l’espressione occupazione senza titolo non individua, nel sistema positivo processuale e sostanziale, alcuna azione tipica dotata di peculiari caratterizzazioni e autonome regole, processuali e sostanziali, specifiche. Al contrario, dietro tale terminologia possono celarsi azioni che, seppur condividendo il medesimo petitum, consistente nella richiesta di restituzione di un bene immobile detenuto da altri asseritamente senza alcuna legittimazione, differiscono profondamente tra loro in relazione alla causa petendi, causa petendi dalla cui individuazione viene a dipendere, non solo la stessa qualificazione giuridica della domanda proposta, ma altresì, e soprattutto, il regime processuale e sostanziale applicabile alla fattispecie, anche in punto di oggetto e riparto dell’onere della prova. In particolare, in materia di occupazione senza titolo, da un lato, la domanda di restituzione potrebbe trovare fondamento sulla base del dedotto venir meno di un rapporto negoziale di natura obbligatoria intercorrente tra le parti, che legittimava l’altrui detenzione dell’immobile in questione – a causa di vizi genetici dell’accordo contrattuale o per difetti strutturali dello stesso, che ne comportino la nullità o l’annullabilità, ovvero a causa di sopravvenuti disfunzioni causali del medesimo accordo, che ne comportino la risoluzione per inadempimento o per impossibilità sopravvenuta, ovvero, ancora, per la naturale cessazione dell’efficacia del rapporto stesso per il decorso del termine di durata o per recesso; dall’altro lato, la stessa domanda potrebbe del tutto prescindere dalla deduzione, ab origine, di alcun rapporto di natura negoziale instauratosi tra le parti, per basarsi esclusivamente sulla dedotta altrui detenzione o possesso privo di alcun titolo giuridico giustificativo, inesistente ab origine o successivamente caducato.

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Tribunale|Napoli|Sezione 9|Civile|Sentenza|24 gennaio 2023| n. 822

Data udienza 16 gennaio 2023

Tribunale di Napoli

Nona Sezione civile

Repubblica Italiana

In Nome Del Popolo Italiano

Il Giudice Unico Felice Angelo Pizzi ha pronunciato all’esito della scadenza del termine per atti difensivi finali di cui all’art. 190 c.p.c. la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al numero 20765/2020 del ruolo generale degli affari contenziosi civili avente ad oggetto: rivendica e risarcimento del danno da responsabilità extracontrattuale, e vertente

TRA

Comune di Napoli con codice fiscale 80014890638, rappresentato dalla Napoli Servizi s.p.a. in virtù di procura generale per Notaio (…) conferita l’1/4/2020 rep. 142553 – racc. 32623, elett.te dom.to in Napoli alla via (…) presso l’avv. (…), dalla quale è rappresentato e difeso in virtù di procura in calce all’atto di citazione

ATTORE

E

(…) s.a.s. di (…) con partita IVA (…), con sede legale in Napoli alla via (…)

CONVENUTA – CONTUMACE

CONCLUSIONI:

l’attore conclude come da verbale di udienza del 21/9/20

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’atto di citazione introduttivo del presente giudizio il Comune di Napoli ha dedotto di essere proprietario dell’immobile sito in Napoli alla via (…), piano T interno 8 edificio 2, n. 251/C piano: T, interno: 9 edificio: 2, n. 251/E n. 251/F piano: T interno: T3 edificio n. 2, in catasto foglio 22, p.lla 280, sub 110; in catasto foglio 22, p.lla 280, sub 111; in catasto foglio 22, p.lla 280, sub 112, ed ha prodotto a tale proposito, per dimostrare il suo diritto dominicale, la nota di trascrizione n. 29256 del Registro generale e n. 21669 del Registro particolare presentata il 21/11/2012, sulla base di un atto amministrativo costituito dalla delibera n. 400 del 10/5/2011 della Giunta comunale, nonché delle piantine, da cui emerge che i locali sono collegati tra loro internamente formando un unico ambiente, e delle visure catastali. L’attore ha asserito che l’immobile di cui sopra è occupato dalla (…) s.a.s. di (…) senza alcun titolo, non avendo l’occupante mai sottoscritto regolare contratto di locazione con l’ente locale, e che tale società risultava morosa nel pagamento di corrispettivi/indennità di occupazione, maturati dal giugno 1994 al 30/6/2020 per un totale di euro 205.155,18, come si evinceva dall’estratto contro di Napoli Servizi.

Quindi ha chiesto la condanna della (…) alla restituzione del bene ed al risarcimento di tutti i danni subiti in virtù della illegittima occupazione, quantificati nella misura sopra indicata.

Ora, la domanda attorea ha per oggetto immediato la restituzione di un immobile asseritamente detenuto sine titulo dalla convenuta, ma tale espressione (occupazione senza titolo) non individua, nel sistema positivo processuale e sostanziale, alcuna azione tipica dotata di peculiari caratterizzazioni e autonome regole, processuali e sostanziali, specifiche. Al contrario, dietro tale terminologia possono celarsi azioni che, seppur condividendo il medesimo petitum, consistente nella richiesta di restituzione di un bene immobile detenuto da altri asseritamente senza alcuna legittimazione, differiscono profondamente tra loro in relazione alla causa petendi, causa petendi dalla cui individuazione viene a dipendere, non solo la stessa qualificazione giuridica della domanda proposta, ma altresì, e soprattutto, il regime processuale e sostanziale applicabile alla fattispecie, anche in punto di oggetto e riparto dell’onere della prova. In particolare, in materia di occupazione senza titolo, da un lato, la domanda di restituzione potrebbe trovare fondamento sulla base del dedotto venir meno di un rapporto negoziale di natura obbligatoria intercorrente tra le parti, che legittimava l’altrui detenzione dell’immobile in questione – a causa di vizi genetici dell’accordo contrattuale o per difetti strutturali dello stesso, che ne comportino la nullità o l’annullabilità, ovvero a causa di sopravvenuti disfunzioni causali del medesimo accordo, che ne comportino la risoluzione per inadempimento o per impossibilità sopravvenuta, ovvero, ancora, per la naturale cessazione dell’efficacia del rapporto stesso per il decorso del termine di durata o per recesso; dall’altro lato, la stessa domanda potrebbe del tutto prescindere dalla deduzione, ab origine, di alcun rapporto di natura negoziale instauratosi tra le parti, per basarsi esclusivamente sulla dedotta altrui detenzione o possesso privo di alcun titolo giuridico giustificativo, inesistente ab origine o successivamente caducato.

Nel primo caso l’azione di restituzione esercitata ha natura prettamente personale ed è caratterizzata dalla relatività, nel secondo caso, invece, essa non può che essere inquadrata nell’azione reale di rivendica, dato che “non è azione di restituzione ma di rivendicazione quella con cui l’attore chieda di dichiarare abusiva ed illegittima l’occupazione di un immobile di sua proprietà da parte del convenuto, con conseguente condanna dello stesso al rilascio del bene ed al risarcimento dei danni da essa derivanti, senza ricollegare la propria pretesa al venir meno di un negozio giuridico, che avesse giustificato la consegna della cosa e la relazione di fatto sussistente tra questa ed il medesimo convenuto” (Cass. SS.UU. 28 marzo 2014 n. 7305). Tanto emerge dai precedenti della giurisprudenza di legittimità sulla questione (Cass. 17 gennaio 2011 n. 884; Cass. 23 dicembre 2010 n. 26003; Cass. 9 dicembre 2010 n. 24921; Cass. 27 gennaio 2009 n. 1929; nonché, da ultimo, Cass. SS.UU. 28 marzo 2014 n. 7305). Nel caso di specie per l’appunto trattasi di azione di rivendica ex art. 948 c.c., avendo dedotto il Comune di Napoli semplicemente di essere proprietario del bene, per cui la domanda attorea ha natura reale e soggiace all’onere della probatio diabolica propria della rivendica. In punto di rito l’azione è procedibile, essendo stato esperito, come risulta dal verbale di mediazione redatto il 25/2/2019 e prodotto ritualmente dal Comune, il tentativo obbligatorio di conciliazione, sebbene senza esito, data la mancata comparizione della parte convenuta.

A detta domanda si è aggiunta la richiesta di risarcimento del danno per l’occupazione dell’immobile senza alcun titolo di detenzione e senza corrispondere alcuna indennità, se non saltuariamente, per quanto emerge dagli estratti conto della Napoli Servizi s.p.a., al fine di far valere la responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. della convenuta. Nel corso dell’udienza a trattazione scritta del 29/3/2021 è stata dichiarata la contumacia della (…) e con ordinanza del 21/11/2021 è stato ammesso l’interrogatorio formale della convenuta sul seguente capitolo di prova: “Vero che la (…) s.a.s. occupa senza titolo l’immobile di proprietà comunale sito in Napoli Via (…), piano: T interno: 8 edificio: 2, n. 251/C piano: T, interno: 9 edificio: 2, n. 251/E n. 251/F piano: T interno: T3 edificio n. 2”. La società, nonostante la notifica dell’ordinanza predetta, non è comparsa per rispondere all’interpello.

Di conseguenza una specifica circostanza dedotta con l’interrogatorio, vale a dire l’occupazione di fatto del bene immobile, deve ritenersi come ammessa, ai sensi dell’art. 232 comma 1 c.p.c. Sebbene infatti la omissione predetta abbia un carattere meramente indiziario, nel caso concreto essa è stata accompagnata dalla circostanza della corresponsione saltuaria di alcune indennità per l’occupazione, per quanto risulta dagli estratti conto della Napoli Servizi s.p.a., concessionaria del servizio di gestione del patrimonio immobiliare dell’ente locale. Da tale comportamento è possibile ricavare ai sensi del combinato disposto degli artt. 116 comma 2 e 118 comma 2 c.p.c. argomenti di prova, ossia orientamenti generici e non vincolanti nella formazione del convincimento che tuttavia di per sé soli possono offrire una prova sufficiente (cfr. sul punto Cass. 13/7/1991 n. 7800).

Lo stesso non può valere per la qualità di proprietario in capo al Comune, trattandosi di una circostanza di diritto, e non fattuale, che non può essere demandata ad una valutazione della controparte.

Non è stato fra l’altro indicato espressamente il titolo di proprietà dell’attore. In altri termini, il Comune di Napoli non ha neppure allegato quale sarebbe la fonte del suo diritto dominicale, essendosi limitato a produrre una nota di trascrizione e delle visure catastali. Ora, l’attore in rivendica è tenuto a dimostrare la proprietà del bene che assume a lui appartenente fornendo la prova (anche risalendo i propri danti causa) dell’acquisto a titolo originario della res oggetto della controversia, non potendo, all’uopo, ritenersi sufficiente la mera produzione di documentazione amministrativa, costituita nella fattispecie dalla nota di trascrizione nei registri immobiliari o dai dati ricavati dai registri catastali (cfr. Cass. civ. sez. II, 21/11/1997, n. 11605). Vero è che l’onere probatorio della azione di rivendica è attenuato qualora il convenuto non contesti specificamente la appartenenza del bene (v. Cass. civ. sez. II, 5/11/2010, n. 22598; Cass. civ. sez. II, 17/7/2007, n. 15915), perché in tal caso è sufficiente dimostrare di aver acquistato il bene in base ad un valido titolo (cfr. Cass. civ. sez. II, 5/11/2010, n. 22598; Tribunale Nola, sez. I, 21/5/2020, n. 746). Tuttavia nella fattispecie la (…) non si è neppure costituita in giudizio, per cui dal suo comportamento non può desumersi una non contestazione rilevante ai sensi dell’art. 115 c.p.c., e soprattutto il Comune di Napoli non ha affatto menzionato quale sarebbe, almeno in via ipotetica, il suo titolo di proprietà.

Di qui il rigetto della domanda di rivendica ed anche di quella risarcitoria, nel momento in cui, non essendo stata dimostrata l’esistenza del diritto di proprietà in capo all’attore, manca il presupposto per affermare la lesione del diritto medesimo e quindi la fonte del diritto ad una indennità per l’occupazione.

Poiché la condanna al pagamento delle spese di giudizio, a norma dell’art. 91 c.p.c., ha il suo fondamento nell’esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto, essa non può essere pronunziata in favore del contumace vittorioso, poiché questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto (cfr. Cass. civ. sez. VI, 6/9/2017, n. 20869). Infine va rilevato che sebbene la società convenuta non abbia partecipato al tentativo di mediazione, come risulta dal verbale redatto dall’organismo di conciliazione il 25/2/2019, non trova applicazione l’art. 8 comma 4 bis D.Lgs. 4/3/2010 n. 28, che impone di condannare la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, vale a dire nei casi in cui la mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda, non ha partecipato al sub procedimento di mediazione senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente

al contributo unificato dovuto per il giudizio. Ciò sempre in ragione della circostanza che la (…) s.a.s. nell’ambito del presente giudizio è rimasta contumace.

P.Q.M.

Il Giudice, definitivamente pronunciando, così provvede: a) rigetta le domande attoree ; b) nulla per le spese.

Napoli, 16 gennaio 2023.

Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2023.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.