in tema di concorrenza sleale, la competenza giurisdizionale del giudice italiano che sia stata affermata (anche solo implicitamente) con decisione passata in giudicato si estende anche alle condotte lesive che si siano verificate al di fuori del territorio dello Stato; in tal caso l’accertamento presuppone l’applicazione delle norme repressive nazionali in base alla persistente operativita’ delle regole di diritto internazionale privato proprie della legislazione della parte che ha dichiarato di aver subito il danno, essendo l’illecito concorrenziale sussumibile nel piu’ ampio alveo della responsabilita’ extracontrattuale che, a livello di diritto internazionale privato, e’ regolata dalla legge dello Stato in cui l’evento dannoso si e’ verificato.
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Corte di Cassazione|Sezione 1|Civile|Ordinanza|9 dicembre 2022| n. 36113
Data udienza 22 novembre 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere
Dott. ZULIANI Andrea – Consigliere
Dott. VELLA Paola – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11291/2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS) ( (OMISSIS)), (OMISSIS) ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS));
-controricorrente-
avverso SENTENZA della CORTE D’APPELLO MILANO n. 444/2019 depositata il 31/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/11/2022 dal Consigliere FRANCESCO TERRUSI.
Fatti di causa
Il Tribunale di Como, con sentenza n. 1267 del 2017, ha accolto la domanda principale della societa’ (OMISSIS) s.p.a. (breviter, (OMISSIS)) diretta a far accertare, con le correlate inibitorie e i danni, che la societa’ tedesca (OMISSIS) (breviter (OMISSIS)) aveva compiuto atti di concorrenza sleale e pratiche commerciali ingannevoli mediante la commercializzazione, nel periodo dal 1-4-2009 al 5-5-2014, di golfari Starpoint VRS-F M 16, 20, 24 e 30 muniti di simbolo “H”, attestante il possesso della certificazione rilasciata dall’ente tedesco DGUV, viceversa scaduta. Ha inoltre accolto la riconvenzionale della (OMISSIS), e le correlate domande di inibitoria e danni, diretta a far accertare il compimento di atti di concorrenza sleale e di pratiche commerciali ingannevoli a loro volta imputabili alla societa’ (OMISSIS), per aver commercializzato fino al 16-7-2015 golfari Cartec, essi pure muniti di simbolo “H” attestante il possesso della medesima certificazione, in verita’ non conseguita.
La sentenza e’ stata riformata dalla Corte d’appello di Torino, su gravame principale di (OMISSIS), con sentenza non definitiva n. 444 del 2019.
Per la parte che unicamente interessa in questa sede, la corte d’appello ha accertato e statuito che le condotte di concorrenza sleale di (OMISSIS): (a), da un lato, avevano avuto a oggetto l’intera gamma dei golfari Starpoint, comprensiva di quelli di “vecchia generazione”; (b) dall’altro, avevano riguardato non il solo mercato italiano ma anche quello comunitario; (c) dall’altro ancora si erano protratte, quanto ai prodotti Starpoint di vecchia generazione, anche dopo la data del 5-5- 2014 indicata dal tribunale.
Ha quindi rimesso la causa sul ruolo, come da separata ordinanza, ai fini della conseguente prosecuzione dell’istruttoria.
La (OMISSIS) ha impugnato la sentenza con ricorso per cassazione affidato a nove mezzi.
La (OMISSIS) ha replicato con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
I. – La ricorrente articola il ricorso nel modo seguente.
(i) Col primo mezzo deduce la violazione o falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c., la nullita’ della sentenza e l’omesso esame di fatto controverso, perche’, diversamente da quanto sostenuto dalla corte territoriale, le domande accolte si sarebbero dovute considerare nuove, non essendo state prospettate dall’attrice nella citazione introduttiva del giudizio di primo grado; la quale aveva avuto a oggetto i soli quattro specifici prodotti Starpoint correttamente ritenuti dal tribunale.
(ii) Col secondo, denunzia la violazione o falsa applicazione degli articoli 2598 c.c., 112, 163 e 183 c.p.c. e l’omesso esame di fatto decisivo, perche’ nel dire il contrario la corte d’appello avrebbe, in poche righe di motivazione, equivocato in ordine al fondamento della concorrenza sleale, che puo’ consistere in diverse attivita’ suscettibili di dar luogo ad autonome condanne; viceversa, la stessa (OMISSIS) aveva riconosciuto che l’asserito illecito era derivato dalla commercializzazione dei soli prodotti indicati in citazione. In questo senso la corte d’appello avrebbe fatto erronea applicazione delle indicate norme, da un lato confondendo la concorrenza sleale da produzione e commercializzazione con la concorrenza sleale da diffusione di depliant, dall’altro ampliando in maniera inaccettabile la domanda attorea, dall’altro ancora traendo immotivate conclusioni dall’illegittima presenza del segno nei cataloghi.
(iii) Col terzo motivo la ricorrente deduce inoltre la violazione o falsa applicazione dell’articolo 2598 c.c. a proposito del giudizio circa i limiti territoriali della controversia. Si sostiene che la sentenza, nell’affermare inammissibile l’eccezione di carenza di giurisdizione sollevata da essa (OMISSIS), siccome non assistita da impugnazione incidentale della decisione di primo grado, avrebbe confuso la questione relativa alla giurisdizione con quella sostanziale relativa alla legge applicabile all’illecito concorrenziale; legge che, essendo individuabile nell’articolo 2598 c.c., dovrebbe considerarsi rivolta a reprimere solo le condotte poste in essere sul territorio italiano, senza possibilita’ di estendere l’ambito di applicazione a regolare le attivita’ che esplicano i loro effetti fuori da esso.
(iv) Col quarto motivo la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione degli articoli 2598 c.c. e 112 c.p.c., perche’ in nessuna parte della motivazione la corte d’appello avrebbe individuato la norma di legge – italiana o straniera – in base alla quale il comportamento tenuto da (OMISSIS) sarebbe stato da annoverare nell’alveo della condotta anticoncorrenziale.
(v) Nel quinto motivo, deducendo la violazione o falsa applicazione dell’articolo 2598 c.c. e l’omesso esame di fatto decisivo, la ricorrente addebita alla sentenza di non aver accertato se i concorrenti svolgessero o meno la propria attivita’ imprenditoriale su tutto il territorio Europeo (impropriamente definito come “comunitario”), volta che l’attrice non aveva fornito a tal riguardo alcuna prova.
(vi) Il sesto mezzo, deducendo la violazione o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., si appunta sulla seguente affermazione: “atteso che l’articolo 2598 non puo’ trovare applicazione per i motivi sopraesposti a comportamenti posti al di fuori del territorio italiano (..) si deve osservare che una pronuncia che si fosse basata sull’eventuale applicazione delle norme straniere repressive della concorrenza sleale (peraltro mai indicate) finirebbe per concretare una violazione dell’articolo 112 c.p.c., dal momento che nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado l’attrice appellante (OMISSIS) ha inteso riferirsi esclusivamente all’asserita violazione degli articoli 2598 c.c. e 32.1 del cd. Codice del consumo”.
(vii) Col settimo motivo la ricorrente torna sui fondamenti della pronuncia di merito, per denunziare ancora la violazione e falsa applicazione degli articoli 2598 c.c. e 115 c.p.c., e l’omesso esame di fatto decisivo, a proposito dell’affermazione dell’impugnata sentenza secondo cui le condotte anticoncorrenziali di (OMISSIS) avrebbero riguardato il periodo 2009-2014 “anche per i prodotti di nuova generazione”; cosa che dice esser stata affermata in carenza di motivazione e senza che l’attrice avesse fornito in proposito alcuna prova.
(viii) Analogamente con l’ottavo mezzo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli articoli 2598 c.c. e 115 c.p.c., e l’omesso esame di fatto decisivo, per cio’ che attiene all’affermazione dell’impugnata sentenza secondo cui le condotte anticoncorrenziali di (OMISSIS) per i prodotti di “vecchia generazione” sarebbero proseguite anche dopo la data del 5-5-2014; cosa che sarebbe stata dedotta da elementi di fatto ininfluenti.
(ix) Infine, col nono motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 2598 c.c. e 115 c.p.c., e ancora l’omesso esame di fatto decisivo, per cio’ che attiene all’affermazione dell’impugnata sentenza secondo cui le condotte anticoncorrenziali di (OMISSIS) avrebbero riguardato, dopo il 5-5-2014, i golfari di “vecchia generazione” senza limitazione territoriale, In sostanza la corte d’appello non avrebbe spiegato perche’ tali condotte, relative a comportamenti posti in essere sul mercato italiano, avrebbero avuto rilevanza sull’intero territorio Europeo.
II. – I primi due motivi, tra loro connessi, possono essere esaminati unitariamente.
I motivi non hanno fondamento.
Il divieto di proporre domande nuove in appello implica che e’ preclusa la facolta’ di avanzare pretese che involgano la trasformazione obiettiva del contenuto intrinseco della domanda proposta in primo grado.
In sostanza per aversi domanda nuova occorre l’immutazione del fatto costitutivo del diritto vantato, con l’introduzione nel processo di un nuovo tema d’indagine, fondato su una situazione radicalmente diversa da quella delimitata in precedenza.
Non si incorre in violazione del divieto se, rimanendo identico il fatto posto a fondamento della domanda, si determini in appello una estensione dell’accertamento sulla base di una interpretazione piu’ ampia del perimetro della condotta (nella specie anticoncorrenziale) posta dall’attore a fondamento della pretesa.
III. – Nel caso concreto la corte d’appello ha affermato che fin dal primo grado l’attrice (OMISSIS) aveva chiesto in verita’ l’accertamento “dell’illecita commercializzazione dell’intera gamma dei golfari Starpoint di (OMISSIS), per concorrenza sleale ex articolo 2598 n. 2 e 3 e per pratica commerciale ingannevole ex articolo 23 co 1 lett b) Decreto Legislativo n. n 146/2007”, con le annesse condanne “al risarcimento dei danni, all’inibitoria e al ritiro dal commercio”.
L’affermazione non e’ idoneamente contraddetta da quanto evinto dalla “tabella sinottica” riportata dalla difesa della (OMISSIS) nel ricorso per cassazione.
Ove anche si reputasse soddisfatto per tale via il canone di autosufficienza (in luogo della effettiva trascrizione del contenuto della parte saliente della citazione), resta il fatto che i termini ivi esposti, seppure riferiti all’oggetto dell’ordine di inibizione e al ritiro dei prodotti, non conforta il diverso assunto della ricorrente, dal momento che anche in tal caso il riferimento a “tutti i prodotti appartenenti alla gamma del Golfaro Starpoint”, a prescindere dalle specificazioni poste tra parentesi, sorreggerebbe anche e proprio la conclusione sostenuta dal giudice a quo.
In sostanza, la parziale trascrizione operata nel ricorso non toglie niente a quanto di diverso sostenuto dalla corte d’appello in ordine alla necessita’ di intendere la domanda come fin dall’inizio involgente tutti i prodotti in questione.
Dopodiche’, la diretta lettura dell’atto, al quale la Corte puo’ accedere essendo state dedotte violazioni di ordine processuale, conforta ulteriormente l’interpretazione della domanda fatta dal giudice territoriale (v. Cass. Sez. U n. 8077-12); cosicche’ nessuna violazione puo’ dirsi realizzata ai fini delle attuali doglianze.
IV. – Il terzo motivo e’ inammissibile.
La ricorrente muove dal presupposto che la normativa anticoncorrenziale sia contraddistinta dal requisito di territorialita’ processuale, sicche’ descriverebbe il fenomeno con limitazione dell’ambito di efficacia delle corrispondenti norme entro i soli confini dello Stato che le ha emanate.
Da cio’ sarebbe da trarre la conseguenza che ciascun legislatore, nel dettare le norme in materia, ha come riferimento solo il mercato nazionale, con conseguente impossibilita’ di applicare le norme a condotte che si manifestino su mercati esteri.
Sennonche’ la serie di affermazioni che sorregge una siffatta tesi non e’ conducente, perche’ la questione cosi’ prospettata puo’ animare la contestazione non in merito all’estensione applicativa della norma sostanziale, ma in ordine alla giurisdizione nazionale, ove siano stati contestati illeciti concorrenziali integrati da condotte realizzate all’estero.
E questo e’ evidente anche in base alle difese della stessa parte, che invero in memoria ha esplicitato il proprio assunto dichiarando di sottoporre a critica la sentenza per aver dichiarato inammissibile l’eccezione di carenza di giurisdizione proposta da essa (OMISSIS) in mancanza di appello incidentale.
Ma deve osservarsi che questa doglianza non e’ stata prosperata nel ricorso per cassazione; e, ove anche lo fosse stata, non avrebbe avuto alcun fondamento.
Dire che l’eccezione di carenza di giurisdizione era stata “sostanzialmente accolta” dalla decisione di primo grado significa difatti attribuire a quella decisione un senso completamente distorto ed esattamente opposto a quel che invece emerge dagli atti.
Il tribunale aveva semplicemente ritenuto che l’accertamento delle condotte anticoncorrenziali oggetto del giudizio dovesse avvenire con limitazione al mercato italiano perche’ “il radicamento della causa dinanzi al giudice italiano si fonda sulla circostanza, dedotta dall’attrice nell’atto introduttivo, che in tale mercato si sono verificati gli effetti dell’attivita’ concorrenziale vietata”.
In nessun modo una simile frase puo’ essere interpretata come di accoglimento di un’eccezione di difetto di giurisdizione; accoglimento che del resto non trova riscontro in alcuna corrispondente declaratoria.
Dopodiche’ invece il punto e’ tutt’altro.
Il punto e’ che, una volta che sia stata definita la giurisdizione con affermazione di esistenza (ancorche’ implicita) passata in giudicato, e’ ovvio che la competenza giurisdizionale del giudice italiano si estende alle condotte lesive che si siano verificate anche al di fuori del territorio dello Stato, presupponendo l’applicazione delle norme repressive nazionali. Difatti l’illecito concorrenziale rientra nel piu’ ampio alveo della responsabilita’ extracontrattuale, che a livello di diritto internazionale privato e’ regolata dalla legge dello Stato in cui si e’ verificato l’evento (L. n. 218 del 1995 articolo 62), nella specie costituito dal danno lamentato dalla societa’ italiana.
Nel caso concreto la corte d’appello ha esattamente rilevato l’esistenza di un giudicato implicito sulla giurisdizione nei riguardi dello straniero, poiche’ la sentenza di primo grado, che aveva ritenuto la giurisdizione per l’appunto pronunciando nel merito delle domande, non era stata impugnata sulla questione pregiudiziale.
La decisione e’ pienamente conforme all’insegnamento di questa Corte, poiche’ il giudicato implicito sulla giurisdizione si forma tutte le volte in cui la causa sia stata decisa nel merito (v. gia’ Cass. Sez. U n. 24883-08 e poi di li’ tutta la giurisprudenza successiva: indicativamente Cass. Sez. U n. 27531-08, Cass. Sez. U n. 2067-11, Cass. Sez. U n. 28503-17 e via seguitando), con esclusione delle sole decisioni che contengano statuizioni – come, per esempio, quelle meramente strumentali o processuali – che di per se’ non presuppongono l’affermazione della giurisdizione stessa (cfr. Cass. Sez. U n. 7454-20).
Ne discende che, non essendo piu’ in discussione la legittimita’ della vocatio della societa’ tedesca dinanzi all’autorita’ giurisdizionale italiana, e’ consequenziale la legittimita’ della decisione cosi’ adottata in base alla persistente operativita’ delle regole di diritto internazionale privato proprie della legislazione della parte che ha dichiarato di aver subito il danno.
Va quindi fissato il seguente principio di diritto:
-“in tema di concorrenza sleale, la competenza giurisdizionale del giudice italiano che sia stata affermata (anche solo implicitamente) con decisione passata in giudicato si estende anche alle condotte lesive che si siano verificate al di fuori del territorio dello Stato; in tal caso l’accertamento presuppone l’applicazione delle norme repressive nazionali in base alla persistente operativita’ delle regole di diritto internazionale privato proprie della legislazione della parte che ha dichiarato di aver subito il danno, essendo l’illecito concorrenziale sussumibile nel piu’ ampio alveo della responsabilita’ extracontrattuale che, a livello di diritto internazionale privato, e’ regolata dalla legge dello Stato in cui l’evento dannoso si e’ verificato”.
V. – Il quarto e il quinto mezzo sono inammissibili, perche’ implicano e sottendono una (peraltro generica) critica di merito.
Per quanto sinteticamente e di rimando alla decisione di primo grado, la corte d’appello, richiamando il corredo documentale a sostegno della domanda, ha accertato i fondamenti dell’illecito concorrenziale secondo le richiamate norme dell’articolo 2598 c.c. e dell’articolo 23 del Decreto Legislativo n. 146 del 2007, e ha ritenuto provati i fatti attraverso l’espletamento di un ordine di esibizione e l’esame dei campioni di prodotti relativi alla Germania e ai Paesi Bassi.
Si tratta della valutazione della prova, notoriamente insindacabile in cassazione ove motivata.
VI. – Nel sesto motivo si denunzia una violazione dell’articolo 112 c.p.c. in nome del fatto che una “eventuale pronuncia basata sull’eventuale applicazione di norme straniere repressive della concorrenza sleale (..)” finirebbe per concretarla, avendo l’attrice fatto riferimento esclusivamente alla violazione delle suindicate norme nazionali.
Il motivo e’ privo di costrutto, essendo basato su un’astratta eventualita’ (peraltro smentita dalla stessa prioritaria affermazione difensiva circa l’applicazione delle norme nazionali), che niente ha da spartire col denunziato vizio di non corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Codesto, sia nella forma della ultrapetizione che in quella della extrapetizione, si sostanzia quando il giudice del merito abbia attribuito alla parte un bene della vita non richiesto perche’ non compreso neppure implicitamente o virtualmente nelle deduzioni o allegazioni (v. Cass. Sez. 1 n. 12014-19), ovvero abbia alterato gli elementi obiettivi dell’azione (petitum o causa petendi) mediante, ancora una volta, emissione di un provvedimento non richiesto (v. pure Cass. Sez. 2 n. 8048-19, Cass. Sez. 1 n. 9002-18).
Tali situazioni nella specie non si apprezzano e, ben vero, neppure sono specificate.
VII. – I motivi dal settimo al nono, anch’essi suscettibili di unitario esame, sono inammissibili perche’ nella sostanza risolti in altrettante censure alla valutazione della prova.
Anche a proposito della estensione dell’illecito imputabile alla (OMISSIS), sul piano oggettivo (quanto cioe’ ai prodotti di nuova generazione) cronologico (per il periodo pur successivo al maggio 2014) e territoriale (per condotte realizzate fuori dal territorio nazionale), nuovamente deve osservarsi che la corte d’appello ha motivato la decisione sulla scorta delle emergenze documentali pur sinteticamente richiamate.
La motivazione al riguardo, per quanto estremamente sintetica, e’ ben comprensibile nel riferimento operato ai documenti prodotti dalla (OMISSIS). E nessun fatto storico decisivo e’ indicato dalla difesa ricorrente come ipoteticamente omesso.
Invero l’allusione della ricorrente all’omesso esame di fatti e’ solo nominale, quando invece cio’ di cui essa si duole e’ che la sentenza sia stata caratterizzata da “palesi errori” nella valutazione delle prove offerte dall’attrice. La quale di contro, essa sostiene, non avrebbe fornito alcuna prova a sostegno della pretesa commercializzazione nel senso indicato: oggettivo, cronologico e territoriale.
E’ pero’ abbastanza evidente che cosi’ facendo la ricorrente traduce le critiche in censure di merito, in netto contrasto coi noti limiti del giudizio di cassazione.
Non puo’ che essere ribadito che mai e’ consentito, in cassazione, prospettare una difformita’ dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo al giudice del merito valutare le prove in base alle fonti di convincimento indicate, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova; mentre alla Corte di cassazione non e’ conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensi’ solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito cui l’apprezzamento dei fatti e’ istituzionalmente rimesso.
VIII. – Il ricorso e’ rigettato.
Le spese processuali seguono la soccombenza.
p.q.m.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in 10.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
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