le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benche’ relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, – si’ da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attivita’ istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, e, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovra’ indicare la relativa questione ex articolo 183 cod. proc. civ., riservando, se del caso, la decisione con termine alle parti per il deposito di memorie ex articolo 101 c.p.c., comma 2
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 5 gennaio 2018, n. 158
Integrale
ARTI E PROFESSIONI INTELLETTUALI – PRESTAZIONI PROFESSIONALI
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere
Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7240-2017 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA P.zza CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.A., quale incorporante di (OMISSIS) S.p.A., (OMISSIS) S.p.A., (OMISSIS) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 10101/2016 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 19/09/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/10/2017 dal Consigliere GIUSEPPE GRASSO.
Lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore generale SERVELLO GIANFRANCO, che ha chiesto il rigetto.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza, pubblicata il 19/9/2016, Tribunale di Napoli, decidendo in grado di appello, in riforma di sentenza del locale Giudice di Pace, dichiaro’ improponibile la domanda proposta dal perito assicurativo (OMISSIS) nei confronti della compagnia (OMISSIS) (oggi (OMISSIS) spa), per ottenere il pagamento del compenso relativo a un incarico esperito per conto della societa’.
Per quanto ancora interessa, il Tribunale, disattesa la doglianza sulla mancata riunione dei numerosi giudizi instaurati dall’attore, ha ravvisato, sulla scorta della giurisprudenza di legittimita’ anche a sezioni unite, un abusivo frazionamento del credito, posto che gli incarichi professionali, seppur diversi (in quanto riguardanti ciascuno un distinto sinistro), erano tutti riconducibili ad un unico rapporto contrattuale d’opera esistente tra la compagnia di assicurazioni e il (OMISSIS). Secondo il Tribunale, proprio la circostanza che il (OMISSIS) si adeguava alle modalita’ previste per il pagamento delle spettanze attraverso un particolare sistema informatico, che accettava le parcelle solo se conformi ai criteri amministrativi elaborati, portava ad escludere che tra le parti venisse concluso di volta in volta un contratto autonomo. Inoltre, rileva il Tribunale che non risultava dimostrata l’esistenza di alcun interesse meritevole di tutela alla base della operata parcellizzazione.
Il (OMISSIS) ricorre per cassazione con due censure di cui la seconda e’ sviluppata in una duplice articolazione.
Resiste con controricorso la societa’ (OMISSIS) spa.
Il sost. P.G. G. Servello ha concluso per l’inammissibilita’. Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Col primo motivo il ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 151 disp. att. cod. proc. civ. e articolo 274 cod. proc. civ. (articolo 360 c.p.c., nn. 1 e 3); nonche’ degli articoli 1175 e 1375 cod. civ. e articolo 111 Cost., erronea interpretazione dei principi nomofilattici enunciati dalle Sezioni Unite con le pronunce del 15.11.2007 n. 23726 e del 13.2.2017, n. 4090, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
A dispetto del di piu’ enunciato nell’incipit, con il predetto motivo il (OMISSIS) si limita a dolersi della violazione delle norme processuali sopra riportate, le quali impongono al giudice, in primo, ma anche in secondo grado, di riunire i processi.
Il motivo e’ inammissibile perche’ come ripetutamente affermato da questa Corte, anche a sezioni unite, in tema di connessione di cause, il provvedimento di riunione, fondandosi su valutazioni di mera opportunita’, costituisce esercizio del potere discrezionale del giudice, e ha natura ordinatoria, essendo pertanto insuscettibile di impugnazione e insindacabile in sede di legittimita’ (v. Sez. U, Sentenza n. 2245 del 06/02/2015 Rv. 634424; Sez. 3, Sentenza n. 1194 del 19/01/2007 Rv. 598206; piu’ di recente, Sez. 3, Sentenza n. 1053 del 21/01/2016 non massimata).
Con il secondo motivo viene nuovamente denunziata la violazione e falsa applicazione degli articoli 1175 e 1375 cod. civ. e articolo 111 Cost..
Il terzo motivo, con il quale il (OMISSIS), ancora una volta lamenta la erronea interpretazione di principi nomofilattici enunciati dalle Sezioni Unite con le pronunce del 15.11.2007 n. 23726 e del 13.2.2017, n. 4090, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, costituisce approfondimento e specificazione del precedente.
Il (OMISSIS) analizzando le decisioni di cui detto, osserva che il frazionamento abusivo (e la conseguente violazione del principio di buona fede, correttezza e giusto processo) ricorre solo in presenza di un unico rapporto obbligatorio, di un’unica causa petendi, ipotesi non ravvisabile nel caso in esame in cui si discute di una attivita’ di perito assicurativo svolta in favore della (OMISSIS) spa attraverso singoli incarichi ricevuti. Ritiene irrilevante l’invio delle parcelle in conformita’ dello schema predisposto dalla societa’ assicuratrice, rispondendo tale modalita’ solo ad una necessita’ organizzativa interna della convenuta. Ribadisce la sussistenza di distinti contratti d’opera professionale e quindi la possibilita’ di instaurare tanti giudizi quanti sono i sinistri nei quali egli aveva eseguito le perizie.
La censura e’ infondata, pur rendendosi necessaria, ex articolo 384 c.p.c., u.c., la correzione della motivazione della sentenza impugnata, essendo il dispositivo conforme a diritto.
Partendo dalla ricostruzione del rapporto operata dal Tribunale deve ritenersi che, benche’ alla base delle varie obbligazioni vi sia un unico rapporto di durata pluriennale (per usare la stessa espressione del ricorrente), non puo’ da cio’ farsi discendere un’unica prestazione professionale e, correlativamente, un’unica obbligazione di pagamento, essendosi invece in presenza di una pluralita’ di prestazioni, aventi peraltro il medesimo contenuto ed i medesimi caratteri. Risulta accertato infatti che il singolo incarico indicava gli elementi identificativi della stima da effettuare e la remunerazione del perito era collegata unicamente al numero dei sinistri periziati, con accettazione delle parcelle mediante il sistema informatico della compagnia.
Su tali basi, deve ritenersi che i distinti crediti maturati dal (OMISSIS) siano inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo e fondati su un medesimo rapporto di durata.
Ebbene, le sezioni unite di questa Corte, intervenute di recente sul tema della possibilita’ di frazionamento giudiziale del credito, hanno affermato che le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benche’ relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, – si’ da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attivita’ istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, e, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovra’ indicare la relativa questione ex articolo 183 cod. proc. civ., riservando, se del caso, la decisione con termine alle parti per il deposito di memorie ex articolo 101 c.p.c., comma 2, (Sez. U, Sentenza n. 4090 del 16/02/2017 Rv. 643111).
Sulla scorta di tale principio e venendo al caso di specie, occorre pertanto verificare se la mancanza di un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata (riscontrata dal primo giudice e posta a base della pronuncia di improponibilita’) abbia formato oggetto di precedente deduzione nel giudizio di merito: la risposta non puo’ che essere positiva in considerazione della linea difensiva adottata dalla societa’ convenuta improntata principalmente sulla improponibilita’ della domanda per abusivo frazionamento del credito, concetto che, come e’ evidente, presuppone logicamente proprio la contestazione dell’esistenza di un interesse meritevole di tutela a tale modalita’ di esercizio del diritto di azione,anche in relazione al principio di proporzionalita’ nell’uso della giurisdizione (Cass. 21 dicembre 2016 n. 26464).
E sul tema dell’interesse concreto alla proposizione di separati giudizi – fondamentale per la soluzione della questione di diritto che la Corte deve oggi risolvere – il ricorrente si limita ad un generico richiamo al rischio di prescrizione, ma non allega alcun concreto elemento a sostegno della sua affermazione (decorrenza del termine e sua scadenza), ne’ deduce l’esistenza di elementi di fatto idonei a diversificare le prestazioni di volta in volta eseguite e tali da giustificare una trattazione separata delle sue pretese creditorie. Di conseguenza, il fugace accenno al rischio prescrizione si rivela privo di consistenza ai fini che qui interessano, anche perche’ sarebbe stato sufficiente l’invio di un mero atto di costituzione in mora per interrompere il decorso del termine (articolo 2943 c.c., u.c.).
L’intervento chiarificatore delle sezioni unite costituisce elemento sufficiente a giustificare la diversa soluzione qui adottata rispetto a quella cui e’ pervenuta, tra le stesse parti, la sentenza di questa Corte n.18810 del 2016, resa in fattispecie in cui il mancato svolgimento di attivita’ difensiva da parte della odierna resistente non aveva consentito, al contrario di quanto avvenuto nel presente giudizio, di identificare la riconducibilita’ delle diverse controversie, separatamente instaurate dall’odierno ricorrente, al medesimo ambito oggettivo, e dunque, in buona sostanza, in assenza di un apprezzabile interesse al frazionamento, l’esistenza di una pratica abusiva, in ordine alla quale il giudice di rinvio di quel giudizio dovra’ svolgere le proprie valutazioni.
Consegue pertanto il rigetto del ricorso.
Le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualita’ della causa, nonche’ delle attivita’ espletate.
Con Delib. 13 maggio 2017 il ricorrente risulta ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Pertanto, lo stesso non e’ tenuto, rigettata l’impugnazione, al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, stante la prenotazione a debito in ragione dell’ammissione al predetto beneficio (cfr., Sez. 6, n. 7368, 22.3.2017, Rv. 643484; Sez. L., n. 18523, 21.9.2014, Rv. 632638).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 645,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.