All’usucapione non “giudizialmente dichiarata” ex articolo 2643, 12-bis, cod. civ. secondo cui si devono rendere pubblici, per mezzo dei “registri immobiliari”, anche gli accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato si deve attribuire natura di acquisto, se non a titolo, piuttosto che originario, derivativo “tout court”, di un “tertium genus”, con peculiarità proprie, dissimili ed intermedie tra quelle delle altre due categorie. Invero, dal momento che l’usucapione, come modo di acquisto della proprietà o di altro diritto reale, è un effetto legale e non può, per definizione, essere ricollegato ad una volontà negoziale, il contenuto dell’accordo accertativo non potrà che avere ad oggetto il riconoscimento dei fatti che fungono da presupposto essenziale per il perfezionamento dell’usucapione e le parti non potranno far sorgere un titolo di acquisto originario sostituendo l’assenza dei presupposti di legge con un atto volitivo finalizzato a riconoscere l’esistenza della proprietà o di altro diritto reale a favore di un soggetto a prescindere dalla sussistenza dei presupposti di legge. Pertanto, in particolare, per la sola, caratteristica “opponibilità” a terzi, ex articolo 2644 cod. civ., dell’accordo – e non anche per quella della sentenza -, è necessaria la continuità, a norma dell’articolo 2650 cod. civ., delle trascrizioni pregresse in favore della “parte conciliante” coinvolta dal lato passivo dell’usucapione; inoltre, sostanzialmente, la posizione giuridica di quest’ultima condiziona quella della “parte conciliante” acquirente, alla quale resta precluso il beneficio della cosiddetta “usucapio libertatis” (tipico, invece, della sentenza di accertamento); infine, l’onere delle dichiarazioni richieste dalla normativa urbanistica all’interno dell’atto – come quella di conformità catastale oggettiva per le unità immobiliari urbane – incombe, non già sul soggetto che “perde” il diritto – e che, infatti, si presuppone non lo abbia esercitato per un ben prolungato intervallo di tempo -, ma sul soggetto che lo “acquista”. In altri termini, l’accertamento dell’usucapione conseguito al di fuori del processo, con un accordo di mediazione reso pubblico ex n. 12-bis dell’articolo 2643 cod. civ., avrà gli effetti di cui all’articolo 2644 cod. civ., soltanto laddove sia rispettato il principio della continuità delle trascrizioni, mentre avrà meri effetti prenotativi, ai sensi dell’articolo 2650, comma 2, cod. civ., laddove il soggetto passivo partecipante all’accordo medesimo non risulti legittimato in base ad un titolo debitamente trascritto nei registri immobiliari ovvero non partecipino all’accertamento negoziale tutti coloro che appaiono titolari della proprietà del bene usucapito – o dell’altro diritto reale di cui trattasi sullo stesso – sulla base di legittimi titoli trascritti.
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Tribunale|Roma|Sezione 5|Civile|Sentenza|25 gennaio 2023| n. 1192
Data udienza 11 gennaio 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
– Sezione V Civile –
in composizione monocratica, nella persona del dott. Paolo D’Avino Giudice
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 65779 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2017 e vertente
tra
(…) (cod. fisc. (…)), residente in Roma, Via (…),
elett.nte dom.to in Roma, Via (…), presso lo studio dell’avvio (…), che lo rappresenta e difende per procura speciale a margine dell’atto di citazione in giudizio,
e
(…) (cod. fisc. (…)), intervenuta in proprio e costituita quale erede di (…), e (…) (cod. fisc. (…)), anche lei intervenuta in proprio e costituita quale erede di (…), residenti entrambe in Roma, Via (…), nonché (…) (cod. fisc. (…)), residente in Trier (Germania), (…), costituito quale erede di (…), elett.nte dom.ti in Roma, Via (…), presso lo studio dell’avvio (…), che li rappresenta e difende per procure speciali in calce alla comparsa di costituzione e risposta del 16.3.2018, nonché su foglio separato allegato alla comparsa di costituzione in prosecuzione depositata telematicamente il 17.1.2020,
nonché
(…) (cod. fisc. (…)) ed (…) (cod. fisc. (…)), tutti residenti in Roma, Via (…), elett.nte dom.ti in Collevecchio (RI), Via dei (…), presso lo studio dell’avv.to (…) del Foro di Rieti, che li rappresenta e difende giuste procure speciali in calce alla comparsa di costituzione e risposta depositata in Cancelleria il 18.9.2018,
con la chiamata in causa di
(…) (cod. fisc. (…)), residente in Roma, Via (…), elett.nte dom.ta in Roma, Via (…), presso lo studio dell’avv.to (…), che la rappresenta e difende per procura speciale a margine della comparsa di costituzione e risposta depositata il 9.7.2018,
OGGETTO: accertamento contrapposte usucapioni
CONCLUSIONI
All’udienza di precisazione delle conclusioni del giorno 22.1.2020, i difensori delle parti costituite hanno concluso come da verbale SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 5.10.2017, (…), premessi:
– l’avvenuta edificazione, negli anni 1982 – 1984 – autonomamente e ognuno a proprie spese, in virtù di un accordo verbale -, da parte sua e dei fratelli germani (…) e (…), di tre unità immobiliari residenziali indipendenti con corte di pertinenza (e ingresso, rispettivamente, da Via (…), Via (…) e Via (…)) su due lotti indivisi di terreno siti in Roma, località Valle Muricana – già acquistati con contestuali atti a rogito notaio (…) di Roma in data 18.5.1973 (rispettivamente, n. 388062 rep. e n. 4680 racc., l’uno, e n. 388063 rep. e n. 4681 racc., l’altro), dai due fratelli (…) e (…), in comunione fra loro, il primo, quello distinto in catasto rurale al foglio (…), p.lla (…), parte (divenuta, successivamente, p.lla (…)), e, dallo stesso attore e dal fratello (…), in comunione fra loro, il secondo, quello distinto in catasto rurale al foglio (…), p.lla (…), parte (divenuta, successivamente, p.lla (…));
– la cessione in proprio favore, da parte dei predetti fratelli Mario e (…), con atto a rogito notaio (…) di Roma in data 21.4.1997, n. 73964 rep. e n. 22803 racc., delle rispettive quote ideali di un terzo dell’unità immobiliare sita in Via (…) (appartamento su due piani, con locale di sgombero al piano seminterrato e corte) censita nel NCEU del Comune di Roma al foglio (…), all. (…), p.lla (…) subb. 3, 4, 7, 10 e 13 (edificata dal deducente, in parte, sulla menzionata p.lla (…) e, in parte, sulla menzionata p.lla (…) – poi unificate nella p.lla (…)-);
– il possesso esclusivo, continuo, ininterrotto e protratto almeno dal 1985 dell’intero fabbricato, da cielo a terra, e annessa corte distinti in catasto al foglio (…), p.lla (…), subb. 7, 10, 13, 508, 509 e 510 (abitati con la propria famiglia),
ha convenuto in giudizio, innanzi questo Tribunale, i nominati germani, per sentir accertare, nei loro confronti, il relativo acquisto a titolo originario per usucapione, ai sensi dell’art. 1158 cod. civ., con ordine al Conservatore dei RR. II. di procedere alle conseguenti, necessarie trascrizioni dell’emananda sentenza, “con ogni annesso provvedimento di ragione e di legge” ed esonero da responsabilità.
Il convenuto (…) si è costituito in giudizio, con comparsa di risposta depositata il 16.3.2018 (udienza di prima comparizione originariamente fissata, ex art., 168-bis, quinto comma, cod. proc. civ. per il successivo 9.4.2018), con il contestuale intervento della moglie in regime di comunione legale, (…), e della figlia (…) (in quanto – quest’ultima – proprietaria di una delle porzioni immobiliari site in Roma, Via (…)), eccependo la non integrità del contraddittorio, per il mancato coinvolgimento in giudizio sia di (…) (moglie, in regime di comunione legale, dell’attore (…)) sia di (…) (moglie, in regime di comunione legale, dell’altro convenuto (…)); non opponendosi alla pretesa attorea, ma chiedendo, in via riconvenzionale, l’accertamento dell’usucapione, ognuno secondo la rispettiva quota, dell’unità immobiliare distinta nel NCEU al foglio (…), p.lla (…), subb. 2, 6, 12 e 506, in favore dello stesso (…), e dell’unità immobiliare distinta nel NCEU al foglio (…), p.lla (…), sub. 507, in favore dell’interveniente (…).
Autorizzata la chiamata in causa e differita l’udienza di prima comparizione al 19.9.2018, si è costituito, a sua volta, in giudizio, il convenuto (…), con l’intervento della moglie (…), mediante congiunta comparsa depositata il 18.9.2018, contestando la sola domanda attorea (per l’eccepita nullità del rogito notaio (…) del 21.4.1997 – dal momento che non è legittima l’unificazione di particelle appartenenti a proprietari diversi – e per l’eccepita inidoneità del possesso invocato ex adverso – consentito per mera tolleranza e più volte interrotto -), ma non anche quella “trasversale” dell’altro convenuto e dell’interveniente (…).
Costituitisi in giudizio anche la chiamata in causa (…) (che – evidentemente – si è associata alle difese del marito attore (…)) e gli eredi dell’originario convenuto (…) ((…), (…) e (…), che -evidentemente – hanno fatto proprie le difese del defunto loro dante causa); scambiate le memorie ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., ma non ammesse le prove, la causa viene ora in decisione, sulle conclusioni definitive precisate all’udienza indicata in epigrafe e dopo la scadenza degli assegnati termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche (entrambi, per altro, così come prorogati per effetto delle sospensioni successive disposte, dapprima, dall’art. 1 del d.l. 8 marzo 2020, n. 11, e dall’art. 83 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18 – per il periodo dal giorno 9.3.2020 al giorno 15.4.2020 -e, poi, dall’art. 36 del d.l. 8 aprile 2020, n. 23 – dal giorno 15.4.2020 al giorno 11.5.2020 – e il secondo dei quali, perciò, scaduto il 20.7.2020).
MOTIVI DELLA DECISIONE
Par.1. La domanda principale di accertamento dell’avvenuto acquisto per usucapione è, in parte, inammissibile, laddove non è contestata e ha per oggetto (unità immobiliare censita nel NCEU del Comune di Roma al foglio (…), all. (…), p.lla (…) subb. 3, 4, 7, 10 e 13) un bene di cui lo stesso attore assume di aver già acquistato la proprietà (dagli originari convenuti) a vero e proprio titolo derivativo e, cioè, per effetto di contratti di cessione/permuta di quote ideali indivise già a quelli appartenenti (i contestuali atti a rogito notaio (…) di Roma in data 18.5.1973 – rispettivamente, n. 388062 rep. e n. 4680 racc., l’uno, e n. 388063 rep. e n. 4681 racc., l’altro -).
Al contrario, infatti, in tanto qualcuno può avere interesse ad agire in accertamento dell’acquisto a titolo originario di (un diritto reale su) un determinato bene, in quanto il diritto che si pretende usucapito sia (ancora) formalmente altrui e costituisca, comunque, oggetto di contestazione da parte di un terzo, che se ne vanti titolare, così da poter assumere la veste di contraddittore legittimato passivo ad causam.
Del resto, l’unico fine utile perseguibile, quello della trascrivibilità della sentenza dichiarativa (formalità, per altro, già eseguita sulla scorta dei suddetti atti negoziali pubblici), non può, di per sé solo far ritenere sussistenti i presupposti strutturali della domanda di usucapione.
Par.2. Quanto, poi, alle altre porzioni oggetto del preteso acquisto a titolo originario (vale a dire le particelle 508, 509 e 510), superata la questione della ritualità della costituzione di (…) e di (…) (se non altro perché, a norma dell’art. 83, terzo comma, ultimo periodo, cod. proc. civ., “Se la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette copia informatica autenticata con firma digitale”), si deve, anzitutto, osservare, in generale, che il “possesso selettivo” anche prolungato, nei rapporti fra parenti (nella specie, per l’appunto, i fratelli Rinaldi), ha difficilmente i connotati necessari per conseguire un effetto realmente acquisitivo, poiché il fatto in sé della relazione materiale di godimento con un’unità immobiliare a uso abitativo (o, peggio, con locali destinati ad altro -meno continuativo e coinvolgente – uso), consentita in forza di un qualche diritto personale – come il comodato – (o espressione di un diritto reale – sia pure parziale -) non può assolutamente integrare, da solo (in difetto, cioè, della concomitante dimostrazione – per fatti e atti concludenti – dell’animus rem sibi habendi, operando, altrimenti, la naturale presunzione che la relazione de qua con la cosa sia stata mantenuta per la mera tolleranza, ex art. 1144 cod. civ. – eccezione in senso lato nei giudizi petitori, secondo Cass., 6 dicembre 2018, n. 31638 -, da parte dei titolari che potrebbero, bensì, opporvisi, ma siano, comunque, stretti congiunti oppure soci in affari: a tutti costoro, infatti – qualora siano a conoscenza che il parente/socio sta usando la loro unità immobiliare o l’unità immobiliare anche di loro proprietà per le proprie, esclusive necessità -, il legame familiare/societario consente di esimersi dall’onere di rivendicare periodicamente il pieno diritto sulla res nei confronti del beneficiario del godimento – a differenza, evidentemente, di quanto accade nei rapporti fra estranei non legati fra loro da vincoli particolari, rapporti nei quali è più difficile si osservi una mera tolleranza molto prolungata -), un conclamato possesso ad usucapionem (non giustificandosi, del pari -ma per ragioni esattamente opposte -, il ricorso all’istituto de quo quando il legame parentale – lungi dal connotare, stavolta, in termini di mera tolleranza la permanenza di un determinato stato di fatto -abbia indotto gli interessati a non regolarizzare fra loro, con il “crisma” di un atto formale, quella che essi, pacificamente, intendono, di fatto, come una vera e propria vicenda negoziale, a carattere genericamente traslativo o, più specificamente, divisorio).
Par.2.1. Orbene, in particolare, stante – anche – questa premessa, la prova del possesso utile “ad usucapionem”, sia pur soltanto parziale, delle porzioni immobiliari delle quali si discute non può considerarsi, nella specie, riuscita.
E invero, in punto di diritto, è noto che esso deve risultare, in modo rigoroso, concretamente esercitato con tutti i requisiti di legge, vale a dire con atti conformi alla qualità e alla destinazione economica della cosa, secondo la sua specifica natura, e rivelatori – anche all’esterno – di una piena, esclusiva, continua e indiscussa signoria di fatto, contrapposta alla consapevole inerzia di chi di quella signoria risulti giuridicamente titolare secondo i pubblici registri (cfr. Cass., 12 aprile 2010, n. 8662; Cass., 24 agosto 2006, n. 18392; Cass., 29 novembre 2005, n. 25922).
Occorre, cioè, in particolare, che:
1) l’acquisto dapprima e l’esercizio poi del possesso siano avvenuti “in modo visibile da tutti o almeno da un’apprezzabile e indistinta generalità di soggetti e non solo dal precedente possessore o da una limitata cerchia di persone che abbiano la possibilità di conoscere la situazione di fatto soltanto grazie al proprio particolare rapporto” con il possessore medesimo (cfr. Cass. 23 luglio 2013, n. 17881);
2) la condotta di quest’ultimo abbia implicato “un’opera permanente di trasformazione, idonea a precludere la potestà dominicale del proprietario”, con la quale sia del tutto “incompatibile”, avendo “la valenza inequivoca” di una specifica, esclusiva signoria (ovvero di un potere corrispondente a quello – a seconda dei casi – dell’unico proprietario o dell’unico titolare dello ius in re aliena che s’intende usucapire) sulla cosa (cfr. Cass. 8 maggio 2013, n. 10894) e non potendo essere, invece, giustificata dalla semplice tolleranza (spirito di condiscendenza, ragioni di amicizia o buon vicinato, parentela) del proprietario (impeditiva, secondo l’art. 1144 cod. civ., dell’acquisto del possesso), natura, per altro, che (proprio in tema di azioni di usucapione e a differenza di quelle meramente possessorie – per le quali vige la regola opposta -) il giudice può liberamente ravvisare (siccome connotati, piuttosto, da transitorietà e saltuarietà e, perciò, indicativi di un godimento di modesta entità, inidoneo a “svuotare” di contenuto il diritto dell’effettivo titolare o possessore, e, soprattutto, originati da rapporti di amicizia o familiarità o da consueti rapporti di buon vicinato, i quali, come “a priori’ danno luogo e giustificano la “permissio”, così, di conserva, nella valutazione “a posteriori”, conducono a escludere la presenza di una pretesa possessoria sottostante al relativo godimento: cfr. Cass. 13 settembre 2004, n. 18360) negli atti sottoposti al suo esame quale, invece, asserito esercizio di fatto dell’ex adverso invocato ius possessionis, senza, perciò, che la parte resistente alla pretesa acquisitiva sia gravata dall’onere di provarne l’inidoneità a integrare il possesso qualificato richiesto dall’ordinamento (cfr. Cass. 1° agosto 2008, n. 21016);
3) accanto all’evidenza del c.d. corpus possessionis (non essendo sufficienti “meri” atti di esercizio di fatto del diritto corrispondente, siccome, di per sé soli, associabili anche soltanto a “un abuso della situazione di vantaggio determinata dalla materiale disponibilità del bene”: cfr. Cass. ord. 4 luglio 2011, n. 14593), si possa desumere l’elemento psicologico del possesso (consistente – non già nella convinzione di essere, ma – nella volontà di comportarsi esteriormente come titolare del relativo diritto) “da una serie di elementi caratterizzati da precise esplicazioni materiali sul bene, suscettibili, per loro natura, di conoscenza e controllo, e non anche da comportamenti estranei ai rapporti diretti tra possessore e bene” (cfr. Cass. 28 dicembre 2004, n. 24033): l’attore ha, pertanto, l’onere di comprovare gli specifici atti di competenza (inequivocabile: si pensi proprio alla previsione dell’art. 1102, secondo comma, cod. civ., che esige il mutamento del titolo del possesso) del proprietario e non già del mero utilizzatore (vale a dire, almeno, visibili e permanenti immutazioni dello stato dei luoghi; interdizione della possibilità – per i formali o gli altri potenziali aventi diritto – di continuare a trarre, dalla cosa comune, le stesse utilità “naturali’ già da loro godute sin dall’origine; pagamento di tributi dovuti dal titolare del diritto dominicale; inclusione della porzione immobiliare in documenti -soprattutto di pubblica rilevanza, come dichiarazioni fiscali o certificati catastali – che ne presuppongano o ne affermino l’appartenenza esclusiva proprio a chi se la vuole intestare contro le risultanze dei RR. II., ecc.) sarebbero stati compiuti per connotare finalisticamente il preteso possesso (sempre che, di fatto, in qualche modo esercitato).
Par.2.2. Sennonché, in punto di fatto, nel caso de quo, la prova orale (per interrogatorio formale e per testimoni) richiesta dagli attori (…) e (…) è risultata “inutile (laddove vertente su dati documentali o pacifici – stante anche la mancanza di opposizione dei soli effettivi contraddittori, il proprietario (…) e suoi aventi causa -) o inammissibile (laddove, invece, o … intesa a contrastare risultanze documentali – per giunta consacrate in atti pubblici – oppure verte(nte) su concetti giuridici e relativi apprezzamenti)”.
Del resto, gli attori medesimi, ancora in comparsa conclusionale, si limitano a ribadire (alquanto apoditticamente) essere “incontestabile” che essi sarebbero da considerare “proprietari nomine proprio dell’intero fabbricato e annessa corte contraddistinto al catasto di Roma al foglio (…), part. (…), subb. 7,10,13, 508, 509 e 510, avendolo posseduto esclusivamente e abitato, da cielo a terra, con la propria famiglia sin dall’anno 1985, in modo ininterrotto, pubblico, pacifico e accompagnato dall’animo di tenere l’immobile come proprio, avendo inequivocabilmente escluso gli altri contitolari dal possesso. Detta unità immobiliare di Via Pedrengo 51, con accesso da via Cervesina n.57, è delimitata sin dal 1985 da alti muri perimetrali come risulta dalle foto in atti e mai contestato dai convenuti.
Dagli atti si evidenziano tutti i presupposti oggettivi e soggettivi affinché agli Attori venga riconosciuto con sentenza l’intervenuto usucapione su detto compendio immobiliare e dominicale sottostante il fabbricato e della corte pertinenziale, avendo palesato un esclusivo possesso Nomine Proprio dell’intero bene, escludendo dal compossesso gli altri titolari essendo residente con la sua famiglia da oltre trent’anni e avendo provveduto ad effettuare le manutenzioni ordinarie e straordinarie su detto immobile apportandovi tutte quelle necessarie modifiche strutturali”. …
Par.3. Le domande riconvenzionali e “trasversali” sia dell’originario convenuto (…) (e, oggi, dopo il suo decesso, degli eredi (…), (…) e (…)) e della stessa (…) (già intervenuta in proprio) sia dell’altra intervenuta (…) in proprio sono, invece, inammissibili per difetto d’interesse ad agire, stante la (sostanziale o addirittura espressa) non opposizione delle controparti.
Par.3.1. Da un lato, infatti, il ricorso alla “funzione giurisdizionale non può che essere inteso come il rimedio ultimo, laddove le parti e gli altri strumenti messi a disposizione dall’ordinamento non siano stati in grado di prevenire o risolvere il conflitto d’interessi relativamente a un determinato bene giuridico” e, quindi, si giustifica esclusivamente al cospetto di un’esigenza di tutela (vuoi -principalmente – di accertamento mero vuoi – secondariamente – di condanna o di accertamento costitutivo) che non possa essere soddisfatta altrimenti (con il conseguimento di un’utilità giuridica non inferiore), poiché chi vanta un diritto riconosciuto dall’ordinamento si trova sia a poterne allegare (e asseverare), come persistente per tutta la durata del processo (pena, appunto, una declaratoria in rito d’inammissibilità della domanda o di cessazione della materia del contendere), la mancata attuazione o la lesione/contestazione sia a non poterlo autonomamente esercitare per ottenere quanto di sua spettanza (si tratti di cose oppure di vicende di rapporti giuridici) o a non poter autonomamente ripristinare lo status quo ante o, infine, a non poter vincere la concreta incertezza (cioè, effettiva e attuale) circa la propria titolarità di quel diritto o l’ampiezza e il contenuto dello stesso.
Dall’altro, grazie all’introduzione, in materia, del n. 12-bis nell’art. 2643 cod. civ. (inserito dall’art. 84-bis del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con le modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98), è stato oramai (superato il previgente testo normativo – art. 12 D.Lgs. n. 28/2010 – sull’accordo di mediazione, il cui verbale, se di “contenuto non … contrario all’ordine pubblico o a norme imperative”, era meramente “omologato, su istanza di parte e previo accertamento anche della regolarità formale, con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l’organismo” per l’opera del quale l’accordo medesimo era stato raggiunto – con effetti, perciò, soltanto tra le parti e non anche erga omnes – e) ampliato l’elenco degli atti sottoposti a trascrizione, con la previsione che “si devono rendere pubblici”, per mezzo dei “registri immobiliari”, anche “gli accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato” (oltre a doversi trascrivere, a norma del n. 13 del citato art. 2643 cod. civ., “le transazioni che hanno per oggetto controversie” sui diritti reali).
Ora, malgrado la nuova applicabilità del regime della trascrizione, è pur vero che le fattispecie dell’accordo di mediazione (e della transazione), per un verso, e della sentenza di accertamento dell’usucapione, per l’altro, operano su due piani ben diversi e che la ricordata circostanza che il primo, anziché essere contemplato da una disposizione integrativa dell’art. 2651 cod. civ. (dettato per la disciplina degli effetti della trascrizione – con valore di mera pubblicità-notizia – della predetta sentenza di accertamento dell’usucapione – dotata della “forza di radicare un diritto nuovo in capo all’usucapente al quale i terzi non potranno opporre i loro diritti in base alle regole fissate negli artt. 2644 e 2650 cod. civ.” -), sia stato collocato dal legislatore tra gli atti e i contratti elencati nell’art. 2643 cod. civ., la cui pubblicità produce gli effetti regolati dagli artt. 2644 e 2650 cod. civ. (nettamente distinti rispetto a quelli della pubblicità della sentenza regolati dal richiamato art. 2651 cod. civ.), ha condotto ad attribuire all’usucapione non “giudizialmente dichiarata” natura di acquisto, se non a titolo, piuttosto che originario, derivativo tout court, di un tertium genus, con peculiarità proprie, dissimili e intermedie tra quelle delle altre due categorie.
Evidentemente, invero, dal momento che l’usucapione, come modo di acquisto della proprietà o di altro diritto reale, è un effetto legale e non può, per definizione, essere ricollegato a una volontà negoziale, il contenuto dell’accordo accertativo non potrà che “avere a oggetto il riconoscimento dei fatti che fungono da presupposto essenziale per il perfezionamento dell’usucapione” e “le parti non potranno far sorgere un titolo di acquisto originario sostituendo l’assenza dei presupposti di legge con un atto volitivo finalizzato a riconoscere l’esistenza della proprietà (o di altro diritto reale) a favore di un soggetto a prescindere dalla sussistenza dei presupposti di legge”.
Pertanto, in particolare, per la sola, caratteristica “opponibilità” a terzi, ex art. 2644 cod. civ., dell’accordo – e non anche per quella della sentenza -, è necessaria la continuità, a norma dell’art. 2650 cod. civ., delle trascrizioni pregresse in favore della “parte conciliante” coinvolta dal lato passivo dell’usucapione; inoltre, sostanzialmente, la posizione giuridica di quest’ultima condiziona quella della “parte conciliante” acquirente, alla quale resta precluso il beneficio della c.d. usucapio libertatis (tipico, invece, della sentenza di accertamento); infine, l’onere delle dichiarazioni richieste dalla normativa urbanistica all’interno dell’atto – come quella di conformità catastale oggettiva per le unità immobiliari urbane – incombe, non già sul soggetto che “perde” il diritto – e che, infatti, si presuppone non lo abbia esercitato per un ben prolungato intervallo di tempo -, ma sul soggetto che lo “acquista” (mentre, quanto all’aspetto fiscale, da curarsi da parte del notaio autenticante, l’art. 17, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 28/2010 dispone che tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura, compresa l’imposta di registro, almeno entro il limite di valore di Euro 50.000,00 e non anche per l’eventuale eccedenza): in altri termini, l’accertamento dell’usucapione conseguito al di fuori del processo, con un accordo di mediazione reso pubblico ex n. 12-bis dell’art. 2643 cod. civ., avrà, bensì, gli effetti di cui all’art. 2644 cod. civ., soltanto laddove sia rispettato il principio della continuità delle trascrizioni, mentre avrà meri effetti prenotativi, ai sensi del secondo comma dell’art. 2650 cod. civ., laddove il soggetto passivo partecipante all’accordo medesimo non risulti legittimato in base a un titolo debitamente trascritto nei registri immobiliari (ovvero non partecipino all’accertamento negoziale tutti coloro che appaiono titolari della proprietà del bene usucapito – o dell’altro diritto reale di cui trattasi sullo stesso – sulla base di legittimi titoli trascritti).
Naturalmente, però, per quanto appena detto più sopra a proposito dell’interesse ad agire, in nessun caso si è di fronte a una scelta discrezionale di chi pretenda di aver maturato l’usucapione, il quale, invece, intanto può legittimamente avvalersi dello strumento giudiziale, in quanto versi effettivamente nella situazione che rende quest’ultimo, in concreto, infungibile rispetto all’accordo di mediazione (poiché – come s’è appena detto e si ribadisce – o non tutti i titolari apparenti secondo i registri immobiliari intendano partecipare all’accordo medesimo oppure il titolare o i titolari “formali” non possano vantare la continuità delle trascrizioni in suo/loro favore).
Par.3.2. Sennonché, nella fattispecie, non soltanto nessuna di queste speciali evenienze è stata invocata dalle parti, rispettivamente, istanti, ma, anzi, risulta, con evidenza, il contrario (e, cioè, la piena ed esclusiva titolarità – anche secondo il sistema di pubblicità degli acquisti derivativi – in capo ai soggetti precedentemente proprietari dichiaratisi disponibili all’accordo).
Par.4. Le spese processuali, infine, per l’esito incrociato dei giudizi cumulati, vanno compensate integralmente fra le parti.
P.Q.M.
il Tribunale, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da (…), con atto di citazione notificato il 5.10.2017, contro (…) e (…), convenuti entrambi costituiti, con l’intervento, da un lato, di (…), dall’altro, di (…) e, dall’altro ancora, di (…) e con la chiamata in causa di (…), anche lei costituita, così decide:
a) Dichiara, in parte, inammissibile e, in parte, rigetta la domanda principale di usucapione proposta da (…);
b) Dichiara, altresì, inammissibili le domande riconvenzionali e “trasversali” di accertamento dell’usucapione proposte, invece, dall’originario convenuto (…) (e, oggi, dopo il suo decesso, fatte proprie dagli eredi (…), (…) e (…)) e dall’intervenuta (…) in proprio;
c) Compensa integralmente fra le parti le spese processuali.
Così deciso in Roma, il giorno 11 gennaio 2023.
Depositata in Cancelleria il 25 gennaio 2023.
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