La regolazione delle spese di lite puo’ avvenire in base alla soccombenza integrale, che determina la condanna dell’unica parte soccombente al pagamento integrale di tali spese (articolo 91 c.p.c.), ovvero in base alla reciproca parziale soccombenza, che si fonda sul principio di causalita’ degli oneri processuali e comporta la possibile compensazione totale o parziale di essi (articolo 92 c.p.c., comma 2); a tale fine, la reciproca soccombenza va ravvisata sia in ipotesi di pluralita’ di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti, sia in ipotesi di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, tanto allorche’ quest’ultima sia stata articolati in piu’ capi, dei quali siano stati accolti solo alcuni, quanto nel caso in cui sia stata articolata in un unico capo e la parzialita’ abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento. Per completezza, va evidenziato che la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimita’, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalita’ fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente.
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Corte di Cassazione|Sezione 6 L|Civile|Ordinanza|11 novembre 2022| n. 33312
Data udienza 12 ottobre 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Presidente
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere
Dott. FEDELE Ileana – Consigliere
Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere
Dott. PICCONE Valeria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28776-2021 proposto da:
(OMISSIS), domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO – ISPETTORATO TERRITORIALE DEL LAVORO DI MODENA, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 669/2021 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 05/08/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/10/2022 dal Consigliere Relatore Dott. GUGLIELMO CINQUE.
RILEVATO
CHE:
1. Con l’ordinanza n. 2017/CONT/108/16 l’Ispettorato del Lavoro di Modena ingiungeva a (OMISSIS), in qualita’ di titolare dell’omonima ditta esercente dal 2008 attivita’ di autotrasporto per conto terzi, il pagamento della somma di Euro 69.226,35, a titolo di sanzione amministrativa e spese, per contestate irregolarita’ relativamente alla posizione di quattro lavoratori.
2. Proposta opposizione, il Tribunale di Modena l’accoglieva parzialmente riducendo ad Euro 18.896,33 la sanzione dovuta e compensava le spese di lite.
3. La Corte di appello di Bologna, con la sentenza n. 669/2021, confermava la pronuncia di prime cure.
4. La Corte distrettuale, a fondamento della decisione, rilevava che il primo giudice aveva ben valutato le risultanze istruttorie, escludendo la tesi di un complotto dei lavoratori nei confronti della datrice di lavoro che, peraltro, non aveva imputato di falso le dichiarazioni rese agli ispettori; sottolineava, infine, l’irrilevanza di altra pronuncia dello stesso Tribunale che, in ordine ad un avviso di addebito dell’INPS scaturente dallo stesso verbale di accertamento, aveva accolto la opposizione: cio’ perche’ la ratio decidendi del provvedimento era stata fondata sulla insufficienza del materiale probatorio fornito dall’INPS che, in quella sede, non aveva intimato i propri testi ed era stato dichiarato decaduto dalla prova; evidenziava, infine, la correttezza della statuizione sulle spese in considerazione del parziale accoglimento dell’opposizione.
5. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione la ditta individuale (OMISSIS) affidato a quattro motivi, cui ha resistito con controricorso l’Ispettorato Nazionale del Lavoro- Ispettorato Territoriale del lavoro di Modena.
6. La proposta del relatore e’ stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c..
7. La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
CHE:
1. I motivi possono essere cosi’ sintetizzati.
2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3., degli articoli 2697 c.c. e 116 c.p.c., la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, degli articoli 115 e 116 c.p.c. nonche’ la motivazione apparente, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto di trattare congiuntamente tutti i motivi di appello e di non censurare la sentenza di primo grado ponendo a fondamento della stessa, al fine della verifica delle prestazioni in nero di (OMISSIS), le prove fornite dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro ovvero il mancato assolvimento dell’onere della prova posto in capo alla resistente. In particolare, si deduce che era stato provato che la (OMISSIS) non aveva mai conosciuto il suddetto (OMISSIS) e di non avere ricevuto dallo stesso mai alcuna prestazione lavorativa.
3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, degli articoli 115 e 116 c.p.c. nonche’ la motivazione apparente per avere la Corte distrettuale confermato a decisione di primo grado, sulla scorta di argomentazioni motivazionali apparenti, compendiatesi in clausole di stile inidonee a rendere esplicito l’iter logico giuridico delle statuizioni rese in ordine a dette questioni: in particolare, sull’affermazione di attendibilita’ o inattendibilita’ di alcuni testi senza dare alcun conto delle eccezioni formulate nell’atto di appello.
4. Con il terzo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, per non avere la Corte di appello tenuto conto degli effetti del giudicato esterno prodotto dalla sentenza n. 30/21, passata in giudicato, resa dal Tribunale di Modena nella causa tra (OMISSIS) e INPS, in cui l’avviso di addebito emesso dall’INPS, sulla base dello stesso verbale di accertamento, era stato dichiarato illegittimo, limitandosi ad affermare, con una motivazione apparente, che la detta decisione era fondata esclusivamente sulla insufficienza delle prove quando, invece, in quella sede era stata presa posizione circa il merito della pretesa.
5. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’articolo 91 c.p.c. e la violazione del principio di causalita’ per avere la Corte di merito ritenuto, con una motivazione apparente, corretta la statuizione sulle spese da parte del primo giudice che era, invece, in contrasto con i principi di causalita’ e di soccombenza.
6. I primi due motivi, che per la loro connessione logico-giuridica possono essere scrutinati congiuntamente, sono in parte inammissibili e in parte infondati.
7. Invero, le censure non si sostanziano in violazioni o falsa applicazione delle disposizioni denunciate, ma tendono alla sollecitazione di una rivisitazione del merito della vicenda (Cass. n. 27197/2011; Cass. n. 6288/2011, Cass. n. 16038/2013), non consentita in sede di legittimita’; inoltre, il vizio di motivazione puo’ essere ormai censurato in Cassazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4 in relazione all’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 solo nel caso in cui la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente o manifestamente contraddittoria ed incomprensibile (Cass. S. U. n. 22232/2016; Cass. n. 23940/2017; Cass. n. 22598/2018): ipotesi, tutte, non ravvisabili nel ragionamento logico- giuridico della impugnata pronuncia.
8. Deve, poi, ribadirsi che la violazione del precetto di cui all’articolo 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne e’ gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata non avesse assolto tale onere, poiche’ in questo caso vi e’ soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimita’ solo per il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5 (Cass. n. 19064/2006; Cass. n. 2935/2006), con i relativi limiti di operativita’ ratione temporis applicabili.
9. In tema, inoltre, di ricorso per cassazione, la questione della violazione o falsa applicazione degli articolo 115 e 116 c.p.c. non puo’ porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma rispettivamente, solo allorche’ si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (Cass. n. 27000 del 2016; Cass. n. 13960 del 2014): anche in questo caso le suddette ipotesi non sono ravvisabili nel caso in esame.
10. Infine, la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilita’ dei testi (articolo 244 c.p.c.), come la scelta, tra le varie emergenze probatorie di quelle ritenute piu’ idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale e’ libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga piu’ attendibili, senza essere tenuto ad una esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 16467 del 2017).
11. Nella fattispecie, la Corte distrettuale, con una motivazione esente dai vizi di cui alla nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 e attraverso una adeguata analisi delle risultanze processuali, ha ritenuto, conformemente al primo giudice, che con il lavoratore Stefanov fosse intercorso un rapporto di lavoro di tipo subordinato cd. “in nero”: cio’ sulla base non solo dei verbali ispettivi, ma anche attraverso l’esame di tutte le risultanze istruttorie raccolte nel corso del giudizio.
12. Il terzo motivo e’ infondato.
13. Tra il giudizio avente ad oggetto il pagamento di contributi previdenziali e quello avente ad oggetto l’opposizione avverso ordinanza ingiunzione irrogativa di sanzioni amministrative per violazione delle norme sul collocamento relativamente ai medesimi lavoratori, entrambi presupponenti l’accertamento della natura subordinata dei rapporti di lavoro, non sussiste rapporto di pregiudizialita’, atteso che l’efficacia riflessa del giudicato nei confronti dei terzi rimasti estranei al processo presuppone che tali soggetti non siano titolari di un rapporto autonomo rispetto a quello su cui e’ intervenuto il giudicato, mentre tra potesta’ accertativa dell’Ispettorato del lavoro e diritti ed obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato sussiste un reciproco rapporto di autonomia, che fa qualificare come “res inter alios acta”, rispetto a ciascuna delle due posizioni, il giudicato intervenuto nel giudizio inerente all’altro rapporto (Cass. n. 23045/2018; Cass. n. 11539/2020).
14. La Corte di merito ha applicato correttamente tale principio non riconoscendo l’efficacia di giudicato esterno alla pronuncia, resa dal Tribunale di Modena tra la odierna ricorrente e l’INPS, che si poneva appunto come “res inter alios acta” rispetto alla posizione dell’Ispettorato del Lavoro di Modena.
15. Il quarto motivo e’ parimenti infondato.
16. La regolazione delle spese di lite puo’ avvenire in base alla soccombenza integrale, che determina la condanna dell’unica parte soccombente al pagamento integrale di tali spese (articolo 91 c.p.c.), ovvero in base alla reciproca parziale soccombenza, che si fonda sul principio di causalita’ degli oneri processuali e comporta la possibile compensazione totale o parziale di essi (articolo 92 c.p.c., comma 2); a tale fine, la reciproca soccombenza va ravvisata sia in ipotesi di pluralita’ di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti, sia in ipotesi di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, tanto allorche’ quest’ultima sia stata articolati in piu’ capi, dei quali siano stati accolti solo alcuni, quanto nel caso in cui sia stata articolata in un unico capo e la parzialita’ abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento (Cass. n. 3438/2016).
17. Nella fattispecie in esame, avendo correttamente ravvisato la Corte di merito, nel giudizio di primo grado, una ipotesi di soccombenza parziale (per essere stata la domanda accolta solo relativamente a tre dei quattro lavoratori oggetto delle contestazioni di cui all’ordinanza ingiunzione), sussistevano i presupposti processuali per derogare al criterio della soccombenza.
18. Per completezza, va evidenziato che la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimita’, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalita’ fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cass. n. 30592/2017).
19. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.
20. Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’ che si liquidano come da dispositivo.
21. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
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