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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 6 ottobre 2016, n. 20025
il rapporto della polizia fa piena prova, fino a querela di falso, solo delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti come avvenuti in sua presenza mentre, per quanto riguarda le altre circostanze di fatto che egli segnali di avere accertato nel corso dell’indagine, per averle apprese da terzi o in seguito ad altri accertamenti, il verbale, per la sua natura di atto pubblico, ha pur sempre un’attendibilita’ intrinseca che puo’ essere infirmata solo da una specifica prova contraria.
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Integrale
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente
Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Consigliere
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. RUBINO Lina – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15006-2013 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) difensore di se’ medesimo giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE CATANZARO, in persona del legale rappresentante pro tempore Commissario Straordinario Dr.ssa (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso notificato;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1060/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 12/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/06/2016 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DE PROCESSO
La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza depositata il 12 ottobre 2012, a modifica della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da (OMISSIS) nei confronti dell’Amministrazione Provinciale di Catanzaro volta ad ottenere il risarcimento dei danni riportati a seguito di una caduta mentre era bordo di una moto, causata da un avvallamento stradale in Catanzaro, di fronte all’ingresso della Polizia di Stato.
Avverso detta sentenza propone ricorso (OMISSIS) con due motivi, illustrati da memoria.
Resiste l’Amministrazione Provinciale di Catanzaro.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione o falsa applicazione dell’articolo 2700 c.c. ex articolo 360 c.p.c., n. 3.
Sostiene il ricorrente che i giudici di appello hanno erroneamente attribuito fede privilegiata postuma al rapporto della polizia municipale, contrastato delle altre risultanze processuali quali la sentenza del giudice di pace, la deposizione del teste (OMISSIS), la relazione medica del c.t.u.
2. Il motivo e’ infondato.
La Corte di appello ha ritenuto che,sulla base degli accertamenti della Polizia Municipale, dai quali si evinceva che le tracce di frenata della moto iniziavano ben prima dell’avvallamento del manto stradale; considerando la dichiarazione della stessa (OMISSIS) ai Vigili Urbani, che aveva affermato di aver dovuto frenare a causa di una frenata improvvisa dell’auto che la precedeva, per cui aveva perso il controllo della moto ed era caduta, mancava la prova che l’incidente fosse avvenuto a causa della presenza dell’ avvallamento nella strada.
3. Si osserva che il rapporto della polizia fa piena prova, fino a querela di falso, solo delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti come avvenuti in sua presenza mentre, per quanto riguarda le altre circostanze di fatto che egli segnali di avere accertato nel corso dell’indagine, per averle apprese da terzi o in seguito ad altri accertamenti, il verbale, per la sua natura di atto pubblico, ha pur sempre un’attendibilita’ intrinseca che puo’ essere infirmata solo da una specifica prova contraria. Cass. Sentenza n. 22662 del 09/09/2008.
4. La Corte di appello non e’ incorsa nella dedotta violazione dell’articolo 2700 c.c., ma ha tenuto conto degli accertamenti relativi alle tracce di frenata della moto rispetto a luogo dove era avvenuta la caduta effettuati dalla Polizia Municipale giunta sul luogo nell’immediatezza dell’incidente e documentati anche dalle fotografie in atti.
Gli accertamenti in oggetto, per il particolare affidamento che si deve all’organo che li ha effettuati, unitamente alla circostanza che la polizia e’ intervenuta immediatamente dopo l’incidente unitamente alla circostanza che la versione dell’incidente fornita dalla danneggiate e’ compatibile con gli stessi, li rendono attendibili pur senza attribuire ad essi fede privilegiata.
La censura relativa al presunto contrasto fra gli accertamenti della Polizia Municipale e le altre risultanze istruttorie e’ inammissibile perche’ richiede una nuova rivalutazione del merito non consentita in sede di legittimita’.
5. Con il secondo motivo di ricorso si denunzia omesso esame di un fatto decisivo che e’ stato oggetto di discussione fra le parti.
Il motivo e’ inammissibile.
La rivalutazione delle risultanze probatorie per giungere ad un accertamento del fatto diverso da quello motivatamente fatto proprio dai giudici di merito era inammissibile nella vigenza della precedente formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 ed ancor piu’ oggi, nella vigenza del nuovo articolo 360 c.p.c., n. 5.
Si ricorda che la sentenza impugnata e’ stata depositata il 12/10/2012 e di conseguenza alla stessa si applica la nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5.
6. L’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
La riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 La ricorrente nelle formulare la censura di vizio di motivazione non si adegua al modello legale introdotto dall’articolo 360 c.p.c., n. 5.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento di spese processuali liquidate in Euro 3.200,00,di cui Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.