Il notaio officiante un contratto di compravendita immobiliare è certamente vincolato al compimento delle attività necessarie a conseguire il risultato voluto dalle parti, in particolare ad effettuare le visure catastali e ipotecarie atte ad individuare esattamente il bene e a verificare che sia libero da vincoli, la cui eventuale omissione è fonte di responsabilità per violazione non già dell’obbligo di diligenza professionale qualificata, ma della clausola generale della buona fede oggettiva o correttezza, ex art. 1175 c.c., quale criterio determinativo ed integrativo della prestazione contrattuale, che impone il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della controparte. Esula, invece, del tutto dai doveri professionali del notaio, in assenza di specifiche previsioni normative in proposito, lo svolgimento di accertamenti di natura tecnica, concernenti le planimetrie degli immobili per i quali rediga degli atti di vendita, ed identiche considerazioni vanno effettuate con riferimento ad indagini circa la regolarità urbanistica degli immobili alienati, con conseguente assenza della violazione degli obblighi di diligenza media qualora gli accertamenti in oggetto non vadano compiuti. Il notaio che ha proceduto alla stipula e registrazione del rogito non può, quindi, essere ritenuto responsabile per gli abusi edilizi esistenti – che escludono che, in assenza di sanatoria, possa essere rilasciato il certificato di abitabilità – trattandosi di un controllo che non rientra nella competenze, né nelle sue possibilità materiali di accertamento. Il notaio rogante, nella sua qualità di pubblico ufficiale , deve limitarsi ad ammonire il venditore, chiedendogli di dichiarare, sotto responsabilità penale, che l’immobile non presenta irregolarità edilizie. Di conseguenza, se l’alienante non dichiara – come nella specie – la presenza di abusi edilizi, il notaio può procedere alla stipula dell’atto, dovendo dare fede alla parola del venditore e inserirne le dichiarazioni nell’atto. In definitiva, l’assenza di responsabilità in capo al notaio si giustifica con l’esclusione di un obbligo giuridico a carico del pubblico ufficiale rogante di verificare la corrispondenza al vero di quanto dichiarato dal venditore in merito alla conformità del bene compravenduto agli strumenti urbanistici, con la conseguenza che l’impossibilità del rilascio del certificato di abitabilità, a seguito di tali abusi, non gli può essere addebitata.
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Corte d’Appello|Palermo|Sezione 1|Civile|Sentenza|30 agosto 2022| n. 1459
Data udienza 6 luglio 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Palermo, I Sezione Civile,
composta dai signori:
1) Dott. Daniela Pellingra – Presidente
2) Dott. Maria Letizia Barone – Consigliere
3) Dott. Giovanni Sirchia – Giudice Ausiliario
dei quali il terzo relatore ed estensore, riunita in Camera di Consiglio, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n.122/2017 del R.G. Cont. Civ. di questa Corte di Appello, posta in decisione nell’udienza collegiale del 6 ottobre 2021, promossa in questo grado
DA
(…), nato a M. ( (…) ) l'(…) ( C.F. (…)), elettivamente domiciliato in Palermo, in piazza (…), presso lo studio legale dell’avv. Gi.So. che lo rappresenta e difende per procura in calce dell’atto di appello
APPELLANTE
CONTRO
(…), nato a P. il (…) ( C.F. (…)), rappresentato e difeso dall’avv. Al.Pa. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in via (…), Palermo, per procura in atti
APPELLATO
E
A. s.r.l., in liquidazione, in persona del liquidatore (…)
APPELLATA-CONTUMACE
IN FATTO ED IN DIRITTO
Con sentenza in data 6 settembre/4 novembre 2016, il Tribunale di Palermo, decidendo sulla domanda proposta da (…) nei confronti di (…) e di (…), nella qualità di liquidatore della (…) s.r.l., così disponeva:
“1) dichiara che il convenuto (…) non ha diligentemente adempiuto alle obbligazioni nascenti dall’incarico professionale conferitogli, in relazione alla stipula del contratto di compravendita del 31 luglio 2006, rep. (…), racc. (…), rettificato con atto rep. (…), racc. (…) dell’8 febbraio 2010, per le ragioni specificate in parte motiva;
3) dichiara la responsabilità di (…), nella qualità di liquidatore pro-tempore dell’A. s.r.l. in liquidazione, a seguito della stipula del contratto di compravendita del 31 luglio 2006, rep. (…), racc. (…), rettificato con atto rep. (…), racc. (…) dell’8 febbraio 2010, per le ragioni specificate in parte motiva;
4) condanna (…) al risarcimento dei danni patiti da (…) in conseguenza della condotta a lui ascrivibile ut sopra che si quantifica in Euro 2.545,00 oltre interessi maturati alla presente pronuncia e maturandi fino al soddisfo;
5) condanna (…), nella qualità di liquidatore pro-tempore dell'(…) s.r.l. in liquidazione, al risarcimento dei danni patiti da (…) in conseguenza della condotta a lui ascrivibile ut sopra che si quantifica in Euro 12.234,66, oltre interessi maturati alla presente pronuncia e maturandi fino al soddisfo;
6) condanna i convenuti, in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 2.800,00 per compensi, oltre I.V.A., C.P.A. e spese forfettarie nella misura legalmente dovuta”.
Con la predetta sentenza il primo giudice esponeva che:
sussisteva la responsabilità dei convenuti per i danni patiti dal (…) che, a seguito della stipula di un preliminare di compravendita avvenuto nel 2007 con tale (…), aveva scoperto, al momento della stipula del contratto definitivo, che non si sarebbe potuto procedere alla stipula di detto contratto per difformità riscontrate nell’immobile e, di conseguenza, a causa di dette irregolarità e delle istanze di sanatoria pendenti, era stato costretto a restituire al (…) la caparra già versata;
la condotta dal (…) era censurabile in quanto contraria alla buona fede nel corso della contrattazione, mentre il notaio era responsabile della negligente esecuzione dell’incarico professionale in quanto, prima di procedere alla stipula dell’atto pubblico di vendita dell’immobile per cui è causa , avrebbe dovuto compiere le necessarie attività preparatorie per l’espletamento dell’incarico ed, in particolare avrebbe dovuto effettuare le visure catastali ed ipotecarie, la cui omissione era fonte di responsabilità non già per violazione dell’obbligo di diligenza professionale qualificata ma della clausola generale della buona fede oggettiva o correttezza, ex art. 1175 c.c., quale criterio determinativo ed integrativo della prestazione professionale;
la condotta del notaio era particolarmente disdicevole in quanto poteva formare oggetto di illecito deontologico, trattandosi di violazione prevista dall’art. 138 della L. 16 febbraio 2013, n. 89, come sostituito dall’art. 22 del D.Lgs. 1 agosto 2006, n. 249, con la conseguenza che gli andavano addebitate le somme che il (…) avrebbe potuto risparmiare, ovvero le ulteriore somme connesse alla stipula del rogito, pari ad Euro 1.645,00, oltre Euro 900,00 corrisposte al notaio convenuto, per un totale di Euro 2.545,00;
le spese antecedenti alla stipula dell’atto erano del tutto indipendente dalla condotta del notaio e, pertanto, andavano addebitati al (…) per l’importo complessivo di Euro 12.234,66.
Avverso la predetta sentenza (…) proponeva appello, esponendo che:
aveva errato il primo giudice a ritenere che fosse tenuto, in forza del contratto di opera professionale relativo alla stipula dell’atto di compravendita del 31 luglio 2006, a verificare la veridicità e la completezza della dichiarazione urbanistica resa dalla parte alienante , ai sensi degli artt. 46 D.P.R. n. 380 del 2001 e 31 L. n. 47 del 1985 e, quindi, di accertare il rilascio del certificato di abitabilità alla data della stipula della compravendita;
aveva errato il primo giudice a non tenere in considerazione che le parti della compravendita per cui è causa non gli avevano conferito l’incarico di verificare la situazione urbanistica dell’immobile dedotta in contratto, né gli avevano conferito l’incarico di verificare la veridicità e la completezza della dichiarazione urbanistica resa dall’alienante e neppure gli avevano conferito l’incarico di verificare il rilascio o meno del certificato di abitabilità per l’immobile per cui è causa;
aveva errato il primo giudice a non rigettare la domanda risarcitoria proposta dal (…) in quanto la mancanza del certificato di abitabilità non determinava la nullità della compravendita ma l’inadempimento del venditore, per mancanza di qualità del bene alienato, a norma dell’art. 1497 c.c.;
aveva errato il primo giudice a rilevare che, alla data della compravendita, esisteva un certificato di abitabilità relativo all’intero immobile di cui faceva parte l’appartamento acquistato dal (…) a mezzo della deposizione del teste (…) che andava dichiarata nulla vertendo su circostanze che avrebbero dovuto essere provate per iscritto;
aveva errato il primo giudice a non considerare che alla data del preliminare di vendita il (…) aveva garantito che l’immobile, unitamente al complesso di cui faceva parte, era munito del certificato di abitabilità n. (…) di protocollo rilasciato il 19 maggio 1992;
aveva errato il primo giudice a non considerare che la problematica relativa all’abitabilità era sorto soltanto per quelle parti del bene acquistato in relazione al quale erano state effettuate delle opere abusive dall’originaria società antecedentemente alla data della compravendita e per le quali erano state presentate delle istanze di concessione in sanatoria, come pure si desumeva dalla nota scritta redatta dal geom. (…) depositata agli atti del giudizio ( primo motivo );
erroneamente il primo giudice non aveva ritenuto che l’atto pubblico di compravendita del 31 luglio 2006 era da ritenersi valido ed efficace in quanto sanato ex tunc con il successivo atto di conferma dell’8 febbraio 2010, ai sensi degli artt. 1423 c.c. e 40 L. n. 47 del 1985 e 46, comma IV, D.P.R. n. 380 del 2001, con la conseguenza che la successiva risoluzione del contratto preliminare di compravendita del 2007, posta in essere tra il (…) ed il (…) ed anche le successive spese ed onorari corrisposti al notaio (…) ed al geom. (…) non erano imputabili alla prestazione professionale dallo stesso resa in occasione della stipula del contratto di compravendita e dell’atto di conferma (secondo motivo);
erroneamente il primo giudice aveva ritenuto che, in occasione della stipula dell’atto di vendita del 31 luglio 2006, aveva commesso la violazione della legge notarile essendo valido ed efficace l’atto pubblico di compravendita del 31 luglio 2006 a seguito della stipula dell’atto di conferma dell’8 febbraio 2010 e non essendogli imputabile, in forza del contratto di prestazione professionale, la mendace ed incompleta dichiarazione resa dalla parte venditrice (terzo motivo).
(…) si costituiva in giudizio e contestava l’avverso appello, esponendo che:
la società (…) aveva acquistato l’immobile in oggetto dalla società (…) nel 1988 che si era impegnato a rilasciare il certificato di abitabilità che, in effetti, nel 1992 veniva rilasciato per l’intero complesso immobiliare senza però esservi ricompresa l’unità immobiliare per cui è causa a causa della sussistenza di difformità urbanistiche;
il notaio (…) avrebbe dovuto verificare l’esistenza del certificato di abitabilità e richiederlo alla parte venditrice;
se egli fosse stato a conoscenza che l’immobile era privo di agibilità e sussistevano istanze di condono non avrebbe concluso il contratto con la società (…) s.r.l. o, comunque, l’avrebbe concluso a condizioni diverse, circostanza emersa soltanto successivamente a seguito della consulenza del geom. (…);
irrilevante era la circostanza che il notaio non fosse in grado di conoscere che mancava il certificato di abitabilità, in quanto, per la sue attività professionale, aveva un dovere di informazione;
soltanto se fosse stato informato della mancanza del certificato di abitabilità ed egli avesse insistito, comunque, per la stipula dell’atto, il notaio sarebbe stato esente da responsabilità;
le circostanze del caso concreto provavano che il notaio era in grado di sapere che mancava il certificato di abitabilità e che, pertanto, l’immobile non avrebbe potuto essere trasferito stante la nullità dell’atto di vendita;
il notaio in definitiva, pure in assenza di una specifica norma di legge, aveva – salvo dispensa nella specie insussistente – l’obbligo di compiere le visure ipotecarie; la circostanza che l’atto di vendita fosse valido ed efficace, in quanto sanato retroattivamente, con il successivo atto di conferma del 2010, non escludeva che egli non dovesse rispondere delle maggiori spese cui era andato incontro se le cause della nullità fossero state evidenziate con l’atto di stipula della vendita nel 2010.
Con istanza in data 27 giugno 2017 il (…) presentava richiesta di restituzione della somma di Euro 7.330,53, oltre interessi, importo corrisposto al (…) in esecuzione dell’impugnata sentenza.
Con istanza in data 7 settembre 2017, il (…) chiedeva di essere autorizzato a depositare quietanza di pagamento dell’imposta effettuato per la registrazione dell’impugnata sentenza.
La causa veniva posta in decisione all’udienza del 6 ottobre 2021, con la concessione alle parti dei termini di rito per il deposito degli scritti difensivi.
Va preliminarmente dichiarata la contumacia della (…) s.r.l., in liquidazione, ritualmente citata e non costituitasi in giudizio
Stante la connessione, i tre motivi di appello vanno trattati congiuntamente.
Dall’atto pubblico in data (…), in notar (…), si rileva che l’alienante (…), nella qualità di liquidatore pro-tempore dell'(…) s.r.l., ha dichiarato, con riferimento alla normativa in materia edilizia , che l’unità immobiliare in oggetto, unitamente all’intero complesso di cui faceva parte, era stato realizzato in forza della concessione edilizia n. 403 rilasciata dal Comune di Palermo in data 10 luglio 1992 e che, successivamente alla sua realizzazione, alla predetta unità immobiliare non erano state apportate modifiche soggette ad ulteriore licenza, concessione edilizia, permesso di costruire, denuncia di attività o sanatoria né per essa erano stati mai adottati i provvedimenti sanzionatori di cui all’art. 41 della predetta L. n. 47 del 1985.
E’ evidente, quindi, che il notaio, a seguito della dichiarazione resa dal (…), ha stipulato l’atto senza incorrere in alcuna violazione delle normali regole della diligenza professionale non potendo essere che nella ragionevole convinzione che il certificato di abitabilità rilasciato per l’intero immobile di cui faceva parte l’appartamento acquistato dal (…) fosse valido anche per quest’ultimo.
D’altronde non può neppure ritenersi che al notaio, in assenza della prova del rilascio del certificato di abitabilità per l’appartamento in oggetto, fosse interdetto di stipulare l’atto di vendita, a norma dell’art.28 della legge notarile, stante che la vendita di un immobile strutturalmente destinato ad uso abitativo ma privo della licenza di abitabilità non è nulla per illiceità dell’oggetto, non essendovi alcuna norma che preveda l’obbligo del preventivo rilascio del predetto certificato, ma è solo risolubile se il venditore abbia assunto, anche implicitamente, l’obbligo di curare il rilascio della licenza ( Cass. n. 3687 del 29/03/1995).
Consegue, quindi, che il notaio (…) non aveva alcun obbligo preventivo di accertare se il certificato di abitabilità rilasciato per l’intero edificio comprendesse anche l’appartamento alienato non risultando che si fosse assunto contrattualmente tale specifico obbligo.
Il notaio officiante un contratto di compravendita immobiliare è certamente vincolato al compimento delle attività necessarie a conseguire il risultato voluto dalle parti, in particolare ad effettuare le visure catastali e ipotecarie atte ad individuare esattamente il bene e a verificare che sia libero da vincoli, la cui eventuale omissione è fonte di responsabilità per violazione non già dell’obbligo di diligenza professionale qualificata, ma della clausola generale della buona fede oggettiva o correttezza, ex art. 1175 c.c., quale criterio determinativo ed integrativo della prestazione contrattuale, che impone il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della controparte (Cass.18/1/2002,n.547; Cass. n. 13825 del 23/7/2004; Cass.n.264 dell’11/1/2006;Cass.n. 13015 del 31/5/2006;Cass.n. 14865 del 13/6/2013; Cass.n.15305 del 19/06/2013;Cass. n. 16990 del 20/08/2015 ).
Esula, invece, del tutto dai doveri professionali del notaio, in assenza di specifiche previsioni normative in proposito, lo svolgimento di accertamenti di natura tecnica, concernenti le planimetrie degli immobili per i quali rediga degli atti di vendita, ed identiche considerazioni vanno effettuate con riferimento ad indagini circa la regolarità urbanistica degli immobili alienati, con conseguente assenza della violazione degli obblighi di diligenza media qualora gli accertamenti in oggetto non vadano compiuti.
Infatti il notaio deve soltanto indicare negli atti di trasferimento immobiliare gli estremi della concessione ad edificare e della concessione in sanatoria che nella specie risulta indicata ( v. atto di compravendita del 31 luglio 2006).
Il notaio che ha proceduto alla stipula e registrazione del rogito non può, quindi, essere ritenuto responsabile per gli abusi edilizi esistenti – che escludono che, in assenza di sanatoria, possa essere rilasciato il certificato di abitabilità – trattandosi di un controllo che non rientra nella competenze, né nelle sue possibilità materiali di accertamento.
Il notaio rogante, nella sua qualità di pubblico ufficiale , deve limitarsi ad ammonire il venditore, chiedendogli di dichiarare, sotto responsabilità penale, che l’immobile non presenta irregolarità edilizie.
Di conseguenza, se l’alienante non dichiara – come nella specie – la presenza di abusi edilizi, il notaio può procedere alla stipula dell’atto, dovendo dare fede alla parola del venditore e inserirne le dichiarazioni nell’atto.
In definitiva, l’assenza di responsabilità in capo al notaio si giustifica con l’esclusione di un obbligo giuridico a carico del pubblico ufficiale rogante di verificare la corrispondenza al vero di quanto dichiarato dal venditore in merito alla conformità del bene compravenduto agli strumenti urbanistici, con la conseguenza che l’impossibilità del rilascio del certificato di abitabilità, a seguito di tali abusi, non gli può essere addebitata.
Peraltro il (…) con successivo atto di conferma innanzi al notaio (…), in data 8 febbraio 2010, stipulato con il (…), ha dichiarato di essere a conoscenza che per l’immobile da lui acquistato era stata presentata domanda di sanatoria, per le opere realizzate, e di impegnarsi ad ultimare la pratica di sanatoria a sue spese.
E’ evidente, quindi, che il B., con tale dichiarazione, ha sostanzialmente esposto di essere a conoscenza della difformità del bene alienato rispetto a quello pattuito ma che, tuttavia, intendeva conservare gli effetti giuridici dell’atto di vendita, per cui- anche sotto tale ulteriore aspetto – appare incomprensibile come possa fare valere la sussistenza della responsabilità professionale del notaio in relazione dell’atto di vendita.
Ogni ulteriore censura avverso l’impugnata sentenza rimane assorbita.
In riforma dell’impugnata sentenza, va quindi rigettata la domanda risarcitoria proposta dal (…) nei confronti del (…) e, per l’effetto, va disposta la restituzione dal primo al secondo dell’importo complessivo di Euro 7.774,53, oltre interessi legali decorrenti dalle date dei singoli versamenti e fino al soddisfo ( Euro 7.330,53, corrisposte dal (…) al (…) in esecuzione dell’impugnata sentenza ed Euro 444,00 versate dal (…) per pagamento dell’imposta per la registrazione dell’impugnata sentenza ).
Le spese di entrambi i gradi del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano per il giudizio di primo grado in Euro 1.300,00,per compenso professionale di avvocato, oltre rimborso forfetario spese, cpa ed iva, e per questo grado del giudizio in complessivi Euro 1.382.50, di cui Euro 1.000,00 per compenso professionale di avvocato ed Euro 382,50 per spese vive, oltre rimborso forfetario spese, cpa ed iva.
P.Q.M.
La Corte, nella contumacia della (…) s.r.l., in liquidazione, in parziale riforma della sentenza resa in data 6 settembre/4 novembre 2016 dal Tribunale di Palermo, appellata da (…) nei confronti della predetta (…) s.r.l. e di (…):
rigetta la domanda risarcitoria proposta dal (…) nei confronti del S.;
dispone la restituzione dal (…) al (…) dell’importo complessivo di Euro 7.774,53, oltre interessi legali decorrenti dalle date dei singoli versamenti e fino al soddisfo;
condanna (…) al pagamento in favore di (…) delle spese di entrambi i gradi del giudizio che liquida per il giudizio di primo grado in Euro 1.300,00 per compenso professionale di avvocato, oltre rimborso forfetario spese, cpa ed iva, e per questo grado del giudizio in Euro 1.382.50, di cui Euro 1.000,00 per compenso professionale di avvocato, oltre rimborso forfetario spese, cpa ed iva.
Così deciso in Palermo il 6 luglio 2022.
Depositata in Cancelleria il 30 agosto 2022.
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