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nella liquidazione del danno non patrimoniale, l’applicazione di criteri diversi da quelli risultanti dalle tabelle predisposte dal Tribunale di Milano puo’ essere fatta valere in sede di legittimita’, come vizio di violazione di legge, soltanto quando in grado di appello il ricorrente si sia specificamente doluto della mancata liquidazione del danno in base ai valori delle tabelle milanesi ed abbia altresi’ versato in atti dette tabelle.
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Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente
Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27492/2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona del sig. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unicamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4058/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 10/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/12/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.
RITENUTO IN FATTO
che:
1. (OMISSIS) ha convenuto dinanzi al Tribunale di Nola la ” (OMISSIS) Spa”, in qualita’ di impresa designata dal FGVS per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti a seguito di un sinistro stradale, occorso il (OMISSIS), in cui il veicolo antagonista che lo aveva violentemente tamponato si era successivamente dileguato senza consentire la sua identificazione ed omettendo di prestare il dovuto soccorso.
2. Il Tribunale adito, ritenuta la esclusiva responsabilita’ del conducente della vettura rimasta sconosciuta, accoglieva parzialmente le richieste dell’attore condannando la compagnia convenuta al pagamento della somma complessiva di Euro 141.312,50 per i titoli dedotti, oltre accessori e spese.
3. La Corte d’Appello di Napoli, adita dal (OMISSIS) per la riforma della sentenza con esclusivo riferimento al quantum debeatur liquidato, respingeva il gravame proposto, condannandolo alle spese di lite.
4. Per la cassazione della sentenza d’appello sono stati proposti quattro motivi supportati da memoria difensiva.
La compagnia di assicurazione intimata ha presentato controricorso nonche’ memoria ex articolo 380 bis c.p.c., comma 1.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
1. Con il primo motivo, deducendo ex articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli articoli 1226, 2056 e 2059 c.c. ed articoli 3 e 32 Cost., il ricorrente censura la sentenza impugnata lamentando che la Corte d’Appello aveva ritenuto congrua la liquidazione del primo giudice, violando in tal modo quanto disposto dall’articolo 2059 c.c., cosi’ come interpretato da questa Corte che aveva indicato le Tabelle del Tribunale di Milano come parametro per la liquidazione del danno biologico: lamenta che la quantificazione confermata era fondata su un criterio equitativo puro, privo di parametri, e che era stata omessa qualsiasi valutazione delle poste di danno specificamente richieste.
Il motivo e’ inammissibile.
Il ricorrente lamenta che la Corte d’Appello, confermando acriticamente la decisione del Tribunale di Nola, aveva avallato una determinazione del danno biologico contraria alla corretta interpretazione degli articoli 1226, 2056 e 2059 c.c. e fondata sull’equita’ pura, nonostante che, sulla base del noto arresto portato da Cass. 12408/2011, fosse stato affermato che, al fine di garantire l’uniformita’ delle liquidazioni sull’intero territorio nazionale, dovesse farsi riferimento alle tabelle del Tribunale di Milano e che la mancata applicazione di esse avrebbe comportato il vizio di violazione di legge. Inoltre,pur dando atto che la determinazione del quantum era stata commisurata ad un punto base indicato in Euro 3335,00, si duole del fatto che la Corte d’appello avesse ritenuto congrua la quantificazione.
Al riguardo – rilevato che le tabelle del Tribunale di Milano non sono mai state prodotte dal ricorrente nel grado d’appello – si osserva che la censura proposta non tiene conto della ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. fra le tante Cass. 24205/2014; Cass. 3015/2016 e Cass. 12397/2016) che ha affermato che “nella liquidazione del danno non patrimoniale, l’applicazione di criteri diversi da quelli risultanti dalle tabelle predisposte dal Tribunale di Milano puo’ essere fatta valere in sede di legittimita’, come vizio di violazione di legge, soltanto quando in grado di appello il ricorrente si sia specificamente doluto della mancata liquidazione del danno in base ai valori delle tabelle milanesi ed abbia altresi’ versato in atti dette tabelle”.
Il motivo, pertanto, non puo’ trovare ingresso in questa sede non potendosi neanche configurare il vizio lamentato.
2. Con il secondo motivo, richiamando l’articolo 360, n. 3, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1226, 2056 e 2059 c.c. ed articoli 3 e 32 Cost., oltre che dell’articolo 2727 c.c. e dell’articolo 115 c.p.c.: lamenta, al riguardo, che la Corte d’Appello aveva omesso di considerare il pregiudizio da lui complessivamente subito e la sussistenza del”danno biologico da lucro cessante” quale autonoma posta risarcitoria da liquidarsi secondo equita’, ed aveva erroneamente ritenuto che il CTU avesse ricompreso tale voce nella percentualizzazione del danno alla salute: assumeva che,invece, l’ausiliare aveva dato chiaramente atto, nella sua relazione, della sussistenza di ripercussioni sul danno patrimoniale e, conseguentemente, della evidente perdita di chances derivante dal complesso patologico riportato.
Il motivo e’ inammissibile perche’, oltre a partire da una erronea ed ambigua definizione (“danno biologico da lucro cessante”), confondendo gli aspetti patrimoniali della riduzione della capacita’ lavorativa generica con quelli non patrimoniali collegati a presumibili perdite di chances connesse al danno alla salute residuato, chiede a questa Corte una rivalutazione del merito della decisione in punto di “quantum” non consentita nel giudizio di legittimita’, formulando una censura generica e non fornendo alcun parametro idoneo ad una statuizione diversa da quella che, sulla base della domanda formulata, la Corte d’Appello ha correttamente assunto.
3. Con il terzo motivo, sempre richiamando l’articolo 360 c.p.c., n. 3 e la violazione dell’articolo 1226, 2056 e 2059 c.c. ed articoli 3 e 32 Cost., oltre che dell’articolo 2727 c.c. e dell’articolo 115 c.p.c., ha dedotto l’incongrua quantificazione del “danno morale”effettuata dal primo giudice e condivisa dalla Corte d’Appello, liquidazione insufficiente (Euro 35.000,00), effettuata in via equitativa e priva di una idonea personalizzazione rispetto alle peculiari vicende del caso concreto, tenuto conto delle complessive ripercussioni (alla vita di relazione ed all’equilibrio psichico) derivanti dal grave complesso patologico residuato, nel quale doveva ricomprendersi anche la perdita del visus di un occhio.
Il motivo e’ inammissibile perche’ con esso il ricorrente contesta la valutazione che la Corte d’Appello, condividendo la sentenza del Tribunale di Nola, ha confermato in ordine alla quantificazione degli aspetti morali del danno che, considerata la motivazione resa nei gradi di merito,risulta congrua e riferita adeguatamente, in termini di proporzionalita’, al danno biologico riscontrato: e tanto premesso in ordine alla adeguatezza della motivazione rispetto alle censure proposte, il rilievo mosso alla sentenza impugnata postula una rivalutazione di merito della questione in esame, non consentita al giudice di legittimita’. Con il quarto motivo, richiamando l’articolo 360, n. 4, il ricorrente deduce la nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 342 c.p.c. ed articolo 91 c.p.c.: lamenta, al riguardo, che la Corte d’Appello aveva dichiarato inammissibile il gravame sulle spese, affermando erroneamente, a fronte della notula prodotta, che l’unico limite del giudice nella liquidazione delle spese di lite consisteva nell’osservanza dei limiti minimi e massimi delle tariffe vigenti, non avvedendosi, pertanto, che il primo giudice le aveva determinate d’ufficio con determinazione indistinta e globale, in quanto tale illegittima.
4. Il quarto motivo e’ inammissibile per mancanza di autosufficienza e conseguente violazione dell’articolo 366 c.p.c., n. 6: non e’ stata riportata, infatti, nel corpo del ricorso la notula che il ricorrente asserisce di aver prodotto ne’ e’ stata indicata la sede (processuale) nella quale essa puo’ essere rinvenuta (cfr. Cass. 8569/2013; Cass. 22607/2014) dalla quale, soltanto, potrebbe desumersi una illegittima decurtazione dei diritti ed una liquidazione degli onorari al disotto dei minimi, posto che la motivazione resa sul punto dalla Corte d’Appello descrive una carenza di allegazione e prove che risulta immune da possibili censure e quindi non rientrante nel vizio (nullita’ della sentenza) dedotto nel motivo in esame.
In conclusione, il ricorso e’ inammissibile.
Le spese del grado di legittimita’ sono poste a carico del ricorrente e sono liquidate in relazione al valore indeterminabile della controversia.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere alla (OMISSIS) Spa le spese del grado che liquida in complessivi Euro 10.200,00 oltre accessori e rimborso forfettario spese generali nella misura di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.