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costituiscono vizi della cosa locata, agli effetti dell’art. 1578 cod. civ. -la cui presenza non configura un inadempimento del locatore alle obbligazioni assunte ex art. 1575 cod. civ., ma altera l’equilibrio delle prestazioni corrispettive, incidendo sulla idoneità all’uso della cosa stessa e consentendo la risoluzione del contratto ovvero la riduzione del corrispettivo, ma non la esperibilità dell’azione di esatto adempimento- quelli che incidono sulla struttura materiale della cosa, alterandone la integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se sono eliminabili e si manifestano successivamente alla conclusione del contratto di locazione.
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Il contratto di locazione e le principali obbligazioni da esso nascenti.
Indennità per la perdita dell’avviamento commerciale ex art. 34 L 392/1978
La successione nel contratto di locazione ad uso abitativo.
Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 15 maggio 2007, n. 11198
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Francesco TRIFONE – Presidente e Relatore
Dott. Maurizio MASSERA – Consigliere
Dott. Camillo FILADORO – Consigliere
Dott. Alberto TALEVI – Consigliere
Dott. Giacinto BISOGNI – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
El. SRL, in persona del liquidatore e legale rappresentante rag. Lu.Au., elettivamente domiciliato in Ro. via Of. (…), presso lo studio dell’avvocato Ma.At., che lo difende unitamente all’avvocato Ro.Di.Sa., giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
Ce.Er.;
– intimato –
e sul 2° ricorso n° 11359/03 proposto da:
Ce.Er., elettivamente domiciliata in Ro. presso CANCELLERIA Corte CASSAZIONE, difeso dall’avvocato Um.Co., con studio in (…) Na. via Via Co. n. (…), giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
nonché contro
El. SRL;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2137/02 della Corte d’Appello di NAPOLI, emessa il 21/06/02, depositata il 13/07/02; RG. 2486/01;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio il 04/04/07 dal Presidente Consigliere Dott. Francesco Trifone;
lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott. Antonio martone che ha chiesto si respinga il ricorso principale perché manifestamente infondato, con conseguente assorbimento del ricorso principale.
Svolgimento del processo
Con sentenza pubblicata il 13 luglio 2002 la Corte d’appello di Napoli, in riforma della decisione di primo grado del tribunale della medesima città depositata il 9 gennaio 2001, rigettava la domanda con la quale la società El. srl, conduttrice di un immobile ad uso diverso dall’abitazione concessole in locazione con contratto del 7 ottobre 1993 da Er.Ce., aveva convenuto in giudizio la locatrice per ottenere nei suoi confronti pronuncia di riduzione del canone e di restituzione di quanto versato in eccedenza rispetto al corrispettivo dovuto.
A sostegno della domanda la società assumeva, in virtù della disciplina di cui all’art. 1578 cod. civ., che a causa dei vizi riscontrati nell’immobile locato, costituiti da copiose infiltrazioni d’umido che avevano interessato il locale sin dal 1995, era diminuita in modo apprezzabile l’idoneità della res locata, all’uso pattuito.
I giudici d’appello consideravano, in virtù del compiuto accertamento tecnico d’ufficio, che il fenomeno delle infiltrazioni, di indubbia natura accidentale siccome dovuto a stillicidio per la perdita d’acqua proveniente da una conduttura esterna al fabbricato e di natura chiaramente occasionale (secondo quel che lo stesso procuratore della società conduttrice aveva denunciato con missiva del 31 gennaio 1996), aveva cagionato un’impraticabilità parziale del locale e, comunque, limitata al periodo di tempo relativo al manifestarsi delle infiltrazioni, onde non si trattava di difetto o vizio incidente sulla struttura materiale dell’immobile, ma di alterazione transitoria comportante per il locatore soltanto l’onere della relativa riparazione.
Per la cassazione della sentenza ha proposto impugnazione principale la società soccombente, la quale ha affidato l’accoglimento dell’impugnazione ad un unico motivo.
Ha resistito con controricorso Er.Ce., la quale ha avanzato impugnazione incidentale condizionata basata su unica doglianza articolata in distinti profili.
Motivi della decisione I ricorsi, impugnazioni distinte della medesima sentenza, sono riuniti (art. 335 cod. proc. civ.).
Con l’unico motivo d’impugnazione – deducendo la illogicità della motivazione nonché la violazione e la falsa applicazione della norma di cui all’art. 1578 cod. civ. – la ricorrente principale critica la denunciata decisione perché il giudice di secondo grado avrebbe dovuto:
a) considerare che anche il vizio accidentalmente causato alla struttura materiale dell’immobile concreta la situazione di riduzione proporzionale del canone pattuito quando esso ne riduce in modo apprezzabile l’entità del godimento del conduttore;
b) valutare che l’imputabilità a terzi del vizio, rilevante ex art. 1578 secondo comma, cod. civ., non esclude l’obbligo risarcitorio del locatore;
c) ritenere, sulla scorta dell’accertamento compiuto dal consulente tecnico d’ufficio, che le riscontrate infiltrazioni non consistevano in inconveniente di ordinaria manutenzione e tale da non comportare l’impraticabilità del locale destinato ad esposizione di materiale elettrico al pubblico ed a stoccaggio della merce.
Rileva, anzitutto, questa Corte che non sussiste il denunciato error in iudicando per violazione e falsa applicazione della norma di cui all’art. 1578 cod. civ., giacché, contrariamente a quanto la società ricorrente assume con le censure di cui innanzi sub a) e b), la Corte territoriale non ha escluso la sussistenza del vizio dell’immobile locato per il fatto che esso fosse stato cagionato accidentalmente ovvero da parte di terzi estranei al rapporto di locazione i profili, ma ha piuttosto assunto come ratio decidendi la diversa circostanza che il difetto o vizio incidente sulla struttura materiale dell’immobile non era nella specie ravvisabile, in quanto quella derivata all’immobile era semplicemente una “alterazione transitoria comportante per il locatore soltanto l’onere della relativa riparazione”.
Il che costituisce statuizione conforme all’esatta esegesi della norma, secondo la lettura che dell’art. 1578 cod. civ. ha fornito in univoco indirizzo questo giudice di legittimità (ex plurimis: Cass., n. 5682/2001; Cass., n. 2605/95), affermando che costituiscono vizi della cosa locata, agli effetti dell’art. 1578 cod. civ. -la cui presenza non configura un inadempimento del locatore alle obbligazioni assunte ex art. 1575 cod. civ., ma altera l’equilibrio delle prestazioni corrispettive, incidendo sulla idoneità all’uso della cosa stessa e consentendo la risoluzione del contratto ovvero la riduzione del corrispettivo, ma non la esperibilità dell’azione di esatto adempimento- quelli che incidono sulla struttura materiale della cosa, alterandone la integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se sono eliminabili e si manifestano successivamente alla conclusione del contratto di locazione.
È stato, perciò, escluso che possano essere ricompresi tra i vizi della cosa locata quei guasti o deterioramenti dovuti alla naturale usura, effetto del tempo (Cass:, n. 8942/2006), ovvero di accadimenti che abbiano determinato un’infiltrazione (Cass., n. 5682/2001), in tale seconda ipotesi essendo operante l’obbligo del locatore di provvedere alle riparazioni ai sensi dell’art. 1576 cod. civ., la cui inosservanza determina inadempimento contrattuale.
Quanto, poi, alla censura di cui sopra sub c) – secondo la quale avrebbe errato il giudice del merito nell’apprezzamento delle esaminate fonti di prova nel ritenere che le riscontrate infiltrazioni consistevano in inconveniente eliminabile con l’ordinaria manutenzione e non comportante l’impraticabilità del locale destinato ad esposizione di materiale elettrico al pubblico ed a stoccaggio della merce, del quale non diminuiva in modo apprezzabile l’entità del godimento del conduttore – trattasi all’evidenza di mera quaestio facti, inammissibile in sede di giudizio di legittimità.
Il ricorso principale, pertanto, essendo manifestamente infondato, deve essere rigettato.
Resta assorbito l’esame del ricorso incidentale condizionato.
La soccombente società ricorrente principale è condannata a pagare le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate nella misura di cui al dispositivo.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato; condanna la società ricorrente principale alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 1.300,00 (milletrecento/00), di cui euro 1.200,00 (milleduecento/00) per onorari, oltre spese generali ed accessori come per legge.