per cui, in tema di responsabilita’ professionale del medico, ove l’atto terapeutico, necessario e correttamente eseguito secundum legem artis non sia stato preceduto dalla preventiva informazione esplicita del paziente circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, puo’ essere riconosciuto il risarcimento del danno alla salute per la verificazione di tali conseguenze, solo ove sia allegato e provato, da parte del paziente, anche in via presuntiva, che, se correttamente informato, avrebbe rifiutato di sottoporsi a detto intervento, ovvero avrebbe vissuto il periodo successivo ad esso con migliore e piu’ serena predisposizione ad accettarne le eventuali conseguenze (e sofferenze).
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Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Sentenza|23 dicembre 2022| n. 37725
Data udienza 25 novembre 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. RUBINO Lina – Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 3831/2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 2277/2018 depositata il 30/10/2018;
Udita la relazione della causa svolta – tenutasi ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8 bis, convertito, con modificazioni, nella L. n. 176 del 2020 (ed oggetto di successive proroghe) – nella camera di consiglio del 25/11/2022 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. FRESA MARIO, che ha chiesto l’inammissibilita’ o, in subordine, il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. – Con ricorso affidato a due motivi, (OMISSIS), quale erede di (OMISSIS), ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Catania, resa pubblica il 30 ottobre 2018, che ne rigettava l’appello confermando la decisione del Tribunale della medesima Citta’ che, a sua volta, aveva respinto la domanda proposta dalla (OMISSIS) al fine di conseguire il risarcimento dei danni ad essa derivati dal peggioramento delle capacita’ visive di entrambi gli occhi e, in subordine, per l'”inutile stress operatorio di tre interventi chirurgici, allorquando ne sarebbe bastato solo uno complessivo”, dei quali era da reputarsi responsabile il medico (OMISSIS), per l’errata esecuzione, per l’incompleta valutazione del quadro clinico dell’attrice, per l’omessa completa ed esatta informazione dell’attrice stessa “circa il rapporto rischio-benefici dei tre interventi e circa il miglioramento o meno delle condizioni visive dell’occhio sinistro a seguito di ognuno dei tre interventi”.
2. – La Corte territoriale, a fondamento della decisione (e per quanto ancora rileva in questa sede), osservava: a) in base alla espletata c.t.u. medico-legale, era da escludersi la sussistenza del “nesso di causalita’ tra la condotta professionale del medico… e le presunte lesioni patite dalla defunta (OMISSIS)”, le quali andavano ascritte “ad una patologia grave ed ingravescente (cioe’ il diabete) preesistente agli interventi chirurgici eseguiti” dal (OMISSIS), la quale aveva “compromesso il risultato funzionale anche dopo l’intervento di vitrectomia” al quale la paziente si era sottoposta in un secondo momento; b) “la scelta di effettuare sulla paziente due distinti interventi (invece di optare per l’esportazione della cataratta congiuntamente all’operazione della vitrectomia, quest’ultima molto piu’ complessa) non ha avuto efficienza causale nelle presunte lesioni patite dalla (OMISSIS), essendo stata… conforme ai canoni medici e soprattutto concordata da quest’ultima, previo espresso e valido “consenso informato” della medesima”; c) inoltre, la scelta di intervenire prima sull’occhio sinistro era dovuto alla circostanza che questo “si presentava in condizioni peggiori rispetto all’occhio destro” ed era scelta “concordata” con la (OMISSIS); d) quanto all’esistenza di un “valido consenso informato”, dalle risultanze processuali emergeva che vi erano “ben tre validi ed esaustivi atti di consenso informato in ordine agli interventi chirurgici eseguiti dal Dott. (OMISSIS), specifici e dettagliati in ordine alle modalita’ con le quali si sarebbero svolti gli interventi chirurgici de quibus, i materiali utilizzati, i rischi e le conseguenze ad esse connessi, che la cliente ha visionato e sottoscritto”, altresi’ risultando sottoscritto dalle sorelle della paziente, (OMISSIS) e (OMISSIS); e) era, poi, generica la doglianza sulla mancata indicazione, da parte del (OMISSIS), della possibili “cure alternative” agli interventi chirurgici e, in ogni caso, la paziente non aveva fornito la prova in ordine al fatto che “se fosse stata eventualmente informata del “completo consenso” si sarebbe rifiutata di sottoporsi all’intervento chirurgico e/o avrebbe optato per uno diverso”.
3. – (OMISSIS) ha resistito con controricorso.
4. – Con ordinanza interlocutoria n. 10035 del 15 aprile 2021 la causa e’ stata rinviata a nuovo ruolo in attesa della decisione della Corte costituzionale sulla questione di legittimita’ costituzionale, sollevata in riferimento agli articolo 102 Cost., comma 1, e articolo 106 Cost., commi 1 e 2, del Decreto Legge n. 69 del 2013, articoli 62, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70, 71 e 72 convertito, con modificazioni, nella L. n. 98 del 2013, nella parte in cui conferiscono al giudice ausiliario (nella specie, il relatore ed estensore della sentenza impugnata) lo status di componente dei collegi nelle sezioni in cui e’ articolata la Corte di appello, in luogo delle funzioni di giudice singolo costituzionalmente imposte.
Con la sentenza n. 41 del 2021, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale degli anzidetti articoli del Decreto Legge n. 69 del 2013, “nella parte in cui non prevedono che essi si applichino fino a quando non sara’ completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dal Decreto Legislativo n. 116 del 2017, articolo 32”.
5. – In prossimita’ dell’udienza nuovamente fissata per la trattazione del ricorso, il pubblico ministero ha depositato le proprie conclusioni scritte, con le quali ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile o, in subordine, rigettato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Preliminarmente, occorre evidenziare che, alla luce della citata sentenza della Corte costituzionale (n. 41 del 2021), l’illegittimita’ costituzionale della normativa censurata del Decreto Legge n. 69 del 2013, convertito nella L. n. 98 del 2013, ha effetto a partire da epoca successiva al 31 ottobre 2025 e che, nelle more, “rimane… legittima la costituzione dei collegi delle corti d’appello con la partecipazione di non piu’ di un giudice ausiliario a collegio e nel rispetto di tutte le altre disposizioni… che garantiscono l’indipendenza e la terzieta’ anche di questo magistrato onorario”.
Ne consegue che la sentenza impugnata non puo’ reputarsi affetta da nullita’, giacche’ il collegio della Corte di appello che ha deciso il gravame della (OMISSIS) era composto da un solo giudice ausiliario, ne’ risulta esser stata sollevata, nei modi e tempi di rito, questione circa un difetto di imparzialita’ di detto giudice.
2. – Con il primo mezzo e’ denunciato, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, con riferimento: a) alla “mancanza di validi, corretti e completi consensi informati delle tre operazioni chirurgiche, in atti”, avendo la Corte territoriale formato la propria erronea valutazione sul “consenso informato rilasciato dalla paziente ad altro chirurgo diverso dal medico convenuto”, mentre quelli contenuti nelle cartelle cliniche erano sottoscritti da una “paziente ipovedente”, “senza alcuna traccia di rilettura alla stessa” e non anche sottoscritti dalle sorelle della medesima (OMISSIS); b) alla “mancata comparazione e comunicazione dei rischi e benefici dei tre interventi operatori”, non avendo la Corte territoriale considerato correttamente quanto emergeva dalla stessa c.t.u., ossia “che la sola operazione di cataratta avrebbe conseguito “scadenti risultati” e pertanto non avrebbe prevedibilmente apportato, a fronte di gravi rischi certi (poi verificatisi) alcun beneficio alla paziente”, la quale non aveva prestato il consenso a tale “errato modus procedendi”, ne’ era stata messa in condizione di esprimere un valido consenso; c) alla “(s)ottoposizione della paziente a successivi evitabili stress operatori”, non avendo il giudice di appello esaminato la dedotta responsabilita’ del (OMISSIS) per aver “sottoposto la (OMISSIS) ad altre due operazioni, la vitrectomia e la ciclocriopessia, ed al correlativo stress operatorio”, ma avendo invertito l’onere della prova affermando che avrebbe dovuto essere la paziente, pur in assenza di consenso informato, “a provare quali sarebbero state le corrette alternative di cura”, altresi’ attribuendo alla medesima (OMISSIS) “una pretesa accettazione” degli interventi chirurgici; d) alla “(m)ancata cura dell’occhio destro della paziente nelle more degli interventi sull’occhio sinistro”, essendo la Corte territoriale caduta in contraddizione nell’escludere la responsabilita’ del medico, il quale, “pur essendo convinto che l’intervento di sola cataratta non avrebbe di certo arrecato alcun beneficio, ha eseguito ugualmente tale inutile intervento, trascurando nel frattempo la cura dell’occhio destro che, invece, poteva essere salvato”.
2.1. – Il motivo e’ inammissibile per plurime ragioni.
Va rammentato, anzitutto, che in ipotesi di c.d. “doppia conforme” in fatto, ex articolo 348 ter c.p.c., comma 5, e’ escluso il controllo sulla ricostruzione sulla quaestio facti operata dai giudici di merito, sicche’ il sindacato di legittimita’ sulla sentenza di appello non e’ consentito ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ma e’ possibile soltanto ove la motivazione al riguardo sia affetta da vizi giuridici o non si conformi al c.d. “minimo costituzionale”, ossia (quali ipotesi non ravvisabili nella specie) manchi del tutto, oppure sia articolata su espressioni o argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, perplessi o obiettivamente incomprensibili.
Sicche’, venendo nella specie in rilievo una “doppia conforme”, la ricorrente avrebbe dovuto indicare, per evitare l’inammissibilita’ del motivo proposto ai sensi del citato articolo 360 c.p.c., n. 5 le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 26774/2016; Cass. n. 20994/2019): onere, questo, non affatto assolto.
L’inammissibilita’ si coglie, altresi’, nell’assoluta carenza di specifica indicazione del contenuto proprio degli atti e dei documenti su cui le censure si fondano (segnatamente, la c.t.u. medico-legale espletata nel corso del giudizio di merito e i documenti espressione del consenso informato), cui la ricorrente era tenuta a mente dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4; atti e documenti che, del resto, non sono affatto localizzati processualmente, in palese violazione di quanto disposto dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6.
Infine, le doglianze sono inammissibili (prima ancora che infondate) anche perche’ non e’, comunque, dato ricondurle al paradigma legale del vigente articolo 360 citato, n. 5 alla cui stregua avrebbero dovuto essere proposte, ossia con l’indicazione – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui al citato articolo 366 c.p.c. (che, come detto, e’ mancato) – del “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., S.U., n. 8053/2014).
La ricorrente ha, infatti, svolto critiche volte, piuttosto, a denunciare insufficienze, illogicita’ e incongruenze della motivazione, peraltro proponendo una diversa lettura delle emergenze probatorie in contrasto con l’accertamento di fatto operato dal giudice di merito e soltanto ad esso riservato.
Cio’ che, per altro verso, da’ evidenza anche alla infondatezza delle censure, in quanto il giudice di appello ha, invero, apprezzato e valutato i fatti storici di cui la ricorrente assume esservi stato un omesso esame.
3. – Con il secondo mezzo e’ dedotta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione: a) dell’articolo 32 Cost., in assenza di “valido e completo consenso informato da parte del paziente prima di qualsiasi intervento chirurgico”; b) della L. n. 145 del 2001, articoli 5 e 6 per aver la Corte territoriale esaminato “un consenso informato dell’Ospedale (OMISSIS), non riguardante gli interventi chirurgici effettuati dal medico appellato” e, quindi, per aver “trascurato del tutto i consensi informati rilasciati a quest’ultimo presso la casa di cura (OMISSIS)”, affatto privi dei requisiti previsti dalle norme succitate; c) degli articoli 30 e 32, commi da 1 a 3 codice deontologico medico del 3 aprile 1998, per aver il giudice di appello non considerato che la (OMISSIS), ipovedente, “non in grado di comprendere il testo del consenso informato” sottopostogli dal (OMISSIS) senza rispettare le citate disposizioni; d) degli articoli 14 e 15 del codice deontologico medico del 3 aprile 1998, per non aver la Corte di appello ritenuto responsabile il (OMISSIS) che aveva sottoposto la paziente ad intervento chirurgico “del quale era ben sicura la impossibilita’ di poter arrecare un beneficio clinico o un alleviamento delle sofferenze”, cosi’ da sottoporla “ai correlativi stress operatori senz’altro evitabili”, in contrasto con “le regole normative sulla corretta comparazione e comunicazione del rapporto rischi e benefici”; e) dell’articolo 2697 c.c., per aver il giudice di secondo grado erroneamente gravato la paziente della prova, spettante al medico convenuto, “che conoscendo l’inutilita’, in quelle circostanze, della prima operazione di cataratta, non avrebbe dato il suo consenso su tale intervento disgiunto dalla vitrectomia”; e.1) nonche’ per aver errato anche nel ritenere escluso ogni collegamento del glaucoma vascolare con gli interventi chirurgici, travisando i fatti sulla responsabilita’ del (OMISSIS).
3.1. – Il motivo e’ in parte inammissibile e in parte infondato.
Sono inammissibili le doglianze di cui alle lettere da a) a d) e alla lettera e.1) del § 3 che precede, poiche’ esse, oltre a prospettare questioni (come quelle relative alla violazione del codice deontologico) che non trovano riscontro nella delibazione della sentenza impugnata (cosi’ da palesarsi nuove, siccome veicolate solo in questa sede di legittimita’), in ogni caso non deducono affatto errores in iudicando che la Corte territoriale avrebbe commesso, poiche’ non evidenziano alcun vizio interpretativo delle norme di diritto evocate o di sussunzione in esse del fatto cosi’ come cristallizzato nell’accertamento effettuato dal giudice di merito.
Invero, le censure anzidette aggrediscono la sufficienza, la logicita’ e la coerenza della motivazione, alla stregua del paradigma del vizio di cui alla previgente formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 – dunque, non denunciabile ratione temporis con il presente ricorso -, proponendo critiche (in buona parte gia’ veicolate con il primo motivo e, quindi, gia’ innanzi scrutinate) in ordine alla valutazione delle prove e all’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito e, altresi’, fornendo (inammissibilmente anche nel regime di cui al previgente articolo 360 c.p.c., n. 5) un diverso apprezzamento della quaestio facti, invece riservato, come detto, soltanto al giudice di merito.
E’, poi, infondata la doglianza sub lettera e) del § 3.
La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio, enunciato da questa Corte in piu’ di un’occasione (tra le altre: Cass. n. 2998/2016, Cass. n. 2369/2018, Cass. n. 7248/2018, Cass. n. 27607/2019), per cui, in tema di responsabilita’ professionale del medico, ove l’atto terapeutico, necessario e correttamente eseguito secundum legem artis (e, nella specie, tale e’ l’accertamento (che le doglianze di parte ricorrente non sono state in gradi di scalfire) di cui alla sentenza impugnata: cfr. sintesi al § 2, lettera e) dei “Fatti di causa” e pp. 8 e 9 della sentenza di appello; la quale sentenza (pp. 6 e 7; cfr. anche sintesi al § 2, lettera a) e b) dei “Fatti di causa”) esclude, altresi’, la sussistenza del nesso eziologico tra l’esecuzione dei tre interventi chirurgici e l’aggravamento del deficit visivo sofferto dalla (OMISSIS)), non sia stato preceduto dalla preventiva informazione esplicita del paziente circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, puo’ essere riconosciuto il risarcimento del danno alla salute per la verificazione di tali conseguenze, solo ove sia allegato e provato, da parte del paziente, anche in via presuntiva, che, se correttamente informato, avrebbe rifiutato di sottoporsi a detto intervento, ovvero avrebbe vissuto il periodo successivo ad esso con migliore e piu’ serena predisposizione ad accettarne le eventuali conseguenze (e sofferenze).
4. – Il ricorso va, dunque, rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 3.200,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
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