Nel contratto preliminare di vendita di cosa altrui, ovvero il negozio con il quale il promittente venditore si obbliga a procurare al promissario acquirente, mediante la stipulazione del definitivo, l’acquisto della proprietà della cosa, la prestazione può essere eseguita, indifferentemente, o con l’acquisto del bene dall’effettivo proprietario da parte del promittente per poi ritrasferirlo al promissario, ovvero attraverso un trasferimento diretto tra l’effettivo proprietario e l’acquirente.

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Corte d’Appello|Bari|Sezione 2|Civile|Sentenza|28 settembre 2022| n. 1432

Data udienza 19 luglio 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte di Appello di Bari – Seconda Sezione Civile, composta dai signori magistra

1) dott. Filippo Labellarte – Presidente

2) dott. Matteo Antonio Sansone – Consigliere

3) avv. Giuseppe Dellosso – Giudice ausiliario relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di nuovo rito, di appello, avverso la sentenza n.925/2019 di 1 grado del Tribunale di Foggia, depositata il 5 aprile 2019, non notificata, avente per oggetto: “vendita di cose immobili”, iscritta nel Ruolo Generale Affari Contenziosi Civili del giudizio di primo grado, sotto il numero d’ordine al R.G. 93000642/2012 R.G.C.

tra

(…) rappresentato e difeso dagli avv.ti Lu.Mo. e Ni.CA. in forza di procura redatta su foglio separato ed allegata all’atto di appello;

– appellante –

e

(…);

(…);

(…)

(…) rappresentate e difese dall’avv. Rosanna MOSCATELLI in forza di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta;

– appellate –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. del 12.11.2012, depositato il 19.11.2012, (…) chiedeva l’emissione di una pronuncia dichiarativa della risoluzione del preliminare di vendita alla data del 21.4.2010 o del 31.5.2010 o altra diversa data per inadempimento delle convenute con la condanna di queste ultime al pagamento in suo favore della somma di Euro14.000,00, pari al doppio della caparra stabilita in contratto, oltre interessi legali, nonché delle somme – da quantificare in diverso giudizio – da egli sostenute per la riparazione del tetto dell’immobile oggetto di promessa di vendita.

Si costituivano in giudizio, (…), (…), (…), (…), le quali chiedevano il rigetto delle domande attoree e, in via riconvenzionale, la risoluzione del contratto preliminare in oggetto riconoscendo il loro diritto a trattenere, a titolo di clausola penale, l’importo di Euro7.000,00.

Disposto il mutamento del rito da sommario ad ordinario e concessi i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., la causa veniva istruita a mezzo di prova orale e documentale. All’udienza del 17.10.2016 (…) chiedeva pronunciarsi l’estromissione dal giudizio di per aver questa, in data 26.11.2013, rinunciato all’eredità del de cuius (…) (di cui erano parte i diritti immobiliari oggetto del preliminare di vendita).

Il giudice del Tribunale di Foggia, all’esito dell’istruttoria, rigettava le domande proposte da (…) di cui ai punti 1, 2 e 3 del ricorso introduttivo di lite; accoglieva le domande riconvenzionali delle convenute e dichiarava la risoluzione del preliminare di compravendita del 28.7.2009 per causa imputabile al (…) e, per l’effetto, accertava il diritto delle convenute a ritenere, in solido tra loro, a titolo di penale la somma di Euro7.000,00 corrisposta dal (…) quale caparra confirmatoria; infine, condannava (…) al pagamento in favore delle convenute, in solido tra loro, delle spese processuali.

Con atto di appello notificato, telematicamente, in data 28.10.2019 (…) ha proposto impugnazione avverso la sentenza del Tribunale di Foggia, per riconoscere l’inadempienza delle appellate e la risoluzione del preliminare del 31.05.2010 con la condanna in solido al pagamento in suo favore della somma di Euro 14.000,00- pari al doppio della caparra confirmatoria- con gli interessi legali, oltre al rimborso dei costi sostenuti per la riparazione del tetto da liquidarsi in separato giudizio.

Si sono costituite nel giudizio di impugnazione (…), (…), (…) e (…) insistendo per la inammissibilità del gravame ed il rigetto dell’appello nel merito poiché infondato.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello principale, secondo la quale nell’atto introduttivo del gravame non sarebbero indicati i motivi specifici dell’impugnazione, in violazione del precetto normativo di cui all’art.342, nel testo introdotto dall’art.54 del D.L. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni nella L. n. 134 del 2012.

L’impugnazione è ammissibile, diversamente da quanto eccepiscono le appellate, perché in coerenza con lo schema generale dell’art. 342 c.p.c., ai fini dell’ammissibilità del gravame, è sufficiente che l’atto di appello indichi i passaggi argomentativi della sentenza che l’appellante intende censurare e formuli, rispetto ad essi, le proprie ragioni di dissenso, sì da esplicitare l’idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione impugnata (cfr., Cass. n.2143/2015; sez. un., n.27199/17; n.13535/18). E nella specie l’appellante ha denunciato le anzidette lacune della sentenza impugnata, le argomentazioni non condivise e le ragioni di critica che dovrebbero, nella loro prospettiva, indurre a rivederle per dare fondamento alla domanda che invece il primo giudice in parte ha disatteso.

Così come va rigettata l’eccezione di nullità insanabile della costituzione cartacea delle appellate, sollevata in sede di comparsa conclusionale dalla parte appellante.

La normativa del deposito telematico concerne l’obbligo del deposito telematico degli atti endo-processuali e di alcuni specifici procedimenti speciali e non già degli atti di costituzione del giudizio ordinario che possono essere depositati anche cartaceamente in cancelleria.

Con i primi due motivi di gravame, l’appellante si duole della decisione del giudice di primo grado nella parte in cui non ha considerato la mancanza di prova documentale della proprietà dei diritti immobiliari promessi in vendita in capo alle promittenti venditrici.

Sostiene l’appellante che le convenute non avrebbero fornito la prova della esistenza di quegli “atti di passaggio intermedi” inesistenti dal punto di vista catastale, in quanto le convenute avrebbero prodotto solamente delle mere e parziali visure.

Per tale ragione sarebbero inadempienti non avendo fornito la prova dei lori titoli di proprietà e dei relativi certificati con le planimetrie catastali.

Infine, il giudice di prime cure non avrebbe dato rilievo alla “diffida ad adempiere” inoltrata in data 26.03.2010, così come la dichiarazione scritta di (…) (estranea al contratto preliminare) non poteva costituire una prova della volontà di quest’ultima di trasferire la propria quota.

Il motivo è infondato.

Con contratto preliminare del 28.07.2009 (…) si obbligava ad acquistare la quota pari ai 3/4 dell’immobile sito in S. S. alla via C., 14 piano terra e primo piano di via G. P., 52 per il corrispettivo pari ad Euro 75.000,00, versando a titolo di caparra confirmatoria, la somma pari ad Euro 7.000,00, ed impegnandosi, altresì, a provvedere a sua cura e spese alla riparazione del tetto dell’immobile de quo per un importo massimo pari ad Euro 1.500,00. (all. 1 fascicolo primo grado).

(…) con il ricorso ex-art. 702 bis c.p.c. ha chiesto la declaratoria di risoluzione del contratto e l’accertamento del diritto ad ottenere il doppio della caparra confirmatoria e la condanna della parte convenuta al pagamento della somma stabilita per spese di riparazione del tetto, sul presupposto del grave inadempimento delle promittenti venditrice, le quali avrebbero promesso in vendita quote immobiliari non tutte di loro spettanza, in quanto comproprietaria delle quote del bene era risultata anche tale (…).

Le convenute, al contrario, allegano che l’unico grave inadempimento ravvisabile sarebbe stato proprio quello posto in essere dal (…), il quale, nonostante la pronta regolarizzazione della documentazione relativa al bene, benché la stessa (…) si fosse resa disponibile alla vendita della propria quota-parte, aveva avuto un comportamento del tutto omissivo.

Ciò detto, nel caso che ci occupa, così come rilevato dal giudice di primo grado la parte promittente venditrice non può dirsi essere incorsa in un grave inadempimento.

Con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, (…) ha allegato che i diritti immobiliari promessi in vendita appartenevano ad una terza persona, (…), ed ha inviato una diffida stragiudiziale del 26.03.2010 alle promittenti venditrici invitando ad adempiere nel termine di 15 gg. dalla ricezione della predetta missiva.

Tuttavia, con raccomandata del 09.06.2010 (doc. 8 produzione fascicolo di primo grado) (…), pur riconoscendo che la proprietà fosse solo in parte delle promittenti venditrici, si dichiarava disponibile (tuttora disponibile all’acquisto delle quote in oggetto) ad acquistare l’immobile a condizione che fosse raggiunta “l’intera proprietà dell’edificio”. Da tale comunicazione si ricava che (…) non fosse più disponibile ad acquistare i soli 3/4 dell’immobile (di proprietà delle promittenti venditrici e di (…) che inizialmente aveva rinunciato alla eredità di (…)) così come si era impegnato nel contratto preliminare del 28.07.2009, ma che volesse l’intera proprietà dell’edificio (per ¼ appartenente ad altri soggetti), presumibilmente per ottenere un mutuo ipotecario per finanziare l’intera operazione, che la banca non gli avrebbe concesso solamente per l’acquisto di una sola parte (3/4) dell’intero edificio.

A ciò si aggiunge, che (…), la quale unitamente alle promittenti venditrice era la proprietaria dei 3/4 dei diritti promessi in vendita, con nota dell’8.5.2010 ha manifestato a (…) la propria disponibilità a sottoscrivere il contratto definitivo di vendita dell’immobile.

Tant’è che risulta documentato, che in data 13.7.2010 (cfr. allegato 7 al fascicolo di parte convenuta) (…) ha provveduto a revocare la rinuncia all’eredità dei propri genitori, eredi a loro volta di (…) da cui scaturiscono i diritti delle promittenti venditrici, dandone comunicazione alle odierne convenute con missiva del 10.9.2010, e consegnando al Notaio incaricato della vendita in data 1.12.2010 la rettifica della denuncia di successione con relative visure catastali aggiornate.

In sede di gravame, l’appellante lamenta la mancanza di prova in capo alle promittenti venditrici del loro diritto di proprietà delle quote oggetto del contratto preliminare.

Tale questione sull’inesistenza dei diritti in capo alle promittenti venditrice risulta in parte nuova nel giudizio di appello mai esplicitata nel corso del giudizio di primo grado, poiché in tale giudizio le doglianze del (…) si sono focalizzate nella vendita di un bene solo in parte appartenente alla (…), la quale come si è visto nel corso del processo aveva dapprima rinunciato all’eredità, salvo poi revocare e rettificare la denuncia di successione. L’attore giammai ha chiesto un accertamento della titolarità o meno della proprietà in capo alle promittenti venditrici.

Tant’è che nel corso del giudizio di primo grado, l’attore neppure come semplice allegazione, non ha mai sostenuto che le promittenti venditrici non fossero le proprietarie dei diritti promessi in vendita, a loro pervenuti in virtù di successione testamentaria di (…), deceduto in San Severo in data 10.08.2006, i cui diritti reali sul fabbricato oggetto del preliminare pervennero in virtù di successione testamentaria della sig.ra (…), vedova (…), deceduta in data 12.09.1998 giusta denuncia di successione del 12.09.2005 rep. (…) i cui diritti reali pervennero, a sua volta, per successione ereditaria del 14-03-1994 rep. (…) del marito (…) deceduto in data 21.12.1990.

Mentre, in conseguenza della iniziale rinuncia in data 19.04.2005 di (…) (successivamente revocata), figlia di (…) e (…) venne presentata una dichiarazione modificativa con conseguente accrescimento della quota ereditaria di (…) e, quindi, di conseguenza delle promittenti venditrici.

L’attore nel ricorso ex-art. 702 bis ha allegato che le quote promesse in vendita fossero in parte anche di proprietà di (…), la quale come è stato dimostrato nel corso del processo si è resa disponibile, prima del giudizio, al trasferimento in favore del (…) dei propri diritti dopo la revoca della rinuncia all’eredità dei propri genitori.

In ogni caso, nel costituirsi nel giudizio le convenute hanno depositato, come risulta dal timbro del Cancelliere del 04.05.2013 apposto sull’indice del fascicolo di parte convenuta, la nota di trascrizione della conservatoria di Foggia inerente lo stato giuridico dell’immobile promesso in vendita, la rettifica di successione, con allegate visure catastali, presentata a seguito della revoca della rinuncia alla eredità della sig.ra (…) e l’aggiornamento catastale inerente l’immobile, le quali provano la regolarità documentale per procedere al trasferimento immobiliare in favore del (…) delle quota di loro proprietà, ivi compresa quella di (…), che si era resa disponibile al trasferimento.

Poiché il giudice di merito ha il potere di qualificare giuridicamente l’azione proposta e di procedere ad un’autonoma ricerca delle norme su cui fondare la decisione, indipendentemente dalla prospettazione delle parti, con il limite del rispetto del petitum e della causa petendi, il giudice di primo grado ha correttamente qualificato il contratto preliminare con promessa di vendita di cosa parzialmente altrui, ritenendola idonea al trasferimento immobiliare.

Il preliminare di vendita di cosa parzialmente altrui rimane assoggettato all’ordinario regime risolutorio per il caso di inadempimento della obbligazione assunta dal promittente venditore di fare acquistare al promissario acquirente la proprietà del bene.

Solo qualora non adempia tale obbligazione, egli si troverà esposto, come è previsto dagli artt. 1479 e 1480 c.c., all’azione di risoluzione del contratto e/o alla domanda di risarcimento del danno da parte del promittente compratore; e ciò sia nel caso che quest’ultimo fosse in buona, sia nel caso che fosse in mala fede, ignorando o conoscendo cioè l’alienità parziale o totale della cosa.

Il principio è pacifico in giurisprudenza: “Nel contratto preliminare di vendita di cosa altrui, ovvero il negozio con il quale il promittente venditore si obbliga a procurare al promissario acquirente, mediante la stipulazione del definitivo, l’acquisto della proprietà della cosa, la prestazione può essere eseguita, indifferentemente, o con l’acquisto del bene dall’effettivo proprietario da parte del promittente per poi ritrasferirlo al promissario, ovvero attraverso un trasferimento diretto tra l’effettivo proprietario e l’acquirente” (Corte di Appello di Roma del 22.05.2017, Cfr anche Corte di Cassazione SU n. 11624/2006).

Applicando il suddetto principio al caso di specie, con la disponibilità di (…) alla vendita anche della sua quota-parte, le promittenti venditrici non hanno disatteso gli obblighi assunti con il preliminare, ma hanno procurato l’acquisto dei 3/4 delle quote promesse in vendita al (…), il quale dal canto suo si è reso invece inadempiente nella volontà di stipulare il contratto definitivo.

Né vi è prova che la richiesta di prezzo (27.000,00) della (…) dovesse essere sommata al prezzo già formalizzato nel contratto preliminare (75.000,00), come sostenuto dall’appellante, peraltro in sede di appello, potendosi, al contrario, ritenersi invece contenuto nella cifra complessivamente stabilita per la cessione dei 3/4 della quota, trattandosi di una questione tutta interna alla parte venditrice.

Infine, a differenza di quanto sostenuto dalla difesa dell’appellante, l’eventuale gravità dell’inadempimento delle promittenti venditrici deve essere comunque pur con la previa diffida ad adempiere, ex art. 1454 c.c., da parte di (…).

Nonostante la diffida ad adempiere della parte attrice, le convenute promittenti venditrici hanno acquisito, così come richiesto dal (…) nella missiva del 09.06.2010, a distanza di poco più di un mese della diffida ad adempiere, l’intera quota (3/4) che gli avevano promesso in vendita, per cui certamente non può parlarsi di gravità di inadempimento tenuto conto del breve lasso di tempo intercorso tra la richiesta del (…) e l’adempimento da parte delle promittenti venditrici.

Con il terzo motivo di gravame, l’appellante ha chiesto, a titolo di condanna generica, che le promittenti venditrici fossero tenute al “rimborso” dei costi sostenuti per la riparazione del tetto, riservandosi, in separato giudizio, la determinazione del quantum. Il Tribunale di Foggia ha rigettato tale richiesta “sia perché il rimborso è stato escluso dal contratto preliminare per l’ipotesi di inadempimento del promissario acquirente sia perché non vi è prova- a fronte delle contestazioni mosse sul punto dalla convenuta- della esecuzione delle opere di riparazione di cui si discute”.

Nel motivo di impugnazione, la difesa dell’appellante considera tale richiesta quale conseguenza automatica della chiesta risoluzione per inadempimento delle promittenti venditrici del contratto preliminare.

Il motivo è infondato.

Poiché resta confermato il grave inadempimento del promissario acquirente viene meno, in virtù di clausola contrattuale, il suo diritto al rimborso, così come pattuito dalle parti al punto 8) del contratto preliminare.

Ad ogni buon conto, l’attore non ha fornito alcuna prova della riparazione a prescindere della stessa ammissibilità di una condanna c.d. generica alla luce di una recente sentenza della Corte Cassazione civile sez. III, 03/06/2022, n.17984, la quale ha negato il potere proporre la domanda limitatamente alla pronuncia di una condanna generica, in quanto la limitazione all’an è da considerarsi tamquam non esset, con la conseguente qualificazione della domanda (da parte del giudice) come istanza ad una tutela condannatoria piena ed all’accertamento del diritto dedotto sia nell’an e nel quantum.

Pertanto, gli oneri di allegazione e prova dell’attore dovevano essere assolti in funzione di tale accertamento pieno che, in questo caso, sono del tutto carenti.

In conclusione, l’appello non merita accoglimento.

La regolamentazione delle spese processuali del presente grado di giudizio segue la soccombenza, avuto riguardo al valore della causa (Euro 52.000,00 -260.00,00), ma con esclusione della voce n.3 in grado di appello, non essendo stata svolta alcuna attività istruttoria o comportante trattazione.

P.Q.M.

La Corte d’Appello di Bari – Seconda Sezione Civile -, definitivamente pronunciando sull’appello principale proposto da (…), avverso la sentenza n. 925/2019 di 1 grado del Tribunale di Foggia, depositata il 5 aprile 2019, non notificata, così provvede:

1) rigetta l’appello principale;

2) condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore delle appellate, che liquida in Euro 7.085,00 per compensi, oltre Cap ed Iva e spese generali.

3) Da atto della ricorrenza dei presupposti, ex L. n. 228 del 2012, per l’imposizione, a carico dell’appellante del pagamento di un importo pari al contributo unificato già versato all’atto dell’iscrizione a ruolo della causa di appello.

Così deciso in Bari il 19 luglio 2022.

Depositata in Cancelleria il 28 settembre 2022.

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Avv. Umberto Davide

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