in tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione per notizie diffuse a mezzo stampa, presupposti per il legittimo esercizio del diritto di critica, allo stesso modo del diritto di cronaca, rispetto al quale consente l’uso di un linguaggio più pungente ed incisivo, sono: a) l’interesse al racconto, ravvisabile quando anche non si tratti di interesse della generalità dei cittadini, ma di quello generale della categoria di soggetti ai quali, in particolare, si indirizza la pubblicazione di stampa; b) la correttezza formale e sostanziale dell’esposizione dei fatti, nel che propriamente si sostanzia la cd. continenza, nel senso che l’informazione di stampa non deve trasmodare in “argumenta ad hominem” né assumere contenuto lesivo dell’immagine e del decoro; c) La corrispondenza tra la narrazione ed i fatti realmente accaduti, nel senso che deve essere assicurata l’oggettiva verità del racconto, la quale tollera, perciò, le inesattezze considerate irrilevanti se riferite a particolari di scarso rilievo e privi di valore informativo. Quindi in tema di responsabilità civile per diffamazione, il diritto di critica non si concreta nella mera narrazione di fatti, ma si esprime in un giudizio avente carattere necessariamente soggettivo rispetto ai fatti stessi; per riconoscere efficacia esimente all’esercizio di tale diritto, occorre tuttavia che il fatto presupposto ed oggetto della critica corrisponda a verità, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze soggettive. Infatti quando, come accade frequentemente, la narrazione di determinati fatti sia esposta insieme alle opinioni dell’autore dello scritto, in modo da costituire nel contempo esercizio di cronaca e di critica, la valutazione della continenza non può essere condotta, sulla base dei soli criteri indicati, essenzialmente formali, dovendo, invece, lasciare spazio alla interpretazione soggettiva dei fatti esposti. Infatti, la critica mira non già ad informare, ma a fornire giudizi e valutazioni personali, e, se è vero che, come ogni diritto, anche quello in questione non può essere esercitato se non entro limiti oggettivi fissati dalla logica concettuale e dall’ordinamento positivo, da ciò non può inferirsi che la critica sia sempre vietata quando sia idonea ad offendere la reputazione individuale, richiedendosi, invece, un bilanciamento dell’interesse individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione del pensiero, costituzionalmente garantita. Siffatto bilanciamento è ravvisabile nella pertinenza della critica di cui si tratta all’interesse pubblico, cioè nell’interesse dell’opinione pubblica alla conoscenza non del fatto oggetto di critica, che è presupposto dalla stessa, e, quindi, fuori di essa, ma di quella interpretazione del fatto, interesse che costituisce, assieme alla correttezza formale (continenza), requisito per la invocabilità della esimente dell’esercizio del diritto di critica.

Puoi scaricare la presente sentenza in formato PDF, effettuando una donazione in favore del sito, attraverso l’apposito link alla fine della pagina.

Tribunale|Milano|Sezione 1|Civile|Sentenza|19 luglio 2022| n. 6374

Data udienza 18 luglio 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI MILANO

Sezione Prima Civile

Il Tribunale, nella persona della dott. Paola Maria Gandolfi

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al N.R.G. 37919/2019 R.G. promossa da:

(…) S.P.A. O IN FORMA ABBREVIATA “(…) S.P.A.”, (C.F. (…)), con patrocinio dell’avv. (…) VIA (…), 00184 ROMA; (…); domiciliato presso lo studio del proprio difensore in VIA (…) 20121 MILANO

ATTORE

contro:

(…) (C.F. (…)), (…) s.p.a., con patrocinio dell’avv. (…); domiciliati presso lo studio del proprio difensore in VIA (…) 20129 MILANO

CONVENUTI

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come da fogli di p.c. depositati nel PCT che qui si intendono integralmente richiamati.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 24-28/6/19 (…)- s.p.a. chiamava in giudizio (…) e la (…) s.p.a. per sentire accertare e dichiarare che le affermazioni contenute nel libro “L’Italia non è più italiana” rivestono carattere diffamatorio e lesivo dell’onore, della reputazione e dell’identità societaria dell’attrice, con condanna in via solidale al risarcimento dei danni, quantificati in non meno di euro 4.000.000,00, ordine di ritiro del libro dalla distribuzione e di cessazione della pubblicizzazione, con pubblicazione della sentenza. Parte attrice, dopo avere rappresentato costituzione e sviluppi della società nella prestazione dei servizi trasporto viaggiatori sulle linee ad alta velocità e di collegamento intermodale rotaia/gomma, rilevava come in data 21/1/19 fosse stato pubblicato il libro di (…) relativo agli investimenti stranieri, qualificati come predatori, in storiche aziende italiane. (…) sottolineava come a pag. 63, 64 del saggio vi fosse un passaggio gravemente diffamatorio nei suoi confronti. Ricostruite le vicende preprocessuali, la difesa attorea contestava il carattere lesivo del pezzo dedicatole, privo di qualsivoglia ragionevole attinenza alla altre tematiche affrontate e consistente in una stroncatura a priori del mero passaggio di proprietà secondo il topos dello spreco di risorse pubbliche e quello della “desovranizzazione” (…) contestava quindi la verità delle notizie fornite, secondo cui l’azienda avrebbe beneficiato di pubbliche contribuzioni, depauperando il Paese, sottolineando al contrario tutti gli investimenti effettuati per potenziare il servizio di trasporto, su linee AV italiane. L’attrice rilevava inoltre il superamento della continenza espressiva, sin dalla titolazione del volume e dall’impostazione grafica della copertina nonché la carenza di un interesse pubblico alla notizia e contestava la sussistenza dei requisiti del diritto di critica e dell’ipotesi di giornalismo di inchiesta. Ribadita la complessiva lesività del pezzo in questione, l’attrice si soffermava sul gravissimo danno subito, sotto il profilo della diluizione del marchio, dei costi di mitigazione della lesione reputazionale e della sofferenza patita.

Si costituivano i convenuti eccependo le scriminanti del diritto di cronaca e di critica e sottolineando come nell’intero libro solo poche righe fossero stata dedicate all’attrice. Nel contesto di una legittima opinione soggettiva, l’autore rivolgeva le sue considerazioni critiche più sui soci fondatori di (…) che sulla società, tranne per ciò che riguarda le agevolazioni. In proposito, la difesa convenuta ricordava la vantata italianità dell’iniziativa da parte dell’azionariato di (…), che tuttavia aveva poi alienato le azioni ad un fondo straniero e rilevava come il Ministero dei Trasporti avesse diminuito i canoni di accesso all’infrastruttura ferroviaria AV, sconto che aveva comportato un risparmio notevole sui bilanci dell’attrice (e superiore a favore dell’altro operatore Ferrovie dello Stato, doc. 6 conv.), a fronte della riduzione del servizio locale. Inoltre erano state concesse agevolazioni per il rinnovo della flotta, di cui (…) aveva beneficiato (doc. 10-12 conv.). Rilevata la sussistenza dei requisiti scriminanti, i convenuti contestavano poi la quantificazione dei danni e concludevano per il rigetto di tutte le domande.

Concessi i termini ex art. 183, VI c.p.c., senza istruttoria orale, all’udienza del 16/3/22 la causa veniva rimessa in decisione sulle conclusioni ivi precisate.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I convenuti, come accennato, eccepiscono la liceità del testo, fondato su circostanze di fatto, e comunque la scriminante del diritto di critica ex art. 21 Cost. Come è noto, il giudice di legittimità ha da tempo statuito che: “per considerare la divulgazione di notizie lesive dell’onore lecita espressione del diritto di cronaca ed escludere la responsabilità civile per violazione del diritto all’onore, devono ricorrere tre condizioni consistenti:

a) nella verità oggettiva (o anche soltanto putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca) che non sussiste quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano, dolosamente o anche soltanto colposamente, taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato; ovvero quando i fatti riferiti siano accompagnati da sollecitazioni emotive ovvero da sottintesi, accostamenti, insinuazioni, allusioni o sofismi obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore rappresentazioni della realtà oggettiva false; il che si esprime nella formula che “il testo va letto nel contesto”, il quale può determinare un mutamento del significato apparente della frase altrimenti non diffamatoria, dandole un contenuto allusivo, percepibile dall’uomo medio (Cass. 14 ottobre 2008, n. 25157);

b) nella sussistenza di un interesse pubblico all’informazione, vale a dire la cd. pertinenza (ex multis: Cass. 15 dicembre 2004, n. 23366; Cass. n. 15999/2001; Cass. n. 5146/2001);

c) nella forma “civile” dell’esposizione dei fatti e della loro valutazione, e cioè la cd. continenza, posto che lo scritto non deve mai eccedere lo scopo informativo da conseguire ed essere improntato a serena obiettività, con esclusione di ogni preconcetto intento denigratorio e nel rispetto di quel minimo di dignità cui ha pur sempre diritto anche la più riprovevole delle persone, evitando forme di offese indiretta (Cass. 18 ottobre 1984 n. 5259).

In sostanza soltanto la correlazione rigorosa tra fatto e notizia di esso soddisfa all’interesse pubblico dell’informazione, che è la ratio dell’art. 21 Cost., di cui il diritto di cronaca e critica è estrinsecazione, e riporta l’azione nell’ambito dell’operatività dell’art. 51 cod. pen., rendendo la condotta non punibile nel concorso degli altri due requisiti della continenza e pertinenza. Invero il potere-dovere di raccontare e diffondere a mezzo stampa notizie e commenti, quale essenziale estrinsecazione del diritto di libertà di informazione e di pensiero, incontra limiti in altri diritti e interessi fondamentali della persona, come l’onore e la reputazione, anch’essi costituzionalmente protetti dagli artt. 2 e 3 Cost.” (sintesi dei principi così espressa in Cass.21404/14).

Ora, in tema di diritto di critica “i presupposti per il legittimo esercizio della scriminante di cui all’art. 51 c.p., con riferimento all’art. 21 Cost., sono:

a) l’interesse al racconto, ravvisabile anche quando non si tratti di interesse della generalità dei cittadini ma di quello della categoria di soggetti ai quali, in particolare, si indirizza la comunicazione;

b) la continenza ovvero la correttezza formale e sostanziale dell’esposizione dei fatti da intendersi nel senso che l’informazione non deve assumere contenuto lesivo dell’immagine e del decoro; c) la corrispondenza tra la narrazione ed i fatti realmente accaduti; d) l’esistenza concreta di un pubblico interesse alla divulgazione” (Cass. 2357/18).

Già la S.C. da tempo afferma che “in tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione per notizie diffuse a mezzo stampa, presupposti per il legittimo esercizio del diritto di critica, allo stesso modo del diritto di cronaca, rispetto al quale consente l’uso di un linguaggio più pungente ed incisivo, sono: a) l’interesse al racconto, ravvisabile quando anche non si tratti di interesse della generalità dei cittadini, ma di quello generale della categoria di soggetti ai quali, in particolare, si indirizza la pubblicazione di stampa; b) la correttezza formale e sostanziale dell’esposizione dei fatti, nel che propriamente si sostanzia la cd. continenza, nel senso che l’informazione di stampa non deve trasmodare in “argumenta ad hominem” né assumere contenuto lesivo dell’immagine e del decoro; c) La corrispondenza tra la narrazione ed i fatti realmente accaduti, nel senso che deve essere assicurata l’oggettiva verità del racconto, la quale tollera, perciò, le inesattezze considerate irrilevanti se riferite a particolari di scarso rilievo e privi di valore informativo” (Cass. 20140/05).

Quindi “in tema di responsabilità civile per diffamazione, il diritto di critica non si concreta nella mera narrazione di fatti, ma si esprime in un giudizio avente carattere necessariamente soggettivo rispetto ai fatti stessi; per riconoscere efficacia esimente all’esercizio di tale diritto, occorre tuttavia che il fatto presupposto ed oggetto della critica corrisponda a verità, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze soggettive” (Cass. 25420/17 ord.). Infatti da tempo la giurisprudenza del S.C. è ferma nel ritenere che “quando, come accade frequentemente, la narrazione di determinati fatti sia esposta insieme alle opinioni dell’autore dello scritto, in modo da costituire nel contempo esercizio di cronaca e di critica, la valutazione della continenza non può essere condotta, sulla base dei soli criteri indicati, essenzialmente formali, dovendo, invece, lasciare spazio alla interpretazione soggettiva dei fatti esposti. Infatti, la critica mira non già ad informare, ma a fornire giudizi e valutazioni personali, e, se è vero che, come ogni diritto, anche quello in questione non può essere esercitato se non entro limiti oggettivi fissati dalla logica concettuale e dall’ordinamento positivo, da ciò non può inferirsi che la critica sia sempre vietata quando sia idonea ad offendere la reputazione individuale, richiedendosi, invece, un bilanciamento dell’interesse individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione del pensiero, costituzionalmente garantita. Siffatto bilanciamento è ravvisabile nella pertinenza della critica di cui si tratta all’interesse pubblico, cioè nell’interesse dell’opinione pubblica alla conoscenza non del fatto oggetto di critica, che è presupposto dalla stessa, e, quindi, fuori di essa, ma di quella interpretazione del fatto, interesse che costituisce, assieme alla correttezza formale (continenza), requisito per la invocabilità della esimente dell’esercizio del diritto di critica” (Cass. 9746/00)

Il passo contestato, nel contesto di un generale pamphlet sul “furto” delle eccellenze italiane da parte di “predoni” esteri, recita testualmente “se l’industria pesante parla ormai straniero, il settore dei servizi segue a ruota. Banche aeroporti, autobus energia, quanto controlliamo ancora? Sempre di meno. La storia più incredibile è quella di (…) NTV, il treno ad alta velocità che fin dal nome doveva essere patrimonio tricolore. A inizio 2012 i proprietari promettevano a gran voce che avrebbero difeso il brand italiano: comfort italiano, poltrone italiane, cibo italiano, film italiani. A inizio 2018 avevano già venduto tutto agli americani, infatti oggi è del fondo USA Global Infrastructure Partners. I fondatori, fra cui (…) hanno incassato circa 2 miliardi di euro. Non pochi. Soprattutto se si pensa alle agevolazioni di cui il treno ha usufruito, ovviamente tutte scaricate sullo Stato a nome dell’italianità. Vuoi non aitare un’azienda così patriottica? Avanti a suon di tariffe agevolate. Tanto paghiamo noi. Peccato che mentre i contribuenti italiani sovvenzionavano (…) perché restasse (…), invece esso diventava (…). Facendo un po’ più ricchi (…) e (…) e un po’ più povero il Paese” (doc. 9 att. pagg. 63, 64).

Ora, non può contestarsi l’interesse dei lettori di un libro di (…) a conoscere le tesi, notoriamente populistiche e sovranistiche, dell’autore su una congerie di episodi di “deitalianizzazione” di risorse nazionali o financo di fenomeni criminali, anche se prive di attinenza tra loro, salvo per il fenomeno dell’ingresso sul campo di forze straniere. In tale prospettiva può quindi riconoscersi il pubblico interesse.

La forma espressiva nel brano che ci occupa, pur se fortemente ironica, anzi sarcastica, non trascende mai in insulto gratuito per la realtà imprenditoriale attrice, riservando peraltro note particolarmente negative soprattutto ai suoi soci fondatori, qui non parte del giudizio.

L’attrice non nega l’intervenuto mutamento della sua compagine sociale ora rappresentata soprattutto dal fondo statunitense GIP, ma si duole essenzialmente della falsità della notizia relativa alla circostanza che avrebbe beneficiato di pubbliche contribuzioni e depauperato il Paese.

Va quindi considerato che (…), fin dall’inizio della sua avventura imprenditoriale e tuttora (doc. 5 conv), si vanta della fondamentale italianità dell’iniziativa, dai soci fondatori, al personale, all’originalità del progetto di cambiamento nel trasporto ferroviario, circostanza su cui si fonda la critica di (…) nella constatazione della intervenuta sovranazionalità dell’azionariato.

Quanto alle provvidenze pubbliche, parte convenuta ha comprovato che il Ministero dei Trasporti Il 10/9/13 (doc. 6 conv.) ha diminuito dei 15% i canoni di accesso all’infrastruttura ferroviaria AV, con conseguente importante risparmio nei bilanci attorei.

Certo non è un vantaggio conferito alla sola (…), ma anche all’altro gestore dell’AV (che ha ottenuto risultati ben maggiori in ragione del numero di viaggi offerto), ma certamente è fondato sulla italianità del servizio di trasporto, se non della compagine sociale dell’attrice.

Invero non può dubitarsi della qualifica del provvedimento come agevolazioni, con fondi pubblici, posto che RFI, società del Gruppo Ferrovie dello Stato che gestisce la rete ferroviaria italiana ha avuto minori introiti per circa 70 milioni (doc. 8 conv.) a discapito del servizio sulle linee locali e quindi di un numero quasi incalcolabile di utenti.

Va aggiunto che con delibera del MISE (Ministero dello Sviluppo Economico) del 1/12/14 (doc. 10) erano stati concessi sconti per il rinnovo della flotta con finalità di risparmio energetico, fortemente contestati dalla pubblica opinione (docc. 11 e 12) di cui aveva beneficiato anche (…).

Ora si tratta di provvidenze, con fondi pubblici, quindi “soldi dei contribuenti” a favore di gestori di servizi sul territorio italiano, che è certamente opinabile siano fondate sulla nazionalità dell’azionariato, ma giustificano la soggettiva, non necessariamente condivisibile, interpretazione in malam partem del noto polemista. Invero, l’autore non paventa che il nuovo “proprietario” intenda spostare all’estero il servizio o ridurre l’offerta occupazionale (come in altri casi accaduto) ma al limite trasmette al lettore la sola suggestione che, cambiato l’azionariato, i frutti di provvidenze pubbliche e finanziamenti indiretti dei contribuenti vadano ora a vantaggio di un soggetto straniero. Si tratta di opinione rispetto alla quale non è consentito in questa sede ragionare in forza di condivisibilità o meno (per molti l’apertura dei mercati è un bene in sé, oltre che essere imposta da normative internazionali) bensì solo di libertà di pensiero ex art. 21 Cost., che comprende il diritto di critica, anche feroce purché fondata su circostanze vere, pur se soggettivamente interpretate.

Valutato il limitato significato del brano dedicato ad (…) non sembrano rilevanti le considerazioni attoree sul contesto in cui è inserito, certamente in un pamphlet sull’apprensione da parte di stranieri delle eccellenze italiane, che comprende fenomeni troppo disomogenei tra loro (lamentando persino la denazionalizzazione dei gruppi criminali) per suggerire un carattere unitario alla critica che non sia quello della dell’ingresso nel territorio nazionale di soggetti esteri, ripreso dalla copertina e dai risvolti, sulla cui valutazione si esercita la libertà di giudizio dell’autore (e dell’editore). In conclusione, il pezzo contestato ed il suo contesto appaiono scriminati dal diritto di critica e le doglianze attoree non possono trovare accoglimento.

Pertanto la domanda proposta da (…) s.p.a. va rigettata e l’attrice, soccombente nel merito, deve essere condannata alla rifusione delle spese di lite, qui liquidate in euro 30.000,00 per compensi, oltre accessori di legge e 15% spese generali.

P.Q.M.

Il Tribunale definitivamente pronunciando sulle domande proposte con atto di citazione notificato il 24-28/6/19 da (…)- s.p.a. nei confronti di (…) e la (…) s.p.a., ogni altra domanda ed eccezione disattesa:

A) Rigetta la domanda;

B) Condanna l’attrice a rifondere ai convenuti le spese di lite, come sopra liquidate in euro 30.000,00 per compensi, oltre accessori di legge e 15% spese generali.

Milano 18 luglio 2022.

Depositata in Cancelleria il 19 luglio 2022.

La pronuncia in oggetto affronta il tema della risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione dell’onore e della reputazione, tema che può essere approfondito leggendo il seguente articolo: Diffamazione a mezzo stampa, profili risarcitori di natura civilistica.

Puoi scaricare il contenuto in allegato effettuando una donazione in favore del sito attraverso il seguente link

Inserisci importo donazione € (min €1.00)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.