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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 20 giugno 2017, n. 15151
la disdetta inviata dal locatore e’ idonea a far sorgere ipso facto, ove ne ricorrano gli altri presupposti, il diritto del conduttore all’indennita’ di avviamento, ancorche’ inefficace o in assenza di ulteriori (non richieste dalla norma) condizioni e, quindi, restando irrilevante sia la circostanza che il conduttore estromesso abbia cessato ogni attivita’ prima o dopo il rilascio dell’immobile, sia la carenza di prova, di un effettivo danno o dell’esistenza in concreto dell’avviamento, sia, infine, la mancanza di un provvedimento giudiziale che disponga il rilascio, spettando al conduttore anche quando questo abbia rilasciato l’immobile senza contestazione in sede giudiziale o stragiudiziale
Il contratto di locazione e le principali obbligazioni da esso nascenti.
Indennità per la perdita dell’avviamento commerciale ex art. 34 L 392/1978
La successione nel contratto di locazione ad uso abitativo.
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REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANOLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 12990-2014 proposto da:
(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS) giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 17/2014 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI SASSARI, depositata il 05/02/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/11/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 5/2/2014 la Corte d’Appello di Cagliari, in accoglimento del gravame interposto dalla sig. (OMISSIS) e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Nuoro n. 898/2011, ha condannato i sigg. (OMISSIS) ed altri, quali eredi della sig. (OMISSIS), e i sigg. (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi del sig. (OMISSIS), al pagamento delle indennita’ ex articolo 34 c.c., commi 1 e 2 in favore della prima, all’esito della cessazione dell’intercorso contratto di locazione avente ad oggetto immobile sito in (OMISSIS) destinato ad uso boutique per signora.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i sigg. (OMISSIS) ed altri, nonche’ (OMISSIS) e (OMISSIS), nella rispettiva qualita’, propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso la (OMISSIS).
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano “violazione o falsa applicazione” della L. n. 392 del 1978, articoli 28, 29, 30, 34 in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si dolgono che la corte di merito abbia considerato cessato il rapporto locatizio in mancanza di disdetta da parte dei locatori, tale non potendosi considerare la “missiva 11.1.2006 prodotta in causa”, in quanto “la stessa non manifesta alcuna richiesta di rilascio dell’immobile, ne’ presenta i presupposti a tal fine necessari” ed e’ “pervenuta alla conduttrice meno di quattro mesi prima della scadenza contrattuale, in luogo dei dodici mesi legislativamente previsti”.
Con il 2 motivo denunziano “violazione o falsa applicazione” della L. n. 392 del 1978, articolo 28, articoli 36, 183 e 416 c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si dolgono che la corte di merito abbia riconosciuto la spettanza alla conduttrice anche dell’indennita’ supplementare L. n. 392 del 1978, ex articolo 34, comma 2 “esclusivamente a fronte del ritenuto accertato recesso del locatore”, omettendo di “verificare “in concreto” la sussistenza dell’affinita’ delle attivita’ svolte dai successivi conduttori”.
Con il 3 (erroneamente indicato come “2”) motivo denunziano “violazione e falsa applicazione” degli articoli 1218, 1587 e 1590 c.c., articoli 87 e 201 c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si dolgono che la corte di merito abbia rigettato la domanda risarcitoria ponendo a base della decisione la consulenza tecnica di parte prodotta dalla conduttrice, senza fare riferimento alle ulteriori emergenze probatorie.
Lamentano che la corte di merito “non ha fornito adeguata motivazione di tale sua valutazione”, e ha “forzatamente invertito l’onere probatorio gravante sulle parti”, spettando nella specie a controparte dare la prova della non imputabilita’ dei danni de quibus.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.
Va anzitutto osservato che il ricorso risulta formulato in violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che i ricorrenti fanno riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (in particolare, alla “missiva 11.1.2006 prodotta in causa”) limitandosi a meramente riprodurli nel ricorso senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimita’ (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).
A tale stregua non deducono le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).
Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).
Senza sottacersi come, nell’evocare la circostanza che “come rilevato in occasione dei precedenti gradi del giudizio, (OMISSIS), nel ricorso introduttivo del primo grado di giudizio, esponeva di aver “ricevuto una nota raccomandata a.r. dei locatori i quali hanno manifestato il proprio intendimento di non rinnovare il contratto””, laddove lamentano che “una tale nota risulta inesistente e, in ogni caso, non prodotta agli atti” i ricorrenti in realta’ inammissibilmente prospettano un vizio revocatorio ex articolo 395 c.p.c., comma 1, n. 4.
Con particolare riferimento al 2 motivo, premesso che (cosi’ come la domanda riconvenzionale anche) la reconventio reconventionis deve trarre fondamento dalla stessa situazione o rapporto giuridico fatti valere dall’attore, non essendo necessaria l’identita’ o la comunanza della causa petendi (cfr. Cass., 25/5/1977, n. 2166; Cass., 2/2/1979, n. 735); e osservato come giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimita’ la disdetta inviata dal locatore e’ idonea a far sorgere ipso facto, ove ne ricorrano gli altri presupposti, il diritto del conduttore all’indennita’ di avviamento, ancorche’ inefficace (cfr. Cass., 13/1/2009, n. 454) o in assenza di ulteriori (non richieste dalla norma) condizioni (e, quindi, restando irrilevante sia la circostanza che il conduttore estromesso abbia cessato ogni attivita’ prima o dopo il rilascio dell’immobile, sia la carenza di prova, di un effettivo danno o dell’esistenza in concreto dell’avviamento, sia, infine, la mancanza di un provvedimento giudiziale che disponga il rilascio: v. Cass., 29/10/2001, n. 13418), spettando al conduttore anche quando questo abbia rilasciato l’immobile senza contestazione in sede giudiziale o stragiudiziale (v. Cass., 9/11/1991, n. 11974), quanto all’indennita’ supplementare prevista alla L. n. 392 del 1978, articolo 34, comma 2 (autonoma e diversa dall’indennita’ di avviamento prevista all’articolo 34, comma 1 L.Loc.) va osservato che nell’impugnata sentenza la corte di merito da’ espressamente atto come nella specie la Carta abbia “documentato” che i locatori hanno locato l’immobile ad altro conduttore, il quale ha adibito l’immobile alla stessa attivita’ svoltavi in precedenza.
Accertamento di fatto non idoneamente censurato dai ricorrenti, che al riguardo si limitano a muovere meramente generica ed apodittica contestazione.
Deve infine sottolinearsi, con particolare riferimento al 3 motivo, che oltre ad inammissibilmente lamentare l’erronea valutazione delle emergenze probatorie, risulta ivi altresi’ dedotto un vizio di motivazione al di la’ dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), il vizio di motivazione denunciabile con ricorso per cassazione sostanziandosi solamente nell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche nell’insufficienza o nella lacunosita’ o nell’inadeguatezza della motivazione, come nella specie dai ricorrenti viceversa prospettato (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, da ultimo, Cass., 29/9/2016, n. 19312).
Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni dei ricorrenti, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realta’ si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle loro aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).
Per tale via in realta’ sollecitano, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimita’, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimita’ non e’ un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto gia’ considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1.