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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 14 febbraio 2018, n. 3602
in caso di fallimento del debitore gia’ assoggettato ad espropriazione presso terzi, l’azione con la quale il curatore fa valere l’inefficacia, ai sensi della L. Fall., articolo 44, del pagamento eseguito dal “debitor debitoris” al creditore assegnatario, ha ad oggetto un atto estintivo di un debito del fallito, a lui riferibile in quanto effettuato con il suo denaro e in sua vece, sicche’ va esercitata nei soli confronti delraccipiens”, ossia di colui che ha effettivamente beneficiato dell’atto solutorio.
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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 14 febbraio 2018, n. 3602
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente
Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
Dott. CENICCOLA Aldo – est. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 16247/2012 proposto da:
FALLIMENTO (OMISSIS) s.p.a., (CF (OMISSIS)), in persona del curatore, rapp.to e difeso per procura in calce al ricorso dall’avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, (CF (OMISSIS)), in persona del Ministro p.t., e AGENZIA DELLE ENTRATE (CF (OMISSIS)), in persona del Direttore p.t., rapp.ti e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma alla v. dei Portoghesi n. 12;
– controricorrenti –
e contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 2934 del 2011 della Corte di Appello di Roma, depositata il 4 luglio 2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 12 ottobre 2017 dal relatore dr. Aldo Ceniccola.
RILEVATO
che:
con sentenza n. 2934 del 2011 la Corte di Appello di Roma respingeva l’appello principale proposto dalla curatela del fallimento (OMISSIS) s.p.a. e l’appello incidentale proposto dal Ministero dell’Economia e Finanze e dall’Agenzia delle Entrate, avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Latina aveva respinto la domanda di accertamento negativo del credito vantato dai convenuti e avente ad oggetto la restituzione, da parte della curatela fallimentare, della somma di Euro 188.636,40 versate dall’Erario alla curatela nelle date del 22.10.1998 e 19.11.1998, nonche’ l’accertamento della responsabilita’ delle convenute in ordine alle attivita’ di recupero e pagamento di tale somma oltre alla condanna al risarcimento del danno subito;
esponeva la Corte che la societa’ poi fallita era titolare di un credito per Lire 205 milioni nei confronti dell’Ufficio Provinciale Iva di Latina per rimborsi attinenti all’Iva e che tale credito era stato pignorato presso il terzo debitore ai sensi dell’articolo 543 c.p.c. dalla (OMISSIS) (nelle more un giudizio tributario aveva poi accertato il diritto di (OMISSIS) di riscuotere tale somma, quale mandatario irrevocabile all’incasso per conto di (OMISSIS) s.p.a.);
nelle date del 22.10.1998 e 19.11.1998 l’Ufficio Iva aveva corrisposto la somma in favore della curatela e successivamente nel luglio del 2000 aveva anche pagato in favore del (OMISSIS) la somma di Lire 386.153.000;
il 22.8.2001 la curatela provvedeva a restituire la stessa somma al (OMISSIS) (ammesso al passivo quale creditore privilegiato), probabilmente indotta in errore da parte dell’Erario;
nel frattempo il 3.1.2000 l’Avvocatura dello Stato aveva richiesto la restituzione alla curatela delle somme versate il 22.10.1998 e 19.11.1998;
osservava dunque la Corte che innanzitutto andava disattesa la doglianza della curatela concernente la nullita’ della sentenza impugnata, atteso che comunque le conclusioni erano state ritualmente precisate innanzi allo stesso giudice di prime cure che poi aveva provveduto ad emettere il provvedimento terminativo del giudizio;
la domanda di accertamento negativo, spiegata dalla curatela circa la richiesta di restituzione delle somme avanzata dall’Erario, poi, doveva ritenersi infondata, atteso che allorche’ l’Ufficio Iva aveva versato alla curatela le somme di cui si tratta, aveva provveduto a pagare un debito non piu’ esistente, con conseguente diritto alla restituzione secondo le regole dell’indebito; il credito vantato dal debitore esecutato nei confronti del terzo assegnato doveva, infatti, considerarsi trasferito al creditore procedente per effetto dell’ordinanza di assegnazione e cio’ che rilevava per stabilire se il debitore esecutato fosse ancora titolare dell’originario credito verso il terzo assegnato non era la materiale dazione della somma in favore del creditore procedente, ma il passaggio della titolarita’ del credito che si realizza gia’ con il provvedimento di assegnazione;
sicche’ essendosi ormai estinta, per effetto dell’ordinanza di assegnazione, ogni ragione di credito in capo al debitore nei riguardi del terzo assegnato, il pagamento operato da questi in favore del primo andava ripetuto, con conseguente infondatezza della domanda di accertamento negativo proposta dalla curatela;
nemmeno poteva trovare applicazione l’articolo 1189 c.c.: in particolare l’appellante aveva sostenuto che l’Erario aveva eseguito il pagamento in favore della curatela quale creditore apparente ed avendo la curatela pagato a sua volta in favore del (OMISSIS), da un lato l’Erario, liberandosi dell’obbligazione, la aveva estinta e dall’altro, in forza dell’articolo 1189 c.c., comma 2 la stessa Curatela si era liberata dall’obbligo di restituire le somme all’erario;
tale ricostruzione non era condivisa dalla Corte sul rilievo che l’articolo 1189 c.c. non poteva venire in considerazione in quanto istituto afferente all’adempimento dell’obbligazione, laddove nel caso di specie si discuteva di un pagamento non dovuto eseguito dall’Erario;
anche la domanda risarcitoria veniva disattesa non essendo ravvisabile alcuna condotta colposa in capo all’Amministrazione consistita nell’avere indotto la curatela a ritenere doveroso il pagamento da essa operato in favore del (OMISSIS);
avverso tale sentenza la curatela ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi; resistono il Ministero dell’Economia e Finanze e l’Agenzia delle Entrate mediante controricorso, mentre (OMISSIS) e’ rimasto intimato; le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO
che:
con il primo motivo la curatela lamenta la violazione e falsa applicazione della L. Fall., articoli 44, 51 e 52, dell’articolo 543 c.p.c., dell’articolo 2928 c.c. e dei principi generali in materia fallimentare concernenti la “par condicio creditorum” avendo la Corte errato nell’attribuire all’ordinanza di assegnazione un effetto di cesura rispetto alle vicende successive ed in particolare alla dichiarazione di fallimento e al pagamento effettuato nei confronti della procedura concorsuale, riducendo l’applicazione della L. Fall., articolo 44 al rapporto tra fallito e creditore procedente;
con il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 281-sexies c.p.c. e la violazione del divieto di mutamento nella composizione del collegio, avendo, nel caso di specie, il giudice di primo grado gia’ fatto precisare le conclusioni fissando l’udienza di discussione ex articolo 281-sexies c.p.c., sicche’, pur essendo stata revocata tale ordinanza dal giudice successivo, la sentenza emessa da quest’ultimo proveniva comunque da un soggetto diverso da quello innanzi al quale erano state precisate le conclusioni;
con il terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1189 c.c., la contraddittorieta’ della motivazione su un fatto controverso e decisivo della controversia ex articolo 360 c.p.c., n. 5, la violazione dell’articolo 112 c.p.c. per omessa pronuncia e il vizio di omessa motivazione ex articolo 360 c.p.c., n. 5, sussistendo nel caso in esame tutti gli elementi, trascurati dalla Corte, dai quali dipende il riscontro della fattispecie del pagamento al creditore apparente e cioe’ l’esistenza di un soggetto tenuto al pagamento e l’adempimento nelle mani di un soggetto che, pur non essendo titolare del diritto, appariva tale sulla base di circostanze non equivoche;
il quarto motivo evidenzia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, avendo la Corte del tutto trascurato l’esistenza di un contesto probatorio, emerso all’esito del giudizio di primo grado, in forza del quale era evidente che il pagamento operato dalla curatela nei confronti del (OMISSIS) era stato il frutto di un affidamento ingenerato dal Ministero;
il primo motivo e’ infondato;
la questione introdotta dal ricorrente non riguarda direttamente il profilo, piu’ comunemente preso in considerazione dalla giurisprudenza di legittimita’, concernente l’individuazione del legittimato passivo nell’azione promossa L. Fall., ex articolo 44 per ottenere la declaratoria di inefficacia dei pagamenti operati dal terzo debitore in favore del creditore che abbia ottenuto l’assegnazione del credito pignorato a norma dell’articolo 553 c.p.c.;
sulla questione dell’individuazione del legittimato passivo dell’azione di inefficacia, infatti, questa Corte e’ ormai stabilmente orientata nel senso di ritenere che “in caso di fallimento del debitore gia’ assoggettato ad espropriazione presso terzi, l’azione con la quale il curatore fa valere l’inefficacia, ai sensi della L. Fall., articolo 44, del pagamento eseguito dal “debitor debitoris” al creditore assegnatario, ha ad oggetto un atto estintivo di un debito del fallito, a lui riferibile in quanto effettuato con il suo denaro e in sua vece, sicche’ va esercitata nei soli confronti delraccipiens”, ossia di colui che ha effettivamente beneficiato dell’atto solutorio” (Cass. n. 14779 del 2016);
la questione che si pone nel presente giudizio riguarda, piu’ radicalmente, la natura e la funzione dell’ordinanza di assegnazione, se essa sia di per se’ idonea a determinare il trasferimento del credito dal debitore esecutato al creditore procedente: cio’ perche’ riconoscendo al provvedimento una funzione immediatamente traslativa, consegue che il terzo assegnato che paghi dopo l’ordinanza di assegnazione al debitore esecutato pone in essere un pagamento indebito, suscettibile di essere ripetuto mediante l’azione di restituzione;
tale ricostruzione determina l’infondatezza, come ritenuto dai giudici di merito, della domanda di accertamento negativo svolta dalla curatela;
in effetti questa Corte ha, almeno in un paio di occasioni, condivisibilmente rimarcato la valenza traslativa dell’ordinanza di assegnazione;
secondo Cass. n. 7508/2011 “in tema di espropriazione presso terzi, l’ordinanza di assegnazione al creditore del credito spettante verso il terzo al debitore esecutato, opera il trasferimento coattivo ed immediato del credito stesso al creditore pignorante, alla stregua di una “datio in solutum”, oltre che la conclusione dell’espropriazione; peraltro l’assegnazione del credito, in quanto disposta in pagamento salvo esazione ai sensi dell’articolo 553 c.p.c., non opera anche l’immediata estinzione del credito per cui si e’ proceduto in via esecutiva, la quale e’ assoggettata alla condizione sospensiva del pagamento che il terzo assegnato esegua al creditore assegnatario, evento con il quale si realizza il duplice effetto estintivo del debito del “debitor debitoris” nei confronti del debitore esecutato e del debito di quest’ultimo verso il creditore assegnatario”;
secondo Cass. 25421/2015 (in parte motiva), poi, “nel caso di pagamento coattivo mediante assegnazione di credito, in cui si verifica (come in altri casi) una scissione tra il momento depauperativo e quello satisfattivo, il primo realizzandosi con l’assegnazione coattiva del credito ed il secondo con il successivo adempimento del terzo, e’ al provvedimento giudiziale di assegnazione che bisogna fare riferimento”; intende la Corte, in questa sede, dare continuita’ a tale orientamento, con la conseguenza di dover ritenere che, per effetto dell’ordinanza di assegnazione, la fallita e’ stata del tutto spogliata della titolarita’ del credito (ancor prima del pagamento operato dal terzo assegnato verso il creditore procedente) e dunque del tutto infondata deve considerarsi la pretesa di trattenere la somma corrisposta dall’Erario, oggetto sostanziale della domanda di accertamento negativo;
il secondo motivo e’ infondato;
revocando nel corso del giudizio di primo grado il provvedimento del 27.10.2005, il nuovo giudice invito’ le parti a precisare nuovamente le conclusioni, sicche’ non ha alcun fondamento la doglianza del ricorrente circa la presunta violazione del principio di immutabilita’ del giudice;
con il terzo motivo il ricorrente ha evidenziato che, in virtu’ dei rapporti interni intercorsi tra le parti, il pagamento effettuato dall’Erario alla procedura fallimentare avrebbe dovuto essere regolato dall’articolo 1189 c.c. ed il pagamento effettuato da quest’ultima nei confronti del (OMISSIS) dal secondo comma della medesima disposizione, sicche’ in entrambe le prospettive la conseguenza sarebbe quella dell’effetto estintivo del rapporto obbligatorio;
la Corte territoriale ha – tuttavia – escluso l’applicabilita’ della norma invocata, evidenziando che mentre l’articolo 1189 c.c. e’ istituto che riguarda l’adempimento dell’obbligazione, nel caso in esame l’Erario avrebbe invece eseguito un pagamento non dovuto;
in realta’ la ritenuta esclusione dell’articolo 1189 c.c. e’ corretta ma per una ragione differente da quella evidenziata dalla Corte territoriale: il pagamento al creditore apparente costituisce una fattispecie che, facendo leva sulla valorizzazione dei principi dell’affidamento e della tutela dell’ignoranza incolpevole, e’ invocabile dal debitore che abbia eseguito l’adempimento nelle mani di un soggetto non legittimato, al fine di profittare dell’effetto liberatorio connesso alla dimostrazione di uno stato di buona fede oggettiva riposta su una situazione di fatto apparentemente corrispondente a quella di diritto, sicche’ l’effetto estintivo si produce a tutela del debitore per evitare che quest’ultimo sia costretto ad un doppio adempimento (ed onerando conseguentemente il creditore apparente a restituire la prestazione al vero creditore secondo le regole dell’indebito oggettivo), tanto e’ vero che la norma condiziona l’effetto estintivo alla dimostrazione, da parte del debitore, di uno stato di buona fede;
ne consegue che nel caso in esame l’articolo 1189 c.c. non puo’ trovare applicazione, non solo perche’ viene invocata l’operativita’ del meccanismo da parte di un soggetto differente da quello nel cui interesse la fattispecie e’ contemplata (tanto e’ vero che il soggetto portatore di quell’interesse nemmeno ha provveduto a dimostrare la propria buona fede al momento del pagamento), ma anche perche’, sotto il profilo strutturale, la fattispecie presenta innegabili divergenze con quella contemplata dall’articolo 1189 c.c. avendo a sua volta il debitore eseguito anche l’adempimento nelle mani del reale titolare del diritto di credito in data 18.7.2000 a seguito della sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Roma;
il quarto motivo e’ infondato;
la curatela si duole dell’omessa valorizzazione, da parte della Corte territoriale, del contesto probatorio emerso all’esito del giudizio di primo grado, idoneo a dimostrare che il pagamento effettuato dal fallimento in favore del (OMISSIS) costitui’ il frutto di un falso affidamento ingenerato dal Ministero delle Finanze, e del conseguente rigetto della domanda risarcitoria;
sul punto, tuttavia, la sentenza della Corte di Appello, dopo aver preso in considerazione gli elementi probatori raccolti dal Tribunale, non ha ravvisato alcuna condotta colposa dell’Amministrazione, tale da indurre la curatela a ritenere doveroso il pagamento delle somme in favore del (OMISSIS), venendo dunque in rilievo una questione concernente l’apprezzamento del quadro probatorio che, in quanto sorretto da congrue argomentazioni, e’ incensurabile in sede di legittimita’;
le considerazioni che precedono impongono in definitiva il rigetto del ricorso; le spese della fase di legittimita’ seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione sostenute dal controricorrente, liquidate in Euro 7.500 (di cui Euro 200 per esborsi) oltre accessori come per legge e contributo spese generali; nulla per le spese nei confronti dell’intimato.