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La possibilita’ di sanatoria con efficacia ex tunc in esito alla tardiva registrazione consente di mantenere stabili gli effetti del contratto voluti dalle parti sia nell’interesse del locatore, che potra’ trattenere quanto ricevuto in pagamento, che nell’interesse del conduttore, che non rischiera’ azioni di rilascio e godra’ della durata della locazione come prevista nel contratto e, per le locazioni non abitative, non incorrera’ negli effetti negativi segnalati da parte della dottrina quali la perdita del diritto all’avviamento il diritto alla prelazione, come pure la libera trasferibilita’ dell’azienda e del contratto di locazione. Effetti negativi, questi ultimi, che non appaiono superabili o non interamente superabili con il riconoscimento di un’efficacia ex nunc del contratto; posto che – individuato il dies a quo nella data della registrazione – il dies ad quem dovrebbe, comunque, risultare quello fissato dalle parti contraenti. Una diversa opzione, secondo cui l’intera durata della locazione dovrebbe computarsi dalla data della registrazione, si collocherebbe, invero, fuori dalla stessa logica della sanatoria del contratto, postulando, in definitiva, un contratto nuovo e diverso da quello voluto dalle parti.

 

 Per ulteriori approfondimenti in materia di locazioni si consiglia la lettura dei seguenti articoli:

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 28 aprile 2017, n. 10498

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19689/2014 proposto da:

(OMISSIS) SNC DI (OMISSIS), in persona del legale rappresentante (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SNC, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1883/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 23/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/11/2016 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE MASELLIS Mariella, che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo; assorbiti gli altri.

FATTI DEL PROCESSO

La (OMISSIS) s.n.c., premesso di aver concesso in locazione un immobile ad uso diverso di abitazione in data 3 settembre 2008, per la durata di due anni, alla societa’ (OMISSIS) di (OMISSIS) s.n.c., ha citato in giudizio davanti al Tribunale di Rimini la suddetta societa’ per sentir accertare l’illegittimita’ del recesso anticipato, con condanna della conduttrice al pagamento di quindici mensilita’ per canoni dovuti fino alla scadenza contrattuale o, in via subordinata, al pagamento di tre mensilita’ del canone ritenute necessarie per giungere alla prima scadenza annuale del contratto.

La (OMISSIS) si e’ costituita chiedendo il rigetto della domanda e proponendo domanda riconvenzionale di risoluzione per inadempimento, oltre al risarcimento del danno.

Il Tribunale, accertato che era intervenuta, se pure tardivamente e nel corso del giudizio, la registrazione del contratto di locazione, ha ritenuto il recesso della conduttrice privo dei requisiti richiesti dalla L. n. 392 del 1978, articolo 27; ha accolto la domanda di pagamento dei canoni dovuti dalla conduttrice sino alla prima scadenza contrattuale e respinto la domanda riconvenzionale di inadempimento e risarcimento del danno.

La Corte d’appello di Bologna, con sentenza depositata il 23 gennaio 2014, ha confermato la decisione di primo grado.

La societa’ (OMISSIS) s.n.c ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi illustrati da memoria.

Si e’ difesa con controricorso la (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con i motivi di ricorso si denuncia:

1) violazione o falsa applicazione della L. 30 dicembre 2004, n. 311, articolo 1, comma 346; violazione dell’articolo 2704 c.c., (ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3).

Secondo la societa’ ricorrente il contratto di locazione non registrato sarebbe nullo per violazione della norma imperativa o – al piu’ – valido ex nunc e cioe’ dal momento della registrazione, avvenuta in corso di causa, per cui la pretesa di pagamento dei canoni sarebbe infondata in quanto basata su un contratto nullo al momento della proposizione della domanda;

2) violazione degli articoli 414 e 420 c.p.c., mutatio libelli e violazione diritto di difesa; violazione dell’articolo 112 c.p.c. (articolo 360, n. 4); si sostiene che, essendo stato registrato il contratto in corso di causa, vi e’ stata una mutatio libelli;

3) violazione o falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, articolo 27, (ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3); si censura la statuizione di conferma della decisione di primo grado in ordine alla illegittimita’ del recesso del conduttore.

2. I primi due motivi si esaminano congiuntamente per la stretta connessione logico-giuridica che li lega e sono infondati.

La Corte d’appello ha affermato, in adesione alla motivazione del primo giudice, che la registrazione opera non come requisito di validita’ del contratto, ma come condicio iuris di efficacia dello stesso, ritenendo che essa possa intervenire anche in un momento successivo alla conclusione di negozio, con efficacia sanante ex tunc in applicazione dell’articolo 1360 c.c..

3. Preliminare e’ l’esame della normativa fiscale che regola la materia.

Il Decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, articolo 2, lettera a) e b), e articolo 3, lettera a), (Testo unico sull’imposta di registro), nonche’ all’articolo 5, comma 1, lettera b) della “Tariffa” allegata, parte I, e all’articolo 2 bis, parte II della medesima Tariffa, richiamata dal citato articolo 2, prevedono la registrazione del contratto di locazione.

Sono soggetti a registrazione sia le locazioni stipulate in forma scritta che quelle stipulate in forma verbale.

Ai sensi dell’articolo 17, comma 1, del medesimo D.P.R., come modificato dalla L. 21 novembre 2000, n. 342, articolo 68, la registrazione deve essere effettuata entro 30 giorni dalla data dell’atto o dalla sua esecuzione in caso di contratto verbale.

Come effetti l’articolo 18 del medesimo Decreto del Presidente della Repubblica prevede che la registrazione attesta l’esistenza degli atti ed attribuisce ad essi data certa di fronte ai terzi a norma dell’articolo 2704 c.c., (ma non prevede espressamente alcuna sanzione per l’inosservanza dell’obbligo imposto).

Secondo il citato Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 76, comma 5, “l’intervenuta decadenza – non dispensa dal pagamento dell’imposta in caso di registrazione volontaria o quando si faccia uso dell’atto ai sensi dell’articolo 6”, ammettendo implicitamente la possibilita’ di una registrazione tardiva, anche in caso di decadenza dall’azione di riscossione.

4. Istituto introdotto successivamente e’ poi il c.d. “ravvedimento operoso”, che prevede la riduzione della sanzione prevista per la violazione delle norme tributarie nei casi ed alle condizioni indicate dal Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, articolo 13, modificato dai Decreto Legislativo 5 giugno 1998, n. 203, Decreto Legislativo 19 novembre 1998, n. 422, e Decreto Legislativo 30 marzo 2000, n. 99, nonche’ dal Decreto Legge 29 novembre 2008, n. 185, (convertito con modificazioni dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2), applicabile a tutti i tributi.

5. Inoltre il Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 20, ha introdotto il principio dell’autonomia dell’interpretazione fiscale del contratto rispetto alla sua interpretazione civilistica.

Un principio di tendenziale non interferenza tra le regole di diritto tributario e quelle attinenti alla validita’ civilistica degli atti, e’ stato introdotto nella L. 27 luglio 2000, n. 212, articolo 10, comma 3, (sullo statuto dei diritti del contribuente), secondo cui, “le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullita’ del contratto”; cio’ dopo aver affermato, al medesimo articolo 10, comma 1, che “i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede”.

6. Con la L. 9 dicembre 1998, n. 431, articolo 13, comma 1, (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), il legislatore ha previsto che “e’ nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato”. Nei casi di nullita’ di cui al comma 1 il, conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, puo’ chiedere la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato

Con L. 28 dicembre 2015, n. 2008 (legge di stabilita’ 2016) alla L. 9 dicembre 1998, n. 431, articolo 13, comma 1, viene previsto l’obbligo del locatore di provvedere alla registrazione del contratto nel termine perentorio di trenta giorni.

7. Quanto alle imposte sui redditi, con specifico riferimento ai contratti di locazione immobiliare, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 41 ter, (inserito nel testo del citato Decreto del Presidente della Repubblica dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, articolo 1, comma 342, c.d. legge finanziaria per l’anno 2005)), al comma 2, stabilisce, a sua volta, che “in caso di omessa registrazione del contratto di locazione di immobili, si presume, salva documentata prova contraria, l’esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi d’imposta antecedenti quello nel corso del quale e’ accertato il rapporto stesso”.

La L. 30 dicembre 2004, n. 311, articolo 1, comma 346, ha disposto: “i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unita’ immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”.

8. Deve ricordarsi anche che il Decreto Legislativo 14 marzo 2011, n. 23, articolo 3, in caso di omessa registrazione entro il termine stabilito dalla legge del contratto di locazione ad uso abitazione, ha sostituito una durata legale del rapporto in quattro anni rinnovabili decorrenti dal momento della registrazione tardiva ed un canone annuale determinato nella misura del triplo della rendita catastale dell’immobile, ove inferiore a quella pattuita. Tali disposizioni sono state successivamente dichiarate incostituzionali per eccesso di delega con sentenza della Corte Cost. 14 marzo 2014 n. 50, e la stessa sorte ha subito il Decreto Legge 28 marzo 2014, n. 47, articolo 5, comma 1 ter, (convertito in L. 23 maggio 2014, n. 80), che aveva cercato di salvare temporaneamente gli effetti gia’ prodotti sui contratti di locazione in virtu’ della disciplina di cui alle norme incostituzionali, a sua volta dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale con sentenza del 16 luglio 2015 n. 169.

9. Da ultimo la Legge di stabilita’ 2015 (L. n. 190 del 2014, articolo 1, commi da 634 a 640) ha introdotto una serie di disposizioni volte a consentire un ravvedimento operoso con un limite temporale piu’ ampio di quello previsto in precedenza.

10. Nel tempo la Corte Costituzionale ha avuto modo di pronunziarsi sulla costituzionalita’ di alcune delle norme indicate.

Si e’ occupata della L. n. 431 del 1998, articolo 13, nella parte in cui prevede con riferimento ai soli contratti di locazione ad uso abitativo, la nullita’ delle pattuizioni volte a determinare un importo del canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato (comma 1) e consente al conduttore di chiedere la restituzione delle somme indebitamente corrisposte (comma 2).

Con ordinanza n. 242 del 2004 ha dichiarato la manifesta inammissibilita’ della questione sollevata da Tribunale di La Spezia per contrasto con l’articolo 3 Cost., con riferimento al citato articolo 13, perche’ il rimettente, pur alla luce delle diverse tesi riscontrabili in giurisprudenza circa la natura e gli effetti della registrazione del contratto di locazione e la corrispondente pluralita’ di opinioni sostenute in dottrina aveva lasciato incompiuto quel doveroso tentativo di ricercare un’interpretazione adeguatrice del testo di legge denunciato, al quale ciascun giudice e’, comunque, tenuto prima di proporre l’incidente di costituzionalita’.

11.La Corte costituzionale si e’ pronunziata per tre volte in ordine alla costituzionalita’ alla L. 30 dicembre 2004, n. 311, articolo 1, comma 346.

Con ordinanza n. 420 del 5-12-2007 la Corte si e’ pronunziata in ordine alla questione sollevata dal tribunale di Torino per contrasto con l’articolo 24 Cost., perche’ la norma condizionerebbe l’esercizio della tutela giurisdizionale dei diritti all’adempimento di un onere fiscale, con la previsione che la validita’ del contratto di locazione e’ subordinata alla registrazione dello stesso.

La Corte ha ritenuto la manifesta infondatezza “per l’inconferenza del parametro costituzionale invocato” (l’articolo 24 Cost.) dal remittente sul rilievo, stante il carattere sostanziale della norma denunciata, che non attiene alla materia delle garanzie di tutela giurisdizionale.

La Corte ha affermato che la L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346, “non introduce ostacoli al ricorso alla tutela giurisdizionale, ma eleva la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione della quale determina la nullita’ del negozio ai sensi dell’articolo 1418 c.c.”.

Altra questione di legittimita’ costituzionale della L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346, e’ stata sollevata in due distinte occasioni dal Tribunale di Napoli, sez. distaccata di Ischia, in relazione agli articoli 41, 3 e 24 Cost..

Con ordinanze n. 389 del 19-11-2008 e n.110 del 9-4-2009 la Corte ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione, con riferimento ai parametri articoli 41 e 3 Cost., e manifestamente infondata quanto al parametro dell’articolo 24 Cost.. In particolare, la declaratoria di inammissibilita’ e’ stata fondata, quanto al parametro dell’articolo 3, sul rilievo che il giudice remittente non aveva adeguatamente individuato “i motivi dell’ipotizzata irragionevolezza intrinseca della norma, limitandosi ad indicare, in termini meramente descrittivi, l’ovvia diversita’ delle conseguenze per le parti derivanti dalla previsione della nullita’ del contratto rispetto al regime precedente”, nonche’, quanto al parametro dell’articolo 41, sulla considerazione che nell’ordinanza di remissione non erano state “neppure chiarite le ripercussioni della nullita’ sull’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione finanziaria sotto il profilo della possibilita’ o meno per la stessa di trattenere le somme eventualmente versate a titolo di imposta di registro”.

La manifestata infondatezza delle questioni, con riferimento al parametro dell’articolo 24 Cost. e’ stata invece motivata richiamando la precedente ordinanza n. 420 del 2007 emessa dalla stessa Corte.

Gia’ citata e’ la sentenza n.50 del 14-3-2014 che ha dichiarato la illegittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e 9, per eccesso di delega (articolo 76 Cost.).

Una disposizione sostanzialmente riproducente, quanto alla misura del canone, la norma dichiarata incostituzionale risulta peraltro attualmente vigente, in quanto reintrodotta alla L. n. 431 del 1998, articolo 13, comma 5, ad opera della novella operata con la L. 28 dicembre 2015, n. 208, articolo 1, comma 59.

12. In ordine agli effetti civili che possono derivare dalle violazioni tributarie la giurisprudenza prevalente ha negato che la norma fiscale abbia carattere imperativo, conclusione raggiunta valorizzando la distinzione tra norme imperative e norme inderogabili ritenendo il carattere settoriale dell’interesse sotteso. Si e’ affermato che “le norme tributarie, essendo poste a tutela di interessi pubblici di carattere settoriale e non ponendo, in linea di massima, divieti, pur essendo inderogabili, non possono qualificarsi imperative, presupponendo tale qualificazione che la norma abbia carattere proibitivo e sia posta a tutela di interessi generali, che si collochino al vertice della gerarchia dei valori protetti dall’ordinamento giuridico. Caratteri, questi, certamente non ravvisabili nelle norme tributarie, in quanto esse sono poste a tutela di interessi pubblici di carattere settoriale e, in linea di massima, non pongono divieti, ma assumono un dato di fatto quale indice di capacita’ contributiva (Cass. 5 novembre 1999, n. 12327; 8 novembre 1995, n. 11598; 19 giugno 1981, n. 4024).

13.In generale, e’ sempre stato riconosciuto vigente un principio di non interferenza fra le regole del diritto tributario e quelle attinenti alla validita’ civilistica degli atti, principio che si e’ ritenuto confermato dalla stessa normativa tributaria di contrasto all’elusione fiscale, la quale sancisce la mera inopponibilita’ all’amministrazione finanziaria dei fatti, degli atti e dei contratti che siano sprovvisti di “sostanza economica” e finalizzati, “pur nel rispetto formale delle norme fiscali” a realizzare “essenzialmente vantaggi fiscali indebiti” (cosi’ la L. n. 212 del 2000, articolo 10 bis, aggiunto dal Decreto Legislativo 5 agosto 2015, n. 128, articolo 1, che abroga e sostituisce il Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 37 bis, a sua volta gia’ inserito nel testo del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, dal Decreto Legislativo n. 358 del 1997, articolo 7) e rafforzato dalla L. n. 212 del 2000, articolo 10, comma 3, a mente del quale, “le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullita’ del contratto”, confermato dalla stessa normativa tributaria di contrasto all’elusione fiscale.

14. Successivamente e’ iniziato ad emergere un cambiamento di impostazione avendo la giurisprudenza affermato, in materia di cosiddetti dividendi washing che pur non esistendo nell’ordinamento fiscale italiano una clausola generale antielusiva, non puo’ negarsi l’emergenza di un principio tendenziale, desumibile dalle fonti comunitarie e dal concetto di abuso del diritto elaborato dalla giurisprudenza comunitaria, secondo cui non possono trarsi benefici da operazioni intraprese ed eseguite al solo scopo di procurarsi un risparmio fiscale. L’applicazione del predetto principio si e’ tradotta nella individuazione di un difetto di causa che da’ luogo alla nullita’ dei contratti collegati di acquisto e di rivendita delle azioni, non conseguendo dagli stessi alcun vantaggio economico per le parti, all’infuori del risparmio fiscale. Tale mancanza di ragione, che investe nella sua essenza lo scambio tra le prestazioni contrattuali attuato attraverso il collegamento negoziale, comporta l’inefficacia dei contratti nei confronti del fisco (Cass. sent n. 20398 del 21-10-2005); inoltre si e’ ritenuto che l’amministrazione finanziaria, quale terzo interessato alla regolare applicazione delle imposte, e’ legittimata a dedurre (prima in sede di accertamento fiscale e poi in sede contenziosa) la simulazione assoluta o relativa dei contratti stipulati dal contribuente, o la loro nullita’ per frode alla legge, ivi compresa la legge tributaria (articolo 1344 c.c.); la relativa prova puo’ essere fornita con qualsiasi mezzo, anche attraverso presunzioni (Cass. 20816 del 2610-2005).

Decisioni successive sono tornate al tradizionale orientamento secondo cui le pattuizioni contenute in un contratto che siano dirette ad eludere, in tutto o in parte, la normativa fiscale, non implicano di per se’ la nullita’ del contratto stesso, trovando nel sistema tributario le relative sanzioni (Cassa, sez. 2, n. 4785 del 28/02/2007, Cass. sez. 3, n. 7282 del 18 marzo 2008, e, in precedenza, tra le altre Cass. sez. 3 n. 13621 del 22 luglio 2004).

15. Deve porsi in evidenza che a partire dalla legislazione tributaria del 1998 si e’ sviluppata una inversione di tendenza rispetto al principio di non interferenza della norma tributarla sulla validita’ dell’atto, culminata con l’emanazione della L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346, cosi’ come interpretato della sentenza della Corte Costituzionale del 2007.

16.La Giurisprudenza di merito ha inquadrato la “nullita’” per mancata registrazione del contratto di locazione con il riferimento a diversi istituti giuridici.

Secondo alcune pronunce la registrazione non costituisce requisito di validita’ del contratto, ma mera condicio juris di efficacia dello stesso, che puo’ intervenire ed avverarsi in un momento successivo alla conclusione del negozio, inducendo l’efficacia dello stesso con effetto ex tunc, ai sensi dell’articolo 1360 c.c., comma 1.

Altra parte della giurisprudenza di merito ha ritenuto che la norma della L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346, non introduce una condizione di efficacia, in quanto, come indicato dalla Corte Costituzionale (ordinanze nn. 420 del 2007, 389 del 2008 e 110 del 2009), opera su un piano sostanziale introducendo una nullita’ non prevista dal codice civile, con la conseguenza che la norma tributaria viene elevata a rango di norma imperativa, la cui violazione determina la nullita’ del negozio ex articolo 1418 c.c., suscettibile pero’ si sanatoria con effetti ex nunc a seguito di tardiva registrazione.

Una posizione minoritaria e piu’ rigorosa riconosce nella disposizione della L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346, una vera e propria nullita’, assoluta e rilevabile d’ufficio, non suscettibile di sanatoria alcuna a seguito di tardiva registrazione, in applicazione dell’articolo 1423 c.c..

17. La dottrina prevalente e’ stata molto critica nella lettura della L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346, e nella previsione in esso contenuta di una nullita’ del contratto indipendente da un vizio genetico e dipendente invece da un comportamento successivo allo stipula dello stesso.

E’ stato evidenziato il contrasto esistente fra tale previsione e principi stabiliti dal codice in materia di nullita’ del contratto.

Una teoria minoritaria e rispettosa del dato testuale della legge ha ritenuto che i contratti di locazione stipulati dopo l’introduzione di questa norma sono nulli con una nullita’ non suscettibile di sanatoria.

Sempre rimanendo nel rispetto del dato testuale della norma e dell’interpretazione della Corte Costituzionale del 2007, altra parte della dottrina ha ritenuto la nullita’ del contratto di locazione non registrato, ma contemporaneamente ha ritenuto compatibile anche una sanatoria per tardiva registrazione del contratto in quanto il riconoscimento di una sanatoria per l’adempimento e’ una conseguenza coerente all’introduzione nell’ordinamento di una nullita’ per inadempimento.

Seguendo questa teoria pero’ l’adempimento tardivo dell’obbligo di registrazione produce un’efficacia sanante ex nunc secondo lo schema della conferma.

Altri autori, pur riconoscendo in quella prevista dal legislatore per la mancata registrazione del contratto una nullita’, parlano di nullita’ “impropria” e “atipica”, perche’ il contratto spiegherebbe comunque i suoi effetti almeno fino a 30 giorni, termine ultimo per effettuare la registrazione, assimilabile alla convalida. Altri autori invece ritengono che con la sanatoria si attui la definitiva eliminazione della nullita’ e la rivivescenza dunque di tutti gli effetti contrattuali.

La dottrina prevalente pero’ si allontana dal dato testuale inserito nella norma e propende per ritenere che il legislatore con il comma 346 cit. ha introdotto una condizione legale di efficacia della locazione, rappresentata dall’adempimento dell’obbligo tributario della registrazione che, una volta avvenuta, conferisce efficacia giuridica al negozio fin dalla sua origine in parallelo con l’efficacia retroattiva della condizione. A sostegno di questa tesi sono state evidenziate le numerose incongruenze di ordine sistematico che deriverebbero dall’interpretazione della norma come nullita’, valorizzando anche il contenuto dell’articolo 10 comma tre dello Statuto del Contribuente che, benche’ non abbia la forza di imporsi alle norme speciali sopravvenute, costituirebbe comunque un indice indicativo del rapporto fra la norma tributaria e norma civilistica.

Deve ricordarsi anche la dottrina che interpreta la norma come previsione di una fattispecie a formazione progressiva, individuando nella registrazione un fatto che integra e completa il procedimento che conduce al contratto, che cosi’ produrra’ i suoi effetti tra le parti acquistando efficacia solo al momento del perfezionamento. Tale dottrina ritiene che gli effetti della registrazione retroagiscono fin dall’all’inizio del contratto con effetto ex tunc.

18. E’ necessario a questo punto valutare il contenuto della sentenza Sez. Unite, 17/09/2015, n. 18213 che si e’ pronunciata sull’irrilevanza della tardiva registrazione del patto occulto sul canone nelle locazioni abitative con riguardo alla L. n. 431 del 1998, articolo 13, al fine di individuare principi di contenuto generale utilizzabili anche per l’interpretazione della L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346.

Si osserva che SU n. 18213 del 2015 – pur ricercando “un unico filo conduttore” nella legislazione successiva al 1998 e affermando “un principio generale di inferenza/interferenza dell’obbligo tributario con la validita’ del negozio” – pone precisi “paletti” tra la sanzione di nullita’ della (sola) previsione occulta di una maggiorazione del canone apparente, cosi’ come indicato nel contratto registrato di locazione abitativa, prevista dalla L. n. 431 del 1998, articolo 13) e la sanzione della nullita’ per omessa registrazione introdotta dall’articolo 1, comma 346 finanziaria.

In particolare le Sezioni Unite – premesso che, nel caso all’esame, la norma di riferimento andava individuata nella L. n. 431 del 1998, articolo 13, nel testo vigente ratione temporis, in quanto il contratto era stato stipulato ne marzo del 2003, in epoca cioe’ antecedente all’entrata in vigore della L. 30 dicembre 2004, n. 311, articolo 1, comma 346, (legge finanziaria 2005) – hanno chiaramente distinto la ratio sottesa all’una e all’altra normativa, affermando:

“(9.3.) L’interpretazione dell’articolo 13 (della L. n. 431 del 1998) deve, difatti, condursi alla stregua della piu’ generale riflessione secondo cui gia’ nel 1998 la volonta’ del legislatore era quella di sanzionare di nullita’ la sola previsione occulta di una maggiorazione del canone apparente, cosi’ come indicato nel contratto registrato, in guisa di vera e propria lex specialis, derogativa ratione materiae, alla lex generalis (benche’ posteriore) costituita dal c.d. statuto del contribuente.

(9.4.) La corretta evocazione, compiuta dal collegio remittente con l’ordinanza interlocutoria, dell’istituto della causa negoziale si’ come rivisitato da questa Corte con la sentenza 10490/2006, predicativa del carattere c.d. “concreto” dell’elemento causale, consente di affermare che lo scopo del procedimento simulatorio e’ indiscutibilmente quello dell’occultamento al fisco della differenza tra la somma indicata nel contratto registrato e quella effettivamente percepita dal locatore.

(9.5.) Ma cio’ non significa che il legislatore del 1998 abbia voluto sancire un obbligo di registrazione del contratto con norma imperativa la cui violazione comporterebbe la nullita’ dell’intero contratto.

(…)

(11.4.) Se la sanzione della nullita’ derivasse dalla violazione dell’obbligo di registrazione, allora sembrerebbe ragionevole ammettere un effetto sanante al comportamento del contraente che, sia pur tardivamente, adempia a quell’obbligo (nel sistema tributano e’ previsto, difatti, il cosiddetto “ravvedimento” Decreto Legislativo n. 471 del 1997, ex articolo 13, comma 1, – disciplina poi confermata ex Decreto Legge 6 dicembre 2011, n. 201 -, consistente nel versamento di una sanzione pecuniaria ridotta per correggere errori ed omissioni o per versare in ritardo l’imposta dovuta, alla condizione che la violazione non sia gia’ stata constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attivita’ amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza)”.

19. Cosi’ delineato il sistema normativo di riferimento, il contenuto delle decisioni della Corte Costituzionale, lo sviluppo e lo stato attuale della giurisprudenza di merito e di legittimita’, gli indirizzi dottrinari in relazione alla L. 30 dicembre 2004, n. 311, articolo 1, comma 346, questa Corte si trova a dover fare applicazione di tale disposizione nella cui formulazione il legislatore esplicitamente ha usato il termine “nullita’” del contratto non registrato.

Appare a questo Collegio semplicistico e riduttivo affermare, come fa parte della dottrina e della giurisprudenza di merito, che il legislatore abbia utilizzato il termine “nullita’”, volendosi riferire a diverso istituto giuridico.

La nullita’ del negozio giuridico costituisce una categoria cardine del diritto civile e la disciplina che la regola e’ ben nota a qualsiasi studioso del diritto, tanto da portare ad escludere che il legislatore abbia utilizzato questo termine senza rendersi conto del significato e delle conseguenze che ne sarebbero derivate.

20. D’altra parte e’ necessario confrontarsi con una pluralita’ di distonie esistenti sul piano sistematico fra la norma in oggetto e i principi stabiliti dal codice civile in materia di nullita’ dei contratti, che collegano tale forma di invalidita’ ai vizi riguardanti l’iter formativo e costitutivo dell’atto negoziale, nel quale certamente e’ difficile far rientrare un evento, come la mancata registrazione, estraneo al contratto e ad esso temporalmente successivo.

La ricostruzione della fattispecie in termini di nullita’, come ha evidenziato gran parte della dottrina e della giurisprudenza, implica come conseguenza la rilevabilita’ d’ufficio da parte del giudice, l’imprescrittibilita’ dell’azione, l’impossibilita’ di sanare il negozio per convalida e, soprattutto, la legittimazione di chiunque vi abbia interesse ad esercitare l’azione di nullita’.

Inoltre deve tenersi conto di alcune conseguenza evidenziate dagli interpreti piu’ avveduti con effetti negativi per i conduttori di immobili non abitativi per i quali si realizzerebbe di fatto una sostanziale liberalizzazione, in quanto l’omessa registrazione vanificherebbe la tutela dell’avviamento commerciale, il diritto alla prelazione, come pure la libera trasferibilita’ dell’azienda e del contratto di locazione: siffatte forme di tutela, infatti, non potrebbero essere invocate per un contratto originariamente nullo.

21.Si osserva, pero’, che la disposizione del 2004 non puo’ che essere interpretata con la volonta’ del legislatore di prevedere la sanzione della nullita’ per mancata registrazione estesa a qualsiasi pattuizione relativa sia ai contratti di locazione ad uso abitazione che a quelli ad uso diverso.

L’interprete si deve confrontare con questa realta’ normativa che non si puo’ eludere per la sua chiarezza terminologica e che, come si e’ detto, rende difficile aderire ad alcune affermazioni della giurisprudenza di merito e di parte dottrina che portano alla conclusione di una volonta’ del legislatore di dire una cosa diversa da quella che effettivamente ha detto.

22. Deve inoltre tenersi conto delle affermazioni della Corte Costituzionale, che per ben tre volte e’ stata chiamata a pronunziarsi sulla legittimita’ costituzionale della L. 30 dicembre 2004, n. 311, articolo 1, comma 346, ritenendo non solo la legittimita’ costituzionale della norma rispetto ai parametri invocati dai giudici remittenti, ma aggiungendo una interpretazione della norma di cui questa Corte deve tenere conto.

Come si e’ detto la Corte Costituzionale con l’ordinanza n. 420 del 2007 ha ritenuto il carattere sostanziale della norma denunciata, che non introduce ostacoli al ricorso alla tutela giurisdizionale, ma eleva la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione della quale determina la nullita’ del negozio ai sensi dell’articolo 1418 c.c..

Le successive due pronunce, gia’ indicate in precedenza, hanno richiamato confermandoli i principi dell’ordinanza del 2007.

23. Questa Corte ritiene di seguire le autorevoli indicazioni della Corte Costituzionale che ha qualificato l’ipotesi oggetto della L. 30 dicembre 2004, n. 311, articolo 1, comma 346, come nullita’ del contratto per violazione di norme imperative ai sensi dell’articolo 1418 c.c..

La qualificazione della norma tributaria sull’obbligo di registrazione come norma imperativa fa ritenere che la Corte Costituzionale abbia valutato che essa e’ stata dettata non solo nell’interesse del singolo contraente di volta in volta implicato e neanche per un interesse solo settoriale, come la giurisprudenza ha piu’ volte affermato in passato in relazione alle norme tributarle, ma che e’ stata dettata nell’interesse pubblico e generale al rispetto da parte di ciascun cittadino dell’obbligo di concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacita’ contributiva, per cui l’obbligo di registrazione del contratto di locazione si impone inderogabilmente alla volonta’ delle parti contraenti. La finalita’ della norma e’ chiaramente quella della emersione del reddito da fabbricati oltre al gettito fiscale derivante dalla registrazione stessa.

La Corte costituzionale, nel qualificare l’effetto della mancata registrazione del contratto come nullita’ ex art.1418 c.c., ha tenuto conto della sanzione espressamente prevista dal legislatore.

24. Alla luce di quanto sopra, si osserva che l’interpretazione che parla di inefficacia del negozio non registrato svuoterebbe la sanzione prevista dal legislatore e ridurrebbe a mera “enfasi legislativa” la parola nullita’, anche alla luce delle autorevoli indicazioni di cui sopra; il legislatore non voleva “sospendere” gli effetti della locazione sino alla registrazione, ma negarne la stessa validita’ sul piano dei rapporti interni alle parti se non e in quanto registrata.

25. Certo rimane la peculiarita’ di una nullita’ del contratto per contrarieta’ a norme imperative indipendente da violazioni attinenti ad elementi intrinseci della fattispecie negoziale, relativi alla struttura o al contenuto del contratto, ma che postula un’attivita’ esterna alla formazione del negozio, che risulterebbe altrimenti privo di deficienze strutturali e ormai perfezionato.

Ma proprio tale profilo rende ammissibile la possibilita’ di ricostruire la tardiva registrazione come fattispecie sanante con efficacia retroattiva della nullita’ del contratto,una volta adempiuto al precetto tributario.

La stessa normativa fiscale, come ha previsto la sanzione della nullita’ in ipotesi di mancata registrazione del contratto di locazione, contemporaneamente ha previsto la possibilita’ di sanatoria, ammettendo la registrazione tardiva, come si rileva implicitamente da alcune delle norme suelencate ed esplicitamente dalla normativa sul ravvedimento.

26. Deve ricordarsi che il Decreto Legislativo 14 marzo 2011, n. 23, articolo 3, relativo alle sole locazioni ad uso abitativo, prevedeva che dalla mancata registrazione “entro il termine di legge” (specificazione temporale che non e’ invece presente nella L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346) derivassero conseguenze invalidanti per effetto delle quali sorgeva un diverso rapporto locativo, legalmente determinato quanto a durata e misura del canone.

Sebbene la pronuncia della Consulta non abbia sottoposto la disposizione allo scrutinio di ragionevolezza, essendo assorbente la declaratoria di illegittimita’ per eccesso di delega, in motivazione ha definito la disciplina oggetto di censura “sotto numerosi profili rivoluzionaria sul piano del sistema civilistico vigente”; dall’altro, dopo aver ricordato che la legge delega (L. n. 42 del 2009) conteneva la prescrizione di procedere all’esercizio della delega nel “rispetto dei principi sanciti dallo Statuto dei diritti del contribuente”, richiamando in particolare la citata L. n. 212 del 2000, articolo 10, ha rilevato che “tanto piu’ la mera inosservanza del termine per la registrazione di un contratto di locazione non puo’ legittimare (come sarebbe nella specie) addirittura una novazione – per factum principis – quanto a canone e a durata”.

Tale motivazione sembra confortare la tesi dell’ammissibilita’ della sanzione di nullita’ del contratto per mancata registrazione, tanto che la norma prevedeva la sostituzione del contratto non registrato con un contratto legalmente predeterminato, e della possibilita’ di sanatoria con effetto ex tunc della nullita’ per la successiva registrazione, che consente di conservare e dare stabilita’ alla volonta’ manifestata dalle parti nel contratto.

27. La specificazione temporale per la registrazione tardiva non e’ invece presente nella L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346, e l’assenza – nella previsione della sanzione civilistica – del riferimento al termine di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, consente di leggere la norma nel senso che se il contratto e’ registrato (non importa quando) e’ contratto e’ valido.

28. La tesi della nullita’, che in ragione della sua atipicita’, risulti sanabile con effetto ex tunc e’ coerente con i principi che sottendono al complessivo impianto normativo in materia dell’obbligo di registrazione del contratto di locazione ed in particolare con la espressa previsione di forme di sanatoria nella normativa succedutasi nel tempo e dell’istituto del ravvedimento operoso, norma che il legislatore ha mantenuto stabile nel tempo potenziandone l’applicazione.

Infatti il fine che ha guidato l’introduzione di norme piu’ stringenti come strumenti di contrasto all’evasione – come messo in luce piu’ volte anche dalla difesa erariale nei giudizi di costituzionalita’, insieme alla sottolineatura che la materia delle locazioni e’ tra quelle piu’ esposte all’evasione fiscale, considerata la diffusa prassi delle cosiddette locazioni “in nero” – e’ quello di indurre il locatore ad effettuare tempestivamente la registrazione del contratto e a non mantenere il rapporto “al nero”, utilizzando anche norme che mettono in contrasto i diversi interessi del locatore e del conduttore.

Infatti la previsione della nullita’ del contratto rende privo il locatore della possibilita’ di riscuotere il canone derivante da un contratto nullo e consente al conduttore di richiedere indietro quanto versato di piu’ del dovuto.

La possibilita’ di sanatoria con efficacia ex tunc in esito alla tardiva registrazione consente di mantenere stabili gli effetti del contratto voluti dalle parti sia nell’interesse del locatore, che potra’ trattenere quanto ricevuto in pagamento, che nell’interesse del conduttore, che non rischiera’ azioni di rilascio e godra’ della durata della locazione come prevista nel contratto e, per le locazioni non abitative, non incorrera’ negli effetti negativi segnalati da parte della dottrina quali la perdita del diritto all’avviamento il diritto alla prelazione, come pure la libera trasferibilita’ dell’azienda e del contratto di locazione. Effetti negativi, questi ultimi, che non appaiono superabili o non interamente superabili con il riconoscimento di un’efficacia ex nunc del contratto; posto che – individuato il dies a quo nella data della registrazione – il dies ad quem dovrebbe, comunque, risultare quello fissato dalle parti contraenti. Una diversa opzione, secondo cui l’intera durata della locazione dovrebbe computarsi dalla data della registrazione, si collocherebbe, invero, fuori dalla stessa logica della sanatoria del contratto, postulando, in definitiva, un contratto nuovo e diverso da quello voluto dalle parti.

Inoltre – ferma la specialita’ della disciplina prevista per le locazioni ad uso abitativo dalla L. n. 431 del 1998, articolo 13, non appare superfluo rilevare, in funzione di una lettura coerente del sistema, che le modifiche apportate, da ultimo alla norma cit. dalla L. n. 208 del 2015, articolo 1, comma 59, (segnatamente, laddove prevedono che nel caso “in cui il locatore non abbia provveduto alla prescritta registrazione del contratto nel termine di cui al comma 1…” dello stesso articolo – termine che e’ di trenta giorni dalla stipulazione del contratto – il conduttore abbia facolta’ di agire in giudizio per ottenere che “la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dall’articolo 2, comma 1, ovvero dall’articolo 2, comma 3” stessa legge e stabiliscono che “nel giudizio che accerta l’esistenza del contratto di locazione il giudice determina il canone dovuto….) convalidano la tesi – per quanto qui ci occupa – che l’emersione del contratto ai fini fiscali, per effetto della sua tardiva registrazione, comporti il riconoscimento della sua (giuridica) esistenza.

29. La sanatoria della nullita’ con effetti ex tunc si inserisce coerentemente nel complesso delle norme tributarie che, in particolare a partire dal 1998, hanno superato il principio tradizionale della non interferenza della norma tributaria con gli effetti civilistici del contratto, introducendo e potenziando gli istituti del ravvedimento e prevedendo espressamente la sanzione piu’ radicale per il mancato rispetto dell’obbligo di registrazione del contratto.

Tale interpretazione non si pone in contrasto con la sentenza delle S.U. del 2015 che, se pure provvedendo su una ipotesi diversa, ha comunque affermato che “Se la sanzione della nullita’ derivasse dalla violazione dell’obbligo di registrazione, allora sembrerebbe ragionevole ammettere un effetto sanante al comportamento del contraente che, sia pur tardivamente, adempia a quell’obbligo”.

30. La decisione della Corte di appello deve pertanto essere confermata, anche se la motivazione deve essere corretta nel senso che nella fattispecie in oggetto si rinviene una ipotesi di nullita’ del contratto di locazione, che in ragione della sua atipicita’, quale emergente dalle argomentazioni che precedono, risulta sanata con effetti ex tunc dalla tardiva registrazione del contratto.

Non ricorre una ipotesi di inammissibile mutatio libelli in quanto la domanda introduttiva e’ rimasta invariata sia della causa petendi che nel petitum.

31. Il terzo motivo e’ inammissibile in quanto la censura e’ generica limitandosi a riportare la giurisprudenza consolidata di questa Corte in relazione ai gravi motivi che legittimano il recesso anticipato del conduttore, senza neanche indicare i motivi giustificativi del recesso e senza indicare l’errore di violazione di legge, solo esposto nell’intestazione della rubrica del motivo, in cui sarebbe incorsa la Corte di merito.

Il ricorso deve essere rigettato e le spese del giudizio si compensano in considerazione della novita’ della questione trattata.

La Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, – trova applicazione nonostante la disposta compensazione, da parte del giudice della impugnazione, delle spese di lite tra le parti (ex plutimis, Cass. ord. 28 maggio 2014, n. 12034).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese fra le parti. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.