Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Sentenza 14 giugno 2013, n. 14988
incombe sulla societa’ che esercita l’azione sociale di responsabilita’ l’onere di individuare (oltre che dimostrare) le condotte compiute dall’amministratore in violazione dei doveri inerenti alla funzione svolta – cioe’ i fatti costitutivi di tale responsabilita’ – ed i danni che ne assume derivati, onde consentire poi all’amministratore di assolvere all’onere, su di lui gravante, di fornire, con riferimento agli addebiti contestati, la prova positiva dell’adempimento dei propri doveri.
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Sentenza 14 giugno 2013, n. 14988
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere
Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere
Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22508-2006 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L. (p.i. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 103/2006 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 01/02/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/02/2013 dal Consigliere Dott. ANDREA SCALDAFERRI;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta agli scritti e chiede l’accoglimento;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(OMISSIS), gia’ amministratore della (OMISSIS) s.r.l., proponeva appello avverso la sentenza resa dal Tribunale di Lecce il 26.1.2004 che l’aveva condannato al pagamento in favore della societa’, a titolo di risarcimento del danno prodotto nell’esercizio delle funzioni gestorie, della somma di euro 5.047,79 oltre interessi. La (OMISSIS) resisteva al gravame e proponeva appello incidentale dolendosi del mancato riconoscimento di ulteriori danni.
La Corte d’appello, con sentenza depositata in data 1 febbraio 2006, accoglieva l’appello principale e rigettava l’incidentale, rilevando: a)che gli originari addebiti genericamente illustrati nella citazione in primo grado (continuazione di fatto della gestione dal 31.12.1989 al giugno 1990; omesso rendiconto della attivita’ svolta e omessa consegna della cassa risultante dalla contabilita’; ricezione di una richiesta di pagamento, poi soddisfatta, da parte della (OMISSIS) senza che quest’ultima fornisse alla societa’ la documentazione contabile) erano di fatto scomparsi dal dibattito processuale; b) che solo in comparsa conclusionale la societa’, dopo aver concluso riportandosi genericamente ai propri scritti difensivi ed ai verbali di causa, aveva chiesto la condanna del convenuto al risarcimento dei danni in relazione ad alcune operazioni evidenziate in sede di consulenza tecnica d’ufficio; c) che accogliendo – in parte – tali domande, da ritenere inammissibili perche’ tardive, la sentenza impugnata era incorsa nel vizio di ultrapetizione, mentre per quelle originariamente proposte l’implicito rigetto non era stato sottoposto a critica; d) che peraltro non poteva sottacersi come gli addebiti tardivamente introdotti fossero anche privi di valido riscontro, ivi compresa l’unica richiesta accolta di risarcimento per il pregiudizio causato dal trattenimento sul c/c dello (OMISSIS) di una somma di pertinenza della societa’ per 45 giorni circa.
Avverso questa sentenza la (OMISSIS) s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, cui resiste con controricorso l’intimato (OMISSIS). La ricorrente ha depositato memoria difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso si basa su tre motivi.
1.1. Con i primi due motivi la ricorrente censura, rispettivamente sotto il profilo della violazione e falsa applicazione degli articoli 99 e 112 cod. proc. civ. e degli articoli 167, 183 e 184 cod. proc. civ., la ritenuta ultrapetizione. Osserva che la istanza, accolta dal primo giudice, di risarcimento del danno da indebito trattenimento sul conto corrente personale dell’amministratore di una somma della societa’ non aveva esteso il tema controverso come delineato dalla citazione, nella quale la societa’ aveva chiesto la condanna dello (OMISSIS) al risarcimento dei danni subiti per effetto di operazioni contabili e comportamenti esorbitanti dalle sue funzioni, da lui compiuti sia durante che dopo la cessazione formale dalla carica. Lamenta inoltre che la Corte di merito avrebbe erroneamente omesso di considerare che il convenuto (OMISSIS) si era ampiamente difeso sul merito sin dalla comparsa di risposta ed aveva quindi accettato il contraddittorio.
1.2. Con il terzo motivo la ricorrente censura, sotto il profilo della violazione dell’articolo 1226 cod. civ., le ulteriori affermazioni della Corte di merito circa la illegittimita’ del ricorso al criterio equitativo di liquidazione del danno causato dalla indisponibilita’ della somma, nel periodo considerato, da parte della societa’.
2. Tali doglianze sono prive di fondamento.
2.1. Quanto ai primi due motivi, da esaminare congiuntamente perche’ strettamente connessi, rettamente la Corte di merito ha fatto implicito riferimento all’orientamento, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. tra molte: Sez. 1 n. 22911/10; n. 25977/08; n. 1045/07), secondo cui incombe sulla societa’ che esercita l’azione sociale di responsabilita’ l’onere di individuare (oltre che dimostrare) le condotte compiute dall’amministratore in violazione dei doveri inerenti alla funzione svolta – cioe’ i fatti costitutivi di tale responsabilita’ – ed i danni che ne assume derivati, onde consentire poi all’amministratore di assolvere all’onere, su di lui gravante, di fornire, con riferimento agli addebiti contestati, la prova positiva dell’adempimento dei propri doveri. L’indicazione specifica dei fatti materiali che l’attore assume essere stati lesivi del proprio diritto costituisce del resto un elemento essenziale – richiesto dalla legge a pena di nullita’ (articolo 163 c.p.c., n. 4 e articolo 164 c.p.c.) – della domanda introduttiva di un giudizio avente ad oggetto un diritto cd. eterodeterminato quale quello di risarcimento del danno (cfr. tra molte Sez. 3 n. 17408/12). Non varrebbe dunque, in tali giudizi, a “delineare il tema controverso” (come sostiene la ricorrente) la sola richiesta di risarcimento dei danni in relazione alle operazioni contabili e comportamenti, esorbitanti dalle sue funzioni, compiuti dall’amministratore: il tema controverso e’ invero costituito piu’ specificamente dai comportamenti e dalle operazioni che parte attrice abbia nel giudizio tempestivamente individuato e contestato al convenuto. Cio’ che peraltro, nel caso in esame, la odierna ricorrente ha – sia pure con un certo grado di genericita’ – fatto in citazione (cfr.sopra), delineando cosi’ un tema controverso che tuttavia non e’ poi stato posto a base della decisione del Tribunale. Posto quindi che i fatti materiali costituenti le violazioni che la societa’ addebita alla controparte costituiscono elementi individuatori della domanda, ne deriva: a) che la richiesta di risarcimento di danni derivati da condotte del tutto distinte da quelle individuate in citazione costituisce domanda nuova; b) che l’introduzione nel giudizio di tale domanda non puo’ avvenire per la prima volta in comparsa conclusionale, che in nessun caso puo’ – senza violare il disposto degli articoli 189 e 190 c.p.c. – costituire la sede per formulare domande; c) che a tale inammissibilita’ della domanda nuova evidentemente non vale opporre il fatto che il convenuto si sia difeso in comparsa di risposta accettando quindi il contraddittorio, perche’ questo vale solo in relazione agli addebiti individuati in citazione, non anche in relazione agli addebiti individuati in comparsa conclusionale.
2.2. Il rigetto delle doglianze di parte ricorrente si impone dunque, nelle considerazioni suesposte restando assorbita la doglianza (di cui al terzo motivo) relativa alle ultronee affermazioni della Corte di merito in ordine alla infondatezza della nuova domanda, la cui inammissibilita’ e’ ragione idonea a sostenere autonomamente la decisione.
2.3. Al rigetto segue la condanna della ricorrente, in ragione della soccombenza, al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la societa’ ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, in complessivi euro 2.200,00 – di cui euro 2000 per compenso – oltre accessori di legge.