L’accoglimento del ricorso per Cassazione con pronuncia di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, non vale di per sé a configurare una responsabilità ex L. n. 117 del 1988 dei giudici di merito, in ragione della clausola di salvaguardia di cui all’art. 2 comma 2 della L. n. 117 del 1988, che esclude che possa dare luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto ovvero di valutazione del fatto e della prova, con clausola che “non tollera letture riduttive, in quanto giustificata dal carattere fortemente valutativo dell’attività giudiziaria e dall’esigenza di attuare compiutamente l’indipendenza del giudice. Infatti la responsabilità civile dei magistrati, è incentrata sulla colpa grave, tipizzata secondo ipotesi delineate dall’art. 2 della L. n. 117 del 1988, tutte accomunate da una negligenza inescusabile, tale da determinare una violazione evidente, grossolana e macroscopica della norma applicata, ovvero una lettura di essa in termini contrastanti con ogni criterio logico, o l’adozione di scelte aberranti nella ricostruzione della volontà del legislatore o la manipolazione assolutamente arbitraria del testo normativo o infine lo sconfinamento dell’interpretazione nel diritto libero, occorrendo dunque un “quid pluris” rispetto alla colpa grave delineata dall’art. 2236 c.c. nel senso che si esige che la colpa stessa si presenti come “non spiegabile” e, cioè, senza agganci con le particolarità della vicenda idonee a rendere comprensibile anche se non giustificato l’errore del magistrato.
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Tribunale|Milano|Sezione 5|Civile|Sentenza|1 luglio 2022| n. 5794
Data udienza 8 giugno 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
QUINTA CIVILE
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott.ssa Margherita Monte – Presidente
dott.ssa Caterina Spinnler – Giudice relatore/estensore
dott. Marcello Piscopo – Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 20771/2019 promossa da:
(…) (C.F. (…)) con il patrocinio dell’avv. (…) ed elettivamente domiciliato in VIA (…) 12 80058 TORRE ANNUNZIATA presso il difensore avv.(…)
ATTORE
Contro
REPUBBLICA ITALIANA NELLA PERSONA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, con il patrocinio dell’avv. AVVOCATURA STATO MILANO in persona dell’avv. (…) ed elettivamente domiciliato in VIA FREGUGLIA, 1 20122 MILANO presso il difensore avv. AVVOCATURA STATO MILANO
CONVENUTO
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione in rinnovazione notificato in data 22.9.2020 (…) ha convenuto in giudizio la “Repubblica Italiana” in persona del Presidente del Consiglio, proponendo azione ex L. n. 117 del 1988, e chiedendo l’accoglimento delle seguenti domande: “accertare e dichiarare l’esclusiva responsabilità della Repubblica Italiana nella persona del Presidente del Consiglio dei Ministri in ordine alla produzione dei lamentati danni patrimoniali e non patrimoniali, ai sensi degli artt. 2043 e 2059 c.c. e per l’effetto condannare la medesima Repubblica Italiana nella persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, al risarcimento di tutti i danni conseguenti agli ingiusti procedimenti subiti dal sig. (…) nell’importo totale da definire in via equitativa, parzialmente qui espressamente dichiarato e quantificato in Euro 2.000.000,00 per danni patrimoniali- comprensivo dell’intero danno, patrimoniale e non patrimoniale – ovvero negli importi diversi minori o maggiori ritenuti di giustizia, oltre rivalutazione monetaria ed interessi nella misura di legge sulla somma rivalutata; B) condannare la convenuta Repubblica Italiana nella persona del Presidente del Consiglio dei Ministri al pagamento di spese e compensi di causa da distrarsi in favore del procuratore che si dichiara antistatario”.
Ha allegato quanto segue:
che il dott. (…) medico convenzionato del servizio sanitario di base della (…), era stato condannato, a seguito delle denunce sporte da congiunti di suoi pazienti e da infermieri professionali, con sentenza resa dal Tribunale di Verbania in data 22.11.2005, per i reati di abuso d’ufficio, truffa aggravata e concussione commessi ai danni dei suoi assistiti, alla pena di due anni di reclusione ed alla interdizione temporanea per due anni dal pubblico ufficio ricoperto; che la Corte d’Appello, con sentenza pronunciata il 21.2.2016, aveva, in riforma della sentenza di primo grado, confermato la sola condanna per il reato di abuso d’ufficio commesso ai danni di (…) condannando l’imputato alla pena di cinque mesi di reclusione e dichiarando la pena interamente estinta per indulto. Aveva assolto l’imputato dal reato di abuso d’ufficio commesso ai danni di (…) e da da quello di truffa aggravata danni di (…) e (…) e dichiarato nulla la sentenza con riferimento alle imputazioni per concussione commesse ai danni di (…), disponendo trasmissione degli atti al Tribunale di Verbania per il nuovo giudizio;
che la Corte di Cassazione, con sentenza in data 11.1.2019, aveva assolto il (…) annullando senza rinvio la sentenza della Corte d’Appello perché il fatto non sussiste.
Ha dedotto che la responsabilità dei magistrati del Tribunale e della Corte d’Appello ai sensi della L. n. 117 del 1988 ed ha allegato di avere subito un danno patrimoniale – consistente nella diminuzione del reddito percepito in conseguenza del procedimento penale e di quello disciplinare e nelle spese sostenute per i vari giudizi – che ha quantificato nella somma di Euro 2.000.000,00 – ed un danno non patrimoniale ” comprensivo di danno all’immagine, lucro cessante e danno emergente, danno morale ed esistenziale “, chiedendone la liquidazione in via equitativa.
Si e costituita la Presidenza del Consiglio dei Ministri rappresentata dall’Avvocatura dello Stato di Milano proponendo le seguenti domande:
” – IN VIA PRELIMINARE: dichiarare la nullità dell’atto di citazione avversario ai sensi dell’art. 164 c.p.c. con le conseguenti determinazioni in rito;
– SEMPRE IN VIA PRELIMINARE : accertare e dichiarare l’improcedibilità dell’azione avversaria per violazione della L. n. 117 del 1988 e conseguentemente rigettare tutte le domande ivi formulate ;
– NEL MERITO: 1) dichiarare l’inammissibilità dell’atto di citazione perché esperito nei confronti di un soggetto non dotato di legittimazione passiva nel presente giudizio e conseguentemente rigettare tutte le domande ivi formulate,
2) dichiarare l’inammissibilità e l’improcedibilità dell’atto di citazione avversario per mancato esperimento dei rimedi preventivi e comunque per decadenza dal diritto di esercitare l’azione ai sensi della L. n. 117 del 1988 e conseguentemente rigettare tutte le domande ivi formulate;
3) rigettare tutte le domande contenute nell’atto di citazione avversario in guanto genericamente formulate, sprovviste di prova e in ogni caso infondate in fatto e in diritto sia nell’an che nel quantum, oltre che prescritte;
4) nella denegata ipotesi di accertamento di qualsivoglia responsabilità in capo all’Amministrazione convenuta, rideterminare il quantum risarcitorio sulla base di ciò che verrà effettivamente provato in corso di causa, tenendo conto altresì del concorso colposo dell’attore nella causazione del danno ai sensi dell’art. 1227 c.c. Il tutto con vittoria delle spese e dei compensi di lite”.
L’avvocatura ha formulata, in via preliminare:
1 ) eccezione di nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza della causa petendi, per avere l’attore omesso di indicare quali fossero gli addebiti formulati nei confronti dell’amministrazione per sostenerne la responsabilità derivante dall’esercizio della funzione giurisdizionale a norma della L. n. 117 del 1988 e di individuare i soggetti responsabili delle anzidette condotte,
2 ) eccezione di improcedibilità dell’azione, per violazione del disposto di cui all’art. 6 della L. n. 117 del 1988 per omessa comunicazione del procedimento ai magistrati coinvolti
3) eccezione di inammissibilità dell’azione per carenza di legittimazione passiva della Repubblica Italiana
4 ) eccezione di inammissibilità dell’azione, per mancata allegazione e dimostrazione di avere esperito tutti i rimedi ordinari di impugnazione
5 ) eccezione di decadenza dall’azione per il decorso del termine fissato dall’art. 4 commi II e III della L. n. 117 del 1988 come novellato della L. n. 18 del 2015 6 ) eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento dei danni a norma dell’art. 2947 c.c., essendo intervenuta la pronuncia di interdizione ai pubblici ufficio nel 2005.
Nel merito ha contestato la fondatezza dell’azione proposta dal (…) non avendo il ricorrente spiegato come i fatti processuali di cui si duole abbiano coinvolto la responsabilità dei Magistrati, essendo i provvedimenti resi in primo e secondo grado adeguatamente motivati sulla base della ricostruzione delle emergenze probatorie, e per non avere le sentenze di primo e secondo grado cagionato danno alcuno al (…) non avendo le sentenze prodotto effetto, in ragione dei gravami interposti dall’imputato e della dichiarazione di estinzione della pena.
Su richiesta dei procuratori delle parti, che non hanno chiesto di depositare le memorie ex art. 183 VI comma c.p.c., all’udienza del 28.2.2022 sono state precisate le conclusioni ed il giudice ha assegnato i termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica, riservando la decisione al Collegio.
Ciò premesso osserva il Tribunale quanto segue.
Sono infondate le eccezioni preliminare formulate dalla difesa erariale.
L’attore con l’atto di citazione ha indicato i magistrati asseritamente responsabili ex L. n. 117 del 1988, individuandoli nei giudici del Tribunale di Verbania ed in quelli della Corte d’Appello di Torino che hanno pronunciato le sentenze di primo e secondo grado. Gli anzidetti Magistrati sono stati avvisati della pendenza del giudizio, norma dell’art. 6 della L. n. 117 del 1988, così risultando superata l’eccezione di improcedibilità dell’azione formulata dalla Avvocatura.
Quanto alla legittimazione passiva nelle conclusioni dell’atto di citazione, che sono le stesse sottoposte al Collegio, si legge testualmente la domanda di ” accertare e dichiarare l’esclusiva responsabilità della Repubblica Italiana nella Persona del Presidente del Consiglio dei Ministri ” . A norma dell’art. 4 comma 1 della L. n. 117 del 1988 ” L’azione di risarcimento del danno contro lo Stato deve essere esercitata nei confronti del Presidente del Consiglio del Ministri”. L’attore, pur utilizzando una formula impropria ed imprecisa, citando in giudizio la Repubblica Italiana nella Persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, ha evidentemente inteso proporre la domanda nei confronti di quest’ultimo, che infatti si è puntualmente costituito in giudizio rappresentato dall’Avvocatura dello Stato.
Risulta rispettato il requisito di ammissibilità della domanda previsto dall’art. 4 n. 2 L. n. 118 del 1988, avendo l’attore esperito tutti gli ordinari mezzi di impugnazione fino ad ottenere dalla Corte di Cassazione la piena assoluzione del (…) con annullamento senza rinvio della sentenza della Corte d’Appello.
Poiché, a norma dell’art. 4 n.2 della L. n. 118 del 1988, l’azione di risarcimento dei danni contro lo Stato è esperibile una volta esauriti gli ordinari mezzi di impugnazione, essendo stata pronunciata la sentenza della Corte di Cassazione con deposito in cancelleria in data 11.1.2019, l’azione, proposta con atto di citazione notificato il 22.9.2020 – a seguito di rinnovazione della notificazione della citazione presso gli uffici dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano disposta dal Giudice – risulta proposta tempestivamente nel rispetto del termine triennale previsto dalla richiamata disposizione normativa, nel testo modificato dalla L. n. 18 del 27 febbraio 2015, applicabile ratio temporis alla presente azione.
Parimenti risulta infondata l’eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento dei danni, in quanto, applicata la prescrizione quinquennale a norma dell’art. 2947 c.c. e posto il principio per il quale la prescrizione decorre a partire dal momento in cui il diritto può essere fatto valere ( art. 2935 c.c. ), tale termine non decorre dalla pronuncia di primo grado ( 22.11.2005), bensì dalla sentenza della Corte di Cassazione ( 11.1.2019 ), non potendo l’azione venire esercitata prima dell’esaurimento degli ordinari mezzi di impugnazione.
Nel mento la domanda e infondata e va respinta per le ragioni esposte.
L’attore ha invocato ai sensi degli artt. 2 e ss della L. n. 117 del 1988 la responsabilità civile per colpa grave dei magistrati del Tribunale di Verbania e della Corte d’Appello di Torino, allegando semplicemente che “Nella sentenza definitiva emanata dalla Corte di Cassazione si evince chiaramente che l’errore giudiziario consisteva appunto nella riqualificazione del reato con grave pregiudizio dell’attività difensiva” (p. 3 dell’atto di citazione ). Ha richiamato a sostegno dell’assunto il contenuto testuale della sentenza della Corte di Cassazione ed ha concluso che ” sia il processo di primo che di secondo grado si sono svolti nonostante senza consentire un’adeguata difesa dell’imputato e commettendo gravi errori giudiziari” ( cfr p. 6 dell’atto di citazione ), omettendo tuttavia di illustrare quale violazione di disposizioni processuali sarebbe stata compiuta, di individuare i comportamenti e gli atti in concreto censurati e la loro riferibilità alle ipotesi di violazioni disciplinate dalla L. n. 117 del 1988 e di precisare in quale fase del giudizio di primo e di secondo grado sarebbero state compiute le anzidette violazioni.
La genericità dell’allegazione difensiva contenuta nell’atto di citazione – che non è stata precisata in corso di causa, non avendo l’attore depositato le memorie ex art. 183 VI comma c.p.c., avendo riprodotto nella comparsa conclusionale il contenuto dell’atto di citazione e non avendo depositato la memoria di replica – non consente di ricondurre le condotte denunciate ad alcuna delle ipotesi di “colpa grave” individuate dal comma 2 n. 3 della L. n. 117 del 1988, tanto nel testo originario, applicabile ratione temporis alla condotta riferita ai Magistrati del Tribunale di Verbania, che in quello novellato con L. n. 18 del 27 febbraio 2015 , applicabile alla pronuncia resa dalla Corte d’Appello ( cfr Cass. S.U. 11747 del 3.5.2019 punto 4).
Rappresentano infatti ipotesi di ” colpa grave” nel testo originario; “a) la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile ; b) l’affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento; c) la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento; d ) l’emissione di provvedimento concernente la libertà personale fuori dai casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione” ( art. 2 comma 3 ) e, in quello novellato la : “la violazione manifesta della legge nonché del diritto dell’Unione europea, il travisamento del fatto o delle prove, ovvero l’affermazione di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento o la negazione di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento, ovvero l’emissione di un provvedimento cautelare personale o reale fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione” (art. 2 comma 3).
Tali fattispecie normative vanno lette in correlazione con il dettato del comma 2 della norma citata, per il quale, nel testo originario “Nell’esercizio delle funzioni giudiziarie non può dare luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove” ( art. 2 comma 2 ) ed in quello novellato “Fatti salvi i commi 3 e 3 bis ed i casi di dolo, nell’esercizio delle funzioni giudiziarie non può dare luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto nel quella di valutazione del fatto o delle prove” ( art. 2 comma 2 ) “… ai fini della determinazione dei casi in cui sussiste la violazione manifesta di legge nonché de diritto dell’Unione europea si tiene conto, in particolare, del grado di chiarezza e precisione delle norme violate nonché dell’inescusabilità e della gravità dell’inosservanza ….” (art. 2 comma 3 bis ). Tali norme, come osservato dalla Corte Costituzionale, è diretta a tutelare l’autonomia del giudice nella valutazione dei fatti e delle prove e l’imparziale interpretazione delle norme di diritto (Corte Costituzione n. 11 del 11.1.1989).
I provvedimenti giudiziari censurati risultano assistiti da una motivazione che non presenta carattere di “abnormità” e/o “stravolgimento” dei fatti o delle prove.
Alla riqualificazione del fatto di reato – da abuso d’ufficio a concussione – nel giudizio di primo grado, che costituisce la condotta cui l’attore collega genericamente il pregiudizio all’attività difensiva, è seguita la dichiarazione di nullità in parte qua della sentenza di primo grado, senza alcun pregiudizio del diritto di difesa dell’imputato. I rilievi formulati dalla Corte di Cassazione relativamente alla incompletezza della motivazione in relazione alle emergenze istruttorie, che l’attore ha riportato testualmente nel proprio atto introduttivo, attengono ad attività che, come la prima, ove non connotate da ” negligenza inescusabile” ( testo ante riforma ) o da “travisamento delle prove” (testo novellato), condotte che l’attore non ha neppure puntualmente allegato e che comunque non emergono dalla sentenza di legittimità, non danno luogo a responsabilità a norma della L. n. 117 del 1988.
L’accoglimento del ricorso per Cassazione con pronuncia di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, non vale di per sé a configurare una responsabilità ex L. n. 117 del 1988 dei giudici di merito, in ragione della clausola di salvaguardia di cui all’art. 2 comma 2 della L. n. 117 del 1988, che esclude che possa dare luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto ovvero di valutazione del fatto e della prova, con clausola che “non tollera letture riduttive, in quanto giustificata dal carattere fortemente valutativo dell’attività giudiziaria e dall’esigenza di attuare compiutamente l’indipendenza del giudice” (massima Cass. 1266/2018; in senso conforme ex multis Cass. 1068/2019).
Infatti la responsabilità civile dei magistrati, è incentrata sulla colpa grave, tipizzata secondo ipotesi delineate dall’art. 2 della L. n. 117 del 1988, tutte accomunate da una negligenza inescusabile, tale da determinare “una violazione evidente, grossolana e macroscopica della norma applicata, ovvero una lettura di essa in termini contrastanti con ogni criterio logico, o l’adozione di scelte aberranti nella ricostruzione della volontà del legislatore o la manipolazione assolutamente arbitraria del testo normativo o infine lo sconfinamento dell’interpretazione nel diritto libero” ( Cass. n. 6791 del 17.4.2016 p. 4 e 5 ), occorrendo dunque ” un “quid pluris” rispetto alla colpa grave delineata dall’art. 2236 c.c. nel senso che si esige che la colpa stessa si presenti come “non spiegabile” e, cioè, senza agganci con le particolarità della vicenda idonee a rendere comprensibile anche se non giustificato l’errore del magistrato ” ( Cass. 6791 del 17.4.2016 p. 4 e 5; in senso conforme Cass. S.U. 11747 del 3.5.2019).
Le ragioni esposte dimostrano l’insussistenza di un’ipotesi di colpa grave ex art. 2 della L. n. 117 del 1988 a carico dei componenti del Tribunale di Verbania e della Corte d’Appello di Torino.
La pretesa risarcitoria – all’evidenza infondata per assoluto difetto di prova tanto del danno patrimoniale quanto di quello non patrimoniale – non sarà oggetto di esame da parte del Tribunale, risultando assorbita dall’accertamento dell’insussistenza di responsabilità dei Magistrati.
Vanno dunque respinte tutte le domanda proposta dall’attore (…) nei confronti dello Stato.
In applicazione del principio della soccombenza ( art. 91 c.p.c. ), le spese del giudizio vanno poste a carico dell’attore, nella misura liquidata in dispositivo, a norma del D.M. n. 55 del 2014, applicando lo scaglione tariffario previsto per le cause di valore indeterminabile di elevata complessità.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente decidendo, così provvede:
respinge tutte le domande proposte dall’attore (…) nei confronti dello Stato;
condanna l’attore a rifondere alla parte convenuta le spese del giudizio che liquida in Euro 18.413,00 per compensi, oltre il rimborso forfetario del 15% per spese generali e gli accessori di legge.
Così deciso in Milano l’8 giugno 2022.
Depositata in Cancelleria l’1 luglio 2022.
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