Occorre premettere che in materia di diffamazione, la Corte di cassazione puo’ conoscere e valutare l’offensivita’ della frase che si assume lesiva della altrui reputazione perche’ e’ compito del giudice di legittimita’ procedere in primo luogo a considerare la sussistenza o meno della materialita’ della condotta contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie. Sotto tale profilo, e’ necessario considerare, sotto l’aspetto metodologico, come l’accertamento dell’offensivita’ della condotta contestata impone una valutazione sistematica delle parole utilizzate, scritte o pronunciate, e che, a tal fine, rileva esclusivamente il significato obiettivo della frase, quello che l’espressione contestata assume all’interno di un determinato ambiente e in uno specifico contesto storico. E cio’ in quanto la reputazione (bene giuridico tutelato dalla norma) non si identifica con la considerazione che ciascuno ha di se’ o con il semplice amor proprio, ma con il senso della dignita’ personale in conformita’ all’opinione del gruppo sociale, secondo il particolare contesto storico. Non costituiscono, pertanto, offesa alla reputazione le sconvenienze, l’infrazione alla suscettibilita’ o alla gelosa riservatezza.
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Corte di Cassazione|Sezione 5|Penale|Sentenza|20 settembre 2022| n. 34777
Data udienza 12 luglio 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SABEONE Gerardo – Presidente
Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere
Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere
Dott. CUOCO Michele – rel. Consigliere
Dott. BIFULCO Daniela – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto dalla parte civile:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 17 luglio 2020, del Tribunale di Cagliari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere MICHELE CUOCO;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale EPIDENDIO TOMASO, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Alla ricorrente e’ stato contestato di aver inviato a piu’ persone una mail con la quale avrebbe attribuito a (OMISSIS), all’epoca suo superiore gerarchico, comportamenti ritenuti offensivi della sua reputazione.
Il Tribunale di Sassari, confermando la decisione resa in primo grado, ha assolto l’imputato perche’ il fatto non sussiste, ritenendo che l’imputata si sarebbe limitata a descrivere, in termini sostanzialmente veritieri, una discussione intercorsa con il suo superiore attraverso un contenuto privo di valenza diffamatoria e comunque inviato con l’esclusivo intento di informare i destinatari (anch’essi superiori gerarchici della (OMISSIS)) del comportamento disdicevole assunto dal (OMISSIS) nei suoi confronti, in orario di ufficio e all’interno dell’ambiente di lavoro.
2. Avverso tale decisione ricorre la parte civile, (OMISSIS), articolando due motivi di ricorso, il primo formulato sotto il profilo dell’inosservanza di norme processuali ed il secondo sotto il profilo della violazione di legge. In particolare, 2.1. con il primo, il ricorrente lamenta che i giudici di merito avrebbero assegnato una funzione ed una finalita’ alla missiva oggetto dell’imputazione del tutto priva di adeguato supporto probatorio. Ritenere che la missiva assolvesse alla necessita’ di dare giustificazione alla propria assenza dal lavoro sarebbe elemento probatorio estraneo al perimetro delle prove acquisite nel corso dell’istruttoria dibattimentale;
2.2. con il secondo motivo, il ricorrente lamenta l’erronea valutazione in ordine al contenuto effettivamente diffamatorio della mail, essendo, comunque del tutto irrilevante la circostanza che questa fosse destinata ad una particolare platea, rappresentata dai superiori gerarchici della stessa (OMISSIS).
3. Con memoria del 21 giugno 2022, la difesa dell’imputata, rilevando preliminarmente la tardivita’ del ricorso, ha concluso per l’inammissibilita’ o il rigetto del ricorso.
4. La difesa della parte civile, con memoria depositata il 6 luglio 2022, in replica alle conclusioni del Procuratore generale, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ tempestivo (l’avviso di deposito della sentenza e’ stato, infatti, comunicato il 3 marzo 2021; per cui il termine per il deposito andava a scadere il 17 aprile, che e’ un sabato, ed il ricorso e’ stato depositato il 19 aprile 2021, quindi il primo giorno utile successivo), ma comunque inammissibile.
Il primo motivo, perche’, alla luce della ricostruzione offerta dal Tribunale, non specificamente contestata dal ricorrente, e’ stato proposto per la prima volta dinanzi a questa Corte (Sez. 3, n. 57912 del 21/09/2017, Rv. 273606).
Il secondo motivo in quanto manifestamente infondato.
Occorre premettere che in materia di diffamazione, la Corte di cassazione puo’ conoscere e valutare l’offensivita’ della frase che si assume lesiva della altrui reputazione perche’ e’ compito del giudice di legittimita’ procedere in primo luogo a considerare la sussistenza o meno della materialita’ della condotta contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie (Sez. 5, n. 48698 del 19/09/2014, Rv. 26128401; Sez. 5, n. 2473 del 10/10/2019, Rv. 278145).
Sotto tale profilo, e’ necessario considerare, sotto l’aspetto metodologico, come l’accertamento dell’offensivita’ della condotta contestata impone una valutazione sistematica delle parole utilizzate, scritte o pronunciate, e che, a tal fine, rileva esclusivamente il significato obiettivo della frase, quello che l’espressione contestata assume all’interno di un determinato ambiente e in uno specifico contesto storico. E cio’ in quanto la reputazione (bene giuridico tutelato dalla norma) non si identifica con la considerazione che ciascuno ha di se’ o con il semplice amor proprio, ma con il senso della dignita’ personale in conformita’ all’opinione del gruppo sociale, secondo il particolare contesto storico. Non costituiscono, pertanto, offesa alla reputazione le sconvenienze, l’infrazione alla suscettibilita’ o alla gelosa riservatezza (Sez. 5, n. 3247 del 28/02/1995, Rv. 201054).
Ebbene, in concreto, l’imputata si e’ limitata a rappresentare il contenuto della conversazione, ma non ha utilizzato espressioni offensive o ingiuriose nei confronti del Borro, non ha operato giudizi morali, ne’ fatto valutazioni ulteriori. L’unico dato offensivo e’ proprio quello inerente al contenuto del dialogo (riferito come un violento alterco dai testi esaminati in dibattimento) intercorso con la (OMISSIS), ai suoi danni. L’oggettiva neutralita’ delle affermazioni divulgate, esclude la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato (come correttamente ritenuto dai giudici del merito).
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Oltre che alla rifusione delle spese sostenute dall’imputata.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, il ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dall’imputata, che liquida in complessivi Euro 3.510,00 oltre accessori di legge.
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