se a seguito dell’inefficace accettazione dell’eredita’ per suo conto operata dal legale rappresentante, il soggetto gia’ minore d’eta’ non provvede – giusta il disposto dell’articolo 489 c.c. – a conformarsi alle disposizioni degli articoli 484 c.c. e ss. entro l’anno dal raggiungimento della maggiore eta’, rimane ferma con pieni effetti l’accettazione pura e semplice gia’ avvenuta nel suo interesse ed acquistano efficacia anche tutti gli atti inerenti all’eredita’ accettata posti in essere dal rappresentante legale del minore (cfr. Cass. 23.4.1966, n. 1051; cfr. anche Cass. 23.8.1999, n. 8832, secondo cui, qualora il genitore esercente la potesta’ sul figlio minore chiamato all’eredita’ faccia l’accettazione prescritta dall’articolo 471 c.c. da cui deriva l’acquisto da parte del minore della qualita’ di erede (articoli 470 e 459 c.c.), ma non compia l’inventario – necessario per poter usufruire della limitazione della responsabilita’ – e questo non sia redatto neppure dal minore entro un anno dal raggiungimento della maggiore eta’, l’eredita’ resta acquisita da quest’ultimo, che pero’ e’ considerato erede puro e semplice (articolo 489 c.c.)).
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Il testamento olografo, pubblico e segreto.
Eredità e successione ereditaria
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere
Dott. SABATO Raffaele – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 25748 – 2012 R.G. proposto da:
(OMISSIS), – c.f. (OMISSIS) – rappresentata e difesa in virtu’ di procura speciale in calce al ricorso dall’avvocato (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS).
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), – c.f. (OMISSIS) – rappresentato e difeso in virtu’ di procura speciale a margine del controricorso dall’avvocato (OMISSIS) e dall’avvocato (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS).
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 239 dei 24.1/29.2.2012 della corte d’appello di Genova;
Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 13 aprile 2017 dal consigliere Dott. Luigi Abete;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. IACOVIELLO Francesco Mauro, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso;
Udito l’avvocato (OMISSIS), per delega dell’avvocato (OMISSIS), per il controricorrente.
FATTI DI CAUSA
Con atto notificato il 29.2.2000 (OMISSIS) citava a comparire innanzi al tribunale di Savona (OMISSIS) e (OMISSIS), quali genitori esercenti la potesta’ sul minore (OMISSIS).
Esponeva che in data 28.10.1998 era deceduta in Savona sua sorella, (OMISSIS), ed ella attrice era l’unica chiamata secundum legem all’eredita’ della de cuius; che aveva appreso che il notaio (OMISSIS) di Savona aveva provveduto alla pubblicazione di un testamento olografo datato (OMISSIS) asseritamente di pugno ed a firma della sorella, testamento con cui la de cuius aveva istituito suo erede universale (OMISSIS), all’epoca minore di eta’.
Chiedeva, tra l’altro, che l’adito giudice dichiarasse la nullita’ del testamento, siccome apocrifo, ed a tal uopo proponeva querela di falso; in subordine, che ne pronunciasse l’annullamento, siccome redatto dalla testatrice in stato di incapacita’ di intendere e di volere; in ulteriore subordine, che ne dichiarasse l’invalidita’, giacche’ la data figurava apposta dopo la sottoscrizione.
Si costituivano (OMISSIS) e (OMISSIS), nella qualita’ di genitori esercenti la potesta’ sul minore (OMISSIS).
Instavano per il rigetto dell’avversa domanda ed in riconvenzionale perche’ fosse disposta la loro immissione nel possesso dei beni ereditari.
Escusso quale testimone il notaio (OMISSIS), con sentenza non definitiva n. 361/2005 il tribunale adito, tra l’altro, rigettava la querela di falso e le domande dell’attrice volte alla declaratoria di nullita’ ovvero all’annullamento del testamento olografo, accoglieva la domanda riconvenzionale e, per l’effetto, condannava (OMISSIS) ad immettere (OMISSIS) nel possesso della quota indivisa di 1/2 degli immobili meglio descritti nella stessa sentenza nonche’ a corrispondere a (OMISSIS) la meta’ dei frutti percepiti; disponeva come da separata ordinanza per l’ulteriore corso.
Interponeva appello (OMISSIS).
Resistevano (OMISSIS) e (OMISSIS), nella gia’ precisata qualita’.
Interrotto il giudizio a seguito del raggiungimento – in data 20.6.2005 – della maggiore eta’ da parte di (OMISSIS), con atto di citazione notificato il 3.12.2007 l’appellante attendeva alla riassunzione.
Con comparsa del 20.3.2009 si costituiva (OMISSIS); instava per il rigetto del gravame.
Con sentenza n. 239 dei 24.1/29.2.2012 la corte d’appello di Genova rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese del grado.
Premetteva, la corte di merito, che era inammissibile siccome tardiva, in quanto sollevata per la prima volta in grado d’appello e, per giunta, nelle note di replica depositate in data 9.1.2012, dopo che la causa era stata trattenuta in decisione, l’eccezione di prescrizione del diritto di (OMISSIS) di accettare l’eredita’ di (OMISSIS); al contempo, che era da escludere che l’eccezione potesse essere rilevata d’ufficio, che l’appellante aveva riconosciuto, con l’istanza esperita in estremo subordine, la qualita’ di erede in capo all’appellato, che la verifica della regolarita’ dell’accettazione dell’eredita’ da parte di (OMISSIS) fuoriusciva dall’oggetto del giudizio.
Indi esplicitava che, “alla luce della credibile testimonianza del notaio (OMISSIS), univocamente indicante che (OMISSIS) aveva redatto nel gennaio 1994 testamento olografo e che l'”originale” presentato al notaio (OMISSIS) per la pubblicazione dai genitori di (OMISSIS) nel 1998 corrispondeva all'”originale” consegnato nel gennaio 1994 a titolo di deposito fiduciario dalla (OMISSIS) allo stesso notaio, e dell’assenza di indicazione da parte dell’attrice di alcun concreto elemento che potesse giustificare sospetti sull’autografia del testamento olografo de quo” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 8), non poteva che “confermarsi la valutazione del Tribunale reiettiva della impugnazione di falso dell’attrice e l’assenza di ragioni per dar corso all’attivita’ istruttoria (ammissione di prova orale, espletamento di c.t.u.) chiesta dall’attrice/appellante” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 8).
Esplicitava infine che erano privi di fondamento anche i restanti motivi di gravame, “sostanzialmente reiterativi dei subordinati assunti attorei sull’incapacita’ di intendere e di volere della (OMISSIS) al momento di testare e sull’invalidita’ del testamento olografo in quanto in esso la data segue e non precede la sottoscrizione della testatrice” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 8).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS); ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente pronuncia.
(OMISSIS) ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 471, 480 e 484 c.c. nonche’ dell’articolo 2938 c.c. e articolo 2697 c.c., comma 1, “in correlazione con l’articolo 416 c.p.c., comma 3, ed in rapporto all’articolo 112 c.p.c.” (cosi’ ricorso, pag. 20).
Deduce che sia (OMISSIS), se del caso nel termine di cui all’articolo 489 c.c., sia “i suoi genitori, (OMISSIS) e (OMISSIS), non hanno mai dedotto/dimostrato l’accettazione dell’eredita’ con beneficio d’inventario” (cosi’ ricorso, pag. 25); che, raggiunta in data 20.6.2005 la maggiore eta’, (OMISSIS) “non ha compiuto nessun atto e/o tenuto alcun comportamento, ne’ espresso ne’ tacito, volto all’accettazione dell’eredita’ de qua (…), della quale non era in possesso” (cosi’ ricorso, pag. 28), nel rispetto del termine decennale di prescrizione a far data dal 28.10.1998, di’ dell’apertura della successione; che del resto (OMISSIS) si e’ costituito nel processo d’appello con comparsa in data 20.3.2009, allorche’ il termine di prescrizione era gia’ venuto a compimento; che conseguentemente il difetto della prova della qualita’ di erede di (OMISSIS), prova il cui onere su costui indiscutibilmente incombeva, “comporta automaticamente (…) il difetto di legittimazione rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento” (cosi’ ricorso, pag. 21).
Deduce in pari tempo che le formulate contestazioni della qualita’ di erede in capo a controparte “non rappresentano eccezioni in senso stretto paralizzate dall’articolo 345 c.p.c., trattandosi di mere argomentazioni difensive in quanto dirette a infirmare l’efficacia degli elementi costitutivi o presupposti della domanda dell’altra parte” (cosi’ ricorso, pag. 32); che per altro verso “il fatto della prescrizione del diritto (…) di accettazione dell’eredita’ si e’ potuto formalmente evidenziare in sede di precisazione delle conclusioni (…) anzi al termine del grado di appello” (cosi’ ricorso, pag. 33); che, contrariamente all’assunto della corte distrettuale, antecedentemente al 28.10.2008, di’ del compimento del termine di prescrizione, “non poteva contestare assolutamente nulla” (cosi’ ricorso, pag. 39), perche’ la prescrizione “non era ancora venuta temporalmente in essere” (cosi’ ricorso, pag. 41).
Deduce inoltre che, diversamente da quanto assunto dalla corte territoriale, aveva sollevato la questione della prescrizione di gia’ con la citazione in riassunzione, con la formulazione delle conclusioni definitive e con la conclusionale d’appello, “soltanto approfondendo (…) l’argomento nelle successive note di replica del 5/1/2012” (cosi’ ricorso, pag. 45).
Deduce ancora che la rilevabilita’ d’ufficio si correla, oltre che al difetto di legittimazione, alla natura di mera deduzione difensiva della contestazione della veste di erede in capo al controricorrente ed alla valenza di ordine pubblico della disciplina di cui agli articoli 471 e 480 c.c..
Deduce ulteriormente che “la questione relativa all’accettazione dell’eredita’ e la sua prescrizione (…) e’ intimamente/strettamente legata (…) con la stessa questione della validita’ ed efficacia del testamento olografo impugnato” (cosi’ ricorso, pagg. 49 – 50).
Deduce infine che, contrariamente a quanto opinato dalla corte genovese, per il diritto potestativo di accettare l’eredita’ l’interruzione del corso della prescrizione puo’ scaturire unicamente dal compimento dello specifico atto che ne costituisce a un tempo l’esercizio e la piena attuazione.
Il primo motivo e’ destituito di fondamento.
Non si disconosce, in verita’, che l’articolo 471 c.c., disponendo che le eredita’ devolute ai minori e agli interdetti non si possono accettare se non con il beneficio di inventario, esclude che il rappresentante legale dell’incapace possa accettare l’eredita’ in modo diverso da quello prescritto dall’articolo 484 c.c. (che consiste in una dichiarazione espressa di volonta’ volta a fare acquistare all’incapace la qualita’ di erede con limitazione della responsabilita’ ai debiti e ai pesi “intra vires hereditatis”); cosicche’ l’accettazione tacita, fatta con il compimento di uno degli atti previsti dall’articolo 476 c.c. (e, quindi, pur con la costituzione ovvero con l’intervento in giudizio: cfr. al riguardo Cass. 8.4.2013, n. 8529), non rientra nel potere del rappresentante legale e percio’ non produce alcun effetto giuridico nei confronti dell’incapace, che resta nella posizione di chiamato all’eredita’ fino a quando egli stesso o il suo rappresentante eserciti il diritto di accettare o di rinunziare all’eredita’ entro il termine della prescrizione (cfr. Cass. 1.2.2007, n. 2211; Cass. 9.4.1969, n. 1144).
E tuttavia questa Corte di legittimita’ da tempo spiega – e nulla osta a che tale insegnamento sia reiterato in questa sede – che, se a seguito dell’inefficace accettazione dell’eredita’ per suo conto operata dal legale rappresentante, il soggetto gia’ minore d’eta’ non provvede – giusta il disposto dell’articolo 489 c.c. – a conformarsi alle disposizioni degli articoli 484 c.c. e ss. entro l’anno dal raggiungimento della maggiore eta’, rimane ferma con pieni effetti l’accettazione pura e semplice gia’ avvenuta nel suo interesse ed acquistano efficacia anche tutti gli atti inerenti all’eredita’ accettata posti in essere dal rappresentante legale del minore (cfr. Cass. 23.4.1966, n. 1051; cfr. anche Cass. 23.8.1999, n. 8832, secondo cui, qualora il genitore esercente la potesta’ sul figlio minore chiamato all’eredita’ faccia l’accettazione prescritta dall’articolo 471 c.c. da cui deriva l’acquisto da parte del minore della qualita’ di erede (articoli 470 e 459 c.c.), ma non compia l’inventario – necessario per poter usufruire della limitazione della responsabilita’ – e questo non sia redatto neppure dal minore entro un anno dal raggiungimento della maggiore eta’, l’eredita’ resta acquisita da quest’ultimo, che pero’ e’ considerato erede puro e semplice (articolo 489 c.c.)).
Ebbene, alla luce dei summenzionati rilievi si specifica nel caso di specie quanto segue.
In primo luogo, che, allorche’ (OMISSIS) e (OMISSIS), quali genitori esercenti la potesta’ sul minore (OMISSIS), ebbero in tale veste a costituirsi nel giudizio intrapreso da (OMISSIS), onde resistere alle pretese da costei azionate e spiegare domanda riconvenzionale, senza dubbio ebbero a porre in essere un atto avente astratta attitudine ad acquisir valenza di accettazione tacita di eredita’.
In secondo luogo, che tale determinazione dei coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS), ancorche’ in origine inidonea a produrre qualsivoglia effetto giuridico nei confronti del figlio minore, ha acquisito successivamente, alla scadenza – 20.6.2006 – dell’anno successivo al di’ – 20.6.2005 – del raggiungimento della maggiore eta’ da parte di (OMISSIS), valore, per costui, di accettazione pura e semplice appieno valida ed efficace (a motivo dell’omessa conformazione da parte del chiamato (OMISSIS) alle disposizioni degli articoli 484 c.c. e ss.).
In terzo luogo, che siffatta pura e semplice accettazione dell’eredita’ di (OMISSIS) da parte di (OMISSIS) e’ sopraggiunta in data 20.6.2006, abbondantemente prima che pervenisse a compimento il termine decennale di prescrizione ex articolo 480 c.c., comma 1, a decorrere dal di’ – 28.10.1998 – dell’apertura della successione.
Infine, che le argomentazioni teste’ premesse assorbono e rendono vane le ulteriori prospettazioni di parte ricorrente in ordine natura ed alla tempestivita’ della eccezione / deduzione difensiva di prescrizione, in ordine alla sua rilevabilita’ ex officio ed in ordine alle modalita’ di interruzione del corso della medesima causa estintiva.
Diviene dunque superfluo pur il riferimento all’insegnamento di questo Giudice del diritto alla cui stregua l’eccezione di prescrizione del diritto della controparte di accettare l’eredita’, tardivamente avanzata nel giudizio di primo grado dopo la chiusura dell’istruttoria e la rimessione della causa al collegio, e’ inammissibile, ai sensi dell’articolo 345 cod. proc. civ., ove proposta per la prima volta con l’atto di appello (cfr. Cass. 17.4.2009, n. 9303).
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 116 c.p.c. in rapporto all’articolo 2697 c.c.; denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Deduce che le dichiarazioni rese in qualita’ di testimone dal notaio (OMISSIS) “si presentano in se’ stesse del tutto contraddittorie” (cosi’ ricorso, pag. 54).
Deduce in particolare che dell’agenda che il notaio avrebbe consultato prima della sua deposizione non vi e’ traccia in giudizio; che non vi e’ certezza che la donna che ebbe a presentarsi al cospetto del notaio (OMISSIS), fosse (OMISSIS); che della bozza di testamento che lo stesso notaio ebbe a predisporre ed a consegnare alla de cuius, non vi e’ traccia; che “il notaio avrebbe commesso l’eclatante errore di indicare la data di redazione dello scritto (…) dopo la firma della testatrice” (cosi’ ricorso, pag. 56); che “la teste avrebbe dovuto esibire la busta e il foglio (che si suppone) in essa contenuto al Giudice” (cosi’ ricorso, pag. 57).
Deduce quindi che “trattasi di una deposizione del tutto vuota di contenuti effettivi, perche’ i documenti di riscontro (agenda, bozza predisposta del testamento, busta chiusa con testamento) non sono stati acquisiti al giudizio” (cosi’ ricorso, pag. 58).
Deduce da ultimo che a nulla vale affermare che la sua querela di falso non era supportata da alcun elemento indiziario; che invero la perizia di parte, di cui la corte d’appello ha rimarcato l’omessa produzione da parte sua, “non ha alcun valore probatorio e, per altro verso, diventa assurdo proporla nei confronti di documenti disponibili solo in fotocopia” (cosi’ ricorso, pag. 66); che d’altra parte si e’ al cospetto di una contraffazione totale, siccome emerge dal confronto con la scrittura di comparazione costituta dal “quaderno manoscritto della sig.ra (OMISSIS)”.
Il secondo motivo del pari e’ destituito di fondamento.
Si premette che il motivo in disamina si qualifica esclusivamente in relazione alla previsione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (si condivide la prospettazione del controricorrente secondo cui il motivo e’ diretto a “far valere una diversa valutazione dei fatti e delle prove”: cosi’ controricorso, pag. 22).
Occorre tener conto, da un lato, che (OMISSIS), col motivo de quo, censura sostanzialmente il giudizio di fatto cui la corte distrettuale ha atteso (“la Corte (…), giudicata credibile la testimonianza del Notaio, (OMISSIS), ha deciso per l’autenticita’ del testamento impugnato e ha respinto le richieste istruttorie (prova orale ed espletamento di C.T.U.) (…)”: cosi’ ricorso, pag. 52).
Occorre tener conto, dall’altro, che e’ propriamente il motivo di ricorso ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054; cfr. Cass. 11.8.2004, n. 15499).
Su tale scorta si rappresenta che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata conferisce al giudice di legittimita’ non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensi’ la sola facolta’ di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad esse sottesi, dando, cosi’, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. 9.8.2007, n. 17477; Cass. 7.6.2005, n. 11789).
Si rappresenta in particolare che, ai fini di una corretta decisione, il giudice del merito non e’ tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, ne’ a confutare singolarmente le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi e per le proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr. Cass. 10.5.2000, n. 6023).
Si rappresenta conseguentemente che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorieta’ della medesima, puo’ legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione (cfr. Cass. 9.8.2007, n. 17477; Cass. 7.6.2005, n. 11789).
Nei termini teste’ enunciati l’iter motivazionale che sorregge il dictum della corte di merito risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo e esaustivo sul piano logico – formale.
Piu’ esattamente la corte territoriale, siccome si e’ in precedenza enunciato, ha vagliato nel complesso – non ha dunque obliterato la disamina di punti decisivi – e dipoi ha in maniera inappuntabile selezionato il materiale probatorio cui ha inteso ancorare il suo dictum, altresi’ palesando in forma nitida e coerente il percorso decisorio seguito.
In ogni caso ed a rigore con il mezzo di impugnazione in esame la ricorrente null’altro prospetta se non un preteso migliore e piu’ appagante coordinamento dei dati acquisiti (“il secondo giudice ha esaminato la deposizione del teste (…) (OMISSIS) in maniera preconcetta, trascurando infine di essa testificazione determinate articolazioni emerse in sede istruttoria, che invece ne testimoniano l’assoluta irrilevanza”: cosi’ ricorso, pag. 53; “il primo e il secondo Giudice (…) ne deducono la sua totale attendibilita’, rinunciando ad ogni approfondimento critico oggettivo anche a fronte di contraddizioni/omissioni/incongruenze assolutamente imponenti”: cosi’ ricorso, pag. 61).
Il motivo dunque involge gli aspetti del giudizio – interni al discrezionale ambito di valutazione degli elementi di prova e di apprezzamento dei fatti – afferenti al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di siffatto convincimento rilevanti nel segno dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Il motivo pertanto si risolve in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito e percio’ in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalita’ del giudizio di cassazione (cfr. Cass. 26.3.2010, n. 7394).
Da ultimo, in relazione alla prospettazione secondo cui “del testamento olografo 27/1/1994, oggetto di causa, e’ stata imprudentemente esclusa la perizia calligrafica” (cosi’ ricorso, pag. 55), sicche’ “e’ rimasto, quale olografo, senza riscontro alcuno di autenticita’ sul piano probatorio” (cosi’ ricorso, pag. 55), si rimarca che, nel procedimento di verificazione della scrittura privata, il giudice del merito, ancorche’ abbia disposto una consulenza grafica sull’autografia di una scrittura disconosciuta (nella specie, testamento olografo), ha il potere – dovere di formare il proprio convincimento sulla base di ogni altro elemento di prova obiettivamente conferente, comprese le risultanze della prova testimoniale, senza essere vincolato ad alcuna graduatoria fra le varie fonti di accertamento della verita’ (cfr. Cass. 1.3.2002, n. 3009).
Il rigetto del ricorso giustifica la condanna, cosi’ come da dispositivo, della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano nel complesso in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali, i.v.a. e cassa come per legge.