In caso di “risarcimento da insidia stradale”, ipotesi disciplinata dall’art. 2051 c.c., la responsabilità è astrattamente riferibile al proprietario-custode in ragione del particolare rapporto con la cosa che al medesimo deriva dalla disponibilità e dai poteri di effettivo controllo sulla medesima, salvo che della responsabilità presunta a suo carico si liberi dando la prova del caso fortuito. La ripartizione dell’onere probatorio, pertanto, prevede che il danneggiato, invocando la responsabilità del custode per i danni subiti in conseguenza dell’omessa o insufficiente manutenzione della cosa in custodia, o di sue pertinenze, è tenuto, secondo le regole generali in tema di responsabilità civile, a dare la prova che i danni subiti derivino dalla cosa, in relazione alle circostanze del caso concreto: è suo onere, quindi, dimostrare l’evento dannoso e il nesso di causalità con la cosa in custodia. L’art. 2051 c.c. deroga alla regola generale di cui al combinato disposto degli artt. 2043 e 2697 c.c., integrando un’ipotesi di responsabilità caratterizzata da un criterio di inversione dell’onere della prova: essa impone al custode, presunto responsabile, di dare eventualmente la prova liberatoria del caso fortuito. Di talché il custode ha l’obbligo, anche in virtù dei principi generali di diligenza, buona fede e correttezza, di adottare tutte le misure idonee a prevenire ed a impedire la produzione di danni a terzi, ma sempre in rapporto con la natura e la funzione della cosa custodita e con le circostanze del caso concreto, incombendogli l’onere di dimostrare che il danno lamentato si è verificato in modo non prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato, appunto, alle concrete circostanze del caso. Ne consegue che il danneggiato non ha l’onere di allegare e dimostrare anche la sussistenza dell’insidia o trabocchetto, né la condotta omissiva o commissiva del custode.
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Corte d’Appello|Lecce|Sezione 2|Civile|Sentenza|12 settembre 2022| n. 894
Data udienza 21 luglio 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Lecce – Sezione Seconda Civile – composta dai Signori:
1) Dott.ssa Raffaella BROCCA – Presidente
2) Dott.ssa Consiglia INVITTO – Consigliere
3) Dott. Vincenzo GIANCASPRO – Giudice ausiliario estensore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 1201 del Ruolo Generale delle cause dell’anno 2017, trattata e passata in decisione all’udienza collegiale del 12/4/2022,
TRA
(…), c.f. (…), rappresentato e difeso, per delega in atti, dall’Avv. Ga.Ci.,
– APPELLANTE –
contro
COMUNE di LECCE, c.f. (…), rappresentato e difeso, per delega in atti, dall’Avv. Eugenia Novembre,
– APPELLATO –
All’udienza del 12/04/2022, le parti hanno precisato le conclusioni, come da note di trattazione scritta depositate nel fascicolo telematico; quindi la causa è stata trattenuta per la decisione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il sig. (…), con atto di citazione del 18/10/2013, conveniva innanzi al Tribunale di Lecce il Comune di Lecce, chiedendone il risarcimento di tutti i danni subiti in occasione del sinistro stradale, avvenuto il 29/6/2012, ore 12,20, mentre percorreva Viale (…) alla guida del proprio motociclo, nel Comune convenuto.
Deduceva l’attore che la moto perdeva aderenza a causa di una macchia oleosa presente sul manto stradale, non visibile poiché mimetizzata dall’acqua piovana e non segnalata; cadendo al suolo, riportava lesioni e danni al motociclo, di talché, assumendo la responsabilità del Comune di Lecce ex art. 2051 c.c., quale custode della strada in cui era presente l’insidia che aveva determinato il sinistro, chiedeva il risarcimento, quantificato in Euro 12.719,04, di cui Euro 2.630,00 per i danni materiali al motociclo, Euro 3.143,45 per spese mediche e il residuo per il danno non patrimoniale (c.d. biologico e danno morale) rapportato a esiti invalidanti temporanei e permanenti pari al 5% per le lesioni sofferte (trauma contusivo al ginocchio sinistro con escoriazioni, lesione traumatica della vena grande safena al terzo medio, con necessità di intervento di incisione e drenaggio dell’ematoma).
Il Comune convenuto si costituiva contestando la fondatezza della pretesa attore in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi dell’illecito, rilevando sia la visibilità e la prevenibilità dell’insidia stradale, tanto integrando il caso fortuito incidentale, con la cesura del nesso causale tra la res in custodia e l’evento dannoso; sia la mancanza di prove sulla presenza della macchia di olio sull’asfalto da un tempo sufficiente per configurare la responsabilità del custode, tenuto a rimuoverla a salvaguardia della sicurezza stradale.
Istruita la causa con produzione documentale, interrogatorio formale dell’attore, prova testimoniale e c.t.u. medico-legale, il tribunale di Lecce rigettava la domanda attorea con sentenza n. 2713/2017 del 27/06/2017, rilevando che ” nel corso del giudizio non è assolutamente emerso se la macchia d’olio fosse presente nel punto del sinistro da un tempo tale da evidenziare incuria e negligenza nella manutenzione della strada”.
Le spese processuali venivano compensate.
Il sig. Mantovano ha interposto appello con atto notificato il 20 ottobre 2017, contrastato dalla comparsa di costituzione del Comune di Lecce del 16 febbraio 2018.
Rimessa la causa sul ruolo per nuova composizione del Collegio, all’udienza del 12/04/2022 è stata trattenuta in decisione su rinnovata precisazione delle conclusioni delle parti.
= MOTIVI DELLA DECISIONE =
1) L’appello è affidato a un unico articolato motivo incentrato sulla dedotta violazione dell’art. 2051 c.c. e delle regole di ripartizione dell’onere probatorio, sul presupposto della responsabilità oggettiva dell’ente pubblico, di talché il danneggiato è tenuto a dimostrare il nesso di causalità tra la cosa e il danno, mentre il custode, per liberarsi dalla responsabilità risarcitoria, ha l’onere di dimostrare il caso fortuito, da intendersi come fatto, anche riconducibile al danneggiato o a un terzo, tale da interrompere il nesso causale. L’appellante sostiene, quindi, che incombesse sul Comune convenuto l’onere di provare che la macchia d’olio presente sul tratto di strada percorso dall’attore si fosse formata in tempi così ristretti da non consentire all’Ente di conoscerne l’esistenza e di provvedere alla sua rimozione, non spettando all’attore provare il contrario, come erroneamente ritenuto dal giudice del primo grado.
2) Il Collegio reputa fondato l’appello alla stregua della norma di cui all’art.2051 c.c. come interpretata dal diritto vivente.
2.1) Infatti, la consolidata giurisprudenza della Cassazione, seguita da quella di merito, porta a considerare che i fatti dedotti in causa, ascrivibili alla fattispecie pretoria del “risarcimento da insidia stradale”, siano pacificamente disciplinati dall’art. 2051 c.c.; in tal caso, la responsabilità è astrattamente riferibile al proprietario-custode in ragione del particolare rapporto con la cosa che al medesimo deriva dalla disponibilità e dai poteri di effettivo controllo sulla medesima, salvo che della responsabilità presunta a suo carico si liberi dando la prova del caso fortuito.
La ripartizione dell’onere probatorio, pertanto, prevede che il danneggiato, invocando la responsabilità del custode per i danni subiti in conseguenza dell’omessa o insufficiente manutenzione della cosa in custodia, o di sue pertinenze, è tenuto, secondo le regole generali in tema di responsabilità civile, a dare la prova che i danni subiti derivino dalla cosa, in relazione alle circostanze del caso concreto: è suo onere, quindi, dimostrare l’evento dannoso e il nesso di causalità con la cosa in custodia.
2.2) L’art. 2051 c.c. deroga alla regola generale di cui al combinato disposto degli artt. 2043 e 2697 c.c., integrando un’ipotesi di responsabilità caratterizzata da un criterio di inversione dell’onere della prova: essa impone al custode, presunto responsabile, di dare eventualmente la prova liberatoria del caso fortuito (cfr. Cass. n. 11802/2016). Di talché il custode ha l’obbligo, anche in virtù dei principi generali di diligenza, buona fede e correttezza (cfr. Cass. n. 14765/2014; Cass., Sez. Un. n. 24406/2011), di adottare tutte le misure idonee a prevenire ed a impedire la produzione di danni a terzi, ma sempre in rapporto con la natura e la funzione della cosa custodita e con le circostanze del caso concreto, incombendogli l’onere di dimostrare che il danno lamentato si è verificato in modo non prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato, appunto, alle concrete circostanze del caso.
2.3) Ne consegue che il danneggiato non ha l’onere di allegare e dimostrare anche la sussistenza dell’insidia o trabocchetto, né la condotta omissiva o commissiva del custode (sul punto, cfr.. Cass. 20/2/2009, n. 4234; Cass. 14/3/2006, n. 5445; Cass. 20/2/2006, n. 3651); può ritenersi ormai consolidato l’orientamento della Suprema Corte che assume l’insidia o trabocchetto (figura – elaborata in giurisprudenza – come sintomatica della colpa) quale elemento estraneo alla struttura dell’illecito extracontrattuale di cui alla norma generale dell’art. 2043 c.c. e a quella speciale dell’art. 2051 c.c. (così già in Cass. 17/5/2001, n. 6767).
2.4) La funzione che, pertanto, può processualmente ancora attribuirsi alla figura dell’insidia o trabocchetto non è quella di ampliare gli oneri probatori del danneggiato, ma di contribuire a fornire un criterio discretivo della diligenza del danneggiante nell’adozione delle misure idonee ad evitare che la res in custodia sia fonte di danno per i terzi.
2.5) E’ anche vero, però, che la stessa giurisprudenza di legittimità assume che la prova del caso fortuito, necessaria per superare la presunzione posta dall’art. 2051 c.c., può consistere anche nella colpa concorrente od esclusiva del danneggiato (c.d. fortuito incidentale), ricavabile anche dal rapporto della vittima con la res (per esempio, conoscenza e frequentazione dei luoghi, condizioni esterne del sinistro: così Cass. Ord. n. 25330/2016).
Sintetizzando, il diritto giurisprudenziale assume che:
(a) il custode si libera della presunzione di cui all’art. 2051 c.c. dimostrando il caso fortuito;
(b) il caso fortuito consiste nel fatto materiale che non è possibile prevedere, o, se prevedibile, non è possibile evitare (la definizione, pur non rinvenibile espressamente nel codice civile vigente, affonda le radici nelle fonti del diritto romano tramandate attraverso il codice giustinianeo: Libro IV, Titolo XXIV, paragrafo 6, De casu fortuito: “.. quae fortuitis casibus accidunt, cumpraevideri nonpotuerint (…), nullo bonae fidei judiciopraestantur”; cfr. Cass. n. 25837/2017);
(c) il caso fortuito può consistere anche nel fatto colposo della vittima, e quindi anche nella mancata percezione d’un pericolo evidente e chiaramente percepibile;
(d) l’incidenza causale della vittima sulla produzione del danno è direttamente proporzionale all’evidenza del pericolo: più questo era evidente, maggiore sarà la percentuale di responsabilità a carico della vittima, la quale diventerà esclusiva nel caso di pericoli manifestamente percepibili ed agevolmente evitabili (così Cass. n. 19392/2016);
(e) la condotta colposa del danneggiato deve risultare oggettivamente non prevedibile da parte del custode (cfr. Cass. cit. n. 25837/2017).
3) Applicando tali regole di giudizio alla fattispecie concreta e alle evidenze istruttorie sulla verificazione del fatto come recepite in sentenza e non attinte da censura, si ricava che:
A) è incontestabile che l’attore danneggiato abbia dimostrato il verificarsi del danno causalmente riconducibile alla presenza di una macchia d’olio sul manto stradale idoneo a determinare la perdita di controllo del motociclo del sig. Mantovano: questa è la conclusione cui giunge chiaramente il Tribunale è tale accertamento fattuale è irretrattabile perché non contestato dallo stesso custode.
B) A questo punto, l’esonero dalla responsabilità risarcitoria dipende dalla prova del caso fortuito, il cui onere grava sul custode e non sul danneggiato (in tal senso, in fattispecie similare, Cass. n. 7361/2019). L’unica circostanza idonea a configurare il caso fortuito nella fattispecie in esame viene ricondotta al tempo di formazione e di permanenza della macchia d’olio sulla strada (se recente o risalente), non avendo l’Ente comunale dimostrato (o in sede impugnatoria censurato la mancata valutazione di) ulteriori fatti da cui si potesse evincere, anche in via presuntiva, la presenza del caso fortuito, come, per esempio, la evitabilità dell’insidia e la stessa condotta imprudente del danneggiato.
C) Ne consegue che il fatto produttivo del danno allegato dall’attore è stato dimostrato, e, in mancanza di prova del caso fortuito, la responsabilità risarcitoria ricade sul custode convenuto, ex art. 2051 c.c..
4) Passando alla quantificazione del danno, deve osservarsi che la c.t.u. medico-legale esperita, con congrui accertamenti e coerenti valutazioni, ha evidenziato che le lesioni subite dal sig. Mantovano a seguito del sinistro hanno prodotto una invalidità permanente pari al 2%, una temporanea totale di 10 giorni, una parziale al 50% di 20 giorni e al 25% di 18 giorni. Il calcolo risarcitorio proposto dall’appellante anche in sede conclusionale in ordine al menomazione dell’integrità fisica (I.T.T. 10 gg. x Euro 46,20 = Euro 461,00; I.T.P. 20 gg. x Euro 23,10 = Euro 461,00, I.T.P. 18 gg. x Euro 11,55 = Euro 207,45, Danno Biologico 2% = Euro 1.364,93) è condivisibile, perché non superiore alle tabelle pretorie (c.d. tabelle milanesi) di consueta applicazione, pur depurate dalla incorporazione (non corretta, come da giurisprudenza di legittimità: da ultimo, Cass.15733/2022) del danno morale. Quest’ultimo, infatti, rappresenta un’entità autonoma rispetto al danno da lesione psico-fisica, attenendo alla sofferenza interiore patita, priva di connotazioni relazionali e insuscettibile di accertamento medicolegale. Nel caso di specie, il risarcimento del danno morale non spetta, in mancanza di specifica allegazione del danneggiato sulla sussistenza di afflizione interiore, atteso che in atto di citazione si rinviene, a pag. 4, solo un generico riferimento al disagio psicofisico, oltre che – in modo irrilevante – familiare e professionale, senza alcun collegamento dettagliato alle circostanze fattuali da assumere, anche in via indiziaria, all’origine della sofferenza interiore; peraltro, il minimo grado di menomazione permanente e la limitata durata della invalidità temporanea sono elementi che, di contro, lasciano ragionevolmente presumere l’assenza di un grado apprezzabile di sofferenza psichica.
4.1) Non spetta, altresì, il rimborso delle spese mediche relative all’intervento medico presso struttura sanitaria privata, avendo il CTU ritenuto, con motivazione logica e pienamente condivisibile, che tale prestazione sanitaria, non urgente, fosse fruibile presso la struttura ospedaliera pubblica (tanto induce ad applicare la norma di cui all’art.1227, c.2, c.c.).
4.2) Sul punto, non è accoglibile la censura mossa dall’appellante che ha reiterato la contestazione alla c.t.u. sulla base di una asserita impossibilità di ottenere sollecitamente la prestazione dal servizio sanitario nazionale, alla luce della lunga lista di attesa. E’ infatti sufficiente osservare che il CTU dr. Pellegrino ha puntualmente evidenziato l’assenza di richieste di prenotazione al SSN (non smentita dall’appellante), indispensabili per verificare i tempi dell’eventuale attesa per l’intervento chirurgico che comunque non presentava alcun carattere di urgenza. Deve ulteriormente precisarsi che l’ammontare non spettante deve comprendere non solo l’esborso per la degenza nella clinica privata ‘Petrucciani’, pari a Euro 1.190,00, come asserito dal CTU, ma anche – e per la stessa ragione – quello per l’intervento chirurgico con l’assistenza pre e post-operatoria (ricevuta fiscale del chirurgo dr. Rizzo, di Euro 800,00), di talché dalla somma complessiva di Euro 2.447,15 (comunque inferiore a quella di Euro 3.143,45 richiesta apoditticamente dall’appellante in relazione alla parte eccedente) relativa alle spese mediche documentate (cfr. c.t.u. pag. 7) devono detrarsi entrambi gli esborsi innanzi indicati, giungendo a Euro 457,15 quale importo spettante a tale titolo.
4.3) In ultimo, è accoglibile la domanda di risarcimento del danno al motociclo, comprovato dal corredo fotografico acquisito e dalla corrispondente dettagliata elencazione/preventivo delle spese per la riparazione, elementi peraltro non contestati dal Comune convenuto. L’ammontare è pari a Euro 2.630,10.
5) Conclusivamente, il risarcimento per i danni patrimoniali e non patrimoniali deve essere quantificato in Euro 5.581,63, di cui Euro 2.494,38 per c.d. danno biologico (I.T.T. 10 gg. x Euro 46,20 = Euro 461,00; I.T.P. 20 gg. x Euro 23,10 = Euro 461,00, I.T.P. 18 gg. x Euro 11,55 = Euro 207,45, Danno Biologico 2% = Euro 1.364,93); Euro 457,15 per spese mediche; Euro 2.630,10 per la spese di riparazione veicolo; somma da devalutarsi al giorno del sinistro, e produttiva di rivalutazione e interessi legali sul capitale annualmente rivalutato fino alla data della presente sentenza;
successivamente, la somma così rivalutata e incrementata di interessi, in quanto divenuta rappresentativa di debito di valuta, produrrà soltanto interessi legali fino al soddisfo.
6) Le spese processuali di entrambi i gradi seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo in base al valore del decisum e secondo i parametri minimi per la non complessità della controversia.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Lecce, seconda sezione civile, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da (…) contro il COMUNE di LECCE avverso la sentenza del Tribunale di Lecce n. 2713/2017 del 27/6/2017, così provvede:
1) Accoglie l’appello, per quanto di ragione, e, in riforma della sentenza appellata, condanna il Comune di Lecce al pagamento in favore dell’appellante della somma di Euro 5.581,63, oltre interessi e rivalutazione come indicato in parte motiva;
2) Condanna il Comune di Lecce a corrispondere in favore dell’appellante le spese processuali di entrambi i gradi, liquidate, quanto al primo, in Euro 2.600,00 per compenso ed Euro 200,00 per esborsi; e, quanto al presente grado, in Euro 1.900,00 per compenso ed Euro 370,00 per esborsi, oltre accessori per spese generali forfetarie, cassa previdenziale forense e iva. Le spese di c.t.u., come determinate dal Tribunale, sono a carico del Comune soccombente.
Così deciso in Lecce il 21 luglio 2022.
Depositata in Cancelleria il 12 settembre 2022.
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