il diritto alla restituzione delle somme pagate in esecuzione di una sentenza di condanna, successivamente (impugnata e) riformata, soggiace, ai sensi degli articoli 2033 e 2946 c.c., al termine di prescrizione decennale, che inizia a decorrere dal giorno in cui e’ divenuto definitivo – con la riforma della sentenza predetta – l’accertamento dell’indebito.
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 27789 dell’anno 2015, proposto da:
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) avvocati difensori di se’ stessi, rappresentati e difesi altresi’, giusta procura a margine del ricorso, dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
nei confronti di:
REGIONE CALABRIA, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Presidente della Giunta Regionale, legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso, giusta procura a margine del controricorso, dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Catanzaro n. 374/2015, pubblicata in data 19 marzo 2015;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 22 gennaio 2018 dal consigliere Augusto Tatangelo;
uditi:
il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Soldi Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
l’avvocato (OMISSIS) e l’avvocato (OMISSIS), per delega di (OMISSIS), per i ricorrenti.
FATTI DI CAUSA
La Regione Calabria ha agito in giudizio nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) per ottenere la restituzione delle somme loro versate in esecuzione di una sentenza di condanna del Pretore di Reggio Calabria in seguito definitivamente annullata per difetto di giurisdizione.
I convenuti hanno chiesto in via riconvenzionale la condanna della Regione al pagamento delle prestazioni rese in suo favore, per cui era stata originariamente condannata.
La domanda della Regione e’ stata accolta dal Tribunale di Catanzaro, che ha dichiarato inammissibili quelle proposte dai convenuti in via riconvenzionale.
La Corte di Appello di Catanzaro ha confermato la decisione di primo grado.
Ricorrono il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), sulla base di sedici motivi.
Resiste con controricorso la Regione Calabria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Premessa.
Il ricorso e’ formulato in modo poco chiaro ed e’ di difficile lettura, in quanto contiene l’esposizione di una serie di distinte censure aventi in molti casi il medesimo oggetto, spesso formulate in modo prolisso e ripetitivo, e di cui non sempre risulta agevolmente comprensibile il senso.
Si impone quindi, onde consentire un adeguato sviluppo logico della decisione, in primo luogo la trattazione congiunta dei motivi che riguardano la questione (pregiudiziale) della giurisdizione sull’azione proposta dalla Regione, per poi procedere all’esame di quelli relativi all’eccezione di prescrizione di detta azione e di quelli attinenti alle domande riconvenzionali proposte dai convenuti, riservando infine un esame distinto alle ulteriori censure non riguardanti le predette questioni.
2. Motivi attinenti alla giurisdizione sull’azione principale della Regione Calabria.
Hanno ad oggetto la questione pregiudiziale della giurisdizione sull’azione restitutoria proposta della Regione, il secondo ed il nono motivo del ricorso.
Con il secondo motivo si denunzia “Violazione dell’articolo 37 c.p.c., articolo 382 c.p.c. e ss., articolo 389 c.p.c. attinenti alla giurisdizione in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 1”.
Con il nono motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione della L. 18 giugno 2009, n. 69, articolo 59 nonche’ L. n. 1034 del 1971, art., commi 3 e 4 e succ. mod.”.
Tali motivi sono infondati.
Secondo i ricorrenti, la giurisdizione sull’azione di ripetizione proposta dalla Regione Calabria spetterebbe al giudice amministrativo, in coerenza con quanto definitivamente accertato in relazione alla loro originaria domanda di merito accolta con la sentenza pretorile riformata dopo essere stata portata ad esecuzione.
In realta’, come correttamente rilevato dalla corte di appello, l’azione di ripetizione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di primo grado successivamente riformata costituisce una ordinaria azione restitutoria di diritto privato, e la giurisdizione su di essa prescinde dalla natura e dal titolo del credito oggetto del pagamento. Non si pone nella specie, quindi, alcun problema di giurisdizione: trattandosi di diritti soggettivi, essa spetta al giudice ordinario (Cassazione Sezioni Unite n. 7949/2016 – 01: “l’azione di restituzione della somma pagata in esecuzione di un lodo arbitrale dichiarato nullo – con sentenza confermata in cassazione – per sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo non rientra in questa giurisdizione, ma puo’ essere esercitata davanti al giudice ordinario, in modo autonomo, dovendosi assicurare l’effettivita’ della tutela del “solvens”, a prescindere dalle vicende dell’eventuale giudizio di rinvio, nella specie non disposto”; cfr. anche Sez. U, Ordinanza n. 12190 del 02/07/2004, Rv. 574077 – 01, che in motivazione chiarisce espressamente che la tutela del diritto soggettivo alla restituzione di quanto pagato in base a sentenza poi cassata appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, in un caso in cui, come nella specie, la sentenza di condanna posta in esecuzione era stata cassata senza rinvio per la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo).
Poiche’ d’altra parte la vicenda processuale ha avuto luogo quando non era ancora possibile la translatio iudicii in conseguenza della dichiarazione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, del tutto inconferente si rivela il richiamo all’articolo 389 c.p.c., disposizione che attribuisce proprio al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata senza rinvio la competenza sulle azioni restitutorie.
3. Motivi attinenti alla prescrizione dell’azione di ripetizione proposta dalla Regione.
Hanno ad oggetto la prescrizione dell’azione della Regione, il primo motivo, quelli dal terzo al sesto, nonche’ l’ottavo ed il sedicesimo.
Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 37 c.p.c. in riferimento agli articoli 2909 e 2935 c.c. e articolo 324 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 1”.
Con il terzo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione di legge, in relazione all’articolo 336 c.p.c., comma, n. 2 (ante riforma del 1990) e articolo 431 c.p.c., nonche’ all’articolo 293 c.c. e ss. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.
Con il quarto motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione di legge, in relazione all’articolo 336 c.p.c., comma , n. 2 (ante riforma del 1990), articolo 324 c.p.c., nonche’ dell’articolo 2934 c.c., articolo 2935 c.c. e ss. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.
Con il quinto motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione, articoli 2934 (Estinzione del diritto) – 2935 (Decorrenza della prescrizione) c.c. articolo 2984 c.c., n. 4 (Prescrizione di cinque anni) con riferimento all’articolo 360 c.p.c., nn. 1 e 3”.
Con il sesto motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione, articoli 324 c.p.c. – rif. articolo 360 c.p.c., n. 3 (ad integrazione del precedente motivo)”.
Con l’ottavo motivo si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione articolo 99 c.p.c. rif. Art. 360 c.p.c., n. 3”.
Con il sedicesimo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. ius superveniens, violazione di diritto, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.
Anche i motivi in esame sono infondati.
Va in primo luogo osservato che, trattandosi di azione di ripetizione di un pagamento effettuato (come e’ pacifico) all’esito di esecuzione forzata di un titolo giudiziario provvisoriamente esecutivo, ai fini del definitivo consolidamento del relativo diritto della Regione non occorreva alcun giudicato sostanziale sui diritti fatti valere in giudizio, ma esclusivamente il giudicato formale sulla decisione di secondo grado che, riformandola, aveva determinato l’inefficacia della sentenza di primo grado (e cioe’ del titolo posto in esecuzione), e con questa, in virtu’ dell’effetto espansivo esterno di cui all’articolo 336 c.p.c., comma 2, di tutti gli atti del relativo processo esecutivo.
E il predetto giudicato nella specie si e’ certamente formato al momento della pubblicazione (e non della semplice decisione, che non ha alcun rilievo esterno) della sentenza di legittimita’ di conferma di quella di secondo grado.
Per quanto riguarda la decorrenza e la durata della prescrizione, la decisione impugnata e’ del tutto conforme ai principi di diritto affermati in materia da questa Corte, anche in relazione alla formulazione temporalmente vigente dell’articolo 336 c.p.c., sia in tema di decorrenza che di durata della prescrizione. In base a tali principi “il diritto alla restituzione delle somme pagate in esecuzione di una sentenza di condanna, successivamente (impugnata e) riformata, soggiace, ai sensi degli articoli 2033 e 2946 c.c., al termine di prescrizione decennale, che inizia a decorrere dal giorno in cui e’ divenuto definitivo – con la riforma della sentenza predetta – l’accertamento dell’indebito” (Cass., Sez. L, Sentenza n. 3269 del 11/07/1989, Rv. 463345 – 01; nel medesimo senso, con riguardo alla possibilita’ di agire in ripetizione solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza di riforma di quella eseguita: Sez. U, Sentenza n. 5186 del 09/05/1991, Rv. 472080 01; Sez. 2, Sentenza n. 3023 del 28/03/1994, Rv. 485963 01; Sez. 3, Sentenza n. 13635 del 05/11/2001, Rv. 549997 01; del tutto irrilevante in proposito e’ la questione della provvisoria esecutivita’ della sentenza di primo grado, in quanto emessa all’esito di un giudizio soggetto al rito del lavoro, in quanto l’articolo 336 c.p.c., nel testo anteriore alle riforme del 1990, era applicabile anche con riguardo a dette sentenze: cfr. ad es. Cass., Sez. L, Sentenza n. 2348 del 12/04/1980, Rv. 406040 – 01: “anche nel rito del lavoro, la sentenza di appello che riforma quella di primo grado provvisoriamente esecutiva non fa venir meno gli atti di esecuzione gia’ posti in essere che restano in vita fino al passaggio in giudicato della sentenza di riforma”; Sez. L, Sentenza n. 4563 del 15/07/1980, Rv. 408398 – 01; Sez. L, Sentenza n. 1721 del 17/02/1988, Rv. 457727 – 01).
La decisione impugnata, in applicazione degli enunciati principi, ha individuato correttamente la data di decorrenza e la durata della prescrizione dell’azione di ripetizione proposta dalla Regione, ed ha escluso che la suddetta prescrizione fosse maturata.
Le censure dei ricorrenti si rivelano pertanto prive di fondamento.
4. Motivi attinenti alle domande riconvenzionali dei ricorrenti.
Hanno ad oggetto le domande riconvenzionali dei ricorrenti, volte ad ottenere il pagamento dei compensi loro spettanti in virtu’ delle prestazioni rese in favore della Regione e gia’ loro riconosciuti con la originaria sentenza pretorile poi riformata per difetto di giurisdizione, i motivi dal decimo al tredicesimo. Con il decimo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione di legge, in relazione all’articolo 2233 c.c., all’articolo 2702 c.c. e ss. in materia di prova documentale, articolo 191 c.p.c. e ss, articolo 210 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.
Con l’undicesimo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione di legge, in relazione all’articolo 2233 c.c., all’articolo 432 c.p.c., articolo 1226 c.c., omessa pronuncia in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.
Con il dodicesimo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 2233 c.c. articolo 2934 c.c. e ss., articolo 167 c.p.c., articolo 343 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.
Con il tredicesimo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4”. Tali motivi sono inammissibili.
Come emerge dalla sentenza impugnata, l’appello proposto dai convenuti con riguardo alla dichiarazione di inammissibilita’ delle loro domande riconvenzionali da parte del tribunale e’ stato dichiarato a sua volta inammissibile dalla corte di appello, in quanto la censura e’ stata ritenuta “del tutto avulsa dalla motivazione della sentenza di primo grado”.
L’indicata ragione, di carattere processuale, della decisione di secondo grado, non risulta specificamente censurata, il che determina il giudicato interno su di essa, con assorbimento di ogni altra questione relativa alle suddette domande riconvenzionali.
Nel ricorso, del resto, non viene adeguatamente chiarito il contenuto esatto della decisione di primo grado relativa alle domande riconvenzionali in questione, e non e’ specificamente richiamato il contenuto del gravame avanzato dai ricorrenti sul punto, di modo che non sarebbe comunque possibile verificare ne’ la correttezza della decisione di secondo grado in ordine all’inammissibilita’ dell’appello, ne’ comunque il fondamento nel merito delle censure esposte.
5. Gli ulteriori motivi di ricorso.
Con il settimo motivo si denunzia “Violazione dell’articolo 112 c.c. nullita’ della sentenza per omessa pronuncia in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.
Con il quattordicesimo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. per omessa pronuncia su Iva e interessi, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.
Con il quindicesimo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. sull’eccezione di compensazione, violazione di diritto, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.
Neanche questi ulteriori motivi possono trovare accoglimento.
5.1 I settimo motivo e’ assolutamente incomprensibile: non e’ chiarito in modo intellegibile l’oggetto dell’omessa pronuncia denunziato dai ricorrenti. In ogni caso, per quanto emerge dagli atti, la decisione impugnata si e’ pronunciata su tutte le domande proposte.
5.2 Con il quattordicesimo motivo si deduce omissione di pronuncia in ordine all’ottavo motivo di appello, riguardante IVA e interessi sulle somme chieste in restituzione.
Ma, diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, la corte di appello si e’ espressamente pronunciata su tali questioni, rigettandole nel merito, precisamente al capitolo 7 (a pag. 14, con particolare riguardo all’importo da restituire ed ai relativi accessori tributari, e con esplicito richiamo all’ottavo motivo di gravame) ed al capitolo 3 (a pag. 10, con riguardo agli interessi, ed anche qui con l’esplicito richiamo all’ottavo motivo di gravame) della sentenza impugnata.
Il motivo e’ quindi infondato.
5.3 Il quindicesimo motivo, relativo alla proposizione dell’eccezione di compensazione nella comparsa di risposta in primo grado, infine, prospetta un errore percettivo di tipo revocatorio, non ammissibile nella presente sede.
6. Il ricorso e’ rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dala L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte:
– rigetta il ricorso;
– condanna i ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimita’ in favore dell’ente controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 11.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonche’ spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.