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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 29 maggio 2012, n. 8558
anche il professionista intellettuale assume la qualita’ di imprenditore commerciale quando esercita la professione nell’ambito di un’attivita’ organizzata in forma d’impresa, in quanto svolga una distinta e assorbente attivita’ che si contraddistingue da quella professionale per il diverso ruolo che riveste il sostrato organizzativo – il quale cessa di essere meramente strumentale – e per il differente apporto del professionista, non piu’ circoscritto alle prestazioni d’opera intellettuale, ma involgente una prevalente azione di organizzazione, ossia di coordinamento e di controllo dei fattori produttivi, che si affianca all’attivita’ tecnica ai fini della produzione del servizio. Tale esercizio in forma di impresa e’ configurabile nel caso del laboratorio di analisi cliniche, che si connota solitamente come struttura organizzativa di dimensioni piu’ o meno rilevanti, dove il professionista titolare si avvale stabilmente di una pluralita’ di collaboratori e di dotazioni tecniche di guisa che l’attivita’ professionale rappresenta una componente non predominante, per quanto indispensabile, del processo operativo
Il contratto di locazione e le principali obbligazioni da esso nascenti.
Indennità per la perdita dell’avviamento commerciale ex art. 34 L 392/1978
La successione nel contratto di locazione ad uso abitativo.
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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 29 maggio 2012, n. 8558
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco – Presidente
Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere
Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 19392-2009 proposto da:
(OMISSIS) SRL (OMISSIS), in persona dell’Amministratore Unico D.ssa (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
CASA GENERALIZIA ISTITUTO (OMISSIS) (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore e, per esso, della Procuratrice Generale (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) 2, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 696/2009 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 04/09/2009; R.G.N. 2844/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/04/2012 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;
udito l’Avvocato (OMISSIS); udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Nel (OMISSIS) la Casa Generalizia dell’Istituto (OMISSIS) loco’ alla s.r.l. (OMISSIS) un immobile in (OMISSIS) ad esclusivo uso di casa di cura, contestualmente cedendo alla conduttrice, con contratto coevo a quello di locazione, il complesso aziendale della casa di cura gia’ esercitata nei locali concessi in locazione, composto di strutture, macchinari e personale.
Comunicata la disdetta per la scadenza del secondo sessennio (31.8.2003), la locatrice Casa Generalizia intimo’ alla conduttrice lo sfratto per finita locazione, citandola innanzi al Tribunale di Firenze che, emessa ordinanza provvisoria di rilascio, con sentenza del 12.1.2005, dichiaro’ cessato il contratto alla data indicata dalla locatrice, disattese l’eccezione della convenuta volta alla qualificazione della natura alberghiera della locazione (come tale, di durata minima novennale) e ne accolse quella relativa all’accertamento della natura commerciale, con conseguente diritto della conduttrice alla corresponsione di 18 mensilita’ del canone. Ritenne peraltro tardiva la domanda di restituzione della maggior somma (euro 526.443,75, comprensiva di IVA, rispetto ad euro 376.301,34, con esclusione dell’IVA) intanto corrisposta dalla locatrice Casa Generalizia a titolo di indennita’ per la perdita dell’avviamento.
2- La Corte d’appello di Firenze, con sentenza n. 12, pubblicata il 14.7.2009, in parziale accoglimento dell’appello incidentale della Casa Generalizia, rigettato quello della (OMISSIS) s.r.l., ha negato che l’indennita’ per la perdita dell’avviamento commerciale fosse dovuta. Tanto sul rilievo che l’organizzazione imprenditoriale della casa di cura privata non assumesse carattere decisivo ai fini dell’applicazione della Legge n. 392 del 1978, articolo 34 e che il diritto all’indennita’ d’avviamento debba escludersi quante volte sia prevalente l’attivita’ professionale medicosanitaria svolta nell’immobile locato; attivita’ che, nella specie, l’organizzazione imprenditoriale era volta a sostenere e senza la quale la struttura organizzativa non avrebbe avuto alcuna residuale funzione.
3.- Avverso la sentenza ricorre per cassazione la s.r.l. (OMISSIS), affidandoci a due motivi cui la Casa Generalizia resiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Col primo motivo la ricorrente conduttrice deduce falsa applicazione della Legge n. 392 del 1978, articolo 27 per avere la corte d’appello escluso, ai fini della determinazione della durata minima del rapporto locativo (di 9 anni, anziche’ di 6), che l’attivita’ di una casa di cura privata integrasse un’attivita’ alberghiera o fosse alla stessa assimilabile, o che comunque il terzo comma della citata disposizione dovesse essere applicato in via analogica.
1.1.- La censura e’ infondata.
Va anzitutto rilevato che non e’ pertinente il richiamo, operato dalla ricorrente, di Cass., sezione lavoro, 23.5.1969, n. 2469 la quale, a tutt’altri fini, ha affermato che gli sgravi contributivi previsti dal Decreto Legge 30 agosto 1968, n. 918, articolo 18 spettano anche alle case di cura, atteso che esse costituiscono vere e proprie imprese industriali, in quanto normalmente dotate di una complessa ed articolata organizzazione tecnica, e poiche’ svolgono, oltre all’attivita’ sanitaria di cura e di assistenza degli ammalati, un’attivita’ ricettizia inerente alla degenza e simile a quella alberghiera, in sostanza proponendosi un fine di lucro attraverso l’organizzazione di capitale e di lavoro.
L’assoluta diversita’ degli oggetti e dei fini dei due plessi normativi (sgravi fiscali e durata minima della locazione) non consente che in campo locativo, in virtu’ della somiglianza’ a quella alberghiera dei servizi prestati da una casa di cura per il solo aspetto concernente il vitto e l’alloggio dei degenti, quella parziale analogia di alcuni dei servizi prestati faccia premio sulla considerazione che il turismo non e’ normalmente favorito (tale essendo l’inequivoco scopo della piu’ lunga durata prevista per gli immobili adibiti ad attivita’ alberghiere) dalla presenza di i case di cura sul territorio, e che la differenza ontologica tra una casa di cura ed un albergo e’ concettualmente la stessa di quella che corre tra un malato ed un turista.
Il che non autorizzerebbe il ricorso all’analogia quand’anche esistesse, in ipotesi, una lacuna normativa; che, invece, assolutamente difetta in relazione al carattere derogatorio di quella generale (di cui al primo comma, prescrivente la durata minima di sei anni del contratto di locazione per tutte le attivita’ industriali, commerciali ed artigianali) della disciplina dettata dall’articolo 27 cit., comma 3, che prevede la durata minima di nove anni per le sole attivita’ alberghiere (e teatrali, Legge n. 9 del 2007, ex articolo 7) sulla base di una non irragionevole scelta discrezionale del legislatore volta a favorire quei due tipi di attivita’.
1.2.- Ne’ puo’ conferirsi rilievo alla circostanza che il Decreto Legislativo n. 79 del 2011, articolo 52 abbia modificato la Legge n. 392 del 1978, articolo 27, comma 3, nel senso che anche per gli immobili urbani adibiti all’esercizio di imprese assimilate a quelle alberghiere ai sensi dell’articolo 1786 c.c. (che si riferisce, tra gli altri, agli imprenditori di case di cura) la durata della locazione non puo’ essere inferiore a nove anni.
La legge – che non e’ interpretativa come sostenuto dalla ricorrente in sede di discussione, ma innovativa – non e’ infatti applicabile ai contratti conclusi, come nella specie, in epoca anteriore alla sua entrata in vigore, essendo la sua efficacia nel tempo regolata dalla regola generale di cui all’articolo 11 disp. gen., comma 1.
2.- Col secondo motivo e’ denunciata violazione della Legge n. 392 del 1978, articolo 34 per avere la Corte d’appello, negato il diritto della conduttrice all’indennita’ per la perdita dell’avviamento, riformando sul punto la sentenza di primo grado che lo aveva invece riconosciuto in ragione dell’organizzazione imprenditoriale che era alla base dell’attivita’ esercitata nell’immobile, tale da indurre a qualificare quell’attivita’ come commerciale, piuttosto che professionale.
2.1.- La censura e’ fondata.
La Corte d’appello ha ritenuto che l’articolo 35 – il quale prevede che “le disposizioni di cui ali’articolo precedente non si applicano…ad immobili… destinati ali’esercizio di attivita’ professionali…” – non fosse applicabile in ragione del fatto che l’attivita’ esercitata nella clinica non poteva qualificarsi, quanto meno a livello prevalente, come attivita’ di natura strettamente imprenditoriale commerciale, essendo invece prevalente quella professionale “per la qualita’ e quantita’ del personale impiegato e per il tipo di prestazioni eseguite”, integranti un’attivita’ di natura medica, “mancando la quale tutta la struttura organizzativa perderebbe la sua funzione”.
A sostegno di tale conclusione sono citate Cass., nn. 8291/92, 12623/99 (cui adde n. 9491/2000) e 4505/2001.
Le massime ufficiali tratte dalle citate decisioni sono, nell’ordine, le seguenti:
a) “ove l’immobile locato sia destinato ad attivita’ organizzata (nella specie, in forma societaria), la qualificazione dell’attivita’ stessa come non meramente professionale, ma commerciale, con la consequenziale spettanza del diritto di prelazione di cui alla Legge 27 luglio 1978, n. 392, articolo 38 (in difetto del presupposto per la deroga all’applicazione di tale norma contemplata dagli articoli 35 e 41 della citata legge), esige il riscontro di un’organizzazione d’impresa che non si esaurisca in sostrato strumentale delle prestazioni personali, e, correlativamente, il riscontro di un’esorbitanza di tali prestazioni dall’opera intellettuale in senso stretto, per trasmodare in coordinamento dei fattori produttivi indirizzato all’offerta di un servizio autonomamente rilevante. Pertanto, in relazione ad attivita’ per loro natura riconducibili fra quelle proprie delle professioni sanitarie, come le attivita’ di recupero psico-fisico di soggetti minorati, la suddetta qualificazione non puo’ essere fondata sul solo rilievo della complessita’ delle apparecchiature utilizzate o degli interventi del personale impiegato, occorrendo il positivo accertamento della presenza delle indicate connotazioni, (v. C. Cost. n. 128/81)”;
b) “ove l’immobile locato sia destinato ad attivita’ organizzata, la qualificazione dell’attivita’ stessa come non meramente professionale, ma commerciale, con la conseguente spettanza del diritto di prelazione della Legge n. 392 del 1978, articolo 38, esige il riscontro di un’organizzazione d’impresa che non s’esaurisca in sostrato strumentale delle prestazioni personali e, correlativamente, il riscontro di un’esorbitanza di tali prestazioni dall’opera intellettuale in senso stretto, per trasmodare in coordinamento dei fattori produttivi indirizzato all’offerta di un servizio autonomamente rilevante (la S.C., sulla base dell’enunciato principio, ha escluso che avesse diritto alla prelazione in oggetto il titolare di un laboratorio di diagnostica ed analisi cliniche, coadiuvato da altri professionisti)”;
c) “in tema di indennita’ per la perdita dell’avviamento commerciale di cui alla Legge 27 luglio 1978, n. 392, articolo 34, esclusa, a norma dell’articolo 35 della stessa legge, in relazione ai contratti di locazione di immobili nei quali venga esercitata un’attivita’ professionale (avente un contenuto fiduciario, che prescinde dalla ubicazione dei locali nei quali l’attivita’ medesima si svolge), nel caso di gestione di una casa di cura per anziani la sussistenza del diritto alla predetta indennita’ postula la prevalenza di un’attivita’ organizzativa di natura strettamente imprenditoriale commerciale. Qualora, invece, prevalga un’opera definibile come professionale per la qualita’ e la quantita’ del personale impiegato e per il tipo delle prestazioni eseguite, deve escludersi la configurabilita’ del diritto alla indennita’ in questione”.
Con sentenza n. 28312 del 2011, e’ stato inoltre osservato che “anche il professionista intellettuale assume la qualita’ di imprenditore commerciale quando esercita la professione nell’ambito di un’attivita’ organizzata in forma d’impresa, in quanto svolga una distinta e assorbente attivita’ che si contraddistingue da quella professionale per il diverso ruolo che riveste il sostrato organizzativo – il quale cessa di essere meramente strumentale – e per il differente apporto del professionista, non piu’ circoscritto alle prestazioni d’opera intellettuale, ma involgente una prevalente azione di organizzazione, ossia di coordinamento e di controllo dei fattori produttivi, che si affianca all’attivita’ tecnica ai fini della produzione del servizio. Tale esercizio in forma di impresa e’ configurabile nel caso del laboratorio di analisi cliniche, che si connota solitamente come struttura organizzativa di dimensioni piu’ o meno rilevanti, dove il professionista titolare si avvale stabilmente di una pluralita’ di collaboratori e di dotazioni tecniche di guisa che l’attivita’ professionale rappresenta una componente non predominante, per quanto indispensabile, del processo operativo” (sulla base dell’enunciato principio e’ stata cassata con rinvio la sentenza dei giudici di merito che avevano ritenuto non rientrante tra i conduttori aventi diritto all’indennita’ di avviamento commerciale la societa’ conduttrice dell’immobile locato, in quanto esplicante un’attivita’ incentrata esclusivamente su ricerche di carattere medico – analisi cliniche e centro antidiabetico – e, quindi, di natura professionale).
2.2- Il criterio cui va dunque improntata la soluzione del problema relativo alla qualificazione come commerciale o professionale dell’attivita’ svolta in un immobile, da cui dipende la spettanza o no al conduttore dell’indennita’ per la perdita dell’avviamento commerciale di cui alla Legge n. 392 del 1978, articolo 34 (che l’articolo 35 esclude per gli immobili destinati, tra l’altro, all’esercizio di attivita’ professionali), e’ quello della prevalenza del tipo di attivita’ esercitata. E cio’ quand’anche quell’attivita’ sia imprenditoriale e sia esercitata in forma societaria, com’ e’ stato chiarito con dovizia di argomenti da Cass., n. 8291/1992.
Ma il collegare il giudizio di prevalenza dell’attivita’ medica su quella organizzativa al rilievo che, in una clinica privata, se non vi fosse esercizio di attivita’ medica, l’organizzazione imprenditoriale perderebbe la sua funzione, e’ giuridicamente errato in quanto l’assunto e’ sempre vero ed e’ pertanto tale da impedire quella valutazione comparativa che la norma (intesa come risultato dell’interpretazione di una disposizione di legge) impone e che la Corte d’appello ha ritenuto di dover compiere.
Viene invece in rilievo la consistenza degli elementi di supporto che sono volta a volta apprestati in funzione dell’esercizio dell’attivita’ medica, da quelli burocratici a quelli tecnici, che in una casa di cura privata appaiono solitamente prevalenti, anche in considerazione del fatto che la direzione della clinica e’ in grado di scegliere il personale medico e paramedico di cui avvalersi, sicche’ tendenzialmente difetta quell’intuitus personae costituente la ratio della deroga posta dalla Legge n. 392 del 1978, articolo 35 per quanto concerne le attivita’ professionali. L’indennita’ per la perdita dell’avviamento commerciale non potra’ essere dunque ordinariamente disconosciuta, a meno che non sia dato di ritenere che, per particolarissime ragioni, l’inserimento funzionale dell’immobile nell’attivita’ di impresa non fosse in concreto suscettibile di influire sul volume degli affari realizzato.
3.- Da tale impostazione la sentenza impugnata s’e’ discostata.
Va dunque cassata con rinvio alla stessa Corte territoriale in diversa composizione, che decidera’ sull’appello nel rispetto degli enunciati principi e regolera’ anche le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
rigetta il primo motivo di ricorso ed accoglie il secondo, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.