tuttora vigente.
Il legislatore ha in sostanza inteso conferire al docente di religione uno, stato giuridico pari a quello degli insegnanti delle materie curriculari, ribadendo il principio della parita’ di diritti e di doveri gia’ fissato dalle intese e dall’articolo 309 cit., ma ha mantenuto la specialita’ della categoria quanto ai titoli ed alle modalita’ per il reclutamento in ruolo o a termine. Il tema che viene qui in evidenza e’ quello, all’interno del sistema quale sopra delineato, del regime dei contratti a tempo determinato, sotto il profilo della loro reiterazione e delle regole Eurounitarie che vietano l’indefinito rinnovo di essi per sopperire ad esigenza datoriali durevoli. La questione e’ stata recentemente oggetto di pronuncia della Corte di Giustizia 13 gennaio 2022, YT e altri, da cui occorre prendere le mosse.
La Corte di Giustizia ha intanto escluso che, rispetto al tema da affrontare, rivesta importanza la specialita’ del sistema derivante dal fatto che l’insegnamento della materia e’ condizionato dal permanere dell’idoneita’ riconosciuta dall’ordinario diocesano.
Tale peculiarita’, riguardando indistintamente i docenti di ruolo e quelli assunti a tempo determinato, finisce per essere sostanzialmente neutra sotto il profilo del pari trattamento e comunque quell’idoneita’, venendo rilasciata una sola volta fino a revoca, non puo’ come tale costituire motivo obiettivo per giustificare il ricorso a reiterati rapporti a termine.
La Corte di Giustizia vuol dire che la previsione per qualsiasi docente del rilascio iniziale fino a revoca, non essendo soggetta a controllo con cadenza pari alla durata dei contratti a tempo determinato, che, come si e’ detto, e’ annuale, non ha alcun rilievo nella dinamica dei rinnovi ed opera estemporaneamente ed in modo uguale per i docenti di ruolo e quelli a tempo determinato, allorquando in concreto emergano criticita’ sul punto.
Di conseguenza, la Corte di Giustizia ha precisato (non diversamente da quanto ritenuto in altra ipotesi da Cass. 10 gennaio 2018, n. 343) che il tema di rilievo attiene alla compatibilita’ della regolazione nazionale del diritto del lavoro scolastico, con riferimento ai docenti di religione cattolica, sotto il profilo dei sistemi di prevenzione e reazione ai possibili abusi nel ricorso alla contrattazione a tempo determinato.
In tale prospettiva dalla pronuncia si possono enucleare alcune conclusioni di fondo, da cui deve muovere il ragionamento e che sono le seguenti.
a) I fattori di oscillazione delle esigenze di docenti di religione cattolica “attestano, nel settore dell’insegnamento di cui trattasi nel procedimento principale, un’esigenza particolare di flessibilita’ che e’ idonea, in tale specifico settore, a giustificare oggettivamente, alla luce della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro, il ricorso a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato per rispondere in maniera adeguata alla domanda scolastica ed evitare di esporre lo Stato, quale datore di lavoro in tale settore, al rischio di dover immettere in ruolo un numero di docenti significativamente superiore a quello effettivamente necessario per adempiere i propri obblighi in materia” (punto 104): in breve, si ritiene in se’ non illegittimo il sistema di reperimento del fabbisogno di docenti di religione, con l’articolazione tra il 70 % (ruolo) e il 30 % (contratti a termine);
b) Tuttavia “l’osservanza della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro esige… che sia verificato concretamente che il rinnovo di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi miri a soddisfare esigenze provvisorie, e che una disposizione nazionale come quella di cui al procedimento principale non sia utilizzata, di fatto, per soddisfare esigenze permanenti e durevoli del datore di lavoro in materia di personale (sentenza del 24 giugno 2021, Obras y Servicios Publicos e Acciona Agua, C-550/19, EU:C:2021:514, punto 63 e giurisprudenza ivi citata)”, occorrendo a tal fine che il giudice nazionale faccia “tutto quanto (gli) compete…. prendendo in considerazione il diritto interno nella sua interezza e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena efficacia della direttiva di cui trattasi e pervenire a una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultima (sentenza del 24 giugno 2021, Obras y Servicios)”, procedendo ad “esaminare di volta in volta tutte le circostanze del caso, prendendo in considerazione, in particolare, il numero di detti contratti successivi stipulati con la stessa persona oppure per lo svolgimento di uno stesso lavoro”;
c) Il giudice interno e’ chiamato a verificare se “non esistano “norme equivalenti per la prevenzione degli abusi”, ai sensi della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro” (punto 116);
d) Il giudice interno deve “interpretare e applicare le pertinenti disposizioni di diritto interno in modo da sanzionare debitamente tale abuso e da eliminare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” (punto 118), curando peraltro (“vegliando”) di evitare che i lavoratori che hanno subito quell’abuso “non siano dissuasi, nella speranza di continuare a lavorare nel settore determinato”, dal far valere anche in sede giurisdizionale le misure preventive finalizzate ad impedire l’abuso stesso (punto 117).
Il ragionamento di diritto interno impone di richiamare le caratteristiche del reclutamento e dell’utilizzazione dei docenti di religione.
Come si e’ in precedenza sottolineato e come rilevato anche dalla Corte di Giustizia, in ragione del combinarsi del Decreto Legislativo n. 297 del 1994, articolo 309, comma 2, e della contrattazione collettiva di settore, i rapporti a termine sono di regola destinati a rinnovarsi di anno in anno, senza limiti di tempo, se non vengano meno le condizioni ed i requisiti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge, il che denota una stabilita’ superiore a quella di ordinari contratti a termine ed un assetto sensibilmente diverso rispetto al sistema generale del reclutamento scolastico.
In quest’ultimo, il reclutamento dei precari avviene in ragione delle carenze di personale di ruolo rispetto alle dotazioni previsionali (supplenza su organico di diritto) o in ragione delle necessita’ che si manifestino (organico di fatto) successivamente alla fissazione di tali dotazioni previsionali. Non e’ pertanto possibile un rinnovo automatico di diritto del tipo di quello sopra descritto.
Tale rinnovo e’ qui in realta’ conseguenza logica della considerevole quota di fabbisogno (30 %) che e’ lasciata alle assunzioni non di ruolo, essendo evidente che dilatazioni e contrazioni annue ben difficilmente possono raggiungere quelle misure percentuali, sicche’ e’ normale che vi sia spazio per una regola di quel tipo ed anzi e’ presumibile che l’ipotesi di rapporti annuali rinnovati, anche per lunga durata, sia assolutamente ricorrente. E’ pertanto fuori di luogo anche solo il paragone con la diversa articolazione del sistema generale scolastico, che non e’ utile per i fini ricostruttivi di questo piu’ limitato e specialissimo settore.
Da cio’ deriva una prima importante conclusione.
Infatti, ritenere ora che sia in se’ abusivo il rinnovo automatico, in quanto chiaramente destinato a far protrarre ulteriormente i rapporti “annuali” comunque esistenti, sarebbe solo di danno ai lavoratori ed opererebbe in senso diametralmente contrario a quanto preteso dalla Corte di Giustizia, allorquando essa ha imposto al giudice interno di “vegliare” su un adattamento del diritto interno che non fosse ragione di regresso rispetto
alle condizioni concrete in essere e quindi operasse in senso dissuasivo rispetto all’esercizio in sede giurisdizionale delle istanze di tutela.
Tale salvaguardia delle utilita’ esistenti – nell’impossibilita’ di conversione, su cui si tornera’ e nell’insussistenza di misure di stabilizzazione straordinarie – e’ impossibile, se non escludendo che la prosecuzione dei rapporti ed il loro rinnovo automatico, in qualunque forma essa avvenga, sia in se’ ragione di illegittimita’.
Il rilievo esclude altresi’ di poter ritenere illegittime, per contrasto con l’ordinamento Eurounitario, le previsioni della contrattazione collettiva da cui discende tale possibilita’ di un rinnovo automatico costante e sine die, trattandosi peraltro, come gia’ ebbe a rilevare Corte Costituzionale 390/1999 cit., di misure piu’ di favore che penalizzanti.
Il rinnovo automatico, per gli anni a venire, dei rapporti “annuali” esistenti non puo’ dunque essere impedito dalla rilettura del sistema conseguente alla pronuncia della Corte di Giustizia, finendosi altrimenti per assumere conclusioni contraddittorie rispetto a quanto preteso proprio da quest’ultima, oltre che palesemente dirompenti ed irrazionali.
Cio’ posto, si deve ritenere che la regola in ordine al ricorrere, per quella quota del 30 % non di ruolo, di contratti a rinnovo automatico, potenzialmente costante, non escluda che tuttavia persistano connotati di precarieta’.
Essi non emergono tanto per la possibilita’, cui si e’ gia’ accennato, che il rinnovo venga meno per perdita dell’idoneita’ a quell’insegnamento, perche’ anche i rapporti di ruolo di questa particolare docenza sono destinati in tali casi a cessare.
I tratti di precarieta’ risalgono invece al fatto che, a fronte dell’eccedenza dell’incarico rispetto al fabbisogno, solo ai docenti di ruolo sono attribuite le guarentigie della mobilita’, quali richiamate anche dalla L. n. 186 del 2003, articolo 4, comma 3. Esse sono infatti certamente estranee al lavoro a termine e, assicurando una tutela ulteriore rispetto alla continuita’ ed al mantenimento del posto presso la Pubblica Amministrazione, assurgono a sicuro tratto differenziale.
Analogamente, la conservazione del posto di lavoro in caso di malattia gode di una tutela meno intensa (9 mesi in un triennio: articolo 19, comma 5, c.c.n.l. 29/11/2007, contro 18 mesi del personale di ruolo: articolo 17, comma 1 del medesimo c.c.n.l.).
Pur a fronte di regole di almeno tendenziale equiparazione tra i trattamenti del personale di ruolo e quelli del personale a tempo determinato con contratto a rinnovo automatico (v. ad es. articolo 40, comma 6, del c.c.n.l. 2007, sull’adeguamento degli orari) persistono elementi differenziali qualificanti, proprio sotto il profilo della stabilita’, che mantengono sicuramente il personale non di ruolo nell’ambito del precariato.
Vi e’ dunque intanto da verificare se ed a quali condizioni tali connotati di persistente precarieta’ possano sfociare, in caso di rapporti annuali continuativi o comunque susseguitisi senza soluzione di continuita’, in un illegittimo abuso verso tali docenti
L’ordinamento interno in effetti gia’ prevede una misura idonea a sopperire alla predetta condizione di precarieta’, che e’ data dall’obbligo di procedere con cadenza triennale allo svolgimento dei concorsi per l’assunzione in ruolo, di cui alla L. n. 186 del 2003, articolo 3, comma 2, i quali, pur non essendo riservati ai precari (se non, ora, per il 50%) sono comunque chiaramente funzionali anche all’evolversi di quelle docenze verso il ruolo.
Ne’ e’ pensabile – dati i numeri coinvolti – che allo scadere del triennio non ricorrano vacanze nella dotazione organica del 70%, in ipotesi anche solo nella direzione prospettica del triennio a venire, cui il concorso e’ fisiologicamente destinato ad estendersi.
Tale previsione riconosce quindi la possibilita’ agli interessati di colmare, almeno con una non irragionevole cadenza triennale, proprio quel deficit di stabilita’ che definisce il loro status di precari.
D’altra parte, essendo stato indetto, dopo la L. n. 186 del 2003, un solo concorso, nell’ormai lontano 2004, il Ministero, attraverso l’inosservanza di quell’obbligo, ha impedito il funzionamento complessivo del sistema, radicalizzando quei particolari tratti di precarizzazione di esso che si sono sopra individuati.
In cio’ sta l’abuso lesivo dell’Accordo Quadro, che si realizza, nei riguardi del singolo insegnante, allorquando egli sia mantenuto in servizio per piu’ di un triennio, attraverso il rinnovo automatico di default o comunque senza soluzione di continuita’, senza che siano indetti concorsi di accesso ai ruoli con la cadenza appunto triennale prevista dalla legge e senza che, per il radicarsi dell’illecito, vi sia necessita’ di altra dimostrazione che quella dell’inosservanza dell’obbligo di concorso sancito dalla normativa speciale, a definizione del sistema quale congegnato dal legislatore.
Abuso che deve trovare un rimedio sanzionatorio nell’ordinamento interno e di cio’ si dira’.
Ne’ ha rilievo la circostanza che, in ipotesi, il singolo docente avesse partecipato al concorso del 2004 e potesse sperare, di fatto, di transitare in ruolo per effetto di quell’originaria procedura ed in ragione dell’inerzia del MIUR rispetto alle successive indizioni.
Non e’ quello, infatti, il percorso normativo che la L. n. 186 del 2003, cui deve farsi riferimento, ha disegnato, tra l’altro coerentemente con l’esigenza di valutazione aggiornata sulla professionalita’ dei prescelti.
Pertanto, a fronte di una mera possibilita’ di fatto ed al di la’ dell’eccezionale evoluzione verso il ruolo recentemente prevista dal legislatore per effetto ancora di quell’unico concorso (v. la Decreto Legge n. 126 del 2019, articolo 1 bis, comma 3, quale convertito in L. 159/2019, che ha consentito immissioni in base al concorso del 2004, nelle more della celebrazione del concorso a venire) restava e resta, fino a che l’assunzione in quel modo non risulti concretamente avverata, l’interesse alla regolare indizione dei concorsi, cosi’ come il riconnesso abuso conseguente all’inosservanza del sistema ordinario, su base triennale, di selezione ed assunzione.
Vi e’ tuttavia da considerare anche l’altra ipotesi che consegue al sistema esistente.
Al di la’ del caso dei contratti continuativamente rinnovati o senza soluzione di continuita’, si puo’ infatti determinare abuso anche a fronte di plurime assunzioni a termine che avvengano discontinuamente per effetto della dismissione del rapporto, in certi periodi, a causa dell’eccedenza rispetto ai fabbisogni.
In tali casi la precarieta’ si manifesta proprio attraverso un’utilizzazione dei docenti interessati che ha luogo con discontinuita’ e solo quando vi sia bisogno di essi.
Con tutta probabilita’ si tratta di ipotesi numericamente marginali, ma sicuramente destinate a ricorrere, data l’organizzazione del sistema, soggetto agli effetti delle dilatazioni e restrizioni annue del fabbisogno e che la stessa norma collettiva evidentemente contempla, quando prevede la conferma a condizione che “permangano le condizioni (v. disponibilita’ del posto, n.d.r.) ed i requisiti (v. idoneita’ all’insegnamento, n. d. r.) prescritti dalle vigenti disposizioni di legge”.
L’abuso qui riveste particolare gravita’ perche’ si fa leva proprio sulla precarieta’ dell’interessato, che resta per una o piu’ annualita’ senza lavoro, per assicurare la flessibilita’ del reclutamento annuale.
Anche per definire quando, in simili condizioni, esso si realizzi va fatto riferimento all’obbligo concorsuale triennale, perche’ comunque il triennio esprime il lasso di tempo che l’ordinamento individua come tollerabile rispetto al mantenimento della condizione di precarieta’.
Pertanto, e’ quella stessa triennalita’, da valutare qui attraverso la sommatoria dei periodi di effettiva utilizzazione del singolo docente non di ruolo e da tradurre in tre annualita’ di anno scolastico secondo il regime proprio del settore, a segnare il limite oltre il quale l’utilizzazione di un docente in forme precarie e con modalita’ discontinue sia da considerare abusiva.
Si tratta di ragionamento per certi versi analogo a quello che fu svolto da questa S.C. per l’utilizzazione reiterata di contratti a termine su posti vacanti nel sistema scolastico generale e gia’ allora si rilevo’ la coerenza anche con il limite massimo di trentasei mesi fissato per la durata del rapporto di lavoro a termine in ambito privato per lo svolgimento di mansioni equivalenti alle dipendenze del medesimo datore di lavoro (Decreto Legislativo n. 368 del 2001, articolo 5, comma 4 bis, introdotto dalla L. n. 247 del 2007 e da ultimo Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 19, comma 2), per affermare che “la complessiva durata massima di trentasei mesi costituisce un parametro tendenziale del sistema delle assunzioni a tempo determinato che porta ad allineare, ferma la specialita’ del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, il settore privato e il settore pubblico, se pur esclusivamente in ordine al limite temporale oltre il quale e’ configurabile l’abuso” (cosi’, ancora Cass. 22552/2016 cit.).
Restano al di fuori dei casi di abuso sopra delineati, i contratti a termine che siano stipulati, per una durata infrannuale, in concomitanza con effettive necessita’ temporanee.
La stessa Corte di Giustizia sottolinea come il ricorrere di “esigenze provvisorie” (punto 106) sia da ritenere in linea con il rispetto della clausola 5, punto 1 dell’Accordo Quadro; per l’effetto, va da se’ che quanto corrisponda ad esigenze di tal fatta non possa dirsi abusivo, proprio perche’ riguardante contratti ab origine instaurati nella’ consapevolezza di ambo le parti di una loro durata limitata nel tempo e della rispondenza ad esigenze transitorie.
E’ il caso dei contratti motivati dalla necessita’ sostitutiva di un docente di ruolo o comunque precedentemente incaricati, oppure dei contratti stipulati nello stretto tempo necessario all’immissione in ruolo o a concludere procedure concorsuali sempre per l’assunzione in ruolo. In tali ipotesi, l’onere probatorio della effettivita’ della ragione giustificativa e’ a carico del Ministero, come da principi consolidati in ambito di termine di durata di contratti a tempo determinato legittimati da specifiche “causali” e la stipula del contratto non e’ ne’ in se’ illegittima, ne’ rileva al fine del computo delle tre annualita’ di cui si e’ detto, restando a tali fini del tutto neutra.
Conclusioni queste ultime che si pongono nel solco di quanto da questa S.C. gia’ ritenuto allorquando si e’ statuito che, nel sistema proprio dei docenti di religione, vige un principio di necessaria annualita’ delle assunzioni a tempo determinato (Cass. 1066/2016, cit.), nel senso che gli incarichi a termine devono coprire l’intero anno scolastico fino al 31.8 (in quella sede fu infatti ritenuta l’illegittimita’ di contratti conclusi tout court da ottobre-novembre fino a giugno dell’anno successivo), ma si e’ altresi’ precisato che andava nel caso concreto esclusa la ricorrenza delle esigenza temporanee quali tipizzate dalla contrattazione collettiva ivi applicabile (comparto enti locali, in quanto la causa riguardava l’insegnamento religioso nelle scuole dell’infanzia comunali) secondo modalita’ non dissimili dalla casistica (sostituzioni; attesa esito concorso etc.), qui ritenuta pertinente.
Venendo al piano dei rimedi, l’elaborazione giurisprudenziale e normativa conosce un ventaglio di possibili reazioni, che vanno dalla trasformazione ipso iure in rapporti a tempo indeterminato, alla stabilizzazione mediante procedure straordinarie destinate ai precari o infine al risarcimento del,N1
danno. i La Corte di Giustizia ha fatto espresso riferimento alla conversione, ma tale misura, rispetto al pubblico impiego, incontra l’ostacolo della previa necessita’ di concorso, in se’ non superabile, stante il tenore dell’articolo 97 Cost., in assenza di espressa previsione in tal senso della legge la quale viceversa prevede che “la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non puo’ comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilita’ e sanzione” (Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 36, comma 5).
D’altra parte la Corte di Giustizia ha gia’ ritenuto che il divieto di conversione, nell’ambito dei rapporti di impiego pubblico, dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato non violi la disciplina Europea in materia di contratto di lavoro a termine contenuta nell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE (ex multis Corte di Giustizia 7 settembre 2006, Marrosu e Sardino; Corte di Giustizia 7 settembre 2006, Vassallo) e cio’ anche con riferimento al settore scolastico (Corte di Giustizia 7 marzo 2018, Santoro).
Parimenti, la stabilizzazione mediante procedure concorsuali straordinarie rientra nella discrezionalita’ del legislatore, ne’ e’ manifestamente permesso, data la diversita’, specialita’ ed eccezionalita’ di tali forme di acquisizione ai ruoli, ragionare in termini di estensione di reclutamenti straordinari svoltisi per i docenti soggetti al regime generale scolastico (v. la L. n. 107 del 2015, articolo 1 comma 95 e ss., che fa chiaramente riferimento ed al relativo regime in cui non sono ricompresi i docenti di religione) o attraverso un raffronto ex articolo 3 Cost., rispetto a questi ultimi, al fine della proposizione di questione di legittimita’ costituzionale sul punto.
Resta il rimedio risarcitorio, che sicuramente l’ordinamento, per come consolidatosi nel diritto vivente, riconosce a favore di chi sia stato utilizzato con modalita’ abusive, secondo le regole proprie di ciascun sistema finalizzate ad evitare il mantenimento di una condizione di precarizzazione, nel caso di specie particolare ma sussistente, attraverso il rinnovo di rapporti a termine per esigenze durature.
Si tratta dei noti principi di cui a Cass., S.U., 15 marzo 2016, n. 5072, secondo cui “in materia di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi di abusiva reiterazione di contratti a termine, la misura risarcitoria prevista dal Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 36, comma 5, va interpretata in conformita’ al canone di effettivita’ della tutela affermato dalla Corte di Giustizia UE (ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13), sicche’….. puo’ farsi riferimento alla fattispecie omogenea di cui alla L. n. 183 del 2010, articolo 32, comma 5, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come “danno comunitario”, determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto” in concreto
in quest’ultimo caso da ricondurre alla “prestazione in violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori
da parte della P.A., ed e’ configurabile come perdita di “chance” di un’occupazione alternativa migliore, con onere della prova a carico del lavoratore, ai sensi dell’articolo 1223 c.c.”.
Analogo rimedio e’ gia’ stato riconosciuto in se’ idoneo rispetto all’abusiva reiterazione nell’ambito generale del lavoro pubblico (Corte di Giustizia 7 marzo 2018, Santoro) e lo e’ dunque certamente anche rispetto ai docenti di religione, chiudendo cosi’ ad ogni ragionamento fondato su improprie assimilazioni tra i diversi settori del lavoro pubblico e del lavoro privato e tra le diverse misure di reazione, rispetto alla contrattazione a termine ed alle illegittimita’ che possono evidenziarsi, nell’uno o nell’altro regime.
In definitiva, chi abbia lavorato per oltre un triennio in forza di rapporti annuali a rinnovo automatico o comunque senza soluzione di continuita’ matura, dopo la terza annualita’ non accompagnata da indizione di concorso, il diritto al risarcimento del danno c.d. Eurounitario. L’inadempimento datoriale e’ interrotto dalla successiva indizione del concorso, ma solo per il futuro e per le tre annualita’ successive.
Chi abbia lavorato con incarichi annuali di docenza a termine discontinui a causa di un’eccedenza rispetto al fabbisogno che non abbia consentito, il rinnovo automatico previsto dalla contrattazione collettiva matura parimenti il diritto al risarcimento del danno c.d. Eurounitario, se in concreto abbia lavorato per un periodo superiore a tre annualita’, sulla base di incarichi non infrannuali.
Tali diritti risarcitori, stante l’unitarieta’ del danno, non si duplicano, ma l’eventuale contestuale ricorrere dei presupposti di piu’ d’uno di essi puo’ essere valutata sotto il profilo della gravita’.
Cosi’ come le disomogenee conseguenze pregiudizievoli che possono ricorrere nei diversi casi di abuso sopra delineati possono trovare riscontro, nella liquidazione del danno presunto ai sensi dell’articolo 32, comma 5, cit. (ora Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 28, comma 2), attraverso l’opportuno dosaggio tra i minimi ed i massimi previsti dalla norma, afferendo essi comunque al “comportamento delle parti e alle condizioni delle parti” di cui all’articolo 8 ivi richiamato e fermo il ristoro del maggiore danno, se provato.
I predetti diritti restano altresi’ indifferenti all’eventuale successiva immissione nel ruolo dei docenti a tempo indeterminato mediante concorso e non a seguito di procedure connotate da automaticita’ (Cass. 22 maggio 2021, n. 14815).
Per altro verso, si precisa che i criteri liquidatori, di cui alle norme citate, sono da intendere quali parametri risarcitori’ tratti da sistema analogo e fissati demandando al giudice di stabilire “un’indennita’ onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilita’ dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nella L. 15 luglio 1966, n. 604, articolo 8”, sicche’ la misura “edittale” e’ solo quella di cui alla L. n. 183 del 2010, predetto articolo 32 comma 5, e Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 28, comma 2, mentre il rinvio all’articolo 8 si riferisce, come e’ reso evidente dalla concatenazione logica delle parole, soltanto ai criteri cui il giudice deve avere riguardo (numero dei dipendenti occupati, anzianita’ di servizio comportamento e condizioni delle parti) e non certo al raddoppio di cui alla seconda parte dello stesso articolo 8, riguardante l’indennita’ di cui a quella norma e non l’indennita’, non a caso definita espressamente come “onnicomprensiva”, prevista dalle diverse disposizioni qui da applicare come parametri risarcitori.
In chiusura, si osserva che il sistema nel suo complesso, quale sopra delineato, non appare tale da suscitare dubbi sotto il profilo della compatibilita’ costituzionale anche ai sensi dell’articolo 117 Cost., comma 1.
Il possibile reiterarsi dei rapporti a termine si riconnette infatti, per i docenti di religione, ad una regola di rinnovo automatico, su un’ampia dotazione (30 %) dei “posti funzionanti” e cio’ assicura elementi di stabilita’, estranei alla reiterazione tout court che fu ritenuta illegittima da Corte Costituzionale 20 luglio 2016, n. 187, per quanto accade nel sistema generale della scuola pubblica.
Certamente, la regola sulla concorsualita’ triennale, tra l’altro ulteriormente declinata, con le modifiche apportate dalla L. n. 159 del 2019, articolo 1 bis, comma 2, nel senso della possibile riserva della meta’ dei posti al personale munito gia’ di una certa anzianita’ di servizio, costituisce cerniera ineludibile di ragionevolezza, in quanto e’ attraverso essa che si garantisce il necessario strumento di sviluppo dalla precarieta’ al ruolo; tale concorsualita’ triennale, con la regola risarcitoria che ne consegue, puo’ inoltre essere tale da assicurare un effetto dissuasivo da ulteriori inadempienze agli obblighi di reclutamento a tempo indeterminato.
Quella regola, come si e’ detto non osservata, e’ tuttora vigente e la L. n. 228 del 2021, articolo 5, comma 3, ha soltanto previsto una dilazione a tutto il 2022 per lo svolgimento del concorso a venire.
Altrettanto certamente, ci si dovrebbe diversamente interrogare se un diverso assetto facesse venire meno la previsione sulla regolare cadenza concorsuale o dilazionasse oltre modo lo svolgimento dei concorsi, ma non e’ questa la realta’ normativa attuale.
Il riconoscimento di diritti risarcitori nei termini del c.d. danno Eurounitario completa poi la capacita’ dissuasiva del sistema rispetto ai casi in cui il superamento del triennio avvenga rispetto a rapporti discontinui e per effetto del determinarsi, in taluni periodi, di eccedenza del posto gia’ attribuito al docente non di ruolo.
Tutto cio’ consente, dunque, di definire i seguenti principi:
“Stante l’impossibilita’ di conversione a tempo indeterminato dei contratti annuali dei docenti non di ruolo di religione cattolica in corso, per i quali la contrattazione collettiva stabilisce la conferma al permanere delle condizioni e dei requisiti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge, i medesimi rapporti proseguono, nonostante il reiterarsi di essi nel tempo e cio’ in ragione dell’indirizzo della pronuncia della Corte di Giustizia in materia, secondo cui l’interpretazione del diritto interno in coerenza con i principi Eurounitari non puo’ tradursi in ragione di pregiudizio per i lavoratori, salvo il diritto al risarcimento del danno per la mancata indizione dei concorsi triennali quali previsti dalla legge per l’accesso ai ruoli”
“Nel regime speciale di assunzione a tempo determinato dei docenti di religione cattolica nella scuola pubblica, di cui alla L. n. 186 del 2003, costituisce abuso nell’utilizzazione della contrattazione a termine sia il protrarsi di rapporti annuali a rinnovo automatico o comunque senza soluzione di continuita’ per un periodo superiore a tre annualita’ scolastiche, in mancanza di indizione del concorso triennale, sia l’utilizzazione discontinua del docente, in talune annualita’, per ragioni di eccedenza rispetto al fabbisogno, a condizione, in quest’ultimo caso, che si determini una durata complessiva di rapporti a termine superiore alle tre annualita’. In tutte le menzionate ipotesi di abuso sorge il diritto dei docenti al risarcimento del danno c.d. Eurounitario, con applicazione, anche in ragione della gravita’ del pregiudizio, dei parametri di cui alla L. n. 183 del 2010, articolo 32, comma 5, (poi, Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 28, comma 2) oltre al ristoro, se provato, del maggior danno sofferto, non essendo invece riconoscibile la trasformazione di diritto in rapporti a tempo indeterminato”.
“I contratti di assunzione dei docenti di religione non di ruolo nella scuola pubblica hanno durata annuale e sono soggetti a conferma automatica, secondo le previsioni della contrattazione collettiva, al permanere delle condizioni e dei requisiti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge, ma e’ consentita altresi’ l’assunzione di durata infrannuale, sulla base di contratti motivati dalla necessita’ sostitutiva di docenti precedentemente incaricati, oppure nello stretto tempo necessario all’attuazione delle immissioni in ruolo in esito a procedure concorsuali gia’ svolte o per concludere procedure concorsuali in essere, spettando in tali casi al Ministero, qualora sorga contestazione a fini risarcitori per abuso nella reiterazione del ricorso a contratti a termine, l’onere della prova della legittimita’ della causale, la quale, se accertata, esclude tali contratti dal computo per l’integrazione della fattispecie del predetto abuso”.
Venendo al caso concreto, la Corte territoriale ha fondato l’accoglimento della domanda sulla reiterazione continua dei contratti, rimarcando in particolare come fossero mancati altri concorsi dopo il triennio di validita’ del primo (2004/2007), sicche’ si e’ certamente realizzato l’abuso riconnesso al mantenimento della precarieta’, nei termini di cui si e’ detto, perche’ il ricorrente, dopo avere gia’ lavorato per tre annualita’, successivamente, dal 2007/2008, pur proseguendo ininterrottamente nell’insegnamento della religione cattolica, non ha potuto fruire dell’indizione dei concorsi previsti dalla legge.
Invece, nulla di tutto quanto utile a comprovare profili di esenzione da responsabilita’ del Ministero emerge dalla sentenza impugnata, ne’ dal ricorso per cassazione, fondato anzi sull’assunto delle legittimita’ in se’ dei contratti, seppure mantenuti nell’inosservanza del sistema nella sua interezza e senza la dovuta celebrazione dei concorsi triennali.
Il ricorso per cassazione va quindi disatteso, avendo fatto la Corte territoriale applicazione di regole nella sostanza non dissimili da quelle come sopra ricostruite.
Alla reiezione del ricorso segue la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di legittimita’, con distrazione a favore del procuratori delle controricorrenti dichiaratisi antistatari.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il Ministero al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge, con distrazione a favore dell’avv. (OMISSIS), dell’avv. (OMISSIS) e l’avv. (OMISSIS), antistatari.