Corte di Cassazione, Sezioni Unite civile Sentenza 19 gennaio 2018, n. 1412
in tema di pubblico impiego privatizzato, la domanda diretta al riconoscimento del diritto alle differenze retributive, spettanti per il dedotto espletamento di mansioni proprie di una posizione dirigenziale superiore a quella attribuita, ha ad oggetto una posizione di diritto soggettivo perfetto, la cui fonte consiste in un atto di gestione del rapporto di lavoro dirigenziale, sicche’ appartiene alla giurisdizione del Giudice ordinario, cui e’ attribuito il potere di disapplicare gli eventuali atti amministrativi presupposti illegittimi (nella specie, la norma regolamentare dell’INPS che classificava di livello dirigenziale non generale la funzioni di direttore regionale), incidenti sulle posizioni di diritto soggettivo derivanti dal rapporto lavorativo.
Integrale
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f.
Dott. PICCININNI Carlo – Presidente di Sez.
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez.
Dott. BRONZINI Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere
Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 20833/2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI SULMONA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 686/2016 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 7/07/2016.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/11/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE BRONZINI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
uditi gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) chiedeva al Tribunale del lavoro di Sulmona il riconoscimento del proprio diritto all’attribuzione della qualifica dirigenziale come avvocato responsabile dell’Ufficio legale dell’ente Comune di Sulmona con le correlate statuizioni in ordine alle differenze retributive. Il Tribunale accoglieva la domanda; la Corte di appello di L’Aquila, su appello del Comune di Sulmona, con la sentenza impugnata in questa sede dichiarava, invece, il difetto di giurisdizione. Per la Corte territoriale, alla luce anche delle espresse conclusioni del ricorso introduttivo riportate in sentenza, il (OMISSIS) richiedeva il riconoscimento della natura dirigenziale dell’attivita’ svolta in conseguenza della qualifica di avvocato responsabile di un servizio legale comunale e non sulla base dell’accertamento delle mansioni concretamente svolte: pertanto si impugnava l’atto di macro – organizzazione adottato dal Comune nel 1988 che aveva inserito il servizio legale nell’ambito di un’area amministrativa cui era preposto un dirigente, il che rientrava nei poteri dell’Amministrazione come disposto dal Testo Unico sul pubblico impiego. La competenza a sindacare tali atti di macro-organizzazione spetta Decreto Legislativo n. 165 del 2001, ex articolo 63, al Giudice amministrativo: pertanto, in accoglimento dell’appello, dichiarava, come detto, il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario assegnando il termine di tre mesi per la riassunzione dinanzi al T.A.R. competente.
2. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il (OMISSIS) con due motivi; resiste il Comune con controricorso. Le parti hanno presentato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si allega la violazione dell’articolo 409 c.p.c. e segg.; Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articoli 63 e 60, nonche’ la violazione dei principi generali dell’ordinamento e dell’articolo 11 Cost.. La domanda proposta in primo grado era diretta all’accertamento in concreto dell’esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato di natura dirigenziale su cui – anche nel caso in cui il datore di lavoro sia un ente pubblico – la competenza giurisdizionale e’ riservata al Giudice ordinario, salvo i casi diversamente regolati per legge, per i rapporti iniziati dopo il 30.6.1998 come nel caso di specie.
2. Con il secondo motivo si allega la violazione del principio di non contestazione di cui all’articolo 115 c.p.c.. Il Comune nulla aveva dedotto in ordine alle circostanze di fatto descritte nel ricorso.
3. Il primo, complesso, motivo appare fondato e pertanto va accolto. La sentenza impugnata parte, sulla base della trascrizione del ricorso di primo grado, dall’assunto per cui “la tesi attorea recepita dal Tribunale non si fonda sul raffronto tra le mansioni svolte e le previsioni contrattuali collettive in materia di inquadramento dei lavoratori ma sul presupposto logico-argomentativo secondo cui l’attivita’ professionale di avvocate per le intrinseche caratteristiche, non puo’ che essere svolta in posizione di apicalita’ organizzativa.. ed obbligherete cosi’ ipso iure l’Ente a locale a strutturare la propria organizzazione attribuendo qualifica dirigenziale all’avvocato responsabile del settore legale” (pag. 3 della sentenza impugnata). Rileva ancora la Corte territoriale che ” la domanda cosi’ come formulata non mira tanto all’accertamento del contenuto professionale della specifica prestazione lavorativa offerta dall’avv.to (OMISSIS), tendendo piuttosto al generale riconoscimento della qualifica dirigenziale alla categoria degli avvocati responsabili dei servizi legali negli enti locali… Se cosi’ e’ l’accoglimento della domanda della domanda presuppone non tanto l’accertamento delle concrete mansioni espletate e della loro riconducibilita’ ad un inquadramento categoriale di livello dirigenziale, ma coinvolge necessariamente l’atto di macro- organizzazione che sta a monte e cioe’ la Delib. Comune di Sulmona n. 611 del 1998..” (pag. 3 della sentenza impugnata). Ora una simile interpretazione della domanda avanzata in primo grado, che viene contestata sotto svariati profili nel primo (complesso) motivo, non appare fondata e sembra essere stata seguita sulla base della mera lettura delle conclusioni del ricorso e non gia’ alla stregua di una lettura organica delle stesse alla luce delle prospettazioni fattuali e giuridiche dell’atto introduttivo. Nel ricorso si insiste a piu’ riprese sull’attivita’ in concreto svolta, da quella di patrocinio legale del Comune sino all’interpello sistematico ed il pieno coinvolgimento da parte dell’Ente nelle determinazioni di maggior rilievo (pag. 17 del ricorso); ed ancora all’esame di problematiche giuridiche fra le piu’ eterogenee. Nel ricorso originario si mette in rilievo “l’elevatissimo grado di responsabilita’” gravante non in via generale sui responsabili degli uffici legali ma concretamente sul (OMISSIS) le cui determinazioni erano essenziali per scelte di cruciale interesse per il Comune e la comunita’ intera di Sulmona (pag. 18). L’attivita’ legale svolta dal (OMISSIS) veniva, peraltro, circostanziata dal riferimento di una serie di controversie di notevolissimo valore economico sia al Tar che al Consiglio di Stato: e’ in realta’ sulla base di queste premesse fattuali che nel ricorso si chiede l’inquadramento dirigenziale ai sensi del CCNL applicabile e la condanna al pagamento delle dovute differenze retributive e preliminarmente l’ammissione della prova per testi sullo svolgimento in concreto, con il grado di autonomia, professionalita’ e responsabilita’ richiesto, delle mansioni di natura dirigenziale legittimanti il chiesto inquadramento (cfr. capitoli di prova nn. 2, 3, 4, 5, 6, 7 8 e 9). Vi e’ quindi una stretta correlazione nel ricorso introduttivo tra l’allegazione di avere svolto specifiche funzioni per il Comune di Sulmona, le prove richieste, l’accertamento della natura dirigenziale del rapporto alla luce del CCNL applicabile e la condanna del Comune alle dovute differenze retributive. La sentenza impugnata ha pertanto mal interpretato il ricorso introduttivo che non era incentrato su una sorta di automatismo tra il conferimento dell’incarico di responsabile di un ufficio legale di un Comune (anche se certamente si sviluppano alcune argomentazioni di natura generale che valorizzano questa circostanza) e l’attribuzione della rivendicata qualifica che invece e’ – come detto – correlata all’effettivo svolgimento di mansioni di tipo dirigenziale su cui e’ stata richiesta una specifica ed articolata prova (cfr. i citati capitoli articolati a pagg. 32-35 del ricorso introduttivo). Va, quindi, alla luce di una interpretazione corretta della domanda applicato l’orientamento di questa Corte secondo il quale “in tema di pubblico impiego privatizzato, la domanda diretta al riconoscimento del diritto alle differenze retributive, spettanti per il dedotto espletamento di mansioni proprie di una posizione dirigenziale superiore a quella attribuita, ha ad oggetto una posizione di diritto soggettivo perfetto, la cui fonte consiste in un atto di gestione del rapporto di lavoro dirigenziale, sicche’ appartiene alla giurisdizione del Giudice ordinario, cui e’ attribuito il potere di disapplicare gli eventuali atti amministrativi presupposti illegittimi (nella specie, la norma regolamentare dell’INPS che classificava di livello dirigenziale non generale la funzioni di direttore regionale), incidenti sulle posizioni di diritto soggettivo derivanti dal rapporto lavorativo” (Cass. 7 luglio 2014, Sez. Un., n. 1524; cfr. anche Cass. 3 novembre 2011, Sez. Un., n. 22733) che si condivide e cui si intende dare continuita’.
4. Pertanto va accolto il primo (complesso) motivo e dichiarato assorbito il secondo (concernente la non contestazione da parte del Comune di Sulmona delle circostanze fattuali dedotte in ricorso): va conseguentemente cassata la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte di appello di l’Aquila in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito l’altro, cassa la sentenza impugnata in relazione al motive accolto e rinvia alla Corte di appello di l’Aquila in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.