Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 15 gennaio 2018, n. 769
le dichiarazioni dei redditi dell’obbligato hanno una funzione tipicamente fiscale, sicche’ nelle controversie relative a rapporti estranei al sistema tributario (nella specie, concernenti l’attribuzione o la quantificazione dell’assegno di mantenimento) non hanno valore vincolante per il giudice, il quale, nella sua valutazione discrezionale, puo’ fondare il suo convincimento su altre risultanze probatorie. Invero, l’articolo 156 c.c., comma 2, stabilisce che il giudice debba determinare la misura dell’assegno tenendo conto non solo dei redditi delle parti ma anche di altre circostanze non indicate specificatamente, ne’ determinabili “a priori”, ma da individuarsi in tutti quegli elementi fattuali di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito ed idonei ad incidere sulle condizioni economiche delle parti, la cui valutazione, peraltro, non richiede necessariamente l’accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente
Dott. GENOVESE Francesco A. – Consigliere
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5184/2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio del dott. (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 3224/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 30/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/11/2017 dal cons. IOFRIDA GIULIA.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 3324/2014, ha respinto il gravame proposto da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), avverso la decisione di primo grado che aveva pronunciato la separazione personale tra i coniugi senza addebito, con affidamento condiviso dei figli minori ai genitori e loro collocamento prevalente presso la madre, cui veniva assegnata la casa coniugale, e fissazione, a carico del (OMISSIS), di un assegno di mantenimento dei figli, di Euro 600,00 mensili, oltre al 50% delle “spese extra”, e del coniuge, di Euro 200,00 mensili. La Corte d’appello, confermando le statuizioni economiche di primo grado, ha affermato, in particolare, valutate le condizioni soggettive del coniuge obbligato (soggetto giovane ed in salute, di professione idraulico) e la non credibilita’ della situazione attuale di disoccupazione e delle dichiarazioni dei redditi presentate dal medesimo, che lo stesso verosimilmente svolgeva “attivita’ di lavoro magari in nero” o disponeva di “accantonamenti”.
Il (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti della (OMISSIS) (che non resiste).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente lamenta: 1) con il primo motivo, la violazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 115 e 116 c.p.c., avendo i giudici d’appello fondato la decisione su affermazioni frutto di scienza privata e su fatti non qualificabili come notori, ignorando le prove offerte dell’appellate in ordine alla situazione economica precaria ed alle attivita’ di ricerca di nuova occupazione; 2) con il secondo motivo, la violazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 115 e 116 c.p.c., e articolo 155 c.c., comma 6, avendo i giudici d’appello affermato di non ritenere credibili le dichiarazioni fiscali dell’appellante, senza tuttavia disporre accertamenti tributari sulla effettiva capacita’ economica del medesimo; 3) con il terzo motivo, la violazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 155 e 156 c.c., avendo la Corte d’appello valutato l’attitudine al lavoro specifica del coniuge obbligato al mantenimento sulla base di valutazioni astratte ed ipotetiche; 4) con il quarto motivo, l’omesso esame, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, di fatto storico decisivo, oggetto di discussione tra le parti, dovendo la motivazione della sentenza essere ritenuta apparente o manifestatamente illogica o contraddittoria in piu’ parti.
2. Le prime tre censure, da trattare unitariamente in quanto connesse, sono infondate.
Come affermato piu’ volte da questa Corte, le dichiarazioni dei redditi dell’obbligato hanno una funzione tipicamente fiscale, sicche’ nelle controversie relative a rapporti estranei al sistema tributario (nella specie, concernenti l’attribuzione o la quantificazione dell’assegno di mantenimento) non hanno valore vincolante per il giudice, il quale, nella sua valutazione discrezionale, puo’ fondare il suo convincimento su altre risultanze probatorie (Cass. 13592/2006; Cass. 17199/2013; Cass. 18196/2015). Invero, l’articolo 156 c.c., comma 2, stabilisce che il giudice debba determinare la misura dell’assegno tenendo conto non solo dei redditi delle parti ma anche di altre circostanze non indicate specificatamente, ne’ determinabili “a priori”, ma da individuarsi in tutti quegli elementi fattuali di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito ed idonei ad incidere sulle condizioni economiche delle parti, la cui valutazione, peraltro, non richiede necessariamente l’accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi (Cass. 605/2017).
La Corte d’appello, in ordine alla situazione economica reddituale del (OMISSIS), il quale (chiedendo la modifica delle statuizioni economiche della sentenza di primo grado) adduceva di avere chiuso l’attivita’ di idraulico, nel 2012, di essere disoccupato ed alla ricerca di nuova occupazione, di vivere grazie al contributo dell’attuale convivente, ha affermato che erano “poco credibili” sia le deduzioni del (OMISSIS) in ordine allo stato di disoccupazione, avendo lo stesso “una professionalita’ sempre richiesta, quale quella dell’idraulico, settore che non conosce crisi”, ed in ordine alla necessita’ di ricorrere all’aiuto della attuale compagna convivente, avendo quest’ultima “uno stipendio di soli 1.050 mensili”, sia le dichiarazioni fiscali degli anni precedenti. La Corte ha concluso nel senso di ritenere che il (OMISSIS) svolgesse “attivita’ di lavoro magari in nero” o disponesse di “accantonamenti”, trattandosi comunque di “soggetto in salute, giovane, con capacita’ lavorativa specifica e che puo’ adattarsi a reperire altro lavoro”.
Ora, il ricorso alle nozioni di comune esperienza (fatto notorio) attiene all’esercizio di un potere discrezionale riservato al giudice di merito (Cass. 4051/2007; Cass. 11729/2009) ma, comportando una deroga al principio dispositivo ed al contraddittorio, in quanto introduce nel processo civile prove non fornite dalle parti e relative a fatti dalle stesse non vagliati ne’ controllati, va inteso come fatto acquisito alle conoscenze della collettivita’ con grado di certezza; di conseguenza, non si possono reputare rientranti nella nozione di fatti di comune esperienza, intesa quale esperienza di un individuo medio in un dato tempo e in un dato luogo, quegli elementi valutativi che implicano cognizioni particolari, o anche solo la pratica di determinate situazioni, ne’ quelle nozioni che rientrano nella scienza privata del giudice, poiche’ questa, in quanto non universale, non rientra nella categoria del notorio (cosi’, Cass. 14063/2014; Cass. 6299/2014; Cass. n. 2808/2013). Vanno, pertanto, esclusi da tale nozione un evento o una situazione soltanto probabile (Cass. n. 16881 del 05/07/2013) ovvero “le opinioni sociologiche meramente soggettive e regole di parziale valutazione della realta’” (Cass.22950/2014).
Tuttavia, nella specie, la Corte ha operato una valutazione comparativa dei redditi dei due coniugi e del tenore di vita coniugale goduto in costanza di matrimonio, limitandosi a ritenere, all’esito di tale vaglio, non credibile la attuale situazione di disoccupazione del coniuge obbligato al mantenimento dell’altro coniuge e dei figli, tenuto conto delle condizioni personali (eta’, salute) e della professionalita’ specifica (idraulico), il che non tradisce l’utilizzo di criteri di notorieta’ giuridicamente inesatti o di mere congetture.
3. Il quarto motivo e’ inammissibile, alla luce della nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5. Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 8053-8054/2014) hanno affermato che “la riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione”. Non sono quindi piu’ ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorieta’ e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimita’ sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’articolo 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullita’ della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorieta’” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione puo’ essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. 23940/2017).
Ora, non viene denunciato un omesso esame di specifico e decisivo fatto storico, quanto l’apprezzamento delle risultanze istruttorie e la valutazione dei fatti difforme rispetto a quella prospettata dal ricorrente.
4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Non v’e’ luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimata svolto attivita’ difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Dispone che, ai sensi del Decreto Legislativo n. 198 del 2003, articolo 52, siano omessi le generalita’ e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.